N. 119 - Novembre 2017
(CL)
ANNO NUOVO, NUOVE ELEZIONI
BREVI Riflessioni su passato e presente cause ed effetti
di Giovanna D'Arbitrio
“Fatta
l’Italia,
ora
bisogna
fare
gli
Italiani”:
questa
frase,
attribuita
generalmente
al
patriota
Massimo
D’Azeglio
(1798-1866),
sembra
sempre
estremamente
attuale.
Lo
stesso
D’Azeglio
– ne
I
Miei
Ricordi
–
sostiene
che
“i
più
pericolosi
nemici
d’Italia
non
sono
i
tedeschi,
ma
sono
gli
italiani
[...].
Gli
Italiani
hanno
voluto
far
un’Italia
nuova
e
loro
rimanere
i
vecchi
di
prima,
con
le
dappocaggini
e le
miserie
morali
che
furono
ab
antico
la
loro
rovina;
perché
pensano
a
riformare
l’Italia
e
nessuno
s’accorge
che
per
riuscirci
bisogna
prima
che
si
riformino
loro”.
Una
serie
di
affermazioni
che,
appunto,
sembrano
oltremodo
“azzeccate“
ancor
oggi,
basti
pensare
ai
molti
discorsi
sulla
“rottamazione“
del
passato;
concetto
peraltro
antistorico
che
esclude
i
processi
di
causa-effetto
nonché
la
possibilità
dei
vichiani
corsi
e
ricorsi
storici.
“Le
parole
sono
importanti”,
asseriva
Nanni
Moretti
in
Palombella
Rossa,
e
partendo
da
tale
concetto
il
libro
di
Lorenzo
Pregliasco
Il
Crollo.
Dizionario
semiserio
delle
101
parole
che
hanno
fatto
e
disfatto
la
seconda
repubblica,
analizza
termini
e
formule
“sopravvissuti
alla
prima
Repubblica
per
riemergere
nella
seconda”.
I
tormentoni
dell’ultimo
ventennio
sono
quindi
spiegati
nella
loro
nascita
e
nelle
loro
evoluzioni,
dacché
essi
“raccontano
meglio
di
tanti
trattati
la
nostra
politica
e i
nostri
politici”.
Più
volte
sono
state
analizzate
le
cause
storiche
pregresse
e i
consequenziali
effetti
di
un'unità
d’Italia
ancora
da
“consolidare”:
presenza
di
criminalità
organizzata
connivente
col
potere
politico-economico,
globalizzazione
che
sposta
capitali
in
paesi
del
terzo
mondo
dove
si
sfruttano
risorse
e si
realizzano
più
alti
profitti,
inique
strategie
economico-finanziarie
a
livello
europeo
e
internazionale
che
creano
“debiti”
nei
paesi
più
deboli
dai
quali
si
pretendono
grandi
sacrifici
per
mettere
a
posto
i
conti,
causando
ulteriore
incremento
della
povertà,
disoccupazione,
fame,
disperazione,
guerre
e
massicce
migrazioni
dai
paesi
sottosviluppati.
Uno
scontento
generalizzato
genera
confusione
e
crollo
delle
ideologie,
in
particolare
quelle
di
sinistra.
è
quindi
innegabile
una
forte
avanzata
di
populismi
e
destre
reazionarie
e
xenofobe
in
molti
paesi
occidentali,
destre
molto
lontane
da
quelle
libertarie
e
illuminate
dell’utilitarismo
di
Bentham
e
Mill
che
fantasticavano
“the
greatest
good
for
the
greatest
number”.
E i
partiti
di
sinistra,
storicamente
schierati
a
favore
delle
classi
meno
abbienti,
ora
in
genere
sono
in
difficoltà,
senza
alcun
supporto
in
un
mondo
che
non
rispetta
equità
sociale,
beni
comuni,
diritti
umani
e
civili.
Per
fortuna
in
Europa
ci
sono
ancora
libere
e
democratiche
elezioni
che
consentono
a
partiti
e
coalizioni
di
destra
e
sinistra
di
alternarsi
al
potere.
Il
loro
compito,
quindi,
dovrebbe
essere
quello
di
garantire
equilibrio
e
stabilità
nei
nostri
paesi
cosiddetti
“civili”.
Perché
tutto
ciò
in
Italia
è
spesso
tanto
difficile?
A
tale
domanda
è
davvero
difficile
rispondere,
poiché
appare
troppo
spesso
incomprensibile
e
irrazionale,
“balordo”,
il
nostro
modo
di
far
politica.
Come
spiegare
la
follia
della
sinistra
italiana,
sempre
pronta
a
lotte
intestine
che
la
debilitano,
mentre
regalano
forza,
vigore
e
risultati
agli
avversari?
Come
far
comprendere
a
rottamatori
e
grillini
che
il
passaggio
del
testimone
da
un
generazione
all’altra
non
può
avvenire
distruggendo
tutto
indiscriminatamente,
ma
costruendo
su
“valori
positivi”
giunti
fino
a
noi
tra
mille
difficoltà
per
il
coraggio
e le
strenue
lotte
di
tanti
che
hanno
sacrificato
la
loro
vita
per
preservarli?
Lasciando
sospese
le
domande
sopra
poste,
è
dunque
in
un
clima
ben
poco
sereno,
carico
di
inutili
bagarre,
che
ci
apprestiamo
a
votare
con
il
Rosatellum,
legge
elettorale
già
foriera
di
(troppe?)
nuove
polemiche.