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N. 8 - Agosto 2008 (XXXIX)

DOMUS GAII
LA CASA DI CALIGOLA

di Sabrina Corarze

 

Un importante complesso di edifici, a sud del tempio dei Castori e della fonte di Giuturna, costituisce l’elemento di raccordo tra Foro Romano e Palatino. Questo complesso, datato all’epoca domizianea e comprendente la chiesa di S. Maria Antiqua, confina ad est con la Domus Tiberiana, a sud con gli Horrea Agrippiana, a ovest con il Vicus Tuscus, a nord con il suddetto tempio dei Castori.

 

Esso è costituito da una grande sala (A) attribuibile alla fine del regno di Domiziano e da un ambiente quadrato (B1), probabilmente un atrio, dal quale si accede a una sala (B2). Procedendo verso est si trova una rampa che porta al Palatino.

 

  Al di sotto dell’atrio è stato scoperto un ambiente più antico, dotato di una vasca rettangolare (forse un impluvio) attribuito mediante i bolli laterizi all’età di Caligola (37- 41 a.C.) e orientato, come un altro situato sotto la sala A, secondo un asse est-ovest come i retrostanti Horrea Agrippiana. Secondo molti studiosi questo edificio potrebbe essere  identificato con l’ampliamento del palazzo imperiale fatto da Caligola e tramandatoci da Svetonio e Cassio Dione. Sappiamo inoltre ,dalla narrazione di Giuseppe Flavio sulla morte di Caligola, che esso era formato dall’unione di diversi edifici. Ne facevano parte la Domus Gelotiana e l’Hermaeum anche se il nucleo principale del palazzo era costituito dalla Domus Tiberiana.

 

  L’attività edilizia svolta da Caligola è ricordata da Plinio, che ha usato per primo il termine Domus Gai, e da Svetonio, per il quale l’edificio si affacciava sul Foro per permettere all’imperatore di seguire gli eventi da un triclinio: ciò è la conferma che tale aggiunta è da collocare nell’angolo nord-ovest del Palatino.

 

  Ulteriore conferma è quanto traspare dal racconto di Flavio Giuseppe ;la scena dell’uccisione interessa tre luoghi :un teatro provvisorio di legno, il palazzo stesso e l’area palatina. Il teatro, in cui dovevano svolgersi i giochi in onore di Augusto fondati da Livia, doveva essere vicino al palazzo per permettere a Caligola di ritirarsi durante le rappresentazioni usando una qualche via di collegamento tra i due e dato che dopo l’aggressione fu munito di soldati in pochissimo tempo. Inoltre apprendiamo che i soldati, saliti al piano superiore, trovarono Claudio nascosto in un luogo che Svetonio,nel suo racconto dei fatti, chiama Hermaeum. Purtroppo è impossibile stabilire una corrispondenza tra racconto e architettura reale per la scomparsa di queste strutture :nulla infatti rimane dell’ alzato dell’edificio, i cui piani erano forse collegati da gradini in legno oggi scomparsi.

 

è possibile che il piano terra avesse funzione di servizio e ospitasse dei magazzini, mentre al primo piano ,dove le nostre fonti collocano l’Hermaeum, si trovassero le stanze principali.

 

 Gli scavi condotti da Giacomo Boni nel 1900-1901, nella zona in questione, avevano rivelato la presenza di strutture antecedenti l’età domizianea , tra le quali una piscina rivestita di marmo sul cui fondo fu rinvenuta una lastra su cui era inscritto [ger]MANICI F. Questa iscrizione fu presa da Hulsen e Van Deman a supporto della tesi che attribuiva la piscina all’età di Caligola. Tesi errata, secondo Steinby, perché in realtà questi materiali rinvenuti all’interno della vasca erano associati ad un saccheggio dell’area di età medioevale : quindi la lastra non poteva essere coeva con la piscina.

 

 Tra il 1983 e il 1988 sono stati condotti dalla Soprintendenza alle antichità di Roma ulteriori scavi che hanno portato alla luce delle strutture tardo repubblicane,quindi anteriori a Caligola, situate nell’area successivamente occupata dall’aula domizianea. In seguito alla loro distruzione, evento che interessò tutti gli edifici repubblicani situati nella zona, queste strutture furono obliterate da un pavimento in opus spicatum forse di età augustea.

 

 Durante questi stessi scavi è stato rinvenuto un atrium tetrastilo rivolto verso il Vicus Tuscus e degli ambienti situati a sud e ad ovest di esso.

 

 In seguito al rinvenimento, su tutti e quattro i lati, dei muri che lo delimitavano si è potuto stabilire che si tratta del più grande atrium romano a noi noto : misura infatti  26,5x 22,3 m. circa. I muri sono composti da blocchi di travertino e presentano una fondazione in opus caementicium.

 

 Non vi sono tracce dell’impluvium ma la sua esistenza è confermata dalla presenza di alcune canalette che, partendo dalla zona delle colonne centrali, si dirigono verso nord dove probabilmente era situata una fogna secondaria.

 

 Nessuna delle quattro colonne sostenenti l’atrium si è conservata ;sono state però rinvenute parti delle strutture su cui esse poggiavano: si tratta di quattro plinti formati dall’unione di quattro blocchi di travertino incassati in una fondazione in opus caementicium. In realtà si conserva in situ solo un blocco appartenente al plinto dell’angolo sud-est e l’esistenza di quello posto nell’angolo nord-est è dedotta dalla presenza di un ribassamento della superficie.

 

 Non vi è traccia di una pavimentazione ma la sua originaria esistenza è confermata dal ritrovamento di strati di opus caementicium che hanno obliterato superfici più antiche : si tratterebbe quindi della preparazione per un pavimento di lastre marmoree.

Sul lato meridionale si apriva probabilmente un tablinum, dato che qui sono stati rinvenuti tratti di muri analoghi a quelli dell’atrium. Un muro, che lo attraversa in prossimità della sua apertura verso l’atrium, potrebbe testimoniare l’esistenza di un pavimento sopraelevato raggiungibile per mezzo di scale.

 

 A sud dell’atrium è stato rinvenuto il muro settentrionale degli Horrea Agrippiana. Avendo scoperto che la fondazione di questo muro è stata intaccata dalla parte dell’atrium per mettere in opera i blocchi del muro gaiano, si è potuta stabilire l’anteriorità degli Horrea rispetto all’ atrium. Successivamente il muro degli Horrea fu ricostruito in connessione al  rifacimento domizianeo.

 

 Ad est del muro orientale dell’atrium si trova una fondazione in opus caementicium pertinente, forse, al  perystilium che cingeva la piscina  scoperta dal Boni.

 

La piscina è orientata, come l’atrio, in direzione est-ovest. Misura 25x8 m., è profonda 1,5 m. ed è costruita in opus caementicium. I lati lunghi sono interrotti da nicchie,semicircolari e rettangolari ; i lati brevi presentano dei gradini simili a quelli ritrovati nella casa di Meleagro e nella villa di Diomede a Pompei. Su tre lati, alla stessa distanza dal bordo della piscina, si trovano delle fondazioni in travertino per colonne e tratti di mura appartenenti al suddetto perystilium.

 

 L’area a nord dell’atrium è stata in gran parte distrutta dall’aula domizianea , fortunatamente però è rappresentata parzialmente su un frammento della Forma Urbis severiana: esso mostra una facciata porticata verso il tempio dei Castori e la fonte di Giuturna a nord, ma a sud i muri della facciata hanno il medesimo allineamento dell’atrium ; l’area così delimitata presenta una forme triangolare.

 

 L’asse principale dell’atrium, est-ovest, suggerirebbe che l’entrata al complesso era dal Vicus Tuscus .  Svetonio e Cassio Dione affermano che Caligola usò il tempio come vestibulum del palazzo, aprendo un passaggio tra i simulacri degli dei (forse da intendere con un’apertura sul retro della cella) e collocando se stesso come una divinità tra le statue dei Dioscuri. Il fatto che l’asse del tempio incroci il punto centrale dell’atrium potrebbe rispecchiare un progetto che prevedeva l’allineamento di tempio-atrium-tablinum, tenendo conto del percorso seguito da Caligola per recarsi dal tempio alla sua dimora. Tra il piano della cella e quello dell’atrium c’è un dislivello di  6 m. che permetteva all’imperatore, in accordo con il suo spirito stravagante, di apparire a chi stava  nell’atrium come un deus ex machina. Nulla rimane di questo collegamento, forse realizzato in legno.

 

Svetonio parla di un ponte, sempre in legno e di cui non abbiamo più tracce, costruito da Caligola per collegare il Palatino al Campidoglio , parallelo alla Basilica Giulia e il cui unico scopo era forse quello di avvicinare l’imperatore al dio Giove. Tale notizia potrebbe essere confermata da Flavio Giuseppe il quale ricorda come Caligola una volta si fermò sul tetto della Basilica Giulia e gettò monete al popolo : per Tamm questo vuol dire che doveva esistere una qualche struttura che consentisse di raggiungere il suddetto tetto. Forse si tratta del nostro ponte.

 

 Nell’angolo nord-ovest della collina le strutture domizianee hanno nascosto alcune sale appartenenti ad una grande cisterna a tre piani che, dalla sua posizione ed orientamento, si presume appartenesse al perystilum e avesse la funzione di rifornire la piscina. A nord un muro in opus caementicium largo 2,5 m. e alto 15 m., costruito per contenere la pressione dell’acqua, continua verso est venendo a costituire una grandiosa facciata verso il Foro. Questo muro settentrionale non presenta porte o finestre ed è distinto in  tre parti : una fondazione inferiore alta 2,80 m. fatta con materiale scadente e malta friabile ; una fondazione superiore alta 2,60 m. costituita da filari di blocchi irregolari di tufo ; il muro vero e proprio in mattoni la cui qualità non differisce da quella dei due piani inferiori. A sud, il tufo della collina forma il piano inferiore e i muri della Domus Tiberiana quello superiore. I due piani inferiori erano  caratterizzati da un corridoio con volta a botte su cui si aprivano, da ambo i lati, tre stanze anch’esse voltate. Il piano superiore invece doveva essere costituito da una enorme vasca  a cielo aperto. Sulle volte, realizzate utilizzando pietra pomice, tufo e calcestruzzo, si conservavo ancora i segni delle centine. I muri dei corridoi erano spessi 1,50 m., quelli divisori invece 1,15-1,20 m. Non c’è traccia di vie di immissione e di scarico dell’acqua, ma probabilmente  questa doveva scendere da piano a piano attraverso delle aperture rettangolari nelle volte, e passare da una stanza all’altra attraverso delle piccole porte.

 

 L’unico elemento datante in nostro possesso è costituito da un gruppo di ceramiche e di altri reperti rinvenuto in uno strato associabile all’impianto originario dell’atrium. Anche se la maggior parte di questi reperti è di età augustea, vi è un frammento di lucerna con voluta disegnata sulla spalla, del tipo Bailey C V°, e un frammento di lucerna con semivoluta che consentirebbero di attribuire il deposito ad un periodo successivo al 25-30 d.C. che ben si accorda con le nostre testimonianze letterarie e con gli anni di regno di Caligola : 37-41 d.C.

 

Successivamente la Domus Gai subì delle modifiche : oltre alla piscina, la cui cronologia è ancora incerta, furono aggiunti dei muri a sud dell’atrium e nella zona del tablinum. Della parte decorativa rimane un tratto dell’elegante balcone formato secondo il sistema romano da archi ribassati, su mensole di travertino, simile a quelli rinvenuti a Pompei e Ostia.

 

E’ probabile che Domiziano abbia adattato e in parte ricostruito il palazzo di Caligola secondo lo stile dell’epoca e secondo un diverso orientamento, per adeguare l’edificio al nuovo fronte del Palatino. In seguito ad esso fu addossato un nuova corpo di fabbrica da Traiano.

 

Se ne deduce che il complesso domizianeo e l’aggiunta traianea testimoniano una continuità di funzione di questo complesso di edifici.

 

Nel VI d.C. l’aula B2 del complesso domizianeo, corrispondente alla zona situata a sud della piscina , fu trasformata nella chiesa di S.Maria Antiqua.

 

Anche se rimangono molti dubbi, in base alle fonti letterarie e ai risultati degli scavi di Hurst si può tentare una ricostruzione del palazzo imperiale di Caligola. Situato nell’angolo nord-ovest del Palatino tra Tempio dei Dioscuri, Vicus Tuscus, Horrea Agrippiana e Domus Tiberiana, si innalzava su più piani. Comprendeva un atrium e una piscina, a cui era associata una sorta di sala da pranzo in un’ area sconosciuta a sud o ad est , in cui l’imperatore svolgeva tutte quelle attività legate alla sfera sociale. L’exhibitio e l’adoratio avevano luogo invece nel tempio trasformato in vestibulum.

 

Secondo A.Carandini il palazzo si articolava in parti, che prendevano il nome dai membri della casa imperiale che li avevano edificati ; tra queste ci doveva essere la Domus Germanici che, situata sul Palatino sopra gli omonimi Horrea, sappiamo annessa alla casa di Tiberio-Caligola. Con la sua aggiunta il complesso gaiano finì per affacciarsi sul foro e rese possibile la realizzazione della grande reggia palatina di Nerone.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

G.Becatti, L’arte dell’età classica  1997

R.Bianchi Bandinelli, ROMA  L’arte romana nel centro del potere  1997

M.A.Blake, Roman construction  1959

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F.Castagnoli, Topografia di Roma antica  in Enciclopedia classica vol. X  1959

F.Coarelli, Roma  Guide archeologiche Mondadori  1997

F.Coarelli, Organizzazione urbanistica della Roma augustea  in Roma repubblicana dal 270 a.c. all’età augustea

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H.Hurst, Nuovi scavi nell’area di S.Maria Antiqua  in Archeologia laziale vol.IX  1978

Jacopi, Sistemi decorativi di II stile a Roma  in Roma repubblicana dal 270 a.c. all’età augustea

Mostra augustea della romanità vol. I

S.B.Platner- Th.Asby, A topographical dictionary of ancient Rome  1929

E.M.Steinby, Lexicon topographicum urbis Romae  1991

E.B.Van Deman, American journal of archaelogy  n° 28  1924

B.Tamm, Auditorium and palatium  1963



 

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