N. 8 - Agosto 2008
(XXXIX)
DOSSIER PORTOPALO
TORNA A COLPIRE
SERGIO TACCONE E LA
SUA BATTAGLIA PER
L'AFFERMAZIONE
DEL DIRITTO DI
CRONACA
di Leila Tavi
In
Italia è consuetudine pensare che ognuno di noi sia,
in un certo modo, inquadrato all’interno di un gruppo
di potere e che, qualunque sia l’orientamento
politico di tale gruppo, sia necessario proteggerne
gli interessi, anche a costo di mentire.
A supporto della maggior parte di giornalisti italiani
operano lobby di potere il cui intento è
manipolare l’informazione, così da poter plasmare
l’opinione pubblica a loro uso e consumo.
Per un esiguo gruppo di giornalisti italiani il diritto
di cronaca vuole ancora dire raccontare i fatti secondo
un proprio e imparziale metro di giudizio, nel
rispetto dell’art. 21 della Costituzione italiana e nel
rispetto delle persone coinvolte nei fatti.
Nel fare questo, in alcuni casi, ci arroghiamo il
diritto di contraddire o rettificare quello che i
monoliti dell’informazione hanno dichiarato prima di
noi; lo facciamo con passione e convinzione quando ci
rendiamo conto che si tratta di ricostruzioni
approssimative.
Sono questi i casi in cui corriamo il rischio di
essere considerati “politicizzati”, il termine con cui i
grandi gruppi editoriali si liberano in poco tempo e
senza ulteriori fastidi di chi osa, nel nome del diritto
di cronaca, contraddirli.
La storia del naufragio di Portopalo di Capo Passero ne
è un esempio.
L’autore della monografia Dossier Portopalo,
il giornalista siciliano Sergio Taccone, grazie alla
sua accurata ricostruzione del naufragio del natale
1996, denuncia con coraggio e coerenza il
pressappochismo e la superficialità con cui la stampa
italiana ha affrontato l’argomento.
Il libro è un buon esempio di giornalismo
investigativo, basato sulle fonti e non solo sulle
opinioni, e chi lo legge dovrebbe non incorrere
nell’errore, come è malcostume tra gli intellettuali e
gli opinionisti in Italia, di classificare il lavoro di
un giornalista a secondo dell’orientamento politico.
Dossier Portopalo è invece un’onorevole
ricostruzione delle vicende accadute la notte del 25
dicembre 1996, quando un barcone con a bordo circa
trecento clandestini di origine cingalese, indiana e
pachistana, nel tentativo di raggiungere le coste
siciliane, colò a picco provocando la più grande
tragedia nelle acque del Mediterraneo dalla fine della
seconda guerra mondiale, e la morte di 238 persone.
Il giovane autore ha presentato il giorno 23 luglio,
nella sede della GB EditoriA, la seconda edizione
della monografia.
Insieme a Sergio Taccone sono intervenuti Laura
Malandrino, corrispondente del quotidiano L’Avvenire per
la Sicilia, e Ejaz Ahmad, membro della Consulta islamica
del ministero dell'Interno e portavoce della comunità
pachistana in Italia.
La presentazione del libro è stato lo spunto per
dialogare e confrontarsi con il pubblico su temi quali
il multiculturalismo e la condizione dei migranti
irregolari in Italia.
Il dibattito è stato stimolante e ha fatto emergere
ancora una volta che gli italiani hanno opinioni
contrastanti in materia di immigrazione: una parte di
loro si arrocca su posizioni di intolleranza e chiusura,
un’altra è pronta a un interscambio costruttivo con gli
stranieri, provenienti da aree in via di sviluppo, che
transitano o decidono di stabilirsi nel nostro paese.
Durante il dibattito, al di là del falso buonismo e
dei luoghi comuni, quel che è emerso con forza è che
migliaia di migranti passano le nostre frontiere
soprattutto a fronte della sempre crescente richiesta da
parte delle imprese italiane di forza lavoro disponibile
a buon mercato.
La strada per una civile integrazione, e per un
dibattito aperto e scevro da condizionamenti politici, è
ancora lunga. |