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N. 40 - Aprile 2011 (LXXI)

DONNE E DANNI
Proverbi, aforismi e fatti

di Giovanna D’Arbitrio

 

Da tempo immemorabile l’uomo si serve di proverbi, detti, motti e aforismi per commentare vari aspetti della vita.

 

Cosa rappresentano? Saggezza, satira, humour, fantasia condensati in poche parole? Bisogno di lasciare una “traccia” nella storia, tramandando pensieri ai posteri?

 

Nessuno forse sa rispondere a tali domande con precisione. Di qualcosa però possiamo essere certi, i proverbi e gli aforismi sulle donne, sia di origine colta che popolare, nascono prevalentemente da una tradizione maschilista e misogina.

 

Basta esaminarne alcuni, come “Donna buona, bella e cara, è una merce molto rara” (merce = oggetto), “La donna è mobile qual piuma al vento, muta d’accento e di pensier” (Rigoletto di Verdi), “Fragilità, il tuo nome è donna” (Shakespeare) e così via, potremmo continuare a scrivere pagine su pagine.

 

Uno dei peggiori proverbi forse è “Chi dice donna, dice danno”: tremendo, soprattutto se si considera che le donne in genere i danni li subiscono.

 

Altri sono i “fatti” quindi, poiché la realtà è ben diversa. Anche quest’anno abbiamo festeggiato l’8 marzo con le rituali mimose, ma l’amarezza è tanta in molte donne, soprattutto in quelle che amano riflettere su ciò che accade.

 

In effetti, malgrado le lunghe e faticose lotte per la conquista di pari opportunità, dignità e rispetto, ancor oggi la donna è considerata più oggetto che essere umano, non solo nel terzo mondo ma anche nei paesi civili.

 

Basti pensare alle “ragazze in vetrina” di Amburgo, Amsterdam e altre città europee, una sorta di zoo femminile per maschi che oltre tutto, non soddisfatti nemmeno di ‘sì pregiata merce, sempre più spesso vanno in lontani paesi, in Africa, Asia e America Latina, dove possono concedersi di tutto a basso costo e lontani da occhi indiscreti, salvaguardando così ipocritamente il loro buon nome.

 

Ancor più doloroso è dover costatare il numero crescente di stupri e violenze, perpetrati anche in pieno giorno nelle nostre caotiche ed affollate città. Le storie di Sara, Yara e di tante altre, di cui forse si è parlato di meno, stanno popolando gli incubi di tante madri che ormai non sanno più come proteggere le loro figlie.

 

Come se tutto ciò non bastasse, in Tv a tutte le ore in modo martellante si discute di questi orrendi delitti, descrivendoli con incredibile dovizia di particolari che alimentano sempre più fantasie malate.

 

Per interi pomeriggi i casi di Sara, Yara sono apparsi in televisione e continuano ad essere presentati quasi come le puntate di un serial. Così, dopo l’iniziale orrore misto ad angoscia e rabbia, di solito molte persone poi si distaccano emotivamente dalle vittime e si appassionano in modo morboso ai racconti, trasformandosi in detective alla ricerca dell’assassino.

 

Ci stiamo abituando a tutto? Alla fine perderemo anche la pietà per le vittime e il rispetto verso le loro famiglie? Tutto è “show”?

 

Sempre meno si riflette sulle cause che generano tali effetti e tutt’al più si gettano superficialmente colpe qua e là. Ora pare che tocchi alla Scuola (soprattutto quella statale), incapace ormai di educare.

 

Altri imputati di rito sono gli anni ‘60, considerati cause di tutti i mali attuali; pur rigettando tutti gli estremismi di quegli anni, dovremmo però ammettere che la confusione tra libertà e totale amoralità è di epoca più recente.

 

Spesso dimentichiamo che in quegli anni M. L. King e N. Mandela, seguaci di Gandhi, J. Kennedy, Papa Giovanni XXIII furono figure emblematiche dei grandi ideali di uguaglianza, fratellanza e pace in tutto il mondo.

 

Ci chiediamo allora come si possa avere il coraggio di scagliare la prima pietra e da quale pulpito poi possa venire la predica se consideriamo l’attuale diffusa deriva etica.

 

La Scuola in fondo non siamo “noi tutti”? Ognuno si dovrebbe far carico delle proprie individuali responsabilità. La “società” non è un’entità astratta, è composta da esseri umani che fanno scelte politiche ed etiche ben precise, almeno nei paesi democratici.

 

Purtroppo anche qui sembrano talvolta svanire i risultati di faticose lotte per la conquista di dignità e pari opportunità, risultati oggi piuttosto offuscati da un certo numero di donne pronte ad incatenarsi al carro maschilista per carriera e vita facile.

 

Per fortuna ci sono ancora tante ragazze serie, laureate a pieni voti, che preferiscono emigrare alla ricerca di un lavoro gratificante, adeguato alle loro competenze oppure si accontentano di lavori umili, onesti e di bassi salari per non lasciare il proprio paese.

 

Concludendo, quindi, la soluzione della “questione femminile” non è semplice poiché è strettamente connessa all’evoluzione spirituale di tutta l’Umanità: il rispetto per la donna è conquista di dignità’ per tutta l’Umanità.

 

Quanti secoli dovranno ancora passare?

 

A volte ci si sente un po’ avviliti per le notizie che ci giungono, eppure guardando i peschi e i mandorli già in fiore malgrado le recenti violente piogge, non si può fare a meno di costatare che la nostra madre Terra, benché martoriata, dilaniata e offesa, continua a donarci una nuova primavera, un po’ come le donne che continuano a procreare, lottare e credere nell’amore.



 

 

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