N. 127 - Luglio 2018
(CLVIII)
le politiche economiche del brasile
tra
gli
anni
80 e
la
presidenza
lula
parte
Ii -
Gli
anni
di
Cardoso
di
Riccardo
Filippo
Mancini
Non
appena
assunta
la
sua
nuova
carica
di
Ministro
delle
Finanze
nel
1993,
Cardoso
riunì
un
gruppo
di
esperti
per
cercare
di
ideare
un
piano
che
avrebbe
risollevato
la
situazione
economica
del
Brasile.
Era
ormai
chiaro
che
i
meccanismi
di
aggiustamento,
con
il
congelamento
dei
prezzi,
avevano
fallito
nelle
decadi
precedenti
nell’intento
di
arginare
l’inflazione.
Serviva
una
risposta
nuova
per
uscire
da
quella
situazione
stagnante.
Prima
di
introdurre
delle
nuove
misure
si
decise
di
fare
un
aggiustamento
fiscale
attraverso
il
Plano
de
Ação
Imediata
(Pai),
che,
adottato
verso
la
metà
del
1993,
avviò
la
correzione
dei
conti
pubblici,
con
l’introduzione
di
nuovi
tributi
e
tagli
alla
spesa
per
7
miliardi
di
dollari.
Dopo
il
Pai
si
procedette
con
l’annuncio
della
manovra
principale,
il
Plan
Real.
Il
primo
obiettivo
di
questo
Piano
era
quello
di
lanciare
una
nuova
moneta,
vicina
al
dollaro
ma
che
non
fosse
il
dollaro.
Era
in
atto,
quindi,
una
“dollarizzazione”
che
non
passava
dall’adozione
del
dollaro
stesso.
Questo
perché
si
voleva
evitare
la
totale
dipendenza
da
una
moneta
straniera.
Nell’agosto
del
1993
la
moneta
brasiliana,
il
Cruzeiro,
divenne
Cruzeiro
Real
e
questo
fu
il
primo
passo
del
Piano.
Il
secondo,
invece,
implicava
l’adozione
di
una
misura
monetaria
temporanea:
il
collegamento
di
prezzi,
salari
e
tasso
di
cambio
a
una
singola
unità
di
conto
URV
(Unidad
Real
de
Valor),
che
era
a
sua
volta
legata
all’andamento
del
dollaro
statunitense.
Dopo
un
periodo
di
adattamento,
nel
luglio
1994
i
prezzi
espressi
in
URV
vennero
convertiti
nella
nuova
valuta,
il
Real,
che
andava
a
sostituire
definitivamente
il
Cruzeiro.
La
nuova
moneta
era
ufficialmente
alla
pari
con
il
dollaro,
con
un
valore
di
1:1.
Venne
inoltre
stabilito
che
i
salari
venissero
convertiti
nella
nuova
valuta
e
continuassero
a
essere
indicizzati
per
un
anno.
Questa
strategia
comportava
la
rinuncia
all’esercizio
di
una
politica
monetaria
autonoma,
in
cambio
però
di
una
stabilizzazione
delle
aspettative
e
una
riduzione
dei
tassi
di
inflazione.
Il
Plan
Real
rappresentò
un
punto
di
svolta
nella
recente
storia
del
Brasile:
rispetto
alle
manovre
che
lo
avevano
preceduto,
fu
senza
dubbio
un
successo
che
raccolse
risultati
evidenti
(almeno
nei
primi
anni
di
attuazione).
Il
buon
risultato
e
gli
effetti
positivi
scaturiti
intorno
al
Plan
Real
si
trasformarono
presto
in
consenso
personale
nei
confronti
del
suo
ideatore
principale,
Fernando
Henrique
Cardoso.
Da
Ministro
delle
Finanze
si
candidò
alle
elezioni
presidenziali
dal
1994,
nelle
quali,
supportato
da
una
coalizione
di
centro,
sconfisse
il
principale
candidato
delle
sinistre,
che
era
ancora
una
volta
Lula,
e
divenne
Presidente
il
1°
gennaio
del
1995.
Vinse
in
maniera
netta,
al
primo
turno,
perché
in
quel
momento
storico
egli
rappresentava
il
volto
della
speranza
e
dell’ambizione
del
Brasile
di
chiudere
un
lungo
e
difficile
capitolo
di
instabilità
politica
ed
economica.
Cardoso
arrivò
quindi
al
potere
contornato
da
un’aura
di
positività
e
con
molta
forza
datagli
proprio
dall’ampio
risultato
elettorale,
ma
già
nel
suo
primo
anno
di
Presidenza
dovette
affrontare
dei
problemi
economici,
in
particolare
sul
fronte
bancario.
La
crisi
messicana
del
1995,
unita
alla
decisione
della
Federal
Reserve
di
stringere
le
condizioni
monetarie
degli
Stati
Uniti,
fecero
emergere
alcune
debolezze
del
Plan
Real.
Il
deflusso
di
capitali
che
seguì
questi
avvenimenti,
insieme
a
una
fase
di
rallentamento
dell’economia,
mise
in
difficoltà
molti
istituti
di
credito.
Nell’agosto
del
1995
fallì
il
Banco
Econōmico,
settima
maggiore
istituzione
bancaria
del
Brasile.
Il
Governo
Cardoso
dovette
intervenire
con
dei
programmi
di
salvataggio
per
le
banche:
queste
manovre
strutturali
cambiarono
il
volto
del
sistema
delle
banche
brasiliano
ed
ebbero
come
conseguenza
da
una
parte
la
forte
riduzione
del
settore
bancario
pubblico,
e,
dall’altra,
l’incremento
degli
istituti
stranieri.
Cardoso
portò
poi
avanti
il
discorso
delle
privatizzazioni
(che
era
stato
avviato
da
Collor)
che
interessavano
siderurgia,
petrolchimica
e
produzione
di
fertilizzanti.
Dopo
uno
stallo
dovuto
alla
Costituzione
che
impediva
la
privatizzazione
di
alcuni
settori
considerati
strategici,
durante
il
primo
mandato
di
Cardoso
si
arrivò
alla
modifica
di
alcuni
articoli
costituzionali
che
permisero
l’abolizione
del
monopolio
pubblico
su
petrolio
e
telecomunicazioni;
a
questo
si
aggiunse
l’apertura
ai
capitali
esteri
nel
settore
minerario
ed
energetico.
Questo
risultato
fu
importante
in
particolare
nel
campo
petrolifero,
risorsa
di
cui
il
Brasile
era
ed è
molto
ricco
(la
Petrobras,
la
compagnia
petrolifera
brasiliana
fondata
nel
1953
dallo
Stato
federale
e
oggi
semi-pubblica,
negli
ultimi
anni
era
cresciuta
tantissimo,
fino
allo
scandalo
esploso
nel
2015
riguardante
la
corruzione
sistematica
di
alcuni
membri
del
Governo
presieduto
da
Dilma
Roussef
in
cambio
di
concessioni
per
costruzioni
e
lavori
pubblici).
L’attenzione
di
Cardoso
si
concentrò
anche
sull’integrazione
regionale,
tramite
i
già
avviati
progetti
con
gli
altri
paesi
latinoamericani
(il
Mercosur),
nella
volontà
di
aumentare
il
peso
politico
internazionale
brasiliano
tra
le
diverse
potenze
e
avere
più
forza
nei
tavoli
di
trattativa.
Un
altro
aspetto
importante
fu
senza
dubbio
il
rapporto
del
governo
Cardoso
con
la
Banca
Mondiale
e il
Fondo
Monetario
Internazionale
(FMI).
La
Banca
Mondiale
finanziò
numerosi
progetti
sociali
in
Brasile
durante
gli
anni
della
presidenza
Cardoso,
progetti
che
erano
incentrati
sull’aspetto
sociale
con
il
proposito
di
migliorare
le
condizioni
di
vita
delle
classi
meno
abbienti
e
accorciare
la
forbice
di
divario
enorme
che
c’era
tra
ricchi
e
poveri.
Questi
interventi,
che
erano
complementari
al
Plan
Real,
portarono
un
risultato
concreto,
visto
che
in
quegli
anni
circa
13
milioni
di
persone
si
spostarono
oltre
la
soglia
di
povertà,
portando
il
rapporto
dei
poveri,
sul
totale
della
popolazione
brasiliana,
dal
30%
al
21%.
Forse
ancora
più
importante
è
stato
il
rapporto
con
l’FMI.
Una
serie
di
crisi
finanziarie
internazionali
avevano
rallentato
il
processo
di
crescita
e
stabilizzazione
del
Brasile.
Il
volume
delle
esportazioni
brasiliane
nei
primi
anni
’90,
in
particolare
dopo
l’introduzione
del
Plan
Real,
avevano
subito
un
peggioramento.
I
numerosi
tentativi
di
stabilizzazione
già
effettuati
negli
anni
’80,
uniti
al
successivo
Plan
Real,
avevano
posto
le
basi
per
un
disequilibrio
esterno,
rendendo
il
Paese
vulnerabile
a
repentine
fughe
di
capitali.
Quindi
a
crisi
come
quella
del
sudest
asiatico
e
della
Russia
nel
1997-98
i
grandi
investitori
risposero
spostando
gli
investimenti
dai
paesi
in
via
di
sviluppo
come
il
Brasile
verso
mercati
finanziari
considerati
più
sicuri.
Le
entrate
garantite
dalle
grandi
privatizzazioni
volute
da
Cardoso
non
poterono
più
bastare
per
equilibrare
la
bilancia
dei
pagamenti,
e
servirono
quindi
altre
soluzioni.
In
ambito
internazionale
aumentarono
le
aspettative
di
svalutazione
del
Real;
i
tassi
di
interesse
salirono
molto
e si
accompagnarono
a
una
bassa
crescita.
Il
modello
Cardoso
stava
entrando
in
crisi
proprio
nell’anno
delle
nuove
elezioni.
Apriamo
un
breve
parentesi:
nella
Costituzione
brasiliana
il
Presidente
non
poteva
essere
rieletto
una
seconda
volta:
aveva
la
possibilità
di
concludere
un
solo
mandato
elettorale
della
durata
di 4
anni.
Adducendo
la
motivazione
(comunque
fondata)
della
continuità
in
ambito
politico
(e
quindi
per
trarre
beneficio
nella
stabilità
economica
del
paese),
Cardoso
chiese
e
ottenne
l'approvazione
del
Congresso
(giugno
1997)
per
una
modifica
della
Costituzione
che
rendesse
possibile
il
rinnovo
per
un
secondo
termine
del
mandato
presidenziale.
In
vista
di
una
nuova
battaglia
elettorale,
Cardoso
doveva
trovare
il
modo
di
contenere
la
crisi
per
presentarsi
nel
migliore
dei
modi
al
popolo
brasiliano.
Lui
e il
suo
Governo
decisero
di
non
fare
nessuna
manovra
significativa
fino
al
momento
delle
elezioni.
Cardoso
si
impose
nuovamente,
sempre
contro
Lula,
anche
se
in
modo
meno
netto
rispetto
al
risultato
ottenuto
nel
1994.
Solamente
dopo
le
elezioni
il
governo
iniziò
a
ipotizzare
delle
possibili
soluzioni.
Si
potevano
intraprendere
due
strade:
adottare
un
regime
di
cambi
più
flessibile,
sperando
in
un
ridimensionamento
delle
aspettative
di
svalutazione
del
Real,
così
da
evitare
una
ripresa
dell’inflazione;
oppure
offrire
degli
incentivi
agli
investitori
e
chiedere
aiuto
al
FMI
per
un
finanziamento
corposo.
Si
decise
di
muoversi
verso
questa
seconda
ipotesi.
A
dicembre
venne
firmato
un
accordo
di
aiuti
finanziari
con
l’FMI
per
un
ammontare
complessivo
di
circa
40
miliardi
di
dollari
(oltre
al
FMI
parteciparono
la
Banca
Mondiale,
gli
Stati
Uniti
e
alcuni
governi
europei).
Questa
mossa,
unitamente
a
una
determinata
e
credibile
manovra
fiscale
(annunciata
nel
mese
precedente)
avrebbe
dovuto
far
riguadagnare
al
Brasile
la
fiducia
degli
investitori.
Ma
nonostante
queste
manovre
la
situazione
non
mutò.
Il
clima
di
incertezza
generale
portò
a
una
prima
svalutazione
a
inizio
gennaio
del
1999
e
poco
dopo,
il
15
gennaio,
si
arrivò
all’abbandono
del
regime
dei
cambi
fissi.
Le
autorità
annunciarono
la
libera
fluttuazione
del
Real.
Nel
periodo
successivo
alla
libera
fluttuazione
la
moneta
brasiliana
perse
il
40%
del
suo
valore.
La
credibilità
del
Presidente
andava
diminuendo
e
l’opposizione
interna
iniziava
a
crescere
intorno
alla
figura
del
suo
leader
Lula.
La
crisi
fu
comunque
un’occasione
per
cambiare
le
politiche
macroeconomiche,
mettendo
in
campo
il
cosiddetto
“treppiede
macroeconomico”,
ovvero
cambio
fluttuante,
politiche
di
bilancio
rigorose
e
inflation
targeting
(per
la
stabilità
dei
prezzi).
Nel
2000
fu
inoltre
emanata
una
importante
legge
di
responsabilità
fiscale
che
prevedeva
limiti
di
spesa
e
indebitamento
per
i
tre
livelli
di
governo
(federale,
statale,
municipale).
La
crisi
fu
superata
dal
Brasile,
ma
Cardoso
perse
consensi,
anche
perché
nel
2001-2002
ci
fu
un
momento
di
flessione
e di
rallentamento
della
crescita.
Gli
ultimi
anni
di
presidenza
furono
forse
per
l’ideatore
del
Plan
Real
i
più
difficili;
gli
strascichi
dei
problemi
del
1999
non
erano
stati
del
tutto
superati
e il
nuovo
millennio
non
era
iniziato
sotto
i
migliori
auspici.
Il
rapporto
tra
Cardoso
e i
brasiliani
era
giunto
alla
fine.
Nel
2002
il
Presidente
uscente
non
si
ricandidò
appoggiando
alla
corsa
per
la
presidenza
Josè
Serra.
Ma
al
quarto
tentativo
Luiz
Inacio
Lula
da
Silva
riuscì
a
vincere
aprendo
una
nuova
fase
per
il
Brasile.