moderna
LA FIGURA DI
ELISEO MASINI
SULLA
NASCITA DEL SACRO ARSENALE
di Enrico Targa
Eliseo Masini (Bologna, ca. 1570 -
Genova, agosto o settembre 1627) fu un
inquisitore domenicano, autore del
Sacro arsenale oueroprattica
dell'officio della Santa Inquisitione.
Entrato nell’Ordine dei frati
predicatori il 3 agosto 1584, fu
dichiarato studente l’11 marzo 1589 e
lettore il 10 marzo 1590. Iniziò allora
la sua carriera di teologo nell’Ordine
e, secondo Fantuzzi, insegnò nei
conventi di Venezia, Faenza e Bologna,
cui D’Amato aggiunge anche la sede di
Modena. In ogni caso, Masini risulta
presente nel convento di Sant'Andrea di
Faenza dal 1596, come vicario
dell’inquisitore Alberto di Lugo e come
lettore di teologia.
A Faenza, dove si era scatenata in
passato una dura repressione
antiereticale, Masini rimase almeno fino
all’agosto 1598. Nei tre anni trascorsi
a Faenza (o forse già prima, a Bologna)
conobbe padre Agostino
Galamini(Brisighella, 1553 – Osimo, 6
settembre 1639), maestro in molti
conventi e inquisitore a Brescia nel
1592, a Genova dal 1597 al 1600.
Nominato commissario del Sant'Uffizio
nel 1604, Galamini scelse come proprio
collaboratore proprio Masini, che giurò
il 13 apr. 1605. In quella veste girò
per molti conventi domenicani
dell’Italia centrale. Quando Galamini fu
promosso maestro del Sacro Palazzo, il
Sant'Uffizio (in cui sedeva il cardinale
Pompeo Arrigoni(Roma, 2 marzo 1552 -
Napoli, 4 aprile 1616), al quale Masini
era legato da vincoli clientelari)
scelse Masini per la carica di giudice
della fede del distretto di Ancona (29
agosto 1607), dove successe al
confratello Giovanni Paolo Nazari.
Masini tardò a trasferirsi nelle Marche,
tanto che Nazari restò a guidare il
tribunale anconetano fino all’8 febbraio
1608. Già nei primi giorni del suo
incarico, Masini dimostrò energia:
chiese e ottenne dal governatore il
trasferimento alla corte inquisitoriale
di una causa di bigamia e si prodigò nel
controllo dei marinai inglesi presenti
nel porto, accusati di mangiare carne
nei giorni proibiti insieme con un
gruppo di cattolici.
A Macerata mise sotto inchiesta per
sortilegio alcuni frati francescani e
processò tal Girolamo Buratti (pittore
manierista di scuola toscana, tendeva a
una armonia compositiva, secondo i
dettami dalla tradizione classica e
grande amico di Galileo Galilei), reo di
possedere carte diaboliche. Non
inferiore fu l’impegno per il controllo
della locale comunità ebraica e della
stampa. Masini infatti bloccò la
circolazione di un ritratto di Fulgenzio
Manfredi (Venezia, 1560 ca. - Roma, 5
luglio 1610, fu un teologo appartenente
all'ordine dei minori osservanti,
condannato a morte dall'Inquisizione
romana), edito a Venezia e distribuito
dal libraio Francesco Manolesso, e il 16
ottobre suggerì di non pubblicare le
disposizioni in materia di stampa
emanate dalla Congregazione: si otteneva
di più, scrisse, con la vigilanza
continua dei librai e della dogana.
In giugno fece pubblicare l’editto, ma
la sua solerzia giudiziaria urtò presto
contro i poteri diocesani locali. In
aprile il vescovo di Recanati e Loreto
lamentò che una donna fosse stata
inquisita in Ancona pur essendo
sottoposta alla giurisdizione
dell’ordinario. A Loreto, fece sapere
Masini, vi era una consulta di dottori
che svolgeva funzioni inquisitoriali, ma
il vescovo pretendeva di presiederla. I
cardinali del Sant'Uffizio suggerirono
moderazione e rispetto delle prerogative
vescovili; e tuttavia Masini continuò ad
agire con molta libertà. Comunicò a Roma
che Bartolomea d’Alessandro, una ex
meretrice, era stata condannata alla
penitenza di restare davanti alla porta
della Chiesa, un castigo duro ed
esemplare. La commutazione della pena
era giunta solo quando la donna,
convinta dall’inquisitore, aveva
accettato di prendere marito.
In breve tempo Masini riuscì anche a
stabilire personali vincoli di
clientela, e così in aprile chiese per
il notaio del Sant'Uffizio, il
maceratese Massimo Canti, un posto di
canonico nel duomo della città. Operò
anche a Osimo e a Roccacontrada, e in
novembre mise sotto inchiesta un
terziario cappuccino di Ascoli, reo di
avere detto che i musulmani, gli ebrei
tutti gli altri infedeli si salvano
anche senza il battesimo.
Il soggiorno di Masini in Ancona,
tuttavia, non fu facilitato dai rapporti
con i domenicani della città, tanto che
il 5 ottobre egli lamentò con Roma che
il priore avesse chiesto all’ufficio
inquisitoriale la restituzione di una
stanza del convento già adibita a
carcere. Nessuno dei frati del luogo,
inoltre, aveva accettato di fare da
vicario. Intanto, in estate, Masini
aveva chiesto e ottenuto il
trasferimento di ufficio. In un primo
tempo Arrigoni era riuscito a offrirgli
la sede di Como; tuttavia il 3 luglio
Masini aveva rifiutato con garbo
l’incarico, mostrando di preferire il
posto vacante a Mantova. I desideri del
frate furono esauditi, forse grazie
all’appoggio di Arrigoni e Galamini
(eletto nel 1608 priore generale dei
domenicani e nel 1611 promosso
cardinale), e il 4 ottobre Roma gli
comunicò la nomina a inquisitore di
Mantova.
Arcangelo Calbetti da Recanati
(inquisitore domenicano) giunse ad
Ancona il 29 novembre 1608 per
sostituirlo e il Masini partì. A Mantova
la carriera del Masini rischiò di essere
compromessa da un grave abuso compiuto
dal vicario da lui scelto (forse una
violazione del segreto del tribunale).
È noto che il frate, di nome Bartolomeo,
fu condannato a dieci anni di galera, e
che Masini stesso il 28 apr. 1610 fu
convocato a Roma per ricevere
un’ammonizione dai cardinali del
Sant'Uffizio (20 maggio), che
approfittarono del caso mantovano per
ammonire tutti i giudici della fede. La
faccenda tuttavia si chiuse a quel
punto, e Masini, ottenuta in
quell’occasione la conferma del
trasferimento alla più prestigiosa sede
di Genova (dove l’anno prima era
succeduto a Battista Penna da Finario),
ebbe da allora in avanti maggiore
cautela nella scelta dei collaboratori.
A Genova non solo deputò come vicario
Arcangelo da Rivalta, priore non in San
Domenico, sede del tribunale, ma nel
secondo convento cittadino dei padri
predicatori, quello di Santa Maria di
Castello, ma fece anche pubblicare una
Breve informatione del modo di
trattare le cause del Santo Officio per
i reverendi vicarij della Santa
Inquisizione, instituiti nel serenissimo
&catolico dominio della Repubblica di
Genova & ne’ luoghi dell’una &
dell’altra Riviera (Genova 1612).
Il testo uscì a nome del Masini, ma si
trattava di una delle tante ristampe di
una pratica in volgare per i vicari del
Sant'Uffizio le cui prime versioni
apparvero a nome dell’inquisitore di
Bologna Pietro M. Festa (1604), di
Milano Innocenzo Granello (1608) e di
Modena Michelangelo Lerri (1608). Sempre
in quegli anni fu distribuita a livello
locale un’analoga istruzione per i
vicari con diverso titolo, opera di
Arcangelo Calbetti (1604).
Dopo il 1612 la Breve informatione
conobbe altre edizioni per mano
dell’inquisitore di Parma Benedetto da
Bistagno (1628), di quello di Torino
Girolamo Rebiolo (1629) e di quello di
Pavia Giovanni D. Boero (fine del XVII
secolo). E un testo per i novelli vicari
sarebbe apparso a Roma ancora nel 1752,
per le cure di Pierantonio Gherardi.
Nove anni dopo l’edizione genovese, il
Masini fece rifluire gran parte della
Breve informatione nei capitoli I,
II e V della prima edizione del suo
Sacro Arsenale.
Negli anni in cui fu giudice della fede
a Genova, Masini seppe agire con
fermezza, ma senza suscitare
significativi conflitti con il governo
della Repubblica, che poté godere, come
Venezia, del privilegio di avere propri
rappresentanti laici per assistere alle
sedute del tribunale e si mostrò sempre
geloso custode della giurisdizione
civile.
Nel 1618 una breve schermaglia
accompagnò l’apertura di una causa per
«stregarie» avviata dal vicario di
Taggia, che si era visto rifiutare il
braccio secolare dal podestà del luogo.
Il Masini implorò aiuto a nome del suo
sottopostoper poter procedere contro
alcune streghe di Triora (dove nel
Cinquecento erano avvenuti episodi
analoghi), e la Repubblica a quel punto
richiamò all’ordine il suo podestà.
In cambio della continua collaborazione,
Masini destinò i condannati al servizio
nelle galere con una certa frequenza. Fu
il caso di un terziario francescano che
spacciava doti di esorcista e operava
«col fare anco spogliare nude le donne e
toccar loro nel letto tutte le parti […]
vergognose»; l’uomo fu condannato a
dieci anni di remi, ma continuò a curare
persino a bordo delle navi (si veda le
vicende di Germiniano Mazzoni e Girolamo
Bricciperseguitati dall'Inquisizione
romana per abusi nella pratica
esorcistica).
Masini si dedicò anche alla
riconciliazione di molti rinnegati e di
alcuni soldati eretici delle guarnigioni
di stanza a Savona e si prodigò per
rafforzare l’azione del tribunale in
Corsica, destinandovi come vicario un
frate, Vincenzo da Sestri Levante,
maestro di teologia e suddito della
Repubblica (1620), poi sostituito da
Benedetto Giustiniani. Fu proprio in
quegli anni, e grazie all’appoggio
dell’ufficio inquisitoriale del Masini e
del vescovo di Ajaccio, Fabiano
Giustiniani, fratello del vicario del
Sant'Uffizio, Benedetto, che i
domenicani rafforzarono la loro presenza
nell’isola.Dall’attività di giudice, il
Masinitrasse ispirazione per compilare
quello che restò per molto tempo il solo
manuale in volgare destinato ai giudici
del Sant'Uffizio romano: il Sacro
arsenale overo Prattica dell’officio
della Santa Inquisitione (Genova
1621).
Il successo fu quasi immediato, anche
perché il testo si presentava come un
vademecum d’ufficio privo del consueto e
sovrabbondante commento alle fonti
bibliche, giuridiche e teologiche che,
ancora nella prima metà del Seicento,
appesantiva le pratiche e i testi di
diritto inquisitoriale. Inoltre il
Sant'Uffizio romano non poteva vantare
né le istruzioni in volgare che la
Suprema spagnola fece distribuire sin
dalla nascita ai giudici di distretto,
né le guide o i compendi che autori come
Diego de Simancas (fu vescovo di Ciudad
Rodrigo 1565-1569, eletto vescovo di
Badajoz 1569-1579 e vescovo di Zamora
1579-1583) o Pablo García avevano
compilato negli anni Sessanta del XVI
secolo.
Il Sacro Arsenale colmava dunque
un vuoto editoriale grazie a un sapiente
collage compilato a partire dalla
Breve informationeper i vicari e
dalle lettere circolari che la
congregazione, dagli anni Ottanta del
Cinquecento, aveva inviato ai giudici
locali per mettere a conoscenza i
singoli uffici del tribunale delle
proprie prescrizioni amministrative o
giudiziarie.
Due anni dopo Masini chiuse un processo
per stregoneria che lasciò insoddisfatta
la congregazione del Sant'Uffizio:
mancavano le prove del maleficio, era
stata accettata senza alcun riscontro la
chiamata di correo degli imputati ed
erano stati inviati a Roma dei sommari
della causa quasi inservibili. Secondo
lo storico Giovanni Romeo, si può
ipotizzare che quell’incidente (non il
primo nella carriera del Masini lo abbia
spinto a compilare una seconda e
definitiva versione dell’Arsenale
(Genova 1625).
Infatti, pur senza citare la fonte,
nella parte VII del testo ampliato il
Masini inserì la traduzione compendiata
di un documento inquisitoriale che
circolava manoscritto già da alcuni
anni: l’Instructio pro
formandisprocessibus in causisstrigum,
sortilegiorum et maleficiorum, breve
pratica di grande moderazione e sapienza
giudiziaria assemblata anni prima da un
ignoto e autorevole membro del
Sant'Uffizio romano (forse Desiderio
Scaglia, forse Giulio Monterenzi) per
contrastare la credulità nel sabba e nei
malefici e per frenare gli abusi dei
giudici e degli esorcisti impegnati
nella caccia alle streghe.
L’Instructio, che fino a quel
momento era circolata manoscritta,
avrebbe conosciuto altre impressioni,
non prive di varianti; ma fu il Masini
il primo a diffonderne il testo in
volgare, forse senza il consenso della
congregazione. La versione ampliata del
Sacro arsenale – dedicata ad
Alessandro Sauli, consultore secolare
dell’ufficio di Genova – ebbe molte
ristampe (Roma 1639, Genova e Perugia
1653, Bologna 1665 [ed. da cui è tratta:
E. Masini, Il manuale degli
inquisitori, ovvero Pratica dell’Officio
della Santa Inquisizione, a cura di
A. Agnoletto, Milano 1990] e 1679).
Nel 1693 Tommaso Menghini, uno dei
successori del Masini come inquisitore
di Ancona, inserì nel testo le proprie
Regole del tribunale del Santo Officio
(già apparse nel 1683) e alcune
annotazioni del giurista Giovanni
Pasqualone. Tale versione – che metteva
insieme i manuali in volgare del Masini
e di Menghini (che non partiva dalla
procedura ma da una casistica ed era
destinato ai vicari) – conobbe ristampe
nel 1705, nel 1716, nel 1730 e nel 1872.
Nella versione del 1625, il Sacro
arsenale è diviso in dieci parti,
precedute da due dediche (a Pietro da
Verona, il santo martire
dell’Inquisizione, e agli altri giudici
della fede) e da una breve prefazione.
Le prime otto parti affrontano la natura
e gli scopi del Sant'Uffizio e le
diverse fasi del processo (nella settima
si parla di streghe e di poligami). La
nona aggiunge ai precedenti prontuari
per la registrazione degli atti le
formule per le patenti dei familiari e
quelle per il giuramento dei funzionari.
La decima è composta di trecento
avvertimenti per i giudici che toccano
questioni procedurali come la
definizione e i gradi dell’eresia, i
delitti di competenza del tribunale, i
rapporti con i confessori, i vescovi e i
magistrati secolari, la scomunica, la
comparizione, la detenzione, la tortura,
l’abiura, la sentenza e le pene.
Tra gli ultimi atti significativi del
Masini, vi fu la condanna alla pubblica
abiura di un relapso e di un gruppo di
carcerati nel febbraio 1627. Il 13
agosto 1627 il cardinale segretario del
Sant'Uffizio, Giovanni Garzia Millini,
comunicò al doge di essere a conoscenza
del cattivo stato di salute del Masini,
al quale, entro l’11 settembre, successe
nella carica di inquisitore Vincenzo
Maculano da Firenzuola. Masini morì a
Genova tra la fine di agosto e i primi
di settembre del 1627.
Riferimenti bibliografici:
Eliseo Masini, Sacro Arsenale
overoPrattica dell'Officio della S.
Inquisitione. Con l'inserzione d'alcune
Regole fatte dal P. Inquisitore Tomaso
Menghini Domenicano, Roma, Nella
Stamperia della Rev. Camera Apostolica,
1693.
Andrea Del Col, L’Inquisizione in
Italia dal XII al XXI secolo,
Mondadori, Milano 2006.
A. Zencovich, Sacro arsenale: il
manuale di padre E. M. e la
secolarizzazione dell’attività del S.
Ufficio nel corso del Seicento in Italia,
in Quaderni dell’Aprosiana, n.s., VI
(1998), pp. 59-78.
Giovanni, Romeo, Inquisitori,
esorcisti e streghe nell'Italia della
Controriforma, Sansoni, 1990. |