N. 125 - Maggio 2018
(CLVI)
le politiche economiche del brasile
tra
gli
anni
80 e
la
presidenza
lula
parte
i -
da
sarney
a de
mello
di
Riccardo
Filippo
Mancini
Nel
corso
degli
anni
’90
il
Brasile
attraversò
quella
fase
di
profonda
trasformazione
politica,
economica
e
sociale
che
lo
ha
portato
poi
a
diventare
un
importante
attore
del
palcoscenico
internazionale.
Dopo
tanti
anni
di
dittatura
militare,
infatti,
per
il
popolo
brasiliano
si
aprirono
le
porte
della
democrazia.
La
fase
di
transizione
iniziò
formalmente
nel
1985,
con
il
passaggio
di
consegne
tra
Joao
Figueredo
e
Josè
Sarney.
Quest’ultimo
era
divenuto
Presidente
in
quanto
scelto
come
vice
da
Tancredo
Neves,
che
morì
a
causa
di
una
grave
malattia
appena
prima
di
insediarsi.
Sarney
non
era
dunque
un
Presidente
eletto,
aveva
da
poco
lasciato
le
fila
del
partito
filo-dittatoriale
Aliança
Renovadora
Nacional,
e
non
era
amato
né
dai
suoi
antichi
alleati
per
il
recente
abbandono
del
partito,
né
dai
democratici
che
non
si
fidavano
delle
sue
nuove
e
improvvise
posizioni
politiche
di
stampo
democratico.
Sarney
era
stato
al
fianco
dei
militari
durante
la
dittatura,
e
non
aveva
né
la
volontà
politica
né
il
sostegno
parlamentare
necessario
a
far
emergere
il
Paese
dalla
crisi
in
cui
versava
in
quel
preciso
momento
storico,
essendo
troppo
legato
al
vecchio
sistema,
di
cui
incarnava
in
qualche
modo
gli
ultimi
strascichi.
Uno
dei
problemi
maggiori
che
doveva
affrontare
il
governo
era
legato
all’inflazione,
che
stringeva
in
una
morsa
la
zoppicante
economia
brasiliana.
La
storia
brasiliana
è
stata
segnata
in
modo
pesante
negli
anni
proprio
da
questo
problema
di
inflazione.
Facendo
un
piccolo
passo
indietro
per
avere
un
quadro
più
generale
della
situazione
del
Brasile
in
quel
periodo,
è
importante
ricordare
come
verso
la
metà
degli
anni
settanta
il
Paese
aveva
delle
buone
prospettive
di
crescita,
disattese
poi
verso
la
fine
del
decennio.
Nel
1973
il
primo
shock
petrolifero
aveva
provocato
in
Brasile
un
peggioramento
del
saldo
della
bilancia
commerciale
che
fu
finanziato
ricorrendo
all’indebitamento
e la
situazione
fu
tamponata
in
qualche
modo.
Il
secondo
shock
petrolifero,
nel
1979,
ebbe
invece
conseguenze
più
pesanti:
l’aumento
del
prezzo
del
petrolio
portò
anche
ad
un
aumento
deciso
del
tasso
di
inflazione
che
in
pochi
anni
passò
da
quota
40%
fino
a
toccare
le
punte
massime
del
180%
nel
1982
e
del
200%
nel
1985,
l’anno
dell’insediamento
del
nuovo
governo.
Il
presidente,
seppur
politicamente
debole
come
detto
in
precedenza,
tentò
di
intervenire
con
una
manovra
economica
varando,
nel
febbraio
del
1986,
il
Plan
Cruzado,
dopo
che
l’inflazione
raggiunse
la
spaventosa
cifra
a
gennaio
del
400%
su
base
annua.
Questa
manovra
economica
si
basava
sul
congelamento
dei
prezzi,
sulla
conversione
dei
tassi
di
interesse
e su
una
nuova
politica
monetaria
e
fiscale.
Nel
breve
periodo
il
piano
riuscì
a
eliminare
l’inflazione
e la
situazione
sembrò
stabilizzarsi.
Il
buon
esito
del
Cruzado
spinse
il
governo
del
Brasile
a
mettere
in
atto
un
nuovo
piano
espansionistico,
che
però
ebbe
l’effetto
di
far
ripartire
l’inflazione.
A
fine
anno
fu
lanciato
il
Plan
Cruzado
2,
che
non
conseguì
risultati
di
rilievo.
Nonostante
i
fallimenti
dei
piani
eterodossi
come
i
due
Cruzado,
si
tentò
di
trovare
una
soluzione
con
manovre
simili
a
quest’ultime:
il
Plan
Bresser
(dal
nome
del
Ministro
dell’economia
dell’epoca
che
lo
ideò)
nel
1987
e il
Plan
Verão
nel
gennaio
del
1989.
Proprio
nel
1989
la
benzina
aumentò
del
614%,
portando
il
tasso
di
inflazione
accumulata
al
1782,8%.
Nessuna
delle
manovre
di
stabilizzazione
che
venne
adottata
sortì
effetti
soddisfacenti.
L’inflazione
brasiliana
saliva
e
scendeva
a
periodi
alternati,
senza
trovare
significativi
momenti
di
stabilità.
Questo
momento
storico
verrà
successivamente
definito,
in
riferimento
non
solo
al
Brasile
ma a
tutta
l’America
Latina,
come
la
decada
perdida,
il
decennio
perduto,
fatto
di
stagnazione
economica,
timore
di
ritorno
dei
militari,
e un
forte
aumento
della
diseguaglianza
sociale.
Una
cosa
però
resterà
come
eredità
politica,
in
questo
caso
assolutamente
positiva,
della
Presidenza
Sarney:
la
nuova
Costituzione
brasiliana
del
1988,
all’interno
della
quale
alcune
frange
più
progressiste
del
governo
riuscirono
a
far
inserire
grandi
obiettivi
da
raggiungere
in
ambito
sociale,
economico
e
culturale
(tutti
tesi
a
crescita
economica
e
sociale,
soprattutto
per
le
classi
deboli).
Questa
carta
costituzionale
influenzerà
le
manovre
dei
successivi
governi,
indicando
un
tracciato
da
seguire.
Gli
anni
’90
si
aprirono
in
ogni
caso
in
un
clima
di
profonda
incertezza
e
con
un
volto
nuovo
sulla
scena
politica
brasiliana:
Fernando
Affonso
Collor
de
Mello,
ex
Governatore
di
Alagoas.
Con
il
Partido
do
Movimento
Democratico
Brasileiro
(PMDB),
divenne
famoso
a
livello
nazionale
grazie
alla
lotta
intrapresa
per
il
taglio
dei
folli
stipendi
dei
dipendenti
pubblici.
Era
giovane
e
dava
un’immagine
nuova,
di
un
Brasile
dinamico
e in
grado
di
superare
il
momento
di
stallo
che
ne
bloccava
la
crescita
e le
aspirazioni.
Si
candidò
alle
elezioni
presidenziali
del
1989
con
il
Partido
Nacional
Renovador
(PRN),
sfidando
Lula
e il
suo
Partido
dos
Trabalhadores
(PT),
battendolo
nella
competizione
per
la
presidenza.
É
considerato
il
primo
Presidente
brasiliano
eletto
direttamente
e
democraticamente,
ed è
stato
il
primo
dopo
il
varo
della
nuova
Costituzione.
Divenne
ufficialmente
capo
di
Stato
il
15
marzo
del
1990.
Il
neoeletto
Collor
De
Mello,
politicamente
di
spirito
liberal-conservatore,
non
perse
tempo
e
non
appena
insediato
mise
mano
all’economia
varando
un
primo
piano
di
riforme,
che
ne
prese
il
nome:
il
Plan
Collor.
Dal
punto
di
vista
fiscale
il
piano
prevedeva
una
forte
lotta
all’evasione
(uno
dei
capisaldi
del
programma
di
De
Mello,
promessa
durante
la
campagna
elettorale)
e un
aumento
di
alcune
tasse.
De
Mello
inoltre
iniziò
un
programma
di
privatizzazioni
e di
riforme
amministrative
che
costituirono
il
secondo
punto
cardine
della
riforma.
Ci
furono
anche
delle
manovre
sulla
moneta,
con
la
sospensione
della
convertibilità
per
un
periodo
di
un
anno
e
mezzo.
A
tutto
questo
si
accompagnava
l’oramai
solito
congelamento
dei
prezzi.
Gli
obiettivi
della
manovra
non
furono
raggiunti
appieno
e
l’inflazione
continuò
ad
essere
un
problema
importante.
Fu
lanciato
allora
un
secondo
piano,
il
Plan
Collor
2,
che
negli
intenti
non
si
discostava
molto
dal
suo
predecessore,
ma
aveva
alcuni
elementi
nuovi
che
risulteranno
importanti
in
seguito.
De
Mello
puntava
infatti
a
modernizzare
l’industria
brasiliana,
arretrata
e
chiusa
verso
il
mercato
interno,
e
per
la
prima
volta
si
aprì
agli
investimenti
e
alle
imprese
straniere,
novità
assoluta
nel
panorama
verdeoro.
L’economia
visse
una
fase
di
miglioramento
generale,
anche
se
l’inflazione
nonostante
tutto
non
scese,
anzi
andò
crescendo.
Questa
manovra
ebbe
però
il
merito
di
introdurre
alcuni
nuovi
aspetti
permanenti:
gli
scambi
commerciali
crebbero
e in
qualche
modo
crebbe
anche
la
produttività;
l’economia
del
Brasile
si
era
oramai
aperta
al
mondo,
e da
questo
punto
non
si
sarebbe
tornati
indietro,
proiettando
il
paese
sudamericano
in
una
nuova
e
sconosciuta
dimensione.
Quindi,
anche
se
l’inflazione
non
fu
arginata,
le
mosse
di
De
Mello
ebbero
il
merito
di
avviare
il
processo
di
modernizzazione
dell’economia
brasiliana,
gettando
le
basi
per
i
successi
futuri.
È
poi
giusto
spostare
per
un
attimo
l’attenzione
sul
fronte
internazionale,
forse
lo
scenario
dove
De
Mello
ottenne
il
suo
più
grande
e
importante
successo
politico,
o
quantomeno
il
più
duraturo
e
famoso.
Nel
1991
infatti,
insieme
ad
Argentina,
Uruguay
e
Paraguay,
il
Brasile
diede
vita
al
Mercosur,
il
Mercato
Comune
del
Cono
del
Sud.
Questa
organizzazione,
nata
proprio
sotto
la
spinta
e la
regia
del
Brasile,
era
stata
pensata
per
facilitare
e
intensificare
i
rapporti
commerciali
tra
i
paesi
dell’America
Latina
e
oggi
svolge
un
ruolo
importante
nell’equilibrio
geopolitico
dell’area
(un
processo
simile
a
quello
che
portò
alla
nascita
in
Europa
della
CEE,
anche
se
le
condizioni
di
partenza
tra
le
due
realtà
erano
differenti).
Il
Mercosur
sarà
un
fondamentale
e
decisivo
punto
di
partenza
per
il
Brasile
per
l’inizio
della
sua
crescita
sul
piano
economico
a
livello
internazionale,
primo
banco
di
prova
e
trampolino
per
spiccare
il
volo.
Nel
1992
un
evento
inaspettato
scosse
la
Presidenza
di
De
Mello
si
interruppe
bruscamente
a
causa
di
accuse
di
corruzione
che
portarono
le
Camere
ad
aprire
un
procedimento
di
impeachment
nei
suoi
confronti
e a
destituirlo.
Al
suo
posto
divenne
Presidente
il
suo
vice,
Itamar
Franco,
che
assunse
l’incarico
il
29
dicembre
1992.
Durante
la
Presidenza
di
Franco,
il
delicato
ruolo
di
Ministro
delle
Finanze
venne
affidato,
nel
1993,
a
Fernando
Henrique
Cardoso:
l’uomo
che
segnerà
gli
anni
’90
del
Brasile
e il
suo
passaggio
nel
nuovo
millennio.