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N. 11 - Aprile 2006

L’EDITTO DI COSTANTINO

La grande beffa della Chiesa cattolica

di Andrea Laruffa

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Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,

non la tua conversion, ma quella dote

che da te prese il primo ricco patre

(Dante Alighieri - Inferno, Canto XIX)

 

La manipolazione e la diffusione parziale della realtà è un fenomeno antico quanto quello delle prime forme di produzione di conoscenza da parte dell’uomo. Fin da quando le calamità naturali, come uragani, fulmini e  terremoti, venivano spiegate come punizioni divine, l’impossibilità di fornire un senso ai fenomeni della natura ha lasciato ampio spazio alla loro libera interpretazione. Questa impossibilità ‘ontologica’ ha fatto sì che emergesse nelle persone una predisposizione alla credenza.

 

Parallelamente, dal momento che l’uomo è sopratutto animale intelligente, alcuni presero coscienza del fatto che, manipolando la realtà per interpretarla a proprio piacimento, si poteva guadagnare qualcosa in termini di consenso e, di conseguenza, in termini di potere. E’ in questo scenario che nacquero la prime forme di religione. Ciò che tuttavia mi interessa sottolineare in questa sede non è tanto il rapporto tra realtà e credenza (rapporto tra l’altro interessantissimo ma che ci porterebbe troppo lontano dall’epicentro di questa rubrica), quanto il fenomeno della manipolazione e della falsificazione del reale. E la Chiesa Cattolica, nella sua lunga e gloriosa storia, di sicuro non è stata esente da questo tipo di pratica.

 

In un suo libro dal titolo ‘Bufale: breve storia delle beffe mediatiche da Orson Welles a Luther Blissett’, Luca Damiani spiega che “l’esistenza stessa della Chiesa, l’istituzione su cui poggia la religione cristiana e dunque la cultura occidentale degli ultimi venti secoli, si fonda su un falso letterario che rientra perfettamente nella categoria delle ‘beffe mediatiche’,  avendo sia l’intenzione manipolante attraverso il mezzo di un documento sia il falso materiale”. L’autore si riferisce in questo caso alla famosa Donazione di Costantino, ovvero uno dei pilastri su cui si è fondato il potere temporale della Chiesa. Con questo epiteto, infatti, s’intende un noto documento che, indirizzato dall’Imperatore di Roma Costantino a Papa Silvestro nello stesso anno della promulgazione dell’Editto di Milano (313 D.C.), riguardava l’ordine della dignità ecclesiastica e la definizione proprio dei beni temporali della Chiesa. Si gettavano in questo modo le basi di quel potere terreno che sarebbe durato, come lo è stato effettivamente, fino ai giorni nostri. Poco importa, ora, se questa Donazione nella realtà non fu mai stata concessa.

 

La Donazione di Costantino è risultato infatti essere un banalissimo falso confezionato ad arte in epoca carolingia, che riuscì tuttavia per quasi un millennio a giustificare i possedimenti terreni dei pontefici, ad attirare le ire di Dante davanti ai dannati simoniaci e ad impedire in tutta Europa la formazione di un impero formalmente laico e indipendente fino almeno alla riforma protestante. Ci sono casi, e questa né è una dimostrazione lampante, in cui anche il falso, l’invenzione, l’inesistente riescono ad incidere profondamente sul reale. “Il falso da idea si fa Storia, smuove eserciti, influisce sul corso dell’arte e della filosofia”.

 

A questo punto, una domanda sorge quasi spontanea: si può parlare ancora, in questo caso, di ‘finzione’? O non sarà forse che un falso, se confezionato ad arte e inculcato nel modo giusto nella coscienza delle persone, può tranquillamente prendere il posto del reale ed influenzare anche più di questo il corso della nostra Storia. L’Editto di Costantino sembra verificare nel modo più assoluto questa tesi.  Cerchiamo però di capire meglio come sono andate le cose.

 

Il documento è diviso in due parti. Nella prima, che si suole indicare con il nome di Confessione, si racconta, fra le altre cose, la leggenda della conversione al cristianesimo dell’Imperatore Costantino per opera di Papa Silvestro. La leggende vuole che l’Imperatore, colpito dalla lebbra, fu completamente guarito da Silvestro con il battesimo. Per riconoscenza Costantino fece successivamente dono al Papa della città di Roma.

 

Nella seconda e più importante parte del documento, invece, che viene comunemente indicata con il nome di Donazione (da qui l’appellativo dato all’intero documento), sono contenute disposizioni varie relative alla dignità, alla giurisdizione e al primato del vescovo di Roma nell’organizzazione della Chiesa Cattolica universale, mentre altre stabilivano l’equiparazione tra la gerarchia chiesastica e quella civile, disciplinavano il governo dei beni temporali della Chiesa romana e istituivano l’incompatibilità del potere civile e papale nella stessa sede.

 

La Storia vuole che Costantino, sconfitto Licinio, Imperatore d’Oriente, divenne sovrano assoluto dell’Impero. Ricostruì Bisanzio, rinominandola Costantinopoli, e qui vi trasferì la sede imperiale, lasciando al Papato il controllo su Roma, oltre che su numerosi altri territori. Si stabilivano in pratica le basi del potere temporale della Chiesa e le fondamenta della cultura occidentale degli ultimi venti secoli.

 

Ma il documento, come ho già accennato, nella realtà non è mai esistito.

La sua autenticità apparve già dubbia a partire dal X secolo e fu decisamente impugnata prima da Arnaldo da Brescia, poi da Nicolò Cusano, e infine, soprattutto, dal filosofo Lorenzo Valla (1407- 1457). Dal suo libro De Falso Credita et Ementita Costantini Donatione Declamatio si evince l’evidente falsità del testo, tramite soprattutto un’analisi delle evidenti incongruenze storiche e linguistiche presenti al suo interno. In un passo della sua opera, Valle dichiara che “per prima cosa dimostrerò che Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da poter legalmente l’uno assumere, volendolo, la figura del donante e poter quindi trasferire i pretesi regni donati che non erano in suo potere, e l’altro da poter accettare legalmente il dono (né del resto lo avrebbe voluto), In seconda istanza, dimostrerò che anche se i fatti non stessero così ( ma sono troppo evidenti), né Silvestro accettò né Costantino effettuò il trapasso del dono […] In terza istanza dimostrerò che nulla diede Costantino a Silvestro, ma al Papa immediatamente anteriore davanti al quale era stato battezzato. Dimostrerò (quarto assunto) che è falsa la tradizione che il testo della  Donazione si trovi nelle decisione decretali della Chiesa o sia tolto dalla Vita di Silvestro. Non si trova né in essa né in alcuna cronaca, mentre invece si contengono nella Donazione contraddizioni, affermazioni infondate, stoltezze, espressioni, concetti barbari e ridicoli”.

 

Nessuno, tra gli storici moderni, riconosce la Donazione di Costantino come ‘autentica’, nonostante si tratti di un documento di grande interesse ed estrema importanza perché, anche se falso, rappresenta una fase dello sviluppo della teoria politica non solo della Chiesa, ma in generale di tutto l’occidente.

 

Secondo le più recenti opinioni di storici ed esperti, l’origine della falsificazione andrebbe ricercata in Francia, probabilmente a Reims, nel lungo periodo che va dal secolo VII al secolo X. L’attenzione è poi particolarmente rivolta al periodo carolingio, quando fu ricostruita la dignità imperiale in Europa. La questione dell’autenticità del documento emerse quindi con grande interesse nello stesso periodo in cui la Chiesa si andava rafforzando in termini di potere, soprattutto territoriale e politico. E non sorprende poi più di tanto il fatto che la Chiesa stessa abbia sfruttato abilmente più volte nel corso della storia questo falso documento per affermare ed espandere la propria influenza.

 

Il caso della Donazione di Costantino aiuta a mettere in evidenza come la falsificazione e la manipolazione della realtà siano da sempre presenti nel tessuto della nostra civiltà, e come da queste a volte si possono generare pagine fondamentali della Storia.



 

 

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