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N. 52 - Aprile 2012 (LXXXIII)

Le donne nel Risorgimento
tra amore e rivoluzione

di Daniela Coppola

 

Molte sono state le pubblicazioni, le ricerche storiche, le mostre, i film e i documentari prodotti quest’anno per la grande occasione del 150° dell’Unità d’Italia. Tavole rotonde e feste in onore degli eroi che seppero far circolare idee rivoluzionarie dal punto di vista culturale e politico, trasformandole in gesti concreti che resero possibile la nascita della giovane nazione Italia.

 

Raramente, prima d’ora, si era posta l’attenzione su quell’angolo della Storia del Risorgimento: ricordare le molte donne che abbracciarono e fecero loro quegli ideali di rivoluzione e cambiamento, affiancandosi a uomini di valore e arricchendo una società chiusa e prettamente maschile, contraria a qualsivoglia rinuncia di privilegi maschili sedimentati nei secoli.

 

Lentamente, nomi femminili di giovanissime ragazze, quasi sconosciuti ai più, sono cominciati a circolare. Tutti ricordano l’eroina per eccellenza, Anita, moglie di Garibaldi, o meglio la brasiliana rivoluzionaria Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva.

 

Molti conoscono Cristina Trivulzio principessa di Belgioioso, figura rievocata nel recente film “Noi credevamo” di Mario Martone, che fu anche editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista; Enrichetta Caracciolo, costretta a prendere il velo monacale, subito abbandonato dopo la cacciata dei Borboni da Napoli.

 

Donna Adelaide Cairoli, madre dei mitici fratelli Cairoli, modello per la nazione, che era solita affermare “prima ancora dunque che alla causa femminile io mi ero votata a quella della mia patria e il mio amore per la prima nacque dal mio amore per la seconda”.

 

Poi ancora Porzi Antonietti Colomba così com’è intitolato l’unico busto femminile al Gianicolo di Roma avendo lei combattuto a Porta San Pancrazio dove perse la vita per difendere la Repubblica Romana; Peppa la “cannoniera” che fece uso del cannone contro il nemico, e il salotto letterario di Clara Maffei, frequentato da illustri personaggi del calibro di Alessandro Manzoni e Giuseppe Verdi. Potremmo, o meglio, forse dovremmo continuare.

 

Ma per ricordarle tutte secondo il loro valore e non solo per le loro gesta, avremmo bisogno di diverso spazio. Tra i molteplici documenti di recente pubblicazione sull’argomento specifico, tralasciando di proposito i film, porgiamo l’attenzione sul libro “Donne del Risorgimento” e sul film documentario “Tre donne nel Risorgimento tra amore e rivoluzione”.

 

Il libro “Donne del Risorgimento” edito da “Il Mulino” è una raccolta di testi di giornaliste e scrittrici nell’orbita del Gruppo Letterario “Controparola” nato nel 1992 per volontà di Dacia Maraini (Elena Doni, Claudia Galimberti, Maria Grosso, Lia Levi, Dacia Maraini, Maria Serena Palieri, Loredana Rotondo, Francesca Sancin, Mirella Serri, Federica Tagliaventi, Simona Tagliaventi, Chiara Valentini).

 

Le donne sono state (e lo sono ancora) il polo magnetico dei diversi contatti culturali e sociali. I salotti letterari, che vedeva le padrone di casa protagoniste, erano luogo di scambio per le informazioni, una redazione clandestina all’interno della quale veicolavano notizie, si trasmettevano valori, si educavano i giovani sui concetti di patria e fratellanza.

 

Filantrope, infermiere volontarie dedite alla cura dei feriti in battaglia, staffette clandestine, donne di diversa estrazione sociale, tutte impegnate a sostenere idee di rinnovamento e trasformazione, pronte a imbracciare anche le armi, coraggiose e temerarie, in prima fila davanti alle barricate, spesso indossando il tricolore in forma di abito da uomo confezionato da loro stesse.

 

Il documentario “Tre donne nel Risorgimento tra amore e rivoluzione” è stato scritto da Alessandra Ciotti, che si è occupata anche della regia, e da Maria Teresa Schiavino, direttore della Biblioteca presso l’Archivio di Stato di Salerno e vede la presenza di scrittori, giornalisti e storici che hanno dato il loro contributo per la realizzazione del filmato: Paolo Ciampi (“Miss Uragano” - Romano editore 2010), Rossella Certini, Emilia Bernardini (“Antonietta e i Borboni”, Avagliano 2005), Maria Sofia Corciulo, Laura Guidi.

 

Tutti in campo per ricostruire e raccontare la particolare storia di tre donne – Jessie White, Antonietta De Pace, Enrichetta Di Lorenzo - che del periodo risorgimentale italiano sono state protagoniste per il loro coraggio, intelligenza, e soprattutto hanno saputo incarnare le idee di libertà e rinnovamento che circolavano in quell’epoca.

 

In una società del tutto contraria alla presenza femminile, se non nei ruoli prestabiliti -la cura dei figli, lavori donneschi, moglie servizievole o prostituta a disposizione dei piaceri maschili, monaca rinchiusa in qualche convento a subire angherie gerarchiche- ecco che le gesta rivoluzionarie di queste donne, risultano essere eroiche.

 

Anche scegliere di chi essere innamorate era considerato rivoluzionario in un’epoca che voleva fosse il padre a scegliere a chi concedere la propria figlia, venduta spesso per pareggiare conti economici in negativo e comunque per eliminare un problema economico in casa.

 

Jessie White di nazionalità inglese, giornalista, cronista di guerra che giunge in nave in Sicilia e poi si stabilisce a Napoli. Coinvolta dai fervori patriottici, ne sposa la causa e ne diventa coscienza critica attraverso l’intensa attività giornalistica: articoli pubblicati su “Il Pungolo” che esortano gli italiani a sostenere la “Santa Causa”.

 

Scritti che in seguito sono stati raccolti nel libro “La miseria in Napoli” denunciando così, in anteprima, quella “questione meridionale” foriera di problemi non ancora risolti.

 

La White sarà affiancata e sostenuta dal suo amore Alberto Mario di cui diventerà la moglie.

 

Antonietta De Pace salentina di nascita ma napoletana d’adozione, insieme al marito Beniamino Marciano, sarà parte rilevante nell’organizzazione della spedizione garibaldina tanto da vederla entrare a Napoli il 7 settembre 1860 al fianco di Garibaldi e a Jessie White. Donna temeraria che nemmeno il carcere è riuscita a piegare, staffetta intelligente che ricercava chiese napoletane con doppia uscita per sfuggire alla cattura.

 

Enrichetta di Lorenzo, originaria della provincia di Caserta, fermamente convinta che la rivoluzione dovesse partire dalle zone più povere del sud, è stata la compagna di Carlo Pisacane, triste protagonista della spedizione di Sapri. Lasciato il marito, che le sguinzaglierà dappresso la polizia, Enrichetta e Pisacane saranno protagonisti attivi del periodo storico in questione, condividendo idee, scelte e conflitti, oltre che l’amore.

 

Tre donne che condividono percorsi, ricerca della libertà e riconoscimento della giustizia sociale, che partecipano a battaglie, sostengono ideali che si intrecciano con le scelte d’amore e di passione. Il documentario “Tre donne nel Risorgimento tra amore e rivoluzione”, al di là dello specifico scopo didattico, pone l’accento sulle origini del tessuto politico e culturale di cui si sono nutrite le tre donne in questione, arrivando fino ai giorni nostri, attraverso la rappresentazione di un percorso storico e narrativo del ruolo femminile all’interno della società.

 

La questione del ruolo della donna è un tema ancora controverso e del tutto attuale, che sottolinea quanto sia evidente il mancato riconoscimento di quella funzione meritoria, tipicamente femminile, di intercettare e interpretare bisogni e necessità che una volta elaborati producono soluzioni, approfondimenti, comunque spessore alle dialettiche interne sede di cambiamento.

 

Le studiose del filmato ritengono che il Risorgimento come il Movimento del ‘68, siano uniti da un fragile e sottile filo rosso che li collega fra loro e che il Risorgimento sia “materia” incandescente, ancora attuale.

 

Denominatore comune: il tema della trasformazione culturale di una società. Ora come allora si sono viste muoversi intere porzioni di collettività nel tentativo estremo di cambiare radicalmente il tessuto culturale di questo Paese, allo scopo di trasformare nel profondo le diverse coscienze, anche attivando princìpi e convincimenti umanistici. E qui il dibattito rimane aperto.

 

Il documentario è stato presentato in versione ridotta l’anno scorso al Caffeina Festival di Viterbo e proposto nella sua versione integrale a Roma il 7 marzo scorso alla Biblioteca “Casa delle Traduzioni”.

 

A maggio è possibile vederlo al Palazzo della Regione di Firenze in occasione di un importante convegno dedicato a Jessie White Mario.



 

 

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