N. 141 - Settembre 2019
(CLXXII)
citizen k
l'ex
oligarca
russo
Khodorkovsky
sotto
i
riflettori
di
alex
gibney
di
Leila
Tavi
Il
noto
e
apprezzato
documentarista
Alex
Gibnet,
già
premio
Oscar,
a
Venezia
ha
presentato
il
suo
nuovo
lavoro
Citizen
K
nella
categoria
Fuori
Concorso
della
76.
Mostra
Internazionale
del
Cinema.
Gibney
è
conosciuto
dal
pubblico
internazionale
per
le
sue
inchieste
sulla
società
statunitense,
tra
cui
ricordiamo
quella
che
gli
ha
fatto
vincere
un
Oscar
nel
2007,
Taxi
to
the
Dark
Side,
sul
pestaggio
a
morte
nel
2002
di
un
tassista
afgano
da
parte
di
alcuni
Soldati
della
base
di
Bagran.
Il
documentarista
ha
trattato
inoltre
temi
scottanti,
come
lo
scandalo
degli
abusi
sessuali
all’interno
della
Chiesa
Cattolica
negli
Stati
Uniti
tra
il
1990
e il
2002;
con
Mea
Maxima
Culpa
Gibney
ha
ottenuto
nel
2013
tre
Emmy.
Nello
stesso
anno
in
cui
ha
ricevuto
l’Oscar
Gibney
ha
diretto
Enron,
inchiesta
sul
crollo
della
multinazionale
dell’energia
che
fu
una
delle
principali
cause
della
crisi
energetica
della
California
tra
il
2000
e il
2001.
Nel
2019,
oltre
a
Citizen
K,
ha
prodotto
The
Inventor,
sull’imprenditrice
della
Silicon
Valley,
Elizabeth
Holmes,
sulla
sua
ascesa
e
sul
suo
declino,
per
cui
ha
ottenuto
un
premio
al
Sunday
Festival.
Il
documentarista
di
New
York,
che
nel
1972
ebbe
l’occasione
di
visitare
per
la
prima
volta
l’Unione
Sovietica,
con
Citizen
K
ha
voluto
far
conoscere
al
grande
pubblico
in
Occidente
la
storia
dell’oligarca
Michail
Khodorkovsky,
per
dimostrare
quanto
sia
sottile
la
linea
che
separa
la
gestione
del
potere
dal
suo
abuso.
Khodorkovsky
è
nato
a
Mosca
nel
1963,
figlio
di
due
ingegneri,
padre
di
religione
ebraica
e
madre
cristiano
ortodossa.
La
sua
famiglia
viveva,
come
la
maggior
parte
dei
Russi
negli
anni
Sessanta,
con
pochi
mezzi
di
sostentamento.
I
suoi
genitori,
in
segreto,
simpatizzavano
per
i
dissident,
ma
scelsero
di
non
segnare
il
destino
di
Michail
con
l’attivismo
politico,
così,
conseguita
la
laurea
nel
1986
in
chimica
all’Università
Mendeleev,
Khodorkovsky
entrò
nel
Komsomol,
l’Unione
della
Gioventù
Comunista,
di
cui
divenne
in
brevissimo
tempo
il
vice
direttore.
Nei
primi
anni
Novanta
si
affermò
come
tycoon,
quando
l’economia
era
tutta
da
ricostruire,
dopo
il
crollo
del
regime
socialista.
Già
nel
1989
Khodorkovsky
aveva
fondato,
con
l’aiuto
dei
suoi
genitori,
Menatep,
una
delle
prime
banche
a
capitale
privato
in
Russia.
L’attività
di
imprenditore
gli
fruttò
l’incarico
di
consulente
economico
di
Boris
Yeltsin.
Pubblicò
un
pamphlet
contro
l’economia
pianificata
del
socialismo
e in
favore
del
capitalismo.
Nel
1996
Menatep
rilevò
per
309
milioni
di
dollari
la
società
petrolifera
Yukos,
con
un
debito
che
superava
i
tre
miliardi
e
mezzo
di
dollari.
I
suoi
affari
andarono
a
gonfie
vele
fino
alla
svalutazione
del
rublo
nel
1998
da
parte
della
Banca
Centrale
Russa
per
far
fronte
all’insolvenza
sovrana,
così,
nel
mezzo
di
una
grave
crisi
finanziaria,
anche
gli
affari
di
Khodorkovsky
iniziarono
ad
andare
male.
L’imprenditore
russo
si
accorse
allora
che
il
capitalismo
portava
ricchezza,
ma
anche
instabilità,
fino
a
provocare
indigenza.
Decise
allora
di
dedicarsi
alla
filantropia
e al
bene
dei
suoi
connazionali,
creando
la
fondazione
Open
Russia
nel
2001,
di
cui
fu
membro
d’onore
Henry
Kissinger.
Rientrata
la
crisi
finanziaria,
riprese
anche
la
sua
attività
d’imprenditore
a
pieno
ritmo
e
decise
di
trasformare
Yukos
in
una
multinazionale.
Nell’aprile
del
2003
annunciò
di
voler
inglobare
nella
Yukos
la
Sibneft,
di
cui
i
principali
azionisti
erano
Roman
Abramovich
e
Boris
Berezovsky.
Tale
fusione
non
avvenne
mai,
perché
all’alba
del
25
ottobre
2003
agenti
del
FSB
arrestarono
Khodorkovsky,
con
l’accusa
di
evasione
fiscale,
frode,
truffa
e
appropriazione
indebita.
L’arresto
di
Khodorkovsky
arrivò
tre
mesi
dopo
quello
di
un
altro
socio
della
Yukos,
Platono
Lebedev,
il
direttore
di
Menatep,
la
banca
che,
come
spiegato
in
precedenza,
possedeva
la
maggioranza
delle
azioni
della
Yukos
e di
cui
il
principale
azionista
era
Khodorkovsky.
Menatep
aveva
fatto
un
finanziamento
al
governo
russo
di
159
mila
dollari
in
cambio
del
45%
delle
azioni
di
Yukos,
a
cui
si
aggiunse
poco
tempo
dopo
un
altro
33%,
per
un
corrispettivo
di
150
milioni
di
dollari.
Il
disegno
di
trasformare
la
Yukos
in
una
multinazionale,
le
ambizioni
politiche
e
l’attivismo
di
Khodorkovsky
possono
essere
considerati
senza
dubbio
i
very
motivi
del
suo
arresto.
Va
tenuto
conto,
inoltre,
che
il
businessman
finanziava
gruppi
politici
all’opposizione,
a
partire
dai
comunisti
per
arrivare
ai
liberal-democratici,
aveva
intenzione
di
candidarsi
alle
presidenziali
del
2008,
infine
era
proprietario
del
quotidiano
Moskvovskiye
Novosti,
per
cui
aveva
assunto
giornalisti
che
criticavano
apertamente
l’operato
del
president
Putin.
Alcuni
opinionisti
si
sono
spinti
anche
a
considerare
anche
il
fattore
antisemita
come
causa
della
persecuzione
politica
di
Khodorkovsky,
così
come
per
Vladimir
Gusinsky,
il
magnate
dell’editoria,
e
l’industriale
Boris
Berezovsky.
Nonostante
l’articolo
19
della
Costituzione
russa
in
vigore
garantisca
a
ogni
cittadino
l’uguaglianza
davanti
alla
legge,
la
tradizione
di
perseguire
gli
oppositori
politici
è di
lunga
data
e si
è
mantenuta
anche
dopo
il
crollo
dell’Unione
Sovietica.
Alla
guida
della
compagnia
petrolifera
fu
messo
nel
2003
Simon
Kukes
e da
quel
momento
in
poi
la
Yukos
fu
sotto
la
lente
del
mirino
dello
Stato
e
del
sistema
giurdiziario
russi
fino
al
2007,
quando
fu
chiusa.
L’imprenditore
fu
incarcerato
nel
penitenziario
#10
della
città
di
Krasnokamensk,
al
confine
con
la
Cina,
dove
rimase
fino
al
dicembre
2006,
quando
fu
trasferito
nella
prigione
di
Chita,
in
Siberia.
Lontano
da
Mosca
e
dai
suoi
affetti,
Khodorkovsky,
dopo
aver
scontato
una
lunga
pena,
ottenne
nel
dicembre
del
2013
la
grazia
di
Putin,
pressato
dai
governi
occidentali,
che
avevano
minacciato
di
boicottare
le
Olimpiadi
invernali
di
Sochi
del
2014.
Da
allora
Khodorkovsky
vive
in
un
esilio
“dorato”
tra
la
Germania,
il
cui
governo
tanto
si
prodigò
nel
2013
per
la
sua
liberazione,
e
Londra.
Oltre
a
un’intervista
inedita
realizzata
con
l’ex
oligarga,
Gibney
ha
utilizzato
per
il
suo
documentario
molto
materiale
d’archivio,
tra
cui
una
ripresa
di
inizio
anni
Novanta
in
cui
Khodorkovsky
confessa
di
voler
emulare
le
gesta
di
Gordon
Gekko,
il
protagonista
del
film
Wall
Street
(1987).
L’ambizione
e
l’adorazione
per
il
Dio
denaro
lo
avevano
accecato
in
gioventù,
in
una
terra
di
nessuno,
dove
per
risorgere
sopra
le
ceneri
del
comunismo
tutto
era
lecito.
Le
contraddizioni
e la
brutalità
del
sistema
capitalistico
lo
hanno
fatto
ravvedere,
la
lunga
prigionia
lo
ha
forgiato.
Agli
occhi
dei
Russi
si è
trasformato
da
sciacallo
a
persona
rispettabile,
anche
se è
per
la
maggior
parte
di
loro
vale
la
regola
per
cui
di
un
oppositore
politico
si
apprezzano
gli
sforzi
fatti
per
denunciare
gli
abusi
di
potere,
ma
poi,
nella
quotidianità,
la
sofferenza
e le
privazioni
che
ogni
signolo
che
critica
il
sistema
deve
patire
sono
presto
dimenticate.