[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

170 / FEBBRAIO 2022 (CCI)


contemporanea

ELIZABETH GASKELL

UNA DONNA E IL RACCONTO DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

di Maria Rosaria Teni

 

Inoltrarsi nella trattazione della storia di genere è tuttora un fatto assai complesso proprio per la contraddittoria tendenza che, da un lato porta alla liberalizzazione progressiva del ruolo della donna ma, dall’altro, continua a mantenere ben radicata una tradizione maschilista. Tuttavia, troppo marcata è la presenza della scrittura femminile nel corso dei secoli perché si possa tralasciare e, di conseguenza, è bene raccontare e rendere note figure di scrittrici, poetesse, artiste che hanno contribuito ad arricchire il panorama culturale di tutti i tempi.

 

Una delle protagoniste della scena letteraria inglese di metà Ottocento, molto conosciuta in Inghilterra, ma ancora scarsamente nota in Italia, dove è stata tradotta solo da poco e quasi sempre da editori di nicchia, è sicuramente Elizabeth Gaskell (1810-1865), autrice di Nord e Sud, (1855), ambientato nel pieno della rivoluzione industriale. Essa è sicuramente una delle interpreti femminili più interessanti del periodo Vittoriano, capace di dare voce a un momento estremamente complesso e transitorio di una società moderna di fronte alle trasformazioni sociali, politiche ed economiche conseguenti alla rivoluzione industriale.

 

L’Epoca Vittoriana della storia moderna ha abbracciato la maggior parte del diciannovesimo secolo, dal 1835 al 1900, ed è stata così denominata in correlazione al lungo regno di uno dei più famosi sovrani del Regno Unito, la regina Vittoria. Durante questo periodo, il potere e l’influenza dell’Impero Britannico è stato all’apice, governando più di un quarto della popolazione mondiale. Come conseguenza, il conservatorismo sociale della Regina Vittoria, il quale includeva restrizioni culturali e legali sulle donne, diventò uno standard culturale attraverso la lingua inglese e i Paesi Occidentali.

 

Malgrado questo, comunque, la forza politica e sociale delle donne aumentò, nonostante la Regina Vittoria avesse stabilito diverse norme per il ruolo delle donne, rappresentando essa stessa un tipo di femminilità incentrata sulla famiglia e prevalentemente sulla maternità. In virtù di ciò, durante i primi anni dell’Epoca Vittoriana, era previsto che le donne seguissero l’esempio della Regina Vittoria, occupandosi principalmente di attività relative alla sfera domestica della casa e della famiglia.

 

I diritti legali delle donne sposate erano simili a quelli dei figli: esse non potevano votare, citare qualcuno in giudizio né possedere alcuna proprietà. Non potevano esercitare una professione, a meno che non fosse quella di insegnante o di domestica, né era loro riconosciuto il diritto di avere propri conti correnti o libretti di risparmio. A dispetto della loro condizione di “angeli del focolare”, venerate come sante, la loro condizione giuridica era spaventosamente misera.

 

L’atteggiamento dell’epoca era incline a considerare che l’educazione delle donne non avesse bisogno della stessa estensione e degli stessi caratteri classici e commerciali di quella degli uomini. Le donne avevano la necessità di conoscere solo le cose indispensabili, di badare ai figli e mandare avanti la casa. Materie come storia, geografia e letteratura erano considerate importanti, al contrario del latino e del greco. Le donne che desideravano studiare materie come legge, fisica, ingegneria o arte venivano derise e allontanate. Era opinione comune che non fosse necessario per le donne iscriversi all’università.

 

Si arrivava addirittura a dire che studiare fosse contro la loro natura e che potesse farle impazzire. Esse dovevano accontentarsi del semplice ruolo di “ornamento della società” ed essere subordinate ai mariti. L’obbedienza era tutto ciò che si richiedeva da loro. Questo fu indubbiamente un passo indietro rispetto al secolo precedente, quando la Rivoluzione Industriale aveva indotto le donne a uscire dalla casa dei loro padri e mariti per cercare lavoro nelle nuove fabbriche.

 

Durante il primo periodo della Rivoluzione Industriale, le donne lavoratrici avevano stabilito alcuni, sebbene limitati, diritti per se stesse nella società Occidentale: potevano negoziare su orari di lavoro migliori, un salario più congruo e per certi versi, manifestavano un controllo su come queste paghe dovevano essere spese.

 

Virginia Woolf, in un suo celebre saggio Una stanza tutta per sé, spiegava le ragioni che per secoli hanno impedito alle donne di coltivare un talento artistico. Per lunghi secoli le donne sono state messe da parte: era loro impedito entrare nella vita attiva del proprio paese e avere una cultura superiore. Non è stato possibile coltivare attitudini artistiche.

 

Nel primo decennio del XIX secolo, tuttavia, la situazione lentamente si andava modificando. Molte donne presero a confrontarsi con il romanzo gotico (una su tutte AnnRadcliffe) e si affermò la produzione di Jane Austen e di Elizabeth Gaskell, oltre le sorelle Bronte. Resta da sottolineare, tuttavia, che le scrittrici raramente pubblicavano con il loro nome anzi scrivevano usando uno pseudonimo maschile (un esempio noto George Eliot) o preferivano l’anonimato, questo perché alle donne di buona famiglia una professione era interdetta e tantomeno sarebbe stato possibile dedicarsi a una carriera dedicata alle arti, occupazione decisamente poco consona alla “pudicizia e al ruolo muliebre” secondo i Vittoriani.

 

Nord e Sud è uno dei romanzi più famosi della Gaskell. Uscì a puntate nella rivista di Charles Dickens “Household Words” dal 1854 al 1855, anno in cui fu per la prima volta pubblicato in tre volumi, con l’aggiunta di alcuni capitoli della parte finale.

 

Il libro, pubblicato per la prima volta in lingua italiana nel 2011 dalla Agenzia Letteraria e casa editrice Jo March, racconta la vicenda di Margaret Hale, la giovane e bella protagonista che si interessa di economia e di condizione operaia, oltre che della madre ammalata e del padre addolorato. Economia e questione operaia (che Elizabeth Gaskell conosceva piuttosto bene, essendo una donna di ampia cultura e di vaste letture, che viveva a contatto della realtà urbana industriale di Manchester e frequentava circoli culturali progressisti) sono al centro di Nord e Sud, dove si opta per una soluzione dei conflitti certamente ottimistica.

 

L’autrice del romanzo è stata apprezzata soprattutto per la sua capacità di dare voce a un momento estremamente complesso e transitorio di una società moderna di fronte alle trasformazioni sociali, politiche ed economiche conseguenti alla rivoluzione industriale. Per motivi familiari la protagonista si trasferisce da Helstone, tranquillo paesino dell’Inghilterra del Sud alla super-industrializzata città di Milton, dove le ciminiere fumano senza posa, i telai sfornano tonnellate su tonnellate di tessuti e indumenti di cotone e dove moltitudini di operai sfruttati e spesso sottopagati cercano di conquistarsi condizioni decenti di lavoro attraverso le lotte sindacali, mentre gli imprenditori dell’industria tessile si destreggiano per tenerli al loro posto, con alterni risultati.

 

Infatti, Margaret scopre ben presto che gli operai sono in realtà agguerriti e assai combattivi. E gli imprenditori non sono come la gentry della buona società che è abituata a frequentare, ma si rivelano senza scrupoli e alimentati da brama di potere e guadagno a ogni costo. E proprio con uno di questi imprenditori, lo spinoso e spigoloso Mr Thornton, dopo un’iniziale e assai spiccata diffidenza, Margaret finirà per scoprire notevoli affinità, così come con uno dei più agguerriti operai di nome Higgins.

 

Nel capitolo 17 del romanzo si affronta il tema dello sciopero indetto dai lavoratori sottoposti a ritmi inumani e a condizioni di vita miserevoli. D’altro canto il rapido sviluppo del sistema industriale in Inghilterra provocava già gravi abusi: gli operai erano sovraccarichi di lavoro, sfruttati, e cosa ancor più grave era diffuso l’utilizzo di manodopera infantile. Nei casi peggiori erano costretti a lavorare bambini di cinque e sei anni e anche meno per più di 18 ore al giorno e li si puniva con severità se commettevano qualche mancanza. Un momento storico decisivo anche per la conquista di diritti e garanzie che vedeva contrapposti mondi diversi e soprattutto la corsa dell’uomo moderno verso la ricerca del profitto e del proprio personale tornaconto nella generale visione utilitaristica che alla fine pervade anche il romanzo e a cui si cerca di reagire dando spazio alla rappresentazione di altre qualità dell’uomo contrapposte all’egoismo che imperversa.

 

Sullo sfondo del romanzo si assiste all’incontro di due mondi diversi, il Nord industriale e il Sud rurale che alla fine si intrecciano e la protagonista, con il tempo, riesce a trovare una soluzione pacifica al conflitto sociale pronto a esplodere e alla ribellione, semplicemente mediante il dialogo tra le parti, in un romanzo in cui la conflittualità investe le opposizioni operai/padroni, donne/uomini.

 

Conflitti di classe o tra sessi, in linea con questa tendenza pacificatrice, vengono quindi risolti, almeno nel romanzo della Gaskell, attraverso la conoscenza, il dialogo e il compromesso, così da restituire la speranza, nel lettore, di una possibilità di soluzione serena anche nel mondo reale.

 

Nord e Sud, è un romanzo scritto da una donna che partecipa alla ricerca che altre donne conducono attraverso la scrittura, rivendicando dignità e autonomia, attraverso la rappresentazione di una figura femminile non edulcorata e stereotipata e contestando apertamente l’ambiguità del codice morale che condanna oppure tollera a seconda del sesso. La stessa protagonista, a conclusione dell’intera vicenda narrata, si sottrae alla tutela della famiglia decidendo liberamente il suo futuro. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]