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N. 77 - Maggio 2014 (CVIII)

ELEZIONI EUROPEE: INTEGRAZIONE, ISTRUZIONE E CULTURA
Insegnanti per scelta, non per caso

di Giovanna D'Arbitrio

 

Mentre ci prepariamo alle elezioni europee, c i chiediamo quale posto sarà assegnato a Scuola e Cultura in un contesto dove predominano nazioni ricche e Spread, nonché quali misure “condivise” saranno trovate a livello europeo per favorire l’integrazione degli immigrati che arrivano sempre più numerosi sulle nostre coste, aspettandoci una doverosa assunzione di responsabilità su tali problemi.

 

Riuscirà dunque l’Europa a favorire un cambiamento di rotta nelle strategie politico-economiche imposte ai paesi poveri? E mentre soffiano venti di guerra dall’Ucraina che ci ricordano i tempi della “guerra fredda”, riusciranno le nazioni europee a ritrovare coesione e realizzare alla fine il sogno di un’ Europa unita, faro di civiltà, esempio di solidarietà, integrazione e pace? Forse tutto ciò non accadrà subito, ma ci si potrebbe almeno provare cominciando da una comune identità culturale.

 

Qualche anno fa Umberto Eco lodò l’Erasmus per aver creato la prima generazione di europei tra giovani universitari e propose di estenderlo anche a rappresentanti di mestieri e professioni. Senz’altro apprezzabile la sua proposta, ma ora ci sembra più giusto focalizzare la nostra attenzione sulla drammatica situazione scolastica degli “ultimi della fila”, alunni definiti così in un uno dei tre rapporti della Caritas sugli emarginati (I bisogni dimenticati; Gli ultimi della fila; La rete spezzata, editi da Feltrinelli), a quanto pare in aumento sia per l’attuale crisi economica, sia per il crescente numero di immigrati.

 

E implacabilmente in Italia ritornano le bocciature come soluzione a tutti i mali in una scuola pubblica che non riesce a colmare né il divario culturale tra le classi sociali, né a fornire valido supporto a portatori di handicap e a ragazzi con gravi problemi.

 

Ho sempre pensato che un lavoro si debba “scegliere” seguendo le proprie attitudini, altrimenti l’insoddisfazione di aver intrapreso una strada sbagliata si riversa su se stessi e sugli altri.

 

Oggi purtroppo tanti giovani non solo non possono scegliere, ma addirittura non hanno un lavoro. E nella scuola italiana tante sono state le scelte “di ripiego” tra coloro che anni fa tentarono di ottenere un posto d’insegnante per sopravvivere, ma poi si sono trovati di fronte alla cosiddetta “scuola azienda” con riduzione del personale, tagli, accorpamenti, flessibilità, mobilità, precarietà.

 

Risultato: tutti insoddisfatti, demotivati e… alunni allo sbando.

 

Ci sono tipi di lavori che non si possono intraprendere senza interesse ed entusiasmo: diventare insegnante non richiede solo professionalità e competenze in una determinata materia, ma anche tanta sensibilità e una buona preparazione in campo pedagogico, indispensabili nell’attuale società in cui i ragazzi non hanno più punti di riferimento.

 

Il mio pensiero è andato allora ad un mio articolo di qualche anno fa e rileggendolo mi è sembrato adatto a descrivere quanto sia importante “scegliere” di essere insegnante, soprattutto oggi per le suddette crescenti problematiche.

 

Eccone uno stralcio:

“Mentre ascoltavo l’ennesima sconvolgente notizia in TV sulla gioventù di oggi, ho rivisto in un rapido flash back tanti episodi della mia vita di madre-insegnante, ruolo per fortuna da me consapevolmente scelto, non imposto da nessuno e profondamente amato. Quanti ragazzi hanno arricchito la mia vita! I miei figli, i loro amici, i miei teneri alunni delle prime classi della scuola dell’obbligo, e quelli più grandi delle III classi, quelli che all’improvviso ti sovrastano in altezza e allora ti accorgi che ormai sono adolescenti, desiderosi di affermare la propria identità.

 

Come potrò mai dimenticare la mia “gavetta” nelle scuole dei quartieri a rischio, quando insegnante troppo giovane fui costretta a confrontarmi con ragazzi grandi e grossi, ancora parcheggiati in una scuola dell’obbligo dopo diverse bocciature. Molti non riuscivano nemmeno a parlare in italiano ed io, mandata là allo sbaraglio, costretta a insegnare inglese!

 

Qualche santo mi avrà dato una mano! Riuscii a farmi ascoltare traducendo per loro le canzoni inglesi e americane che cantavano senza conoscerne il significato e gradualmente, comprendendo i loro seri problemi, potei aiutarli in qualche modo e ottenni insperati risultati. Insegnai così non solo inglese, ma anche italiano e tante altre cose che vanno sotto il nome di “cultura”, ma imparai anch’io da quegli umili e sfortunati ragazzi, spesso con genitori o parenti in prigione, cresciuti in ambienti di estremo degrado, eppure esseri umani, capaci ancora di buoni sentimenti e di sorridere con riconoscenza a chi tendeva loro una mano.

 

Mi chiedo allora:- Oggi sono così cambiati i giovani? Perché li vediamo sempre più coinvolti in terribili vicende in cui sono vittime o addirittura carnefici? Quali sono gli esempi positivi che noi adulti stiamo dando? Dentro di me una voce bisbiglia sempre la stessa risposta: non si nasce delinquenti, ma lo si diventa”.

 

Tornando al presente, anche se è vero che bisogna essere insegnanti per libera scelta, spesso ci chiediamo se in paesi “civili” come l’Italia e tanti paesi europei, la scuola pubblica riceva sufficiente attenzione e cure.

 

“I Care”, scrisse don Milani negli anni ‘60 sulla sua scuola a tempo pieno per ragazzi poveri.

 

E per favore non dimentichiamo l’articolo 34 della nostra Costituzione italiana che afferma quanto segue: 1) La scuola è aperta a tutti; 2) l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita; 3) I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti di studi.



 

 

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