N. 12 - Maggio 2006
ELEZIONI 2006
Analisi del voto del 9 e 10 aprile
di
Stefano De Luca
L’Italia che esce dal voto politico del 9 e 10 aprile è un
Paese diviso. Le due visioni del mondo che si sono
contrapposte durante una campagna elettorale
incandescente ma povera di contenuti hanno ottenuto
una sostanziale parità in termini di voti e questo è
un dato che fa e farà riflettere a lungo gli analisti
politici.
I pronostici della vigilia che vedevano il
centro-sinistra in vantaggio di 4/5 punti
percentuali sul centro-destra sono stati
disattesi in modo inequivocabile dal responso delle
urne, sintomo che esiste una grossa fetta di
elettorato ancora incompresa dagli addetti ai lavori.
Una fetta di elettorato che scompare sistematicamente
durante le elezioni amministrative, che negli ultimi
anni hanno visto il centro-sinistra fare man bassa di
Regioni, Province, Comuni e che puntualmente riemerge
e porta voti al centro-destra durante le elezioni
politiche.
Questa parte d’Italia, geograficamente collocata
principalmente in regioni produttive quali la
Lombardia ed il Nord-Est, sembra essere sorda ad ogni
input programmatico proveniente dall’area
ulivista ed ha permesso al Polo di risalire uno
svantaggio che sulla carta sembrava incolmabile.
Il
Presidente de Consiglio uscente, Silvio Berlusconi,
è l’unico in grado di mobilitare e portare quasi per
mano al seggio elettorale queste centinaia di migliaia
di italiani, ed il futuro governo guidato da Romano
Prodi dovrà necessariamente cercare di creare un
legame con un mondo che si è dimostrato sordo ai suoi
appelli della vigilia.
Il nuovo sistema elettorale – imposto furbescamente negli
ultimi mesi di governo dal Polo come strumento capace
di depotenziare una vittoria che sembrava sarebbe
stata schiacciante da parte del centro-sinistra – non
ha prodotto le conseguenze di instabilità che in molti
erano certi avrebbe generato, segno tangibile che un
sistema elettorale condiziona la forma ma non la
sostanza della politica.
La vittoria in termini di seggi è andata alla coalizione
data da tutti alla vigilia come strafavorita,
il centro-sinistra. Ma è stata una vittoria che, per
l’esiguità dei numeri, ha generato inquietudine e
sconcerto tra le fila progressiste, palesemente deluse
nonostante la maggioranza ottenuta sia al Senato che
alla Camera dei deputati, ed ha fatto gridare a
Berlusconi di essere lui il “vincitore morale delle
elezioni”.
Un discorso che chiaramente non sta in
piedi il suo, ma mette in guardia il prossimo Governo
dai tentativi di delegittimazione morale che
l’opposizione di cenrto-destra tenterà di arrecarle.
La cosa che trovo preoccupante, in una democrazia compiuta
come la nostra, è proprio questo: il non
riconoscimento dell’altro come legittimato a
governare. Grande è la responsabilità di questo clima,
che di cero non giova alla nazione ed alla sua
immagine internazionale, da parte del leader forzista
Berlusconi e la brutta vicenda della denuncia di
brogli elettorali, smentita in modo chiaro dalla
Cassazione, ne è la conferma. Il ritorno ad un clima
di concordia e di reciproco riconoscimento delle parti
politiche è la sfida più grande dei prossimi anni, che
darà l’esatta dimensione della maturità raggiunta dai
Partiti della Seconda Repubblica. Termini di
riferimento devono essere i sistemi anglo-sassoni e
uomini politici nostrani del calibro di Aldo Moro ed
Enrico Berlinguer.
Un altro dato che emerge dal voto del 9 e 10 aprile è la
maturazione di un sistema bipolare che ha delle
caratteristiche peculiari non riscontrabili in altri
Stati. La prima è data da due poli formati da una
pluralità di partiti, a differenza ad esempio di Stati
Uniti e Gran Bretagna nei quali i perni del sistema
bipolare sono due partiti politici unitari. La seconda
è l’eterogeneità delle forze politiche che compongono
le due coalizioni: Forza Italia e Democratici di
Sinistra sono le due forze politiche che permettono
l’aggregazione di partiti nei due schieramenti.
Se
nello schieramento di centro-sinistra convivono
Margherita e Rifondazione Comunista ed in quello di
centro-destra Lega Nord ed Alleanza Nazionale, è
grazie alla forza mediatrice di FI e DS. Il terzo
elemento è la variabile cattolica, presente in forme
diverse in entrambi gli schieramenti. Se nella Prima
Repubblica la DC era il partito dei cattolici, ora il voto di questo grande segmento della
popolazione italiana è frazionato e ripartito tra i
due schieramenti, anche se è il centro-destra a
calamitare in modo più netto l’ex voto democristaiano.
Quanto potrà durare il Governo Prodi? La maggioranza
risicata che può vantare al Senato – 2 senatori – e la
dura opposizione che farà il centro-destra rischiano
di trasformarsi in una bomba ad orologeria? Tanti sono
gli interrogativi aperti ed è difficile dare una
risposta. Si può solamente osservare che il
centro-sinistra ha il dovere-potere di governare, ha i
numeri per farlo e se riuscirà a durare l’intera
legislatura – come è accaduto al centro-destra negli
ultimi cinque anni – sancirà la stabilizzazione del
sistema bipolare in Italia.
La frammentazione politica
non aiuta ed in tal senso il progetto Ds-Dl di dare
vita al Partito Democratico e quello FI-AN di creare
il Partito Popolare sembrano una strada obbligata
nella stabilizzazione della Seconda Repubblica e nella
costruzione di una logica bipolare che trasformi gli
attuali cartelli di partiti in forze politiche coese
ed alternative. In gioco c’è il futuro dell’Italia e
la cosa peggiore sarebbe continuare con le beghe
intestine ai due schieramenti che hanno fatto disinamorare buona parte degli italiani alla politica.
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