N. 90 - Giugno 2015
(CXXI)
OMBRE SUL DONBASS
LA MORTE DI ALEXEI B. MOZGOVOY
di Filippo Petrocelli
Nella
gerarchia
dell’informazione
mainstream,
la
morte
di
Aleksey
Borisovich
Mozgovoy,
comandante
della
brigata
Prizrak,
una
delle
unità
più
attive
nella
resistenza
in
Donbass,
non
è
stata
una
top
news.
Potremmo
dire
in
generale
che
tutta
la
crisi
Ucraina
non
ha
trovato
molta
eco
sui
nostri
media,
tranne
quando
le
proteste
di
Maidan
affollavano
le
nostre
cronache.
Da
quando
però
è
scoppiata
la
guerra,
quello
che
succede
dalla
parti
della
Novorossija
–
ovvero
quella
regione
storica
dell’Ucraina
orientale
a
maggioranza
russa
insorta
contro
il
governo
golpista
di
Kiev
–
trova
ancora
meno
spazio,
in
qualcosa
che
assomiglia
a un
cortocircuito
informativo.
Eppure
è
più
di
un
anno
che
qui
si
muore
e si
combatte
una
guerra
vera,
fatta
di
bombardamenti
e
operazioni
in
grande
stile,
nella
nuova
cortina
di
ferro
al
confine
fra
la
Federazione
Russa
e
Occidente,
fra
Asia
e
Europa,
fra
Nato
ed
eredi
dell’Armata
Rossa,
in
un
surrogato
della
guerra
fredda,
dove
la
partita
va
ben
oltre
l’Ucraina
orientale.
Il
campo
novorusso,
chiamato
con
troppe
semplificazioni
filorusso,
ha
al
suo
interno
una
vasta
gamma
di
orientamenti
politici,
spesso
in
conflitto
fra
loro:
nazionalisti
russi,
nostalgici
dello
zar,
passando
per
forze
progressiste
e
socialiste,
ma
anche
per
un
vasto
assortimento
di
persone
non
inquadrate
in
termini
meramente
politici.
Una
regione,
quella
del
bacino
del
fiume
Donec,
diventata
l’epicentro
dell’opposizione
alla
nuova
Ucraina
fortemente
sbilanciata
a
Ovest
del
primo
ministro
Poroshenko,
interessata
più
all’Unione
Europea
che
alla
Russia,
ma
anche
“casa”
di
una
resistenza
capace
di
ostacolare
l’esercito
ucraino,
in
grado
di
strappare
sul
campo
due
importanti
regioni
industriali
e
produttive
e di
creare
due
Repubbliche
popolari
come
quelle
di
Donetsk
e di
Lugansk
con
tanto
di
governo,
ministri,
passaporti
e
moneta.
La
brigata
di
fanteria
meccanizzata
Prizrak,
ovvero
“fantasma”,
rappresenta
proprio
la
fazione
più
progressista
di
tutta
la
resistenza.
È
espressamente
antifascista
e al
suo
interno
opera
l’unità
404,
comunista
e
internazionalista,
comandata
da
Piotr
Biriukov,
conosciuto
con
il
nome
di
battaglia
“Arkadic”
e
dal
commissario
politico
Alexey
Markov.
La
brigata
raccoglie
al
suo
interno
combattenti
autoctoni
ma
anche
adepti
provenienti
da
altre
parti
del
mondo,
dal
Brasile,
alla
Spagna,
dall’Italia
agli
Stati
Uniti,
al
punto
da
essere
diventata
una
sorta
di
brigata
internazionale.
È
attiva
nella
Repubblica
Popolare
di
Lugansk,
e ha
partecipato
a
operazioni
militari
come
la
liberazione
di
Debaltsevo,
quando
fra
febbraio
e
marzo
è
stata
issata
una
tutt’altro
che
nostalgica
bandiera
sovietica
dopo
la
liberazione
della
città.
Insomma
la
Prizrak
è
diventata
la
brigata
militarmente
più
attiva
nella
repubblica
di
Lugansk,
precisamente
nei
dintorni
di
Alchevsk,
dove
ha
stabilito
il
suo
campo
base
e da
dove
combatte
per
la
completa
liberazione
delle
due
repubbliche.
Ma
il
comandante
Mozgovoy,
è
anche
stato
il
leader
ribelle
più
espressamente
avverso
alle
oligarchie:
ha
più
volte
ricordato
che
la
battaglia
novorussa
deve
essere
diretta
sia
contro
gli
oligarchi
ucraini,
sia
contro
quella
russi,
così
come
ha
avversato
gli
accordi
di
Minsk
(accordi
di
pace
siglati
fra
Ucraina
e
Russia).
Insomma
se
l’accusa
per
la
resistenza
novorussa
è
quello
di
“pendere
dalla
labbra
di
Putin”,
il
comandante
della
brigata
Prizrak
Mozgovoy
era
un
comandante
capace
di
criticare
senza
mezzi
termini
non
solo
gli
oligarchi,
ma
anche
la
politica
del
Cremlino,
oltreché
quella
di
Kiev.
Questa
determinazione
potrebbe
essere
la
causa
dell’uccisione
di
Mozgovoy,
che
qualcuno
insinua
avesse
molti
nemici
anche
dentro
le
Repubbliche
popolari.
Quello
che
è
sicuro
però
è
che
esistono
oggi
unità
fedeli
a
Kiev
che
agiscono
infiltrate
dentro
i
confini
novorussi
e
ufficialmente
la
morte
del
comandate
è
stata
attribuita
a
loro.
Mozgovoy
è
stato
freddato
il
23
maggio
scorso
in
un
attentato.
Ma
non
era
la
prima
volta
che
subiva
un
attacco
e
già
all’inizio
di
marzo
si
era
salvato
miracolosamente
da
un
altro
tentativo
di
uccisione.
Non
ce
l’ha
fatta.
È
caduto
insieme
alla
sua
segretaria
e
alle
guardie
del
corpo
mentre
cercava
di
costruire
un
futuro
migliore
per
la
Novorossija.
Il
27
maggio
al
suo
funerale
oltre
alle
divise
mimetiche,
c’era
tanta
gente
comune,
uomini,
donne
e
bambini.
Che
salutavano
per
l’ultima
volta
Aleksey
Borisovich
Mozgovoy.