N. 6 - Giugno 2008
(XXXVII)
Qualità e specificità per l’editoria minore
l’avvenire e la giustificabilità delle piccole iniziative
di Antonio Pisanti
I tranelli che di tanto in tanto fanno cadere nella
rete di internet qualche illustre vittima, incauto
navigatore, e, ancor più clamorosamente, l’intera
opinione pubblica, alla quale l’informazione
globalizzata rifila la bufala di turno, nella più
innocente delle ipotesi per il divertimento di
qualche buontempone, dovrebbero far riflettere sui
rischi della navigazione nel mare magno del word
wide web.
In precedenti occasioni ci siamo già soffermati
sull’argomento per questa testata, sottolineando,
tra l’altro, il pericolo di oscuramento o di
manipolazione non solo di quelle informazioni
scomode per taluni poteri costituiti
(amministrazioni, potenziati economici, politici,
militari, lobby, ecc.) ma anche il rischio di
sparizione della stessa informazione e dell’editoria
a livello locale, la cui diffusione, per la minore
rilevanza del target, può interessare ben poco chi
dell’informazione si serve come strumento di
condizionamento a più livelli.
L’informazione locale e la piccola editoria, come
ogni altra impresa di modesta dimensione, finiscono
con l’essere occultate dalla presbiopia
dell’informazione globale e con l’essere assorbite
ed annientate progressivamente dai grandi network
che tendono, a loro volta, a fare sistema e ad
omologare solo testate ed iniziative disposte a
farne parte.
La stessa pubblicità finanziariamente significativa
è solita ricorrere a grandi canali di distribuzione,
evitando di disperdersi in piccole testate, e
concorre così ad acuire la crisi dell’editoria
minore.
I “grandi” autori seguono la stessa logica nelle
loro scelte editoriali.
Nel sistema produttivo dell’informazione e della
divulgazione, come in ogni processo di produzione,
chi si ostinasse a salvaguardare l’individualità
della propria gestione, è costretto , per evidenti
motivi economici, a ricorrere alla fornitura
indiretta di servizi più ampi e veloci, non sempre
con la possibilità di controllare la qualità,
l’origine e l’attendibilità delle fonti.
Nel panorama della grande informazione, sempre meno
attenta ai problemi e ai fatti locali e sempre meno
interessata alla specificità e alla verificabilità,
assumono una particolare rilevanza il recupero
dell’identità delle singole iniziative e la
salvaguardia dell’informazione locale o
specializzata.
È per questo motivo che molte testate giornalistiche
di rilievo nazionale si difendono dal rischio di una
totale separazione dal “locale” facendosi affiancare
da supplementi che sono delle vere e proprie testate
parallele, non vendibili separatamente, con maggiori
possibilità di contatti con la realtà
socio-economica e la cultura del territorio.
L’informazione generalista, ancor più se
elettronica, tende ad appiattirsi verso il basso e a
replicarsi in una infinita molteplicità di testate,
grazie ai costi contenuti di produzione e alla
disponibilità dei motori di ricerca, sempre più
concorrenziali e contesi, che consentono a tutti,
salvo incidenti di percorso, di informarsi e di
scrivere su tutto con tempestività.
Le stesse testate giornalistiche a stampa,
nonostante la crescente velocità di confezionamento,
corrono il rischio di essere scavalcate sui tempi
dall’informazione elettronica che viaggia in tempo
reale. Ed è per questo che tendono anche a farsi
affiancate da omonime testate on line.
Se non si tratti di strumenti per fare della
propaganda o rincorrere piccoli profitti a vario
titolo, oggi non ha più senso inventarsi nuove
testate senza alcuna possibilità competitiva nella
diffusione e nella tiratura, a meno che non si
voglia puntare sulla qualità e sulla specificità dei
contenuti. Del resto, molta stampa periodica
sopravvive già da tempo dignitosamente solo grazie a
tale sua caratteristica.
È solo un qualificato e forte radicamento in
determinati ambiti, culturali, territoriali o di
gruppo, a dare un senso al fare un’informazione che
non sia superflua o di seconda mano, ma contribuisca
anzi alla sussistenza di un autentico pluralismo. La
piccola editoria, rifiutando l’appellativo di
editoria minore grazie al potenziale culturale di
cui vuole essere portatrice, si definisce così anche
editoria di idee.
Per quanto riguarda, ancor più, le testate in rete,
non serve aggiungere l’ennesima goccia d’acqua nel
mare dell’informazione, se non ci si propone di
acquisire una specializzazione che eviti a chi la fa
di navigare a vista e a chi ne fruisce il rischio di
affondare nelle paludi o nelle burrasche generate da
apprendisti stregoni del quarto potere, tanto
numerosi quanto sprovveduti. |