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N. 135 - Marzo 2019 (CLXVI)

SULLE Elezioni turche e ucraine

mutamenti degli equilibri alle porte dell'Unione Europea
di Leila Tavi

 

Le elezioni amministrative in Turchia e, sull'altra sponda del Mar Nero, quelle presidenziali in Ucraina, offrono un interessante spunto per gli analisti politici, considerato che già gli exit poll davano sconfitto nei principali centri urbani il partito AKP del presidente Recep Tayyip Erdoğan, mentre a Kyjiv, quelle che sembravano essere le elezioni più incerte della storia dell’Ucraina, hanno rappresentato un bagno di folla per Zelen’skyj, il candidato rivelazione della competizione.

 

Le presidenziali in Ucraina sono state affollate di candidati, ben ottantanove con il via libera per presentarsi alle elezioni e per un giorno l’intero Paese è rimasto con il fiato sospeso fino allo spoglio per l’outsider del momento, il comico Volodymyr Zelen'skyj (Володи́мир Олекса́ндрович Зеле́нський), un quarantunenne che è all’apice della notorietà per una fiction in cui recita il ruolo da protagonista di un insegnante di scuola superiore che diventa, ironia della sorte, presidente dell’Ucraina e che è riuscito anche nella vita reale a ottenere il 30,2% dei voti, risultando il candidato con più preferenze al primo turno. Al ballottaggio del 21 aprile contro Zelen'skyj si batterà il presidente uscente, il magnate del cioccolato, Petro Porošenko (Петро Олексійович Порошенко), che con un magro 16,7% e travolto dallo scandalo del contrabbando di attrezzatura militare fabbricata in Russia a fornitori delle forze armate, sembrerebbe uscire dal primo turno già sconfitto. Il report che ha reso pubblica la notizia bomba è stato scritto a febbraio scorso dal gruppo di giornalisti investigativi indipendenti Bihus.info. A vendere i pezzi di contrabbando fu nel 2015 il figlio ventiduenne del vice segretario del Consiglio Nazionale della Sicurezza e della Difesa, Oleg Gladkovskyj (Олег Володимирович Гладковський). Il giovane Igor ha venduto merce di contrabbando a prezzi gonfiati con il beneplacito del padre per oltre 9 milioni di dollari.

 

Non è bastato a Porošenko destituire il suo collaboratore ed ex socio in affari Gladkovskyj, la sua immagine di grande patriota è stata ormai macchiata e nei venti giorni che lo separano dalla seconda tornata di votazioni non potrà farsi grande dell’immagine di forte comandante in capo delle forze armate ucraine, che ha riformato l'esercito e respinto una Russia aggressiva da quando ha annesso la Crimea e ha lanciato il suo sostegno alle forze separatiste nell'Ucraina orientale. Il sostegno a Porošenko da parte delle forze armate è sceso vertiginosamente, anche tra i soldati che combattono contro i separatisti nelle regioni di Donec'k (Донецьк) e Luhans’k (Луга́нськ). Con il nuovo volto della politica ucraina Zelen’skyj il suo rivale non può che giocare la carta dell’inesperienza politica, cercando di insidiare il dubbio nella mente degli elettori che inviare un comico al tavolo delle trattative significa mettere l’Ucraina nelle mani di Putin. Inoltre il presidente uscente accusa il comico televisivo di essere la marionetta dell’oligarca Igor Kolomoys’kyj (Ігор Валерійович Коломойський), il proprietario della rete televisiva “1+1” che trasmette la fiction Servo del popolo, di cui Zelen’skyj è l’attore principale.

 

Dopo aver fatto campagna elettorale con un serie di proposte, senza un programma strutturato e senza un orientamento ideologico, Zelen’skyj ha utilizzato la sua popolarità mediatica per ottenere consensi e posizionarsi in testa alla “classifica di gradimento” degli Ucraini. Servo del Popolo (Слуга народу - Sluha narodu), il programma televisivo prodotto dallo stesso Zelen'skyj, è stato per due anni la sua palestra per diventare politico. Esattamente un anno fa, il 31 marzo del 2018, è nato il partito fondato dal comico aspirante presidente, che in un guizzo di originalità ha dato lo stesso nome della serie televisiva alla sua compagine politica. È il candidato però che mette d’accordo l’Est e l’Ovest dell’Ucraina, vincendo in diciannove oblast’ su venticinque, oltre che a Kyjiv. Giovani e anziani, strati sociali emarginati dai processi di riforma in atto, hanno investito su di lui paure e speranze per un futuro migliore. Zelen'skyj è spesso accostato a Beppe Grillo, anche se l’unica cosa che accomuna i due politici è l’avere un passato da comici. Zelen'skyj ha anche ‘legami’ con l’Italia, ha acquistato una villa da quasi quattro milioni di euro a Vittoria Apuana, una frazione di Forte dei Marmi, che pare il comico non avrebbe dichiarato al fisco ucraino.

 

Solo terza con il 13,1% e convinta di manipolazioni nello spoglio da parte del presidente uscente per poter restare in gara, l’ex primo ministro ed eroina della Rivoluzione arancione, Julija Tymošenko (Ю́лія Володи́мирівна Тимоше́нко), è stata tra i favoriti durante tutta la campagna elettorali; in una recente intervista televisiva ha dichiarato che non avrebbe preteso indietro la Crimea dalla Russia, se fosse stata eletta. La ex principessa del gas e il membri del partito filo-occidentale che ha fondato nel 2008, l’Unione Pan-Ucraina "Patria", la Батькивщина (Bat'kivščyna), dovranno ora decidere quale dei due è il candidato più ‘appropriato’ per schierarsi, al fine di assicurarsi più poltrone possibili nella Verchovna Rada, il parlamento unicamerale. Nella prigione femminile di Charkiv (Ха́рків), in cui Tymošenko ha scontato la sua pena per abuso di potere dal 30 dicembre 2011 al 22 febbraio 2014, la Kakačanjvs’ka (KaКачанівська жіноча колонія), il seggio elettorale speciale all’interno della colonia penale ha votato in maggioranza per la ex detenuta, che ha ottenuto il 40% dei voti, corrispondente a 110 persone, mentre Zelen’skyj ha ottenuto il secondo posto con un forte divario e 68 sostenitori (25,1%), mentre Porošenko è stato votato solo da venti persone, per il 7,4% dei voti.

 

Nonostante la soddisfacente affluenza alle urne e l’assenza di gravi irregolarità, il 12% dei cittadini non ha avuto diritto di voto, si tratta dei residenti in Crimea e nei territori separatisti del Donbass. Tale restrizione ha avuto l’effetto di ridurre il peso degli elettori pro-russi. Per contro, un 1,7 milioni di “rifugiati interni” provenienti dai territori occupati, ha potuto votare, mentre gli ucraini residenti in Russia, quelli con doppia nazionalità russo-ucraina hanno subito severe restrizioni al diritto di voto.

 

L’Ucraina è un Paese ancora in cerca della sua identità politica, provato da cinque anni di guerra con la Russia mai dichiarata, con una severa crisi economica in corso, con i salari e le pensioni che non garantiscono un adeguato tenore di vita, con il prezzo del carburante in continuo rialzo e con la paura di tornare totalmente sotto la sfera d’influenza della Russia. Tutti questi fattori hanno sicuramente portato gli Ucraini, sfiduciati dalle istituzioni, a sperare che un personaggio di una serie TV, al di fuori dall’establishment politico, potesse, in modo irrazionale e fantasmagorico, risolvere i problemi del Paese, attraverso un rinnovamento della classe politica e dirigente, con esponenti “al servizio del popolo”.

 

Intanto ad Ankara e a Istanbul le opposizioni laiche festeggiano la sconfitta dell’autocrate Erdoğan, anche se l’annuncio ufficiale per Istanbul sarà dato solo la settimana prossima. Ekrem İmamoğlu, del partito kemalista e socialdemocratico CHP (Cumhuriyet Halk Partis), il Partito Popolare Repubblicano, candidato a sindaco di Istanbul, si è recato dopo il voto ad Ankara per visitare l’Anıtkabir, il Mausoleo di Atatürk, leader della guerra d'indipendenza turca del 1919-1922 e fondatore e primo presidente della Repubblica di Turchia. Cresciuto in una famiglia borghese della provincia del Mar Nero di Trabzon, dove la religione e la propaganda nazionalista hanno il loro peso, İmamoğlu, che non è l’espressione di quello snobismo elitario di una certa parte del CHP, potrebbe rappresentare la figura del politico di nuova generazione in grado di porsi come candidato che ha le caratteristiche giuste per insidiare Erdoğan nel 2023, quando gli elettori saranno chiamati a votare per il nuovo presidente e per il rinnovo dei seggi della Grande Assemblea Nazionale. Sempre del CHP è Mansur Yavaş, il nuovo sindaco di Ankara, un avvocato che era già stato sindaco di Beypazarı, un distretto in provincia della capitale. In questo caso però il Partito Popolare Repubblicano si è alleato con l’İYİ, il Buon Partito, una formazione nazionalista e laica fondata nel 2017. Il CHP conquista inoltre Adana, Antalya, Bilecik, Izmir, Kirsehir e Mersin.

 

Erdoğan e il suo partito AKP (Adalet ve Kalkınma Partisi), comunque vincitori delle amministrative del 2019 con il 44, 23%, rispetto al 30,11% del CHP, non temono rivali nelle aree rurali del Paese, mentre perdono il polmone economico e finanziario del Paese, le città principali, dove il voto conferma il malumore e il disagio delle metropoli, vessate dall’aumento dei beni alimentari e dell’elettricità, con la lira turca in caduta libera, anche a causa delle tensioni con Washington, che ha sospeso la consegna di pezzi di ricambio e altri materiali destinati ai jet da combattimento F-35 alla Turchia, che ha fatto accordi con la Russia per l’acquisto di missili. Il programma statunitense per la fornitura di F-35 si aggira intorno ai dodici miliardi di dollari e resterà congelato fino a che Ankara non rinuncerà all’acquisto di un sistema missilistico di difesa russo.

 

Con un tale clima politico all’interno del Paese, le frizioni con gli Stati Uniti e le ripercussioni dell’intervento in Siria, avere un quadriennio senza elezioni potrebbe portare in Turchia a una guerra civile, visto che il pugno duro e le epurazioni del governo non hanno fiaccato né l’opposizione né la resilienza cittadina.



 

 

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