N. 5 - Maggio 2008
(XXXVI)
ELEZIONI 2008
NUOVA GEOGRAFIA POLITICA
ITALIANA
di Vladimirovic
Il risultato delle
elezioni politiche 2008 ha un valore che va oltre la
naturale affermazione di una parte sull'altra e la
conseguente formazione di una nuova maggioranza
parlamentare e di un nuovo governo: si è trattato di
un sisma che ha ridisegnato i "colori" politici
dell'Italia.
Innanzitutto la
scomparsa, per la prima volta nella storia della
Repubblica, della sinistra dal parlamento, e
l'affermazione netta della Lega Nord di Umberto
Bossi. Poi la maggioranza schiacciante di consensi
ottenuta da Silvio Berlusconi e il suo Popolo della
Libertà alla quale ha saputo tenere testa
solamente il Partito Democratico di Walter
Veltroni.
Altro elemento emerso
dalle urne è la permanenza in parlamento di due forze
come l'Udc, che ha deciso di svincolarsi dai
due poli ed è stata premiata, seppur con un numero di
deputati molto modesto, dagli elettori di centro, e l'Italia
dei Valori di Antonio Di Pietro, alleata del Pd.
Se si pensa alla
moltitudine di forze e gruppi parlamentari della
precedente legislatura, ci si rende subito conto che
in soli due anni sono cambiate radicalmente molte
cose.
La scelta dei leader dei
due partiti principali, Pdl e Pd, di correre da soli
(salvo apparentarsi l'uno con la Lega Nord e l'Mpa di
Raffaele Lombardo, l'altro con l'Italia dei Valori) ha
messo sotto scacco tutti quei partiti e micro-partiti
che continuavano a rimanere in parlamento in virtù di
un'interpretazione bipolare dell'attuale legge
elettorale.
Correndo da soli, Pdl e
Pd hanno aperto la strada ad un sistema bipartitico,
il cui compimento è però ancora solamente un'ipotesi
molto accreditata da valutare.
Da questa operazione è
scaturito un risultato che vede il Pdl alleato della
Lega e dell'Mpa guadagnare una maggioranza blindata
tanto alla Camera dei deputati quanto al Senato.
Rimangono il Pd, l'Idv e
l'Udc. Non ci sarà, quindi, un'opposizione di sinistra
al governo della destra. Le forze che componevano la
Sinistra arcobaleno sono crollate dal 12% del 2006 al
3,5% del 2008, rimanendo fuori dal parlamento per non
aver raggiunto la soglia di sbarramento necessaria.
Il Pd ha guadagnato più
di 4 punti percentuali rispetto all'Ulivo nel 2006,
presumibilmente parte di quelli persi dalla sinistra:
l'altra metà di questi è andata, analizzando i flussi
elettorali, alla Lega Nord.
Questo spostamento è
stato la chiave di volta delle elezioni, e consegna
alla Lega una forza enorme all'interno della
maggioranza. Il risultato è dovuto tanto allo
scontento per la fine prematura del governo Prodi,
quanto alla capacità della Lega di "parlare" ad un
elettorato tradizionalmente di sinistra e di risultare
più credibile nell'offerta politica.
L'analisi nella sinistra
è cominciata subito con le dimissioni di Bertinotti
dalla direzione del Prc. I "rossi" dovranno, seguendo
il modello-Lega fatto di dialogo costante con i
cittadini e di presenza sul territorio, riallacciare i
rapporti con i loro elettori e convincerli che la
sinistra ha ancora ragione di esistere e di essere per
questo rappresentata nelle istituzioni.
Il nodo del referendum
elettorale, slittato ad aprile 2009, sarà decisivo per
capire se il Pdl e il Pd riusciranno ad ottenere un
sistema elettorale semi-presidenziale alla francese,
oppure si tornerà ad un sistema elettorale
proporzionale che potrebbe allargare la rappresentanza
politica parlamentare a quelle forze oggi minoritarie
o estromesse del tutto.
Certo per Berlusconi
sarà difficile forzare la mano sul
semi-presidenzialismo con Bossi, ma la nascita stessa
del Pdl dalla fusione di Forza Italia e Alleanza
Nazionale lascia intendere le sue ambizioni
bipartitiche.
Ambizioni che non ha mai
nascosto nemmeno Walter Veltroni, leader un pò in
affanno nel fronteggiare il malcontento interno di un
partito che in pochi mesi è passato dal governo
all'opposizione ed ha perso la corsa al Campidoglio,
lasciando il ruolo di primo cittadino di Roma a Gianni
Alemanno dopo un quindicennio di amministrazione di
centrosinistra.
Quello di Roma è il
segno emblematico di un cambiamento, di uno
spostamento a destra dell'asse politico nazionale che
consegna a Silvio Berlusconi la possibilità concreta
di governare, per la seconda volta dal dopoguerra, per
l'intera durata della legislatura.
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