N. 54 - Giugno 2012
(LXXXV)
l'egitto al ballottaggio
per una (debole) svolta democratica
di Francesca Zamboni
La
primavera
araba
ci
dice
che
Hosny
Mubarak
è
caduto
inesorabilmente,
offrendo
agli
egiziani
la
possibilità
di
eleggere
liberamente
un
nuovo
presidente
dopo
un
mandato
durato
trent’anni.
Una
scelta
importante
quanto
rischiosa
da
effettuarsi
fra
tredici
abili
candidati,
visto
che
solo
i
ballottaggi
di
metà
giugno
potranno
rivelare
il
nome
del
vincitore.
Al
momento,
infatti,
nessuno
sembra
aver
raggiunto
il
quorum
previsto
per
l’elezione
al
primo
turno.
Dunque
una
sfida
ancora
aperta,
ma
pur
sempre
piena
di
incertezze
che
mettono
in
dubbio
i
tentativi
di
una
svolta
in
senso
democratico.
I
dati
delle
presidenziali
egiziane
parlano
chiaro:
Muhammad
Morsi
(candidato
dei
Fratelli
Musulmani)
ed
Ahmed
Shafiq
(uomo
vicinissimo
a
Mubarak)
andranno
al
ballottaggio,
adombrando
mesi
di
rivolte
e
dando
prova
di
come
l’Egitto
non
abbia
ancora
totalmente
voltato
pagina.
Un
confronto
decisivo,
il
cui
risultato
rappresenterà
il
grado
di
democraticità
di
questo
paese.
Una
prova
a
tutto
tondo
per
palesare
l’animo
di
un
paese
in
rivolta,
ma
sempre
ancorato
a
vecchi
precetti.
Ricordiamo
infatti
che
Ahmed
Shafik
è
stato
primo
ministro
negli
ultimi
giorni
del
regime
Mubarak
dimessosi
solo
dopo
poche
settimane
nel
tentativo
di
sedare
la
sommossa.
Mohammed
Morsi
invece
è il
solo
candidato
con
un
programma
elettorale
di
stampo
musulmano,
sostenuto
animatamente
dalla
corrente
dei
Fratelli
Musulmani.
Un
uomo
abile
e
astuto
che
fa
leva
sul
predominante
partito
giustizia
e
libertà,
che
non
a
caso
detiene
la
metà
dei
seggi
in
parlamento.
Per
cui
abbiamo:
da
un
lato
un
militante
di
Mubarak,
dall’altro
un
esponente
di
un
islamismo
che,
nel
corso
degli
anni,
non
ha
esitato
a
scendere
a
compromessi
con
il
presidente.
Nessuno
di
loro
rappresenta
dunque
una
definitiva
rottura
col
passato.
Nessuno
di
loro
sembra
voltare
pagina
definitivamente.
Gli
unici
che
potrebbero
gestire
la
situazione
restano
i
Fratelli
Musulmani.
Sempre
che
Shafiq
e
SCAF
(Consiglio
supremo
delle
forze
armate)
permettano
una
tale
situazione.
Morsi
potrebbe
appunto
raccogliere,
sia
il
consenso
salafita
sia
i
voti
di
quanti
non
intendono
tornare
al
punto
di
partenza,
esprimendo
una
distruttiva
preferenza
per
Shafiq.
I
giovani
che
hanno
energicamente
combattuto
non
voterebbero
mai
l'ex
spalla
di
Mubarak,
ritrovandosi
a
fare
conseguentemente
una
scelta
obbligata,
ovvero
un
Fratello
Musulmano
poco
noto
agli
egiziani,
ma
sicuramente
migliore
di
colui
che
non
romperebbe
totalmente
con
un
presidente
superato
e
incapace
di
assecondare
le
richieste
di
un
popolo
assetato
di
cambiamenti.
A
essere
spaventati,
in
questa
intricata
situazione,
sono
soprattutto
i
copti,
intimoriti
da
un
possibile
governo
islamista,
che
potrebbe
mettere
in
pericolo
la
loro
condizione
sociale,
composta
da
un’esigua
minoranza.
Non
solo,
proprio
pochi
giorni
fa
Mubarak
è
stato
condannato
all’ergastolo
insieme
al
suo
ministro
dell’interno
Habib
al-Adly,
mentre
i
figli
sono
stati
assolti;
una
sentenza
che
ha
scatenato
le
ire
dei
dimostranti
egiziani,
che
non
hanno
esitato
a
manifestare
in
piazza
Tahir,
simbolo
della
Primavera
Araba,
per
protestare
contro
un
verdetto
fin
troppo
generoso.
E
nonostante
gli
84
anni
e
una
crisi
cardiaca,
Mubarak
sembra
non
perdersi
d’animo
tanto
da
aver
dichiarato
di
voler
ricorrere
in
appello.