[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

165 / SETTEMBRE 2021 (CXCVI)


moderna

LA FIGURA DI ELISEO MASINI

SULLA NASCITA DEL SACRO ARSENALE

di Enrico Targa

 

Eliseo Masini (Bologna, ca. 1570 - Genova, agosto o settembre 1627) fu un inquisitore domenicano, autore del Sacro arsenale oueroprattica dell'officio della Santa Inquisitione. Entrato nell’Ordine dei frati predicatori il 3 agosto 1584, fu dichiarato studente l’11 marzo 1589 e lettore il 10 marzo 1590. Iniziò allora la sua carriera di teologo nell’Ordine e, secondo Fantuzzi, insegnò nei conventi di Venezia, Faenza e Bologna, cui D’Amato aggiunge anche la sede di Modena. In ogni caso, Masini risulta presente nel convento di Sant'Andrea di Faenza dal 1596, come vicario dell’inquisitore Alberto di Lugo e come lettore di teologia.

 

A Faenza, dove si era scatenata in passato una dura repressione antiereticale, Masini rimase almeno fino all’agosto 1598. Nei tre anni trascorsi a Faenza (o forse già prima, a Bologna) conobbe padre Agostino Galamini(Brisighella, 1553 – Osimo, 6 settembre 1639), maestro in molti conventi e inquisitore a Brescia nel 1592, a Genova dal 1597 al 1600. Nominato commissario del Sant'Uffizio nel 1604, Galamini scelse come proprio collaboratore proprio Masini, che giurò il 13 apr. 1605. In quella veste girò per molti conventi domenicani dell’Italia centrale. Quando Galamini fu promosso maestro del Sacro Palazzo, il Sant'Uffizio (in cui sedeva il cardinale Pompeo Arrigoni(Roma, 2 marzo 1552 - Napoli, 4 aprile 1616), al quale Masini era legato da vincoli clientelari) scelse Masini per la carica di giudice della fede del distretto di Ancona (29 agosto 1607), dove successe al confratello Giovanni Paolo Nazari.

 

Masini tardò a trasferirsi nelle Marche, tanto che Nazari restò a guidare il tribunale anconetano fino all’8 febbraio 1608. Già nei primi giorni del suo incarico, Masini dimostrò energia: chiese e ottenne dal governatore il trasferimento alla corte inquisitoriale di una causa di bigamia e si prodigò nel controllo dei marinai inglesi presenti nel porto, accusati di mangiare carne nei giorni proibiti insieme con un gruppo di cattolici.

 

A Macerata mise sotto inchiesta per sortilegio alcuni frati francescani e processò tal Girolamo Buratti (pittore manierista di scuola toscana, tendeva a una armonia compositiva, secondo i dettami dalla tradizione classica e grande amico di Galileo Galilei), reo di possedere carte diaboliche. Non inferiore fu l’impegno per il controllo della locale comunità ebraica e della stampa. Masini infatti bloccò la circolazione di un ritratto di Fulgenzio Manfredi (Venezia, 1560 ca. - Roma, 5 luglio 1610, fu un teologo appartenente all'ordine dei minori osservanti, condannato a morte dall'Inquisizione romana), edito a Venezia e distribuito dal libraio Francesco Manolesso, e il 16 ottobre suggerì di non pubblicare le disposizioni in materia di stampa emanate dalla Congregazione: si otteneva di più, scrisse, con la vigilanza continua dei librai e della dogana.

 

In giugno fece pubblicare l’editto, ma la sua solerzia giudiziaria urtò presto contro i poteri diocesani locali. In aprile il vescovo di Recanati e Loreto lamentò che una donna fosse stata inquisita in Ancona pur essendo sottoposta alla giurisdizione dell’ordinario. A Loreto, fece sapere Masini, vi era una consulta di dottori che svolgeva funzioni inquisitoriali, ma il vescovo pretendeva di presiederla. I cardinali del Sant'Uffizio suggerirono moderazione e rispetto delle prerogative vescovili; e tuttavia Masini continuò ad agire con molta libertà. Comunicò a Roma che Bartolomea d’Alessandro, una ex meretrice, era stata condannata alla penitenza di restare davanti alla porta della Chiesa, un castigo duro ed esemplare. La commutazione della pena era giunta solo quando la donna, convinta dall’inquisitore, aveva accettato di prendere marito.

 

In breve tempo Masini riuscì anche a stabilire personali vincoli di clientela, e così in aprile chiese per il notaio del Sant'Uffizio, il maceratese Massimo Canti, un posto di canonico nel duomo della città. Operò anche a Osimo e a Roccacontrada, e in novembre mise sotto inchiesta un terziario cappuccino di Ascoli, reo di avere detto che i musulmani, gli ebrei tutti gli altri infedeli si salvano anche senza il battesimo.

 

Il soggiorno di Masini in Ancona, tuttavia, non fu facilitato dai rapporti con i domenicani della città, tanto che il 5 ottobre egli lamentò con Roma che il priore avesse chiesto all’ufficio inquisitoriale la restituzione di una stanza del convento già adibita a carcere. Nessuno dei frati del luogo, inoltre, aveva accettato di fare da vicario. Intanto, in estate, Masini aveva chiesto e ottenuto il trasferimento di ufficio. In un primo tempo Arrigoni era riuscito a offrirgli la sede di Como; tuttavia il 3 luglio Masini aveva rifiutato con garbo l’incarico, mostrando di preferire il posto vacante a Mantova. I desideri del frate furono esauditi, forse grazie all’appoggio di Arrigoni e Galamini (eletto nel 1608 priore generale dei domenicani e nel 1611 promosso cardinale), e il 4 ottobre Roma gli comunicò la nomina a inquisitore di Mantova.

 

Arcangelo Calbetti da Recanati (inquisitore domenicano) giunse ad Ancona il 29 novembre 1608 per sostituirlo e il Masini partì. A Mantova la carriera del Masini rischiò di essere compromessa da un grave abuso compiuto dal vicario da lui scelto (forse una violazione del segreto del tribunale).

 

È noto che il frate, di nome Bartolomeo, fu condannato a dieci anni di galera, e che Masini stesso il 28 apr. 1610 fu convocato a Roma per ricevere un’ammonizione dai cardinali del Sant'Uffizio (20 maggio), che approfittarono del caso mantovano per ammonire tutti i giudici della fede. La faccenda tuttavia si chiuse a quel punto, e Masini, ottenuta in quell’occasione la conferma del trasferimento alla più prestigiosa sede di Genova (dove l’anno prima era succeduto a Battista Penna da Finario), ebbe da allora in avanti maggiore cautela nella scelta dei collaboratori.

 

A Genova non solo deputò come vicario Arcangelo da Rivalta, priore non in San Domenico, sede del tribunale, ma nel secondo convento cittadino dei padri predicatori, quello di Santa Maria di Castello, ma fece anche pubblicare una Breve informatione del modo di trattare le cause del Santo Officio per i reverendi vicarij della Santa Inquisizione, instituiti nel serenissimo &catolico dominio della Repubblica di Genova & ne’ luoghi dell’una & dell’altra Riviera (Genova 1612).

 

Il testo uscì a nome del Masini, ma si trattava di una delle tante ristampe di una pratica in volgare per i vicari del Sant'Uffizio le cui prime versioni apparvero a nome dell’inquisitore di Bologna Pietro M. Festa (1604), di Milano Innocenzo Granello (1608) e di Modena Michelangelo Lerri (1608). Sempre in quegli anni fu distribuita a livello locale un’analoga istruzione per i vicari con diverso titolo, opera di Arcangelo Calbetti (1604).

 

Dopo il 1612 la Breve informatione conobbe altre edizioni per mano dell’inquisitore di Parma Benedetto da Bistagno (1628), di quello di Torino Girolamo Rebiolo (1629) e di quello di Pavia Giovanni D. Boero (fine del XVII secolo). E un testo per i novelli vicari sarebbe apparso a Roma ancora nel 1752, per le cure di Pierantonio Gherardi. Nove anni dopo l’edizione genovese, il Masini fece rifluire gran parte della Breve informatione nei capitoli I, II e V della prima edizione del suo Sacro Arsenale.

 

Negli anni in cui fu giudice della fede a Genova, Masini seppe agire con fermezza, ma senza suscitare significativi conflitti con il governo della Repubblica, che poté godere, come Venezia, del privilegio di avere propri rappresentanti laici per assistere alle sedute del tribunale e si mostrò sempre geloso custode della giurisdizione civile.

 

Nel 1618 una breve schermaglia accompagnò l’apertura di una causa per «stregarie» avviata dal vicario di Taggia, che si era visto rifiutare il braccio secolare dal podestà del luogo. Il Masini implorò aiuto a nome del suo sottopostoper poter procedere contro alcune streghe di Triora (dove nel Cinquecento erano avvenuti episodi analoghi), e la Repubblica a quel punto richiamò all’ordine il suo podestà.

 

In cambio della continua collaborazione, Masini destinò i condannati al servizio nelle galere con una certa frequenza. Fu il caso di un terziario francescano che spacciava doti di esorcista e operava «col fare anco spogliare nude le donne e toccar loro nel letto tutte le parti […] vergognose»; l’uomo fu condannato a dieci anni di remi, ma continuò a curare persino a bordo delle navi (si veda le vicende di Germiniano Mazzoni e Girolamo Bricciperseguitati dall'Inquisizione romana per abusi nella pratica esorcistica).

 

Masini si dedicò anche alla riconciliazione di molti rinnegati e di alcuni soldati eretici delle guarnigioni di stanza a Savona e si prodigò per rafforzare l’azione del tribunale in Corsica, destinandovi come vicario un frate, Vincenzo da Sestri Levante, maestro di teologia e suddito della Repubblica (1620), poi sostituito da Benedetto Giustiniani. Fu proprio in quegli anni, e grazie all’appoggio dell’ufficio inquisitoriale del Masini e del vescovo di Ajaccio, Fabiano Giustiniani, fratello del vicario del Sant'Uffizio, Benedetto, che i domenicani rafforzarono la loro presenza nell’isola.Dall’attività di giudice, il Masinitrasse ispirazione per compilare quello che restò per molto tempo il solo manuale in volgare destinato ai giudici del Sant'Uffizio romano: il Sacro arsenale overo Prattica dell’officio della Santa Inquisitione (Genova 1621).

 

Il successo fu quasi immediato, anche perché il testo si presentava come un vademecum d’ufficio privo del consueto e sovrabbondante commento alle fonti bibliche, giuridiche e teologiche che, ancora nella prima metà del Seicento, appesantiva le pratiche e i testi di diritto inquisitoriale. Inoltre il Sant'Uffizio romano non poteva vantare né le istruzioni in volgare che la Suprema spagnola fece distribuire sin dalla nascita ai giudici di distretto, né le guide o i compendi che autori come Diego de Simancas (fu vescovo di Ciudad Rodrigo 1565-1569, eletto vescovo di Badajoz 1569-1579 e vescovo di Zamora 1579-1583) o Pablo García avevano compilato negli anni Sessanta del XVI secolo.

 

Il Sacro Arsenale colmava dunque un vuoto editoriale grazie a un sapiente collage compilato a partire dalla Breve informationeper i vicari e dalle lettere circolari che la congregazione, dagli anni Ottanta del Cinquecento, aveva inviato ai giudici locali per mettere a conoscenza i singoli uffici del tribunale delle proprie prescrizioni amministrative o giudiziarie.

 

Due anni dopo Masini chiuse un processo per stregoneria che lasciò insoddisfatta la congregazione del Sant'Uffizio: mancavano le prove del maleficio, era stata accettata senza alcun riscontro la chiamata di correo degli imputati ed erano stati inviati a Roma dei sommari della causa quasi inservibili. Secondo lo storico Giovanni Romeo, si può ipotizzare che quell’incidente (non il primo nella carriera del Masini lo abbia spinto a compilare una seconda e definitiva versione dell’Arsenale (Genova 1625).

 

Infatti, pur senza citare la fonte, nella parte VII del testo ampliato il Masini inserì la traduzione compendiata di un documento inquisitoriale che circolava manoscritto già da alcuni anni: l’Instructio pro formandisprocessibus in causisstrigum, sortilegiorum et maleficiorum, breve pratica di grande moderazione e sapienza giudiziaria assemblata anni prima da un ignoto e autorevole membro del Sant'Uffizio romano (forse Desiderio Scaglia, forse Giulio Monterenzi) per contrastare la credulità nel sabba e nei malefici e per frenare gli abusi dei giudici e degli esorcisti impegnati nella caccia alle streghe.

 

L’Instructio, che fino a quel momento era circolata manoscritta, avrebbe conosciuto altre impressioni, non prive di varianti; ma fu il Masini il primo a diffonderne il testo in volgare, forse senza il consenso della congregazione. La versione ampliata del Sacro arsenale – dedicata ad Alessandro Sauli, consultore secolare dell’ufficio di Genova – ebbe molte ristampe (Roma 1639, Genova e Perugia 1653, Bologna 1665 [ed. da cui è tratta: E. Masini, Il manuale degli inquisitori, ovvero Pratica dell’Officio della Santa Inquisizione, a cura di A. Agnoletto, Milano 1990] e 1679).

 

Nel 1693 Tommaso Menghini, uno dei successori del Masini come inquisitore di Ancona, inserì nel testo le proprie Regole del tribunale del Santo Officio (già apparse nel 1683) e alcune annotazioni del giurista Giovanni Pasqualone. Tale versione – che metteva insieme i manuali in volgare del Masini e di Menghini (che non partiva dalla procedura ma da una casistica ed era destinato ai vicari) – conobbe ristampe nel 1705, nel 1716, nel 1730 e nel 1872.

 

Nella versione del 1625, il Sacro arsenale è diviso in dieci parti, precedute da due dediche (a Pietro da Verona, il santo martire dell’Inquisizione, e agli altri giudici della fede) e da una breve prefazione. Le prime otto parti affrontano la natura e gli scopi del Sant'Uffizio e le diverse fasi del processo (nella settima si parla di streghe e di poligami). La nona aggiunge ai precedenti prontuari per la registrazione degli atti le formule per le patenti dei familiari e quelle per il giuramento dei funzionari. La decima è composta di trecento avvertimenti per i giudici che toccano questioni procedurali come la definizione e i gradi dell’eresia, i delitti di competenza del tribunale, i rapporti con i confessori, i vescovi e i magistrati secolari, la scomunica, la comparizione, la detenzione, la tortura, l’abiura, la sentenza e le pene.

 

Tra gli ultimi atti significativi del Masini, vi fu la condanna alla pubblica abiura di un relapso e di un gruppo di carcerati nel febbraio 1627. Il 13 agosto 1627 il cardinale segretario del Sant'Uffizio, Giovanni Garzia Millini, comunicò al doge di essere a conoscenza del cattivo stato di salute del Masini, al quale, entro l’11 settembre, successe nella carica di inquisitore Vincenzo Maculano da Firenzuola. Masini morì a Genova tra la fine di agosto e i primi di settembre del 1627.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Eliseo Masini, Sacro Arsenale overoPrattica dell'Officio della S. Inquisitione. Con l'inserzione d'alcune Regole fatte dal P. Inquisitore Tomaso Menghini Domenicano, Roma, Nella Stamperia della Rev. Camera Apostolica, 1693.

Andrea Del Col, L’Inquisizione in Italia dal XII al XXI secolo, Mondadori, Milano 2006.

A. Zencovich, Sacro arsenale: il manuale di padre E. M. e la secolarizzazione dell’attività del S. Ufficio nel corso del Seicento in Italia, in Quaderni dell’Aprosiana, n.s., VI (1998), pp. 59-78.

Giovanni, Romeo, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Sansoni, 1990.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]