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FILOSOFIA & RELIGIONE


N. 23 - Novembre 2009 (LIV)

Quando l’ecumenismo diventa eretico
I casi de Mello e Dupuis

di Lawrence M. F. Sudbury

 

Secondo un numero rilevante di fonti cristiane il periodo storico-religioso che da circa trent’anni stiamo vivendo potrebbe essere definito “Era Ecumenica”.

Il termine “ecumenismo”, dal greco “οκουμένη” (ecumene), “mondo abitato”, sostanzialmente significa, nella sua accezione più vasta, tendenza all’avvicinamento tra diverse Fedi o Correnti denominazionali. Non sembrerebbe una la definizione di per sé particolarmente problematica ma, in effetti, proprio per la sua vastità, e dunque indeterminatezza, essa si presta a interpretazioni plurime e a notevoli fraintendimenti, in particolare per quanto riguarda due punti.

Innanzitutto, cosa si intende per “diverse Fedi o Correnti denominazionali”? In prospettiva storico-sociale si potrebbe parlare di almeno tre livelli di lettura in questo senso:
- un primo livello, assolutamente minoritario, che vede come obiettivo ecumenico l’unità di tutto il mondo religioso;
- un secondo livello, più condiviso, vede nell’ecumenismo l’esaltazione di un maggiore senso di spiritualità condivisa tra le tre Fedi abramitiche del Giudaismo, del Cristianesimo e dell’Islam:
- l’interpretazione maggioritaria, infine, vede un significato più ristretto nel termine, riferendolo essenzialmente ad una maggiore cooperazione tra le diverse Confessioni religiose di una sola di queste Fedi, in particolare del Cristianesimo.
Vi è anche chi ha tentato una mediazione sincretica tra queste differenti visioni, distinguendo tra un ecumenismo in senso stretto, inter-Cristiano, e un ecumenismo inteso come pluralismo religioso, che mira ad ottenere maggiore rispetto reciproco, tolleranza e cooperazione tra le Religioni del mondo, non tanto conciliando i loro aderenti in piena e organica unità, ma semplicemente di promuovendo migliori relazioni tra loro.

Inoltre, sempre comunque in riferimento all’obiettivo ultimo, anche il grado di “avvicinamento” da considerarsi ottimale ha subito, sia diacronicamente che, allo stato attuale, sincronicamente tra Denominazioni differenti, una serie di interpretazioni diverse, capaci di coprire tutto l’arco di significazione attribuibile al termine (andando, ad esempio, dalla totale apertura ecumenica di alcune odierne correnti mistiche transculturali al rifiuto completo dell’ecumenismo da parte, solo per citare un esempio, della Chiesa Russo-Ortodossa).

Anche concentrandosi sull’aspetto prettamente diacronico di una singola Denominazione, come può essere la Chiesa Cattolica, il livello di variazione interpretativa dell’ecumenismo è stato piuttosto impressionante. Se, di base, la Chiesa, infatti, ha sempre considerato un dovere cristiano cercare l’unità con le altre Comunioni, allo stesso tempo ha, altrettanto veementemente, sempre rifiutato un “contatto promiscuo” con quelle che vedeva come false Religioni o interpretazioni erronee del Messaggio evangelico.

Appare piuttosto indubitabile che questo secondo aspetto abbia nettamente surclassato il primo antecedentemente al Concilio Vaticano II. Basta, ad esempio, una rapida lettura che Canone 1258 del Codice di Diritto Canonico del 1917 per rendersene conto. Esso recita: “E’ fatto divieto ai fedeli assistere o partecipare in qualunque forma a funzioni religiose non-cattoliche. Solo per ragioni gravi, che, in caso di dubbio, sono da sottoporre all’approvazione vescovile, è tollerabile la partecipazione, unicamente materiale e passiva, a funerali e matrimoni non-cattolici, come atto d’ufficio o di cortesia e sempre che ciò non ingeneri pericoli di perversione o di scandalo”

Tutto ciò sembra essere sicuramente cambiato con il Vaticano II, che, pur ribadendo che la Chiesa Romana rimane “una, santa, cattolica e apostolica”, sola depositaria del Magistero di Cristo, ha riconosciuto, in particolare nel documento “Lumen Gentium” (capitolo VIIII), la possibilità di trovare “molti elementi di santità e di verità anche al di fuori dei Suoi confini”.
Purtroppo, però, come è possibile notare, anche questa affermazione rimane piuttosto vaga e interpretabile, soprattutto riguardo a cosa s’intenda per tutto ciò che “sta fuori” dai confini cattolici.

A fare le spese di questa “vaghezza” sono stati, nel tempo, numerosi ecclesiastici che hanno tentato, volontariamente o più spesso involontariamente, di forzare i termini e di spingersi verso interpretazioni più ampie ed onnicomprensive del dettato conciliare.
Tra gli ultimi e più eclatanti esempi in questo senso, due spiccano particolarmente per fama e importanza: quello del gesuita indiano Anthony de Mello e quello del gesuita belga Jacques Dupuis.

Il primo, per la diffusione e notorietà dei suoi scritti, non ha, probabilmente, bisogno di presentazione.

Nato a Bombay nel 1931, Anthony De Mello ricevette, durante l’infanzia in India, una fortissima influenza delle Tradizioni indù e buddista che, a suo stesso dire, lo indirizzarono entusiasticamente verso lo sviluppo di un Cristianesimo allo stesso tempo semplice e profondamente filosofico. Entrato, non ancora sedicenne, nella Compagnia di Gesù nel 1947, mentre era ancora un giovane gesuita fu inviato dai suoi superiori in Spagna, dove poté studiarne la spiritualità di Santi e scrittori mistici cristiani quali Teresa d’Avila e Giovanni della Croce. In seguito fu mandato, sempre dall'Ordine Gesuita, negli Stati Uniti per studiare psicologia.
Probabilmente la fusione del retroterra psicologico di De Mello, unito alle riflessioni sulle teorie del bene e del male contenute sia nella spiritualità orientale sia in quella occidentale, gli fornirono quella visione che affascinò gran parte dei lettori dei suoi numerosi libri “psico-terapeutici” in seguito tradotti in tutto il mondo. In particolare durante l'ultima parte della sua vita egli tenne corsi e ritiri nel Centro Spirituale Sadhana, nei pressi di Bombay, e la sua fama crebbe a tal punto che fu chiamato a condurre seminari ed esercizi spirituali in ogni continente. Proprio durante uno di questi corsi, all’Università di Fordham, nel 1987, morì improvvisamente mentre era al culmine del suo successo.

Il suo “pensiero positivo”, basato principalmente sull’idea che la maggior parte delle persone vivono dormendo mentre dovrebbero aprire gli occhi per vedere la realtà di ciò che sta dentro e fuori di loro e per ottenere la piena consapevolezza dei poteri del loro corpo e della loro mente, però continuò a diffondersi anche dopo la sua morte, grazie alla continua divulgazione dei suoi scritti in cui spiritualità cristiana e analisi psicologica si uniscono, spesso con voluto umorismo, a parabole buddiste e confuciane e addirittura ad esercizi yoga induisti.
Proprio tale diffusione sta, probabilmente, alla base dell’interesse “post-mortem” della Congregazione della Dottrina della Fede, allora retta dal Cardinal Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, per il pensiero del Sacerdote gesuita che, nell’ottica Vaticana, aveva spinto “troppo oltre” la sua visione ecumenica e i cui libri vennero nel 1998 condannati per la loro “visione a tratti distorta” e dichiarati “incompatibili” con la Fede Cristiana.

Una analisi delle “Notifiche Relative agli Scritti di Fr. Anthony de Mello, SJ” della Congregazione può essere utile per comprendere cosa venga visto come “eretico” (perché, in termini meno velati, di questo si tratta) nel suo pensiero e quindi, per comprendere quali siano i “confini” che la Chiesa Cattolica ha delimitato nel suo sforzo ecumenico.
Di fatto, i punti problematici sono cinque e riguardano:
1) il senso della rivelazione. “In luogo della rivelazione, che è venuto nella persona di Gesù Cristo, egli sostituisce una intuizione di Dio senza forma né immagini …”; “Il concetto di rivelazione cristiana è equiparata a quella di Lao-Tze, con una certa preferenza per la seconda: 'Il silenzio è la grande rivelazione', ha detto Lao-Tse …”;
2) i ruolo della Scrittura e delle Formule sacre. “Le parole della Scrittura sono delle indicazioni che servono solo a portare una persona al silenzio …”; “La funzione del Credo o la professione di fede è giudicato negativamente, come ciò che impedisce l'accesso personale alla verità e l'illuminazione …”;
3) la figura di Gesù. “Ma egli considera Gesù come un maestro accanto agli altri. L'unica differenza dagli altri uomini è che Gesù è "sveglio" e pienamente libero, mentre altri non lo sono. Gesù non è riconosciuto come il Figlio di Dio, ma semplicemente come colui che ci insegna che tutti gli uomini sono figli di Dio …”; “Gesù sulla croce è l'uomo libero da ogni legame, così diventa il simbolo della liberazione interiore da tutto ciò a cui siamo stati allegati. Ma Gesù non è qualcosa di più di un uomo che è libero?...”;
4) il concetto di male. “Il male, secondo questo autore, è solo la mancanza di auto-conoscenza …”
5) il senso delle Religioni e della Chiesa. “Per lui, a pensare che il Dio della propria religione è l'unica è, semplicemente, fanatismo …”; “Coerente con quello che è stato presentato, si può capire come, secondo l'autore, qualsiasi credo o professione di fede sia in Dio o in Cristo, non può che impedire l'accesso personale alla verità. La Chiesa, facendo della parola di Dio nella Sacra Scrittura in un idolo, ha finito per scacciare Dio dal tempio. Di conseguenza essa ha perduto l'autorità di insegnare nel nome di Cristo.”; “Ogni religione concreta è un ostacolo per arrivare alla verità …”; “In vari punti nei suoi libri le istituzioni della Chiesa sono criticati in modo indiscriminato …”

Il tutto, poi, si inserisce in un quadro coerente (“Chiaramente, c'è un collegamento interno tra le diverse posizioni: se mette in discussione l'esistenza di un Dio personale, non ha senso che Dio sarebbe rivolgersi a noi con la sua parola. La Sacra Scrittura, dunque, non ha valore definitivo. Gesù è un maestro come gli altri, solo in primi libri l'autore non ha appaiono come il Figlio di Dio, una affermazione che avrebbe poco significato nel contesto di una tale conoscenza di Dio. Come una conseguenza, non può attribuire valore dell'insegnamento della Chiesa. La nostra sopravvivenza personale dopo la morte è un problema se Dio non è personale. Così diventa evidente che tali concezioni di Dio, Cristo e l'uomo non sono compatibili con la fede cristiana.”) che, secondo la Congregazione, si pone in netta antitesi con il concetto stesso di Cattolicesimo ed è, quindi, da condannare inappellabilmente.

In realtà, per qualunque lettore dei libri di de Mello, queste interpretazioni vaticane non posso che apparire almeno un po’ radicali: indubbiamente il Padre gesuita ricontestualizza il Messaggio cristiano inserendolo in una ottica nuova, altamente ecumenica, di “annuncio universale” delle Fedi che puntano tutte ad un obiettivo comune di “illuminazione” del singolo, ma solo decontestualizzando le singole affermazioni dell’autore è possibile parlare di una contrapposizione diretta con la visione generale cattolica.
Infatti, pur mantenendo l’assunto di condanna, le dichiarazioni della Congregazione vennero in seguito modificate (“I libri di Padre Anthony de Mello sono stati scritti in un contesto multi - religioso per aiutare i fedeli di altre religioni, agnostici e atei nella loro ricerca spirituale, e non erano intesi dall'autore come istruzioni per i fedeli cattolici nel dogma o nella dottrina cristiano-cattolica”), creando una situazione particolare, per molti versi ibrida, tale per cui, ferma restando la censura della Notifica, gli scritti di De Mello rimasero comunque disponibili anche in molte librerie cattoliche, venendo sempre letti e rispettati da numerosi Cattolici e da fedeli di altre Denominazioni cristiane.

Meno noto al di fuori degli ambiti strettamente teologici, ma sotto alcuni aspetti ancora più rappresentativo dello “stato dell’arte” dell’ecumenismo vaticano è il caso di Padre Dupuis.

Nato nel 1923, Jacques Dupuis entrò nella Compagnia di Gesù nel 1941 e, dopo gli studi religiosi e accademici in Belgio, partì alla volta dell'India nel 1948. Per 3 anni insegnò nella St. Xavier's High-School di Calcutta, dove scoprì l'Induismo e diede inizio a una ricerca che durò tutta la sua vita per comprendere se l'auto-rivelazione di Dio necessariamente passi interamente attraverso la persona di Gesù Cristo. Dopo essere stato ordinato sacerdote a Kurseong (India) in 1954, completò il dottorato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana a Roma e fu designato ad insegnare teologia dogmatica nella facoltà gesuita di teologia di Kurseong. Direttore del “Vidyajyoti Journal of Theological Reflection”, autore di alcuni scritti teologici ritenuti fondamentali, consigliere della Conferenza Episcopale Indiana, nel 1984, dopo 36 anni trascorsi in India, Dupuis fu chiamato ad insegnare “Teologia e Religioni non-cristiane” alla Gregoriana di Roma, dove fu nominato direttore della rivista “Gregorianum” e consultore del “Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso”, posizione che mantenne fino alla sua morte, nel 2004.

Insomma, una carriera teologico-religiosa di tutto rispetto, non fosse che per una “macchia” sopravvenuta nel 1997, proprio verso la fine della sua vita accademica: una notifica, ovviamente ancora una volta della Congregazione per la Dottrina della Fede diretta dal Cardinal Ratzinger, in relazione al suo testo “Verso una Teologia Cristiana del Pluralismo Religioso”.

Per comprendere le ragioni di tale notifica, con la quale, è bene ricordarlo, Dupuis è stato richiesto di chiarire la sua posizione ma non è stato disciplinato, è necessario dare un breve sguardo agli assunti fondamentali del testo.
In buona sostanza, l’autore propone, allontanandosi dalla classica metodologia scritturale, una teologia induttiva, contestuale e ermeneutica, nel tentativo di presentare una comprensione della Salvezza che sia fedele al ruolo costitutivo e unico di Gesù Cristo ma sia, allo stesso tempo, capace di affermare una vera pluralità di percorsi religiosi in conformità con il piano divino.

Punto di partenza è l’assunto che la nostra conoscenza di Dio non sia assoluta o definitiva, ma necessariamente limitata e che, in questo quadro, il vertice conoscitivo sia dato dalla nostra visione del Padre come “Salvatore assoluto”, mentre l'unicità costitutiva di Gesù “come Salvatore universale” poggia unicamente sulla sua identità personale di Figlio di Dio.
Ciò non significa contestare lo stato ontologico divino di Gesù Cristo o il ruolo centrale dell'incarnazione nell'economia divina della Salvezza (Dupuis rifiuta espressamente di equiparare il ruolo di Gesù Cristo nel Cristianesimo al ruolo di altre figure di Salvatore in altre Tradizioni), ma prendere in considerazione la particolarità di Gesù di Nazareth come “un uomo mortale”. E' qui che Dupuis spera di trovare un varco per una teologia del pluralismo religioso: le limitazioni di ogni esistenza umana, compresa quella del Gesù storico, sono reali e, dunque, né il mistero di Dio, né il Suo potere salvifico può essere esaurito persino da una tale rivelazione sublime come quella dell’“Evento-Cristo”. Tenendo conto che il “Logos non-incarnato” e la presenza universale dello Spirito sono presenti sia prima che dopo l'Incarnazione, possiamo, di conseguenza, pensare che, mentre Gesù Cristo è il Salvatore “universale”, Egli non può essere allo stesso modo definito il Salvatore “assoluto”.
Corollario di ciò e che il mistero di Gesù Cristo venga storicamente mediato ai non Cristiani attraverso specifiche credenze e pratiche religiose, come, ad esempio, il culto delle immagini sacre indù: é nella pratica delle diverse Religioni che Dio è presente in un “canale privilegiato” di auto-comunicazione divina. Nel dire questo, Dupuis afferma l'integrità delle Tradizioni religiose nei loro stessi termini in quanto distinte dal Cristianesimo, ma questo non implica l'uguaglianza delle Religioni in quanto le pratiche religiose e i riti sacramentali di altre Tradizioni possono essere autentici percorsi di salvezza, ma rimangono qualitativamente distinte dal modo in cui il Cristianesimo ha trasmesso il mistero di Cristo apertamente, esplicitamente e con piena visibilità.

Semplicemente, dirigendo la sua attenzione al potere universale del Logos e all'azione dello Spirito non legato ad una singola Figura, Dupuis afferma la Presenza Divina in personaggi storici e movimenti presenti in altre Tradizioni religiose e questo lo porta a riconoscere un processo a doppio senso di “arricchimento reciproco e di trasformazione” tra il Cristianesimo e le altre Religioni, in cui ciò che è importante è il regno di Dio, di cui la Chiesa è “Sacramento universale”, ma non unica mediazione storica.

Che cosa è, secondo l’erede del Sant’Uffizio, criticabile in questa posizione?
La Congregazione, dopo aver interrogato il Padre gesuita (Sessione Ordinaria del 30 giugno 1999), pur riconoscendo “il suo tentativo di voler rimanere nei limiti dell’ortodossia, impegnandosi nella trattazione di problematiche finora inesplorate” ha trovato nel testo “notevoli ambiguità e difficoltà su punti dottrinali di rilevante portata, che possono condurre il lettore a opinioni erronee o pericolose”.
Riassumendo, tali punti riguardano:
1) l’interpretazione della mediazione salvifica unica e universale di Cristo. Egli, Figlio e il Verbo del Padre, è l’unico e universale mediatore della Salvezza di tutta l’umanità ed è contrario alla Fede cattolica non soltanto affermare una separazione tra il Verbo e Gesù o una separazione tra l’azione salvifica del Verbo e quella di Gesù, ma anche sostenere la tesi di un’azione salvifica del Verbo come tale nella sua divinità, indipendente dall’umanità del Verbo incarnato;
2) l’unicità e pienezza della rivelazione di Cristo. E’ contrario alla Fede della Chiesa sostenere che la Rivelazione di/in Gesù Cristo sia limitata, incompleta e imperfetta: la Rivelazione storica di Gesù Cristo offre tutto ciò che è necessario per la Salvezza dell’uomo e non ha bisogno di essere completata da altre Religioni, cosicché, pur essendo corretto ritenere che esistano elementi di verità e bontà anche in Esse, è opinione erronea ritenere che tali elementi di verità e di bontà, o alcuni di essi, non derivino ultimamente dalla mediazione di Gesù Cristo;
3) l’azione salvifica universale dello Spirito Santo. E’ contrario alla Fede cattolica ritenere che l’azione salvifica dello Spirito Santo si possa estendere oltre l’unica economia salvifica universale del Verbo incarnato;
4) l’ordinazione di tutti gli uomini alla Chiesa. E’ contrario alla Fede cattolica considerare le varie Religioni del mondo come vie complementari alla Chiesa in ordine alla salvezza;
5) il valore e il significato della funzione salvifica delle Religioni. E’ legittimo sostenere che lo Spirito Santo opera la salvezza nei non Cristiani anche mediante quegli elementi di verità e di bontà presenti nelle varie Religioni ma tali religioni non vanno considerate come tali, vie di salvezza, anche perché in esse sono presenti lacune, insufficienze ed errori che riguardano le verità fondamentali su Dio, l’uomo e il mondo.

Tale notificazione, approvata dal Santo Padre nella Udienza del 24 novembre 2000, è stata presentata a Padre Dupuis, ed è da lui è stata accettata: con la firma del testo l’Autore si è impegnato ad assentire alle tesi enunciate e ad attenersi in futuro nella sua attività teologica e nelle sue pubblicazioni ai contenuti dottrinali indicati nella Notificazione, il cui testo dovrà comparire anche nelle eventuali ristampe o riedizioni del libro in questione, e nelle relative traduzioni.

E strano come, dopo tale intervento, che, a detta di alcuni ha addirittura influito pesante sul deterioramento delle condizioni fisiche del Gesuita, sia stato seguito, nel 2001, dal riconoscimento da parte di Papa Giovanni Paolo II del lavoro pionieristico Dupuis sul significato di altre Religioni nel “piano di Dio di salvezza del genere umano”, ma, probabilmente, questa contraddizione è più spiegabile sulla base delle dinamiche interne vaticane che sul piano dogmatico-teologico.

Ciò che conta è che i due esempi riportati rendono assolutamente chiaro quali siano i limiti dell’ecumenismo extra-cristiano nella concezione cattolica, limiti invalicabili anche dopo il Concilio Vaticano secondo che possono essere riassunti in poche parole: rispetto per gli elementi positivi nelle atre Fedi ma memoria costante e definitoria dell’antico e inviolabile precetto che “extra Ecclesia, nulla salus”.
 


Riferimenti bibliografici:


J. Callanan, Il sogno di Anthony de Mello, Piemme 2004
Congregazione Per la Retta Dottrina della Fede, Notifiche Relative agli Scritti di Fr. Anthony de Mello, SJ, Ed. Vaticana 1998
Congregazione Per la Retta Dottrina della Fede, Notificazione a proposito del libro del P. Jacques Dupuis, S.J. «Verso una teologia del pluralismo religioso», Ed. Vaticana 2000
J. Dupuis, Verso una Teologia Cristiana del Pluralismo Religioso, Queriniana 2003
J. Gros, E. McManus, A. Riggs, Introduction to Ecumenism, Paulist Press 1998
J.B. Songy, Questions & Answers for Catholics: Challenging Contemporary Vatican II, Twenty-Third Publications 2000
K.D. Whitehead, The New Ecumenism: How the Catholic Church After Vatican II Took Over the Leadership of the World Ecumenical Movement, Alba House 2009



 

 

 

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