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N. 18 - Novembre 2006

LA DIVULGAZIONE DEL RISPETTO

Prove di sensibilizzazione contro la caccia tra otto e novecento

di Matteo Liberti

 

“...nelle scuole di campagna, il maestro, il prete, il farmacista, invece di perdere il loro tempo in vane questioni, proclamino l’utilità grandissima degli uccelli insettivori, onde adagio adagia s’infiltri nei grandi e nei piccoli quel rispetto morale senza il quale si eluderà sempre qualsiasi legge la più rigorosa”. (Carlo Ohlsen, naturalista)

 

Con maggior rilievo in Italia, ma generalmente in tutti i paesi del Mediterraneo europeo, si faceva sentire, tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo, una scarsità di conoscenze e di sensibilità riguardo al mondo degli uccelli: essi, per il fatto di rappresentare l’oggetto di uno sport tra i più praticati dell’epoca, avevano il triste destino di venir considerati ancor meno di altri animali. O meglio, erano tra i pochi animali che subivano una costante decimazione senza che questa fosse moralmente e logicamente giustificata da un equivalente necessità di trarre dai loro corpi cibo o vestiario.

 

Se vi fu un epoca, come vi fu, nella quale essi poterono degnamente sostituire la carne sulle tavole dei più poveri e funger, coi loro piumaggi, da calda copertura, questa era, tra il secolo XIX ed il XX, in gran parte terminata. L’uccisione di questi animali, dopo le rivoluzioni produttive e qualitative che avevano investito l’industria e l’agricoltura nell’ottocento e ancor più dopo la nascita dell’industria alimentare ed il suo rapido sviluppo nel corso del novecento, aveva, ormai, un carattere squisitamente gratuito. Il senso stesso della caccia quale fonte primaria per l’umano nutrimento era stato sconvolto. Restava lo sport.

 

E restava pure, in molte luoghi, una generalizzata ignoranza circa le qualità dei volatili e le potenzialità che essi potevano offrire per le sorti dell’agricoltura.

 

Nel Cantone di Vaud, in Svizzera, dove l’uccisione dei piccoli uccelli era proibita con qualsiasi mezzo, si potevano ancora osservare, come riferiva da Losanna il dottor Bruno Gallo Valerio in una nota indirizzata al Bollettino del Naturalista nel 1892, “veri stormi di passere, di fringuelli, di zigoli ecc.”, non accadendo mai, inoltre, “di attraversare lunghi percorsi distrutti dai bruchi” e “negli orti non veggonsi tanti legumi rovinati da larve e insetti”. Ciò era da attribuirsi in buona parte allo straordinario fatto che: “I contadini stessi sono così convinti dell’aiuto potente loro portato dagli uccelletti, che sono i più severi osservatori delle leggi restrittive sulla caccia.” E il 29 ottobre 1910 la Dieta della Carniola invitava addirittura tutti i possidenti ad occuparsi “nell’ambito della propria sfera, indipendentemente dalla legge, a  proteggere efficacemente piante ed animali.”

 

I popoli della Svizzera, quelli Anglosassoni e soprattutto quelli Tedeschi si contraddistinguevano, oltre che per le leggi, per quella particolare riverenza che fin da bambini imparavano a nutrire per gli uccelli. Fuori dalle scuole, attraverso circoli ed associazioni, era inoltre riscontrabile una continua opera di sensibilizzazione, attraverso la divulgazione di nozioni riguardanti la vita biologica dei volatili ed i loro costumi.

 

Ed un tipo di insegnamento che fosse stato capace di insinuare, soprattutto tra le classi rurali, il sentimento della conservazione degli uccelli e la conoscenza dei danni che potevano derivare dalla loro scomparsa, avrebbe dovuto costituire, secondo studiosi come il naturalista Carlo l’Ohlsen, “un élément nécessaire de culture et d’éducation en tout pays.” Al congresso d’Aix, e non solo al quel congresso, egli propose a gran voce ai diversi rappresentanti degli Stati Europei l’introduzione, per le scuole primarie, dell’insegnamento obbligatorio della biologia “et des moeurs des oiseaux utiles, accompagné de notions sur leur protection.”

 

Qualcosa di buono e di innovativo lo fece la società nazionale Pro Montibus, uno di quei gruppi naturalistici nati sulla fine dell’ottocento con il fine di fermare la dilagante distruzione della natura e dei monumenti e tra i quali si ricordano la Socièté de la Flore Valdotaine, il Comitato italiano per la tutela delle dimore storiche, l’Associazione degli Amici dei Monumenti e del Paesaggio e l’Unione Bolognese Naturalisti.

 

Allo scopo di far terminare “la deplorevole tendenza dei fanciulli di distruggere nidi, uova ed uccelletti”, la detta società si occupò, in molte regioni d’Italia, della distribuzione di un gran numero di nidi artificiali, concedendo dei premi agli scolari e alle scuole che maggiormente si fossero distinte nell’opera delicata di protezione dei nidiacei. Vennero diffusi opuscoli di propaganda e si ottenne l’aiuto “cosciente e prezioso” dei maestri elementari. Si doveva continuare così: “Il Governo che incoraggia la festa degli alberi, potrebbe innestarvi anche il culto degli uccelletti che rallegrano la patria nostra. I Sacerdoti potrebbero essere i più efficaci apostoli in quest’opera, utilizzando la venerazione di cui sono circondati fra le popolazioni rurali. I Professori delle cattedre ambulanti dovrebbero trovar modo di far comprendere il danno materiale che i contadini recano inconsciamente a se stessi distruggendo o lasciando distruggere la fauna terrestre e delle acque.” Queste le parole dello studioso Lino Vaccari.

 

Il contadino russo e quello svedese, nel giorni di natale, salivano sul tetto delle loro case e fissavano al comignolo un covone di grano, dono ai passerotti affamati e infreddoliti. Riconoscevano in qualche modo che, nella partita del dare e dell’avere, i debitori non erano i passeri ma loro stessi. E ringraziavano.

 

L’obiettivo doveva esser quello di raggiungere simili forme di rispetto anche negli altri paesi: “Sarebbe lodevolissima cosa che anche in Italia tutti gli agricoltori di buona volontà non trascurassero di avere, oltre ad una migliore istruzione tecnica, anche una modestissima istruzione ornitologica. Diventerebbero sicuramente ornitofili e sarebbe un gran bene per tutti.”, affermava il proffesor Pier Emilio Cattorini. E, quasi sicuramente, divennero dei perfetti ornitofili quegli studenti che si ritrovarono a leggere, negli anni della grande guerra, il manualetto promosso dalla Federazione Nazionale fra le Società Venatorie Italiane. Questa pubblicazione ad uso delle scuole invitava con calore al rispetto dei nidi, ed illustrava, anche con il supporto di disegni colorati, le virtù degli uccelli più conosciuti.

 

Nella parte introduttiva veniva ripetuto un concetto già noto, ossia l’importanza, nell’educazione popolare, delle figure sociali a più stretto contatto con le popolazioni rurali. I sindaci, i maestri elementari, i parroci ed i medici condotti potevano infatti esercitare la massima influenza anche fuori dai contesti ufficiali, “sulla via, nei ritrovi, nell’interno delle famiglie”, persuadendo i contadini che col disturbare i nidi, uccidere o sottrarre i piccoli, si arrecava un danno a tutta la produzione agricola.

 

Il dottor Enrico Casoli, membro onorario della Società Pro Avibus et Agris, così tentava di affabulare gli studenti presentando le tavole illustrate (curate dall’avvocato Giorgio Agnes) degli “uccellini più comuni d’Italia” (nell’ordine: Pettirosso, Scricciolo, Cinciallegra, Picchio, Allodola, Ballerina, Cardellino, Fringuello, Averla e Rondine): “Miei cari ragazzi, vengo fra voi per farvi conoscere alcuni amici che ci procurano grosso vantaggio, distruggendo gli animalucci funesti, […], ve ne parlo qui, nella scuola, perché è nella scuola appunto che voi dovete imparare tutto ciò che è utile. […]. Ebbene, ragazzi miei, io vi dico […] che non sono le nebbie, gl’inverni miti, le primavere anticipate, come molti credono e danno ad intendere, la cagione della raccolta deficiente e della minor produttività delle selve; ma i vermi, i bruchi e gl’insetti cresciuti a dismisura dacché diminuiscono gli uccelli, che ne distruggono tanti. Per questo gli uccelli debbono essere risparmiati e difesi, se vogliamo ritornino ancora una volta abbondanti; ma debbono pure essere conosciuti, amati ed aver doverosa gratitudine pei loro benefici.” 

E sulla medesima scia sembrava porsi lo stesso Filippo Silvestri.

 

Stabilito che “non si deve esagerare a voler limitare troppo l’esercizio della caccia”, tuttavia “per proteggere i nostri uccelli dobbiamo cercare […] l’educazione di tutto il popolo, specialmente dei contadini per fare amare i piccoli uccelli e tutti quelli che in qualche modo possono essere utili.”

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

AA. VV., Pro avibus et agris. Pubblicazione ad uso delle scuole, Stab. Tip. Bosio & Accame, Torino 1914

Arturo Fancelli, Sulla diminuzione degli uccelli: cause, effetti e rimedi, Tip. Egisto Bruscoli, Firenze 1892

Carlo Ohlsen, La question de la protection des oiseaux en Europe, Imp. J. Nicot, Aix 1898

Lino Vaccari, Per la protezione della fauna Italiana, Stab. Tip. Bartelli e C., Perugia 1912

Pier Emilio Cattorini, Il passero, Milano 1932

AA. VV., Pro avibus et agris. Pubblicazione ad uso delle scuole, Stab. Tip. Bosio & Accame, Torino 1914

 



 

 

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