contemporanea
Donetsk e Luhansk
STORIA DELLE due regioni contese
dell'Ucraina
di Francesco Giannetti
Il presidente russo Vladimir Putin ha
riconosciuto che il Donbass è parte
integrante della storia e della cultura
russa. E ricorda gli aiuti dati
all'Ucraina in cambio di alcune rinunce
mai ratificate. Ma perché si parla di
Donbass? Questa regione si può
considerare come la madre di tutte le
battaglie per Vladimir Putin, anche per
porre un argine al progressivo
allargamento della Nato in Europa
orientale. La ricca regione carbonifera
nel sud-est del Paese, dove vive una
consistente comunità russofona, è per lo
zar il cuscinetto ideale, anche per
rosicchiare territorio a Kiev ed
indebolirne le pretese di entrare
nell'orbita occidentale.
E dall'attenzione sul Donbass nasce il
conflitto del 2014; Donetsk e Luhansk le
due "repubbliche" filorusse in
territorio ucraino: un conflitto mai
veramente cessato, che ha già causato
almeno 14mila morti. I due territori
sono contigui e si trovano a ridosso del
confine fra Ucraina e Russia. La
Repubblica di Donetsk ha anche uno
sbocco sul mare di Azov. Le due
repubbliche insieme coprono un'area di
quasi 17mila chilometri quadrati, dove
vivono circa 3,7 milioni di persone.
Entrambe le repubbliche fanno parte
della regione mineraria ucraina del
Donbass. Le due repubbliche sono nate in
seguito alle manifestazioni di militanti
filorussi contro il nuovo governo filo
occidentale, insediatosi all'inizio del
2014 in Ucraina dopo le proteste
popolari del'Euromaidan a Kiev. Nelle
due Repubbliche separatiste vi sono
ricchi giacimenti di carbone e per la
Russia di Putin essi non possono essere
persi fornendo invece risorse minerarie
di questo calibro all’Europa.
La Repubblica Popolare di Donetsk e
quella di Luhansk non sono riconosciute
internazionalmente se non dall' Ossezia
del Sud, anche questo stato a
riconoscimento limitato. Vengono
proclamate, unilateralmente, il 12
maggio 2014. L'importanza delle due
repubbliche è di essere parte del
Donbass, dove oltre 770mila ucraini
hanno il passaporto russo, su una
popolazione di circa 5 milioni di
abitanti e secondo Mosca negli ultimi
giorni altri 950mila residenti hanno
fatto la stessa richiesta. Con la "madre
Russia" c'è un legame antico, rafforzato
da una Chiesa ortodossa locale che si è
staccata da quella ucraina per legarsi a
Mosca. Un legame rafforzato
dall'insofferenza della popolazione
verso lo Stato centrale, perchè le
condizioni generali di vita, dall'uscita
dell'Ucraina dall'Urss, nel 1991, sono
peggiorate sempre di più e dalle
pulsioni secessioniste. Tutto esplode
nel 2014, quando dopo la rivolta filo-Ue
di Maidan e la cacciata di Viktor
Yanukovich dal potere, Mosca in reazione
decide l'annessione della penisola della
Crimea, nel sud dell'Ucraina. Da quel
momento parte la mobilitazione anche del
Donbass, con gruppi militari delle
regioni di Luhansk e Donetsk che
riescono in breve tempo a prendere il
controllo diparte della regione, grazie
all'appoggio occulto di Mosca, che
fornisce denaro e armi (attraverso
gruppi come il Wagner considerato da
molti il braccio armato del Ministero
della Difesa russo e del GRU servizio di
informazione fondato da Lenin nel 1918).
I secessionisti vittoriosi sul campo
dichiarano l'indipendenza dall'Ucraina
proclamando la nascita della Repubblica
Popolare di Donetsk e la Repubblica
Popolare di Luhansk. In seguito
organizzano un referendum, che secondo i
leader ribelli ha un esito bulgaro: la
stragrande maggioranza della popolazione
vota a favore dell'annessione alla
Russia. Gli sforzi della diplomazia
internazionale per riportare la
stabilità nell'area e porre fine al
conflitto portano agli accordi di Minsk,
che vengono sottoscritti sia dai
filo-russi che da Kiev, sotto il
cappello delle potenze occidentali,
Francia e Germania e della Russia. I
combattimenti sulla carta devono finire
ed il Donbass deve tornare sotto il
controllo dell'Ucraina, in cambio di una
maggiore autonomia. Ma le intese
sottoscritte nella capitale bielorussa
non sono risolutive, perché in parte non
attuate per responsabilità di entrambe
le parti. Mosca non è formalmente parte
nel conflitto e quindi non si sente
vincolata. Mentre le autorità di Kiev,
su pressione della frangia nazionalista
del Paese, non riescono a concedere
l'autonomia ai separatisti. Ed il
conflitto è quindi destinato a
proseguire.
Donbass significa “bacino del Donec” e
il Donec è un fiume affluente del Don
che attraversa quella parte di Ucraina.
È una regione storica, nel senso che non
corrisponde a una divisione
amministrativa attuale. È invece
formalmente divisa tra tre dei 24 oblast
ucraini (l’equivalente delle regioni
italiane): quello di Luhansk, più a est,
quello di Donetsk e quello di
Dnipropetrovsk, più a ovest. L’intero
Donbass cominciò a essere chiamato così
verso la fine dell’Ottocento, quando la
regione assunse una particolare
importanza economica grazie ai suoi
molti giacimenti di carbone.
Dal 2014, quando la Russia invase la
penisola della Crimea, nel sud
dell’Ucraina, e finì con l’annetterla,
parti dell’oblast (regione) di Luhansk e
dell’oblast di Donetsk, circa un terzo
dell’intero Donbass, sono uscite dal
controllo dello stato ucraino: in quel
periodo la Russia sobillò, armò, aiutò e
finanziò gruppi militari filo-russi
anche nell’est dell’Ucraina, permettendo
quindi ai ribelli del Donbass di
prendere il controllo di parte del
territorio.
I secessionisti dichiararono
l’indipendenza dall’Ucraina e
organizzarono dei referendum per cercare
di entrare a far parte della Russia. Si
voleva riprodurre ciò che era successo
in Crimea . Di fatto nel Donbass non
esisteva un movimento che chiedesse
l'annessione alla Russia ma le
difficoltà economiche, sempre più gravi
dal 1991 in poi, spingevano molti a
pensare che la situazione potesse
migliorare tornando sotto il controllo
russo anche perchè, nella regione, in
precedenza si viveva meglio grazie
all’industria del carbone. A questo si
aggiungeva il fatto che molti degli
abitanti del Donbass sono etnicamente e
culturalmente russi: molti a scuola
hanno studiato la versione sovietica
della storia, parlano il russo, e guarda
la televisione russa. Le città di
Luhansk e Donetsk furono ripopolate dopo
il tragico "Holomodor" (La Grande
Carestia) di Stalin che portò alla morte
circa un quarto della popolazione
ucraina.
All’inizio del 2015 gli accordi di Minsk
stabilirono la fine dei combattimenti e
il ritorno all’Ucraina delle regioni
ribelli, in cambio di più autonomia. Ma
benché fossero stati firmati sia dal
governo ucraino sia da quello russo, gli
accordi non sono mai stati davvero
rispettati. Il Donbass è ancora una zona
di guerra, con tanto di trincee e centri
abitati abbandonati perché localizzati
lungo la linea del fronte. Il governo
ucraino definisce le due repubbliche
autoproclamate “territori
temporaneamente occupati” (dalla Russia)
e chiama il fronte “linea
amministrativa”. In Russia invece si
parla del conflitto nell’est
dell’Ucraina come di una guerra civile.
L’attuale divisione degli oblast di
Donetsk e Luhansk non riflette comunque
divisioni culturali, etniche o storiche
pre-esistenti, è solo il risultato degli
scontri di sette anni fa.
Anche se ufficialmente le due regioni
sono gestite da leader ucraini, la
Russia esercita un forte controllo. Chi
vive nelle due repubbliche
autoproclamate è invitato a richiedere
la cittadinanza russa e abbandonare
quella ucraina e può votare alle
elezioni russe pur non avendo la
cittadinanza vera e propria. Come moneta
non si usa la grivnia ucraina, ma il
rublo e la lingua ucraina è bandita,
così come la celebrazione delle feste
ucraine. I due leader sono definiti da
Kiev “terroristi separatisti”: Pushilin,
40 anni, quasi dal nulla e senza un
profilo militare, si è imposto nel 2014
come primo rappresentante dei
separatisti filo-russi che in
nell'Ucraina dell'Est avevano
autoproclamato la Repubblica popolare di
Donetsk (Dpr) successiva alla rivolta di
piazza Majdan quando il presidente
Viktor Janukovich fu deposto. Al
contrario Pasechnik, 52 anni, è un
militare con un passato nei servizi
segreti di Kiev ed è in carica dal 2017.
Alle organizzazioni internazionali non
è, in linea generale, consentito
l’accesso alle zone separatiste di
Donetsk e Luhansk, quindi la maggior
parte delle informazioni proviene dalle
testimonianze di chi abbandona quei
territori o da ciò che può arrivare
attraverso i social network; si sa che
la popolazione soffre di scarsità di
beni di consumo e di una mancanza di
servizi.
Riferimenti bibliografici:
P. Bushkovitch, Breve storia della
Russia. Dalle origini a Putin,
Einaudi, 2013
G. Cella, Storia e geopolitica della
crisi ucraina. Dalla Rus' di Kiev a oggi,
Carocci, 2021. |