N. 89 - Maggio 2015
(CXX)
iL TESTA A TESTA MANCATO
GIOIE E DOLORI DELLE ELEZIONI OLTREMANICA
di Filippo Petrocelli
Nonostante
i
sondaggi
avessero
previsto
un
testa
a
testa,
le
elezioni
del
Regno
Unito
sono
state
un
trionfo
per
David
Cameron
e
per
il
Conservative
party.
Il
grande
sconfitto
è Ed
Milliband
leader
del
Labour
party,
figlio
di
un
importante
teorico
marxista
britannico
e
fratello
di
David,
altro
dirigente
di
spicco
dei
laburisti.
Classe
1969,
enfant
prodige
del
Labour
party,
Ed
Milliband
ha
un
pedigree
politico
invidiabile:
è il
più
giovane
segretario
del
dopoguerra,
ha
goduto
dell’appoggio
di
tutte
le
correnti
dell’universo
labour
ma
dopo
le
percentuali
disastrose
delle
elezioni
è
stato
costretto
a
dimissioni
repentine.
Nonostante
il
blasone
politico,
Milliband
non
ha
convinto
i
britannici
restando
sospeso
in
una
sorta
di
limbo
fatto
di
moderazione
e
contraddizioni:
non
ha
conquistato
né
il
tradizionale
elettorato
laburista,
stanco
forse
di
scelte
troppo
moderate,
né
ha
sfondato
nell’elettorato
centrista
che
alla
fine
ha
preferito
la
tradizionale
e
più
rassicurante
sponda
tory.
E
così
nel
curioso
e
complesso
sistema
elettorale
inglese
–
definibile
come
un
maggioritario
a
turno
secco
e
conosciuto
come
first
past
the
post
nel
quale
chi
vince
in
ogni
circoscrizione
viene
eletto
indipendentemente
dalla
percentuale
–
alla
fine
i
conservatori
hanno
vinto
ottenendo
la
metà
dei
seggi
parlamentari,
ovvero
331
con
meno
di
un
terzo
dei
voti.
Se
si
dovessero
analizzare
le
preferenze
elettorali
su
base
territoriale,
una
mappa
del
consenso
potrebbe
essere
disegnata,
a
grandi
linee
così:
nel
Sud
i
conservatori
hanno
fatto
il
pieno,
schiacciando
anche
gli
euroscettici
di
Ukip,
il
partito
di
Nigel
Farage,
altro
grande
sconfitto
di
questa
tornata
elettorale.
Alcune
aree
intorno
a
Londra,
Manchester,
Liverpool
e la
zona
delle
miniere
gallesi
invece
restano
roccaforti
del
Labour
party,
più
per
appartenenza
che
non
per
progetto
politico,
mentre
in
Scozia
si è
imposto
lo
Snp,
Scottish
national
party,
che
ha
rischiato
di
diventare
l’ago
della
bilancia,
anche
per
merito
della
nuova
leader
del
partito
Nicola
Sturgeon,
energica
nuova
pasionaria
della
politica
scozzese.
Insomma
un’altra
volta
Tory,
un’altra
volta
Cameron,
che
forse
sarà
ricordato
non
tanto
per
la
sua
azione
politica
quanto
per
aver
traghettato
il
gruppo
dei
conservatori
verso
la
modernità:
un
partito
profondamente
di
destra
ma
privo
di
quegli
accenti
xenofobi
e
omofobi
presenti
in
molti
altri
movimenti
conservatori
europei,
attento
“sulla
carta”
ai
problemi
ambientali
e ai
diritti
civili
e
capace
di
strizzare
l’occhio
all’elettorato
più
moderato
e
progressista.
Insomma
una
parte
politica
con
lo
sguardo
più
rivolto
verso
il
centro
liberale
piuttosto
che
verso
la
destra
conservatrice.
Ma
Cameron
insieme
a
François
Hollande
è
stato
anche
il
protagonista
dell’azione
militare
contro
la
Libia,
un
uomo
capace
di
suonare
più
volte
i
tamburi
di
guerra
contro
la
Siria,
moderato
in
politica
interna
ma
molto
aggressivo
su
quella
estera;
gradito
sia
all’establishment
militare,
sia
alle
lobby
dell’industria
bellica
che
ai
poteri
forti
in
generale.
Il
suo
nuovo
governo
sarà
monocolore
e
niente
poltrone
per
i
liberal-democratici
di
Nick
Clegg,
precedenti
alleati
dei
conservatori.
Il
premier
uscente
ha
incontrato
la
regina
a
Buckingam
Palace,
mentre
nello
stesso
momento
Milliband
si è
dimesso
dal
Labour,
Clegg
dai
Lib-Dem
e
Farage
da
Ukik.
In
un
efficace
affresco,
capace
di
spiegare
a
fondo
chi
ha
vinto
queste
elezioni.