N. 134 - Febbraio 2019
(CLXV)
DOMENICO CIRILLO
SUL PROMOTORE E MARTIRE DELLA REPUBBLICA NAPOLETANA DEL 1799
di
Umberto
Vitiello
Domenico
Cirillo
nacque
a
Casal
di
Grumo
(oggi
Grumo
Nevano,
una
cittadina
a 11
chilometri
da
Napoli),
il
10
aprile
1739
e
morì
impiccato
in
Piazza
del
Mercato
a
Napoli
il
29
ottobre
1799.
Nevano,
che
conserva
nel
Municipio
un
suo
busto
del
1867,
gli
ha
intitolato
uno
dei
suoi
corsi
principali,
la
scuola
media
(oggi
Istituto
Comprensivo
Matteotti-Cirillo),
la
Biblioteca
Comunale,
una
piazza
con
una
sua
statua
in
bronzo
del
1899
e ha
fatto
apporre
una
lapide
sulla
casa
dove
nacque.
Napoli,
Roma,
Milano,
Firenze,
Bari,
Potenza,
Salerno,
Caserta,
Torre
Annunziata
e
altre
città
d’Italia
gli
hanno
intitolato
una
strada.
A
Napoli,
oltre
a
una
strada,
gli
è
stata
intitolata
la
seconda
sala
del
Museo
delle
Arti
Sanitarie
allestito
nei
locali
dell’Ospedale
degli
Incurabili,
mentre
sul
loggiato
del
Cortile
delle
Statue,
in
Via
Giovanni
Paladino,
accanto
alla
basilica
del
Gesù
Vecchio,
è
collocato
un
suo
busto.
D’una
famiglia
di
naturalisti
e di
medici,
iniziò
i
suoi
studi
a
circa
sette
anni,
quando
venne
portato
a
Napoli
in
via
Fossi
a
Pontenuovo
da
suo
zio
Santo,
cultore
di
botanica
e di
disegno
che
possedeva
un’ampia
collezione
naturalistica.
E fu
lui
a
trasmettergli
un
grande
interesse
per
la
botanica
e
gli
insegnò
anche
il
disegno,
che
Domenico
Cirillo
apprese
con
tale
bravura
da
rendersi
capace
di
illustrarsi
da
solo
le
opere
di
botanica
e di
zoologia
che
scriverà
anni
dopo.
A
circa
sedici
anni
si
iscrisse
all’Università
di
Napoli
e il
2
dicembre
1759,
quando
aveva
solo
poco
più
di
venti
anni,
si
laureò
in
Medicina
e
Chirurgia.
Aveva
frequentato
e
continuò
a
frequentare
anche
le
lezioni
del
botanico
Pedillo.
E
l’anno
dopo,
nel
1760,
morto
Pedillo
e
resasi
vacante
la
sua
cattedra
fu
indetto
un
concorso.
Il
giovane
Domenico
Cirillo
vi
partecipò
e,
classificatosi
primo,
nel
1761
divenne
professore
universitario
di
botanica,
distinguendosi
subito
col
classificare
secondo
le
teorie
di
Linneo
numerose
specie
vegetali
dell’Italia
meridionale,
tra
cui
il
pistacchio
di
Sicilia.
In
questo
stesso
anno
1761
divenne
membro
della
Società
Botanica
Fiorentina
e
cominciò
a
contattare
e
frequentare
studiosi
di
vari
paesi
europei.
Con
lo
scienziato
inglese
Byles
Stiles
effettuò
studi
botanici
con
l’uso
del
microscopio.
Nel
1774
ottenne
la
cattedra
di
patologia
e
materia
medica
e
divenne
medico
personale
di
corte.
Ciò
gli
consentì
di
fare
per
ragioni
di
studio
molti
viaggi
sia
in
Italia
che
all’estero,
in
particolar
modo
in
Francia
e in
Inghilterra,
dove
ebbe
modo
di
conoscere
vari
cultori
dell’illuminismo
mondiale,
come
Nollet,
Franklin,
Buffon,
d’Alembert
e
Diderot.
Tornato
a
Napoli,
nel
1775
ottenne
la
cattedra
di
Medicina
teoretica
e,
poco
dopo,
anche
quella
di
Medicina
pratica,
che
conservò
fino
ai
suoi
ultimi
giorni
di
vita.
Nello
stesso
tempo,
medico
all’Ospedale
degli
Incurabili,
vi
insegnò
Fisiologia
e
Ostetricia.
Ciò
lo
portò
presto
a
collaborare
coi
medici
di
Napoli
più
importanti,
come
Antonio
Sementini
e
Domenico
Cotugno.
Per
quest’ultimo
disegnò
le
tavole
anatomiche
del
trattato
“De
aquaeductibus
auris
humanae
internae
anatomica
dissertatio”.
Nel
1780
pubblicò
“Nosologiae
methodicae
rudimenta”,
un
breve
vademecum
di
patologia
medica
suddivisa
con
metodo
e
rigore
in
sezioni
ed
ordini.
In
questo
stesso
anno
1780
pubblicò
l’
“Avviso
intorno
alla
maniera
di
adoperare
l’unguento
di
sublimato
nella
cura
delle
malattie
veneree”.
Nel
1784
fu
nominato
direttore
del
Museo
di
Scienze,
allora
in
allestimento.
Era
intanto
entrato
in
amicizia
con
il
naturalista
di
Forlì
Cesare
Majoli
(1746-1823),
che
la
regina
Maria
Carolina
aveva
fatto
venire
a
Napoli
per
occuparsi
di
studi
relativi
alla
luce.
Non
trascurò
tuttavia
né
la
didattica
né
la
ricerca
in
campo
medico,
dedicandosi
in
particolar
modo
allo
studio
delle
malattie
veneree.
Nel
1787
pubblicò
i
“Discorsi
accademici”,
in
cui
da
filantropo
denuncia
il
degrado
delle
strutture
ospedaliere
in
mancanza
di
umanizzazione
da
parte
del
personale
medico.
Il
confronto
assiduo
con
illuministi
italiani
e
francesi
contribuì
a
rafforzare
gli
ideali
di
libertà,
eguaglianza
e
solidarietà
della
Rivoluzione
Francese
del
1789
che
lo
conquistarono
fino
a
farlo
diventare
uno
degli
artefici
della
Repubblica
Napoletana
del
1799,
dopo
aver
aderito
alla
Massoneria,
le
cui
logge
divennero
per
la
maggior
parte
società
patriottiche
a
partire
dal
1790,
quando
si
cominciò
a
mettere
in
discussione
la
monarchia
borbonica.
Nel
gennaio
del
1799,
dopo
che
l’esercito
francese
aveva
conquistato
Napoli,
il
generale
Jean
Antoine
Étienne
Vachier
detto Championnet che
lo
comandava
fu
incaricato
di
istituire
un
governo
repubblicano
e,
informatosi,
convocò
le
personalità
napoletane
ritenute
politicamente
più
aperte
agli
ideali
della
Rivoluzione
Francese
del
1789,
e
tra
loro
non
poteva
mancare
l’illuminista
medico,
entomologo
e
botanico
Domenico
Cirillo,
autore
di
innumerevoli
saggi
scientifici.
E
lui
accettò
solo
quando
il
francese
André
Joseph
Abrial,
nominato
il
20
febbraio
1799 commissario
civile
per
la
Repubblica
Partenopea,
non
molto
dopo
compì
un
rimpasto
del
governo
repubblicano
e lo
pregò
anche
lui
di
entrare
a
far
parte
della
Commissione
legislativa,
di
cui
divenne
poi
presidente,
carica
ch’era
stata
dell’eminente
giurista
Mario
Pagano.
Come
lui
stesso
dichiarò,
la
sua
adesione
alla
Repubblica
nacque
da
ragioni
umanitarie
e
assistenziali
più
che
da
quelle
politiche.
E
pertanto
l’attività
per
cui
si
distinse
fu
il
Progetto
di
carità
nazionale,
grazie
al
quale
fu
costituito
un
fondo
di
assistenza
popolare
con
un
suo
contributo
cospicuo.
Divenuto
presidente
della
Commissione
legislativa,
fu
tenuto
a
controfirmarne
gli
atti
dal
19
maggio
al 3
giugno
1799,
dieci
giorni
prima
che
l’armata
sanfedista
guidata
dal
Cardinale
Ruffo
conquistasse
Napoli
e
facesse
cadere
il
governo
repubblicano.
Tra
gli
atti
da
lui
controfirmati
vi
sono
anche
misure
drastiche,
come
quelle
riguardanti
la
confisca
dei
beni
degli
emigranti,
per
cui
fu
definito
come
Mario
Pagano
un
Robespierre
della
Repubblica
Napoletana.
Con
la
restaurazione
della
monarchia
Domenico
Cirillo,
come
molti
altri
repubblicani,
fu
catturato
e
rinchiuso
dapprima
nella
stiva
del
“San
Sebastian”,
un
vascello
di
guerra,
e
poi
nella
cosiddetta
“fossa
del
coccodrillo”
del
Maschio
Angioino,
un
locale
al
di
sotto
del
livello
del
mare.
Il 3
luglio
1799
egli
riuscì
a
scrivere
e a
inviare
a
Lady
Hamilton,
amante
di
Orazio
Nelson,
una
lettera
con
cui
pregava
entrambi,
cui
aveva
più
volte
prestato
soccorso
medico,
di
chiedere
al
re
di
concedergli
la
grazia.
Ma
quando
seppe
che
gli
sarebbe
stata
concessa
solo
se
avesse
rinnegato
i
suoi
ideali
repubblicani,
egli
vi
rinunciò
e la
mattina
del
29
ottobre
1799
fu
condotto
in
Piazza
del
Mercato,
dove
fu
impiccato
con
il
poeta
Ignazio
Ciaia,
l’illuminista,
giurista
e
grande
oratore
Mario
Pagano,
detto
“il
Platone
di
Napoli”,
e il
giurista
e
ministro
della
Repubblica
Napoletana
Giorgio
Vincenzo
Pignacelli.
I
cadaveri
di
tutt’e
quattro
furono
poi
sepolti
nei
sacelli
del
Carmine
Maggiore.