N. 54 - Giugno 2012
(LXXXV)
il paese con pochi "noi"
l'atavica divisione degli italiani
di Giuseppe Formisano
Noi
italiani
siamo
cresciuti
sentendoci
dire
che
l’Italia
è un
paese
particolare,
perché
particolari
sono
gli
italiani,
soprattutto
a
paragone
con
altre
popolazioni.
Chi
oserebbe
paragonare
un
italiano
a un
tedesco
o a
uno
svizzero
(e
perché
no,
a un
inglese),
soprattutto
in
ambito
lavorativo
o
rispetto
ai
servizi
pubblici?
Se
siamo
davvero
particolari,
ovviamente
ciò
non
è
causato
da
fattori
biologici
(come
qualcuno,
pietosamente,
potrebbe
credere)
ma
qualcun
altro,
invece,
appellandosi
al
determinismo
geografico,
potrebbe
far
leva
per
le
proprie
convinzioni,
su
fattori
ambientali.
Non
provo
neanche
a
discutere
di
questioni
legate
alla
scienza
naturale,
primo.
perché
forse
non
sono
prettamente
inerente
con
l’argomento,
secondo,
perché
parlerei
di
cose
al
di
fuori
della
mia
sfera.
Meglio
provare
con
la
scienza
umana
ma
soprattutto
riflettere
su
qualcos’altro
che
pure
abbiamo
sentito
dirci
spessissimo
e
che
in
fondo
contribuisce
a
questa
nostra
particolarità:
siamo
un
popolo
diviso.
Forse
su
questa
problematica
si
può
azzardare
una
risposta.
Quale
potrebbe
essere
la
causa
del
nostro
continuo
“conflitto”?
La
divisione
atavica,
l’eredità
della
nostra
divisione.
Insomma,
siamo
divisi
perché
siamo
sempre
stati
così.
L’Italia
è
nata
come
regno
unitario
nel
1861,
eppure
già
allora
c’era
chi
riteneva
l’evento
che
per
la
storia
ufficiale
sia
stata
una
spedizione
gloriosa
come
quella
di
Garibaldi
e
dei
suoi
mille,
una
guerra
di
conquista,
e
non
aveva
accettato
questo
nuovo
Stato,
fragile
e
già
poco
nazionale.
Senza
dover
passare
in
esame
i
poco
più
di
ottant’anni
che
poi
portarono
alla
repubblica,
il
paese
fu
ancora
caratterizzato
da
divisioni:
monarchici
e
briganti,
ricchi
e
poveri,
nord
e
sud.
Sulla
differenza
tra
il
settentrione
e il
meridione,
quindi
su
tutto
ciò
che
riguarda
la
questione
meridionale,
molti
avrebbero
da
dire,
sostenendo,
ad
esempio,
che
la
questione
meridionale
sia
nata
proprio
con
l’unificazione-annessione.
Negli
anni
repubblicani
le
frapposizioni
non
sono
diminuite,
anzi,
per
questioni
internazionali
si
sono
inasprite.
Senza
lo
sforzo
dei
partigiani,
senza
l’accantonamento
degli
ideali
diversi
che
donne
e
uomini
avevano
nei
loro
cuori
e
nelle
loro
menti,
la
resistenza
non
avrebbe
potuto
operare
e
contribuire
alla
liberazione
dai
nazisti
e
dai
fascisti.
I
partigiani
si
muovevano
in
direttive
di
partiti
e
movimenti
di
diversa
ispirazione.
Comunisti,
cattolici,
socialisti
e
altri,
unificarono
le
loro
forze
per
dare
alle
future
generazioni
un
paese
migliore
ma
proprio
la
divisione
all’interno
della
resistenza
causò
la
divisione
futura
del
paese
e
l’assenza
di
unità
nazionale.
Subito
dopo
la
guerra
iniziò
un
altro
conflitto,
quello
“freddo”
tra
le
due
superpotenza
e i
loro
alleati-sottoposti.
Fu
inevitabile
che
proprio
in
Italia
la
guerra
fredda
trovasse
l’espressione
maggiore
e
più
violenta.
Ci
trovammo,
quindi,
divisi
tra
comunisti
ed
anticomunisti,
come
già
furono
i
partigiani.
La
resistenza
antifascista
non
fu
in
grado
– e
la
guerra
fredda
non
favorì
–
l’integrazione
nazionale.
Il
re
che
rappresentava
l’unità
nazionale
(mai
avvenuta)
fu
sostituito
dai
partiti
che,
come
detto,
prima
avevano
guidato
l’azione
partigiana
nella
guerra
di
liberazione.
Partiti,
ovviamente,
divisi
e
legati
a
realtà
internazionali
ancora
più
divisi,
come
il
nord
repubblicano
e il
sud
monarchico
nelle
elezioni
del
2
giugno
1946.
Si
passò,
allora,
da
un
regno
unitario
non
unito
e
diviso
a
una
repubblica
dei
partiti,
frapposti
e
contrari.
Allora
perché
non
siamo
uniti,
perché
ognuno
pensa
al
proprio
bene
e
non
esiste
una
coscienza
pubblica
che
ci
fa
anteporre
il
bene
comune
a
quello
privato
e
personale?
Perché
pensiamo
che
non
valga
la
pena
sacrificarsi
per
l’Italia?
La
democrazia
italiana
–
così
come
fu
per
il
regno
del
1861
- è
nata
priva
di
sentimento
patriottico
che
in
dosi
leggere
e
minime
non
po’
nuocere.
Quando
già
precedentemente
qualcuno
vestito
di
nero
parlò
di
patria
usando
la
retorica
nazionalista,
quindi
non
più
patriottica
ma
razzista,
xenofoba
e
omofoba,
ci
furono
moltissimi
danni,
inimmaginabili
–
per
fortuna
–
alla
nostra
generazione.
La
divisione
tra
ricchi
e
poveri
persiste
e
oggi,
soprattutto
grazie
alla
tecnologia
e a
internet
che
ci
permette
di
scoprire
e
sapere
più
cose,
è
molto
dura
soprattutto
quella
tra
classe
politica
e
cosiddetta
classe
sociale,
tra
politici
ignoranti
e
menefreghisti
dei
sacrifici
di
molte
persone
e
cittadini
coscienziosi
e
lavoratori,
così
come
c’è
divisione
tra
mafiosi
(armati
o
non)
ed
antimafiosi,
tra
disonesti
e
onesti.
Come
potrebbe
proseguire
il
nostro
percorso
di
italiani?
O
continueremo
a
dividerci
tra
buoni
e
cattivi,
mantenendo,
secondo
le
proprie
idee,
pure
le
nostre
coscienze
non
mischiandole
con
l’altra
parte,
oppure,
in
seguito
ad
un
evento
di
portata
storica,
impareremo
a
stare
tutti
dalla
stessa
parte,
diventando
rispettosi
di
tutti
gli
altri
al
di
fuori
di
noi
stessi.
Sperando
che
la
parte,
però,
sia
quella
giusta.