N. 43 - Luglio 2011
(LXXIV)
Quando il Calvinismo si divise
Calvino, Arminio e la disputa sulla predestinazione
di Lawrence M.F. Sudbury
Giovanni
Calvino
(Jean
Cauvin),
spesso
considerato
come
"il
sistematizzatore
del
Protestantesimo"
fu,
con
ogni
probabilità,
il
più
importante
riformatore
della
"seconda
generazione"
protestante
del
XVI
secolo,
per
la
sua
capacità
di
analizzare,
nella
sua
Istituzione
della
Religione
Cristiana,
la
dottrina
biblica
in
modo
assolutamente
sistematico,
come
nessun
teologo
riformato
prima
di
lui
aveva
saputo
fare.
Calvino
(1509-1564)
era
nato
a
Noyon,
in
Piccardia,
sessanta
km a
nord
est
di
Parigi,
e
aveva
iniziato
gli
studi
per
il
sacerdozio
presso
l'Università
di
Parigi
all'età
di
quattordici
anni,
ma,
a
causa
di
un
conflitto
con
il
vescovo,
alla
fine
aveva
deciso
di
studiare
legge,
primeggiando
per
la
sua
competenza
in
latino,
greco
ed
ebraico.
La
sua
conversione
avvenne
proprio
attraverso
il
contatto
con
ambienti
protestanti
interni
alla
Sorbona,
probabilmente
nel
1533
o
1534
e,
da
quel
momento
in
poi,
il
futuro
padre
della
dottrina
che
da
lui
prende
il
nome
rigettò
completamente
e
apertamente
le
"superstizioni
del
papato",
tanto
da
venire
perseguitato
per
la
sua
fede
e
addirittura
incarcerato
(sebbene
presto
liberato).
Per
evitare
ulteriori
problemi,
il
giovane
Calvino
trovò rifugio a Basilea, in Svizzera, dove diede inizio al suo ministero
e
all'estensione
dei
suoi
scritti. Il risultato fu che
nel 1536 egli pubblicò, all'età di 26 anni, la prima edizione della
Istituzione,
originariamente
scritta
in
latino
e
poi
tradotta
in
francese,
in
seguito
costantemente
rivista
e
ampliata
lungo
tutto
l'arco
della
sua
vita
(arrivando,
dai
sei
capitoli
iniziali,
agli
ottanta
capitoli
della
quarta
e
ultima
edizione
del
1559).
Fu
dopo
il
suo
trasferimento
a
Ginevra,
comunque,
che,
anche
con
l'aiuto
del
leader
riformato
svizzero
e
amico
Guilaume
Farel,
Calvino
sviluppò
a
pieno
il
suo
pensiero
teologico
e
assunse
un
ruolo
di
preminenza
nell'ondata
protestante.
A
Ginevra
Calvino
e
Farel
iniziarono
ad
insegnare
teologia
della
Riforma,
ma,
per
questioni
più
che
altro
politiche,
furono
presto
banditi
dalla
città,
tanto
che
Calvino
dovette
rifugiarsi
a
Strasburgo
per
tre
anni
(1538-1541)
servendo
come
pastore
per
i
rifugiati
francesi.
Un
cambiamento
nella
scena
politica
ginevrina
nel
1541
gli
permise
di
tornare
nella
città
svizzera,
dove
il
teologo
piccardo
divenne
ben
presto
massima
autorità
religiosa
e
guida
politica
della
comunità,
plasmando
quella
unione
tra
Chiesa
e
Stato
che
sarà
tipica
della
sua
vita.
Fu
proprio
in
questa
fase
che
Calvino
produsse
gran
parte
della
sua
abbondante
bibliografia,
continuando,
come
detto,
ad
espandere
la
Istituzione,
ma
anche
scrivendo
commenti
su
49
libri
della
Bibbia
e un
numero
piuttosto
impressionante
di
opuscoli.
Probabilmente
anche
questa
notevole
prolificità
permise
alle
sue
dottrine
di
diffondersi
rapidamente
sia
in
Francia,
dove
Calvino
venne
presto
considerato
il
maestro
intellettuale
del
movimento
protestante
locale,
che
in
gran
parte
d'Europa,
inclusi
quei
Paesi
Bassi
nei
quali
Riforma
e
spinta
all'indipendenza
dal
giogo
asburgico
si
fusero
in
una
sorta
di
unicum.
Di
fatto,
in
tutto
il
centro-nord
Europa
la
vitalità missionaria calvinista fece della teologia del "pastore
ginevrino"
la
maggior
forza
di
rottura
dell'unità
cattolica,
superando,
nel
XVII
secolo,
di
gran
lunga
il
Luteranesimo
in
termini
di
fedeli.
Proprio,
però,
all'interno
del
Calvinismo
olandese
e
nel
momento
della
sua
massima
espansione
doveva
nascere
la
critica
più
serrata
alle
idee
di
Calvino
stesso,
una
critica
che
ha
il
suo
punto
di
origine
nel
pensiero
di
un
altro
grande
teologo
riformato,
professore
di
Divinità
all'Università
di
Leiden: Jacob Hermandszoon, più noto come
Jacobus Arminius.
Arminius
(o
Arminio)
era
nato
a
Oudewater,
in
provincia
di
Utrecht,
nel
1560,
in
tempi,
dunque,
in
cui
il
suo
Paese
aveva
già
largamente
abbracciato
il
Protestantesimo,
difendendolo
contro
gli
Spagnoli
a
prezzo
di
molte
vite
umane.
Sostanzialmente
i
Paesi
Bassi,
nel
periodo
della
sua
formazione,
erano
ormai
una
nazione
calvinista,
in
cui
punti
di
vista
personali
sulla
Scrittura
erano
permessi,
ma
c'era
poca
tolleranza
per
qualsiasi
idea
contraria
al
Calvinismo
venisse
espressa
pubblicamente. Era,
però,
anche
una
terra
dove
la
tradizione
umanistica
del
Rinascimento
non
era
mai
morta
e in
cui
l'Anabattismo
era
ancora
ampiamente
diffuso.
Molti,
in
Olanda,
ritenevano
che
vi
dovesse
essere
una
maggiore
enfasi
sugli aspetti pratici della religione, meno attenzione alle distinzioni
finemente
dottrinarie
e,
in
generale,
un
atteggiamento
più
tollerante.
Capofila
di
queste
idee
era
l'Università
di
Leida,
nella
quale,
dopo che i suoi genitori erano stati uccisi nella lotta per l'indipendenza
dei
Paesi
Bassi,
Arminio
era
stato
istruito
grazie
all'aiuto
economico
di
alcuni
amici
di
famiglia
e,
di
conseguenza,
di
queste
idee
era
imbevuto
il
giovane
pensatore
olandese
quando,
al
termine
dei
suoi
studi,
si
trasferì
a
Ginevra
per
completare
la
sua
preparazione
teologica.
A
Ginevra,
dopo
la
morte
di
Calvino,
il
suo
posto
era
stato
preso
dal
francese
Théodore
de
Bèze
(o
Beza),
che
aveva
ottenuto
il
controllo
totale
dell'Accademia
cittadina,
diventandone
rettore,
e
che,
con
il
suo
pensiero
teologico,
avrà
una
importanza
enorme
nello
sviluppo
del
giovane
Arminio.
Qual
era,
dunque,
la
posizione
di
Beza?
Egli
aveva
studiato
a
fondo
il
problema
della
predestinazione,
superando
le
posizioni
del
suo
maestro
in
quella
che
diverrà
nota
come
"visione
supralapsariana". Tale concezione illustra come Dio, contemplando l'uomo prima ancora
della
sua
caduta,
scelga
e
destini
alcuni
a
salvezza
e
respinga
gli
altri.
Un
supralapsariano
(dal
latino,
"supra
lapsum"
prima
della
caduta)
direbbe che i reprobi (i non eletti), "vasi d'ira preparati per la
perdizione"
(Romani
9:22),
siano
prima
stati
preordinati
a
quel
ruolo
e
poi
siano
stabiliti
i
mezzi
per
i
quali
essi
cadano
in
peccato.
In altre parole, il supralapsarianismo suggerisce come il decreto
di
elezione
da
parte
di
Dio
abbia
preceduto
logicamente
il
Suo
decreto
di
permettere
la
caduta
di
Adamo.
In
questo
modo
la
dannazione
risulta
essere
in
primo
luogo
un
atto
della
sovranità
di
Dio
e
solo
dopo
un
atto
della
Sua
giustizia,
in
contrapposizione
all'infralapsarianismo
(talvolta
chiamato
"sublapsarianismo")
che
suggerisce
che
il
decreto
di
Dio
di
permettere
la
caduta
preceda
logicamente
il
decreto
di
elezione,
in
modo
tale
che
quando
Dio
sceglie
gli
eletti
e
passa
oltre
ai
non-eletti,
Egli
li
contempla
tutti
come
creature
decadute.
Di
fatto
il
supralapsarianismo
era
diventata
la
teoria
ufficiale
del
Calvinismo:
questa
era
la
teologia
che
Arminio
aveva
appreso
a
Ginevra
e
che,
entrato
nel
pastorato
al
suo
ritorno
ad
Amsterdam
nel
1588
e,
in
seguito,
una
volta
scelto
a
succedere
a
Franz
Giunio
come
professore
di
teologia
a
Leida,
egli
predicava.
Nel
frattempo,
però,
Dirk
Koornhert,
uno
studioso
laico
di
stampo
umanista,
aveva
cominciato
a
diffondere
scritti
contro
Beza
e
ogni
forma
di
predestinazione
rigorosa,
spingendosi
fino
a
chiedere
una
revisione
della
"Confessione
Belga"
(la
Confessione
riformata
ufficiale
dei
Paesi
Bassi).
Arminio,
che
era
conosciuto
come
un
Calvinista
e
uno
studioso
rigoroso,
fu
chiamato
a
rispondere
a
Koornhert
per
difendere
la
posizione
supralapsariana
del
suo
maestro
Beza
ma,
addentrandosi
nello
studio
del
problema,
cominciò
sempre
più
a
dubitare
di
tutta
la
dottrina
della
predestinazione
incondizionata
e ad
attribuire
all'uomo
una
libertà
che,
sebbene
già
congeniale
a
Melantone
(uno
dei
più
importanti
discepoli
di
Martin
Lutero),
non
aveva
mai
trovato
posto
nel
Calvinismo
puro.
In
particolare,
Arminio,
pur
non
negando
completamente
la
predestinazione,
iniziò
a
sostenere
la
cosiddetta
"elezione
condizionata",
secondo
la
quale
Dio
elegge
alla
salvezza
gli
individui
in
base
alla
Sua
preconoscenza
di
chi
crederà
in
Cristo
per
la
salvezza,
entrando
in
un'aspra
polemica
con
il
suo
collega
Franz
Gomarus,
paladino
del
supralapsarianismo
all'Università di Leida e, in seguito, portavoce principale dei calvinisti
al
Sinodo
di
Dort. Il conflitto tra questi due teologi si fece sempre più duro e, uscendo
dalle
aule
universitarie,
in
particolare
grazie
al
testo
arminiano
intitolato
Dichiarazione
di
Sentimenti,
finì
per
provocare
uno
scisma
che
interessò
tutta
la
Chiesa
d'Olanda.
Meno
di
un
anno
dopo
la
pubblicazione
della
Dichiarazione,
Arminio
morì,
probabilmente
per
un
attacco
cardiaco,
ma
le
sue
opinioni,
lungi
dal
venire
sepolte
con
lui,
vennero
difese,
sviluppate
e
sistematizzate
da
due
suoi
discepoli:
Simon
Episcopius,
e
Jan
Uytenbogaert.
Sotto
la
loro
guida
gli
"Arminiani"
nel
1610
espressero
compiutamente
il
loro
parere
in
cinque
articoli
chiamati
"Articoli
di
Rimostranza
Arminiana",
(all'interno
di
una
disputa
teologica
una
rimostranza
è
una
sorta
rimprovero
atto
non
tanto
alla
protesta
e al
rimprovero,
quanto
alla
correzione)
che
meritarono
loro
i
nome
collettivo
di
"Rimostranti".
In
sostanza
gli
articoli
affermavano
quanto
segue:
1)
depravazione
e
libero
arbitrio.
Sia
i
Calvinisti
che
gli
Arminiani
consideravano
(e
considerano)
l'uomo
totalmente
corrotto
e in
una
condizione
spirituale
disperata,
lontano
da
Dio
e
bisognoso
di
salvezza.
Per
gli
Arminiani,
però,
la
natura
umana
è
stata
depravata
dal
peccato
originale,
ma
ha
sua
disposizione
i
mezzi
per
capire
la
dimensione
spirituale
della
salvezza,
cosicché,
sebbene
la
Bibbia
affermi
che
l'uomo
è
morto
nel
peccato
ciò
non
significa
che
Dio
non
metta
la
sua
creatura
prediletta,
mediante
lo
Spirito
Santo,
nella
condizione
spirituale
di
pentirsi
e di
credere.
L'essere
umano
possiede,
dunque,
il
dono
gratuito
e
incondizionato
della
fede
prima
di
nascere
e
questo,
pur
nella
corruzione
dal
peccato,
lo
rende
capace
di
ottenere
la
salvezza
a
seguito
dell'opera
di
convinzione
dello
Spirito
che
permette
alla
volontà
dell'uomo
di
scegliere
liberamente
se
cooperare
o
meno
con
la
Grazia
che,
da
sola,
lo
salverà.
Conseguentemente,
l'umanità
ha
piena
responsabilità
del
suo
destino
eterno
e
libertà
di
aderire
all'Evangelo,
non
necessitando
di
essere
già
rigenerata
dallo
Spirito
prima
di
credere;
2)
elezione
divina.
Sia
Calvinisti
che
Arminiani
sono
convinti
che
Dio
conosca
e
distingua
da
sempre
coloro
che
saranno
salvati
e
vivranno
per
l'eternità
in
paradiso
da
coloro
che
rimarranno
in
una
condizione
di
perdizione
e
sono
destinati
ad
una
condanna
eterna.
Per
gli
Arminiani,
però,
tale
pre-conoscenza
riguarda
quanti
sceglieranno
di
credere
e
quanti
no,
cosicché
Dio
sa
da
sempre
chi
deciderà
di
salvarsi
per
grazia
del
Suo
aiuto
e
chi
deciderà
di
perdersi
rifiutandolo
ma
la
salvezza
è
determinata
dalla
scelta
che
l'uomo
fa
di
chiedere
l'aiuto
di
Dio
e
non
dalla
selezione
divina
di
alcuni
individui
rispetto
ad
altri
dal
momento
che
l'elezione
divina
è
condizionata
alla
fedeltà
delle
opere
dell'uomo
nei
confronti
della
chiamata
di
Dio;
3)
redenzione.
Fermo
restando
che
Gesù
è
morto
alla
Croce
per
condurre
i
credenti
a
Dio,
per
gli
Arminiani
la
redenzione
tramite
Cristo
è a
disposizione
di
tutti,
indistintamente
anche
se
solo
chi
crede
sarà
salvato
e
gli
altri
no.
In
questo
senso,
Dio
è in
condizione
di
perdonare
i
peccatori
solo
se
questi
credono
e
Cristo
è
Redentore
solo
se
la
creatura
accetta
la
Sua
opera
ma
la
redenzione
è
universale,
nel
senso
che
è
proposta
universalmente
all'umanità
intera;
4)
grazia
e
chiamata.
Tutti
i
Riformati
concordano
su
fatto
che
Dio
chiami
l'umanità
alla
salvezza
in
molteplici
modi,
principalmente
mediante
la
predicazione
del
Vangelo,
ma
che
fra
i
molti
che
sono
chiamati
pochi
siano
gli
eletti
che
accolgono
il
messaggio
di
salvezza
e
ricevono
effettivamente
il
perdono
dei
loro
peccati.
Da
ciò
gli
Arminiani
deducono
che
la
chiamata
e
quindi
la
Grazia
di
Dio
sia
resistibile
da
parte
dell'uomo
e
che,
nonostante
lo
Spirito
operi
efficacemente
nell'uomo
stesso,
l'essere
umano
possa
rifiutare
l'azione
divina
che
lo
condurrebbe
a
ravvedersi
e
credere.
5)
salvezza
e
perseveranza.
Dopo
l'inizio
della
vita
cristiana
alla
"nuova
nascita",
si
inizia
un
nuovo
percorso
"mano
nella
mano"
con
Cristo,
nel
quale
la
costanza
della
fede
svolge
un
ruolo
fondamentale
ma
per
gli
Arminiani
anche
coloro
che
oggi
credono,
possono
perdersi
in
futuro:
la
salvezza
è
perdibile.
Il
grande
storico
del
Cristianesimo
Justo
Gonzalez
ha
giustamente
fatto
notare
che
Arminio
"era
un
convinto
calvinista,
e lo
rimase
per
tutta
la
vita,
anche
se
riguardo
a
molti
dei
punti
da
lui
dibattuti
ovviamente
e
consapevolmente
si
allontanò
dagli
insegnamenti
di
Calvino.
[...]
Quindi,
anche
se
alla
fine
il
termine
"Arminiano"
arrivò
ad
essere
considerato
un
sinonimo
di 'anti-Calvinista',
la
ragione
di
ciò
non
è
che
Arminio
fosse
contrario
agli
insegnamenti
di
Calvino
in
generale,
ma
che
sia
lui
che
il
Calvinismo
ortodosso
avessero
così
tanto
concentrato
la
loro
attenzione
sui
temi
della
predestinazione,
dell'espiazione
limitata
e di
questioni
simili,
da
perdere
di
vista
il
fatto
che
la
controversia,
piuttosto
che
essere
un
dibattito
tra
Calvinisti
e
anti-Calvinisti,
era
un
disaccordo
tra
due
gruppi
entrambi
profondamente
influenzati
da
Calvino".
Il
vero
problema
é
che
nella
disputa
venne
ben
presto
coinvolto
la
politica.
Politicamente
i Paesi Bassi
erano
divisi
tra
il
partito
dei
sostenitori
dei
"diritti
degli
Stati"
(cioè
dei
singoli
stati
dell'unione),
che
comprendeva
la
classe
dei
mercanti
più
ricchi
(a
cui
apparteneva
la
maggior
parte
dei
"Rimostranti")
e il
partito
nazionale
unitarista
(a
cui
apparteneva
la
maggior
parte
calvinisti).
Proprio
nel
quadro
di
tale
contrasto
politico
il partito nazionale spinse l'acceleratore sugli elementi di divisione
teologica,
arrivando
a
chiedere
un
sinodo
globale
che
potesse
decidere
sulla
controversia.
Inizialmente
i
sostenitori
dei
"diritti
degli
Stati",
dichiarando,
coerentemente
con
la
loro
ideologia,
che
doveva
essere
facoltà
di
ogni
provincia
decidere
sui
propri
affari
religiosi,
rifiutarono
la
proposta
ma,
verso
la
fine
del
1618,
un
colpo
di
stato
del
partito
nazionale
cambio
radicalmente
la
situazione
(tanto
che,
poco
dopo,
due
dei
maggiori
esponenti
del
partito
dei
"diritti
degli
Stati"
e
protettori
dei
Rimostranti,
Oldenbarneveldt e Grozio furono rispettivamente decapitato e condannato
al
carcere
a
vita)
e
venne
quasi
immediatamente
convocato
un
sinodo
a
Dordrecht
per
risolvere
la
controversia
Arminiana/Calvinista.
Il
Sinodo
durò
sette
mesi,
dal
novembre
1618
al
maggio
1619,
e
fu,
accanto
all'Assemblea
di
Westminster,
il
più
imponente
di
tutti
i
Sinodi
delle
Chiese
Riformate:
oltre
ai
rappresentanti
dei
Paesi
Bassi,
erano
presenti
delegati
di
Inghilterra,
della
Scozia,
delle
province
meridionali
della
Germania
e
della
Svizzera.
Episcopius
era
a
capo
della
delegazione
dei
Rimostranti,
mentre
Gomarus
guidò
la
carica
contro
l'Arminianesimo. Il rimostranti richiesero subito l'opportunità di discutere il loro
parere
in
sede
sinodale,
ma
tale
opportunità
fu
loro
negata
e
ben
presto
fu
chiaro
per
tutti
che
quello
che
si
pensava
sarebbe
stato
un
forum
aperto
di
discussione
teologica
era
in
realtà
un
processo
contro
gli
Arminiani,
un
processo
per
eresia
in
cui
i
Rimostranti
furono
tenuti
a
presentare
per
iscritto
dichiarazioni
in
difesa
dei
"Cinque
Articoli
di
Rimostranza"
e
spiegazioni
dei
punti
in
cui
non
erano
d'accordo
con
la
Confessione
Belga.
Infine,
quando
gli
Arminiani
si
rifiutarono
di
proseguire
nel
Sinodo
se
non
avessero
avuto
la
possibilità
di
discutere
le
convinzioni
dei
loro
avversari,
essi
furono
espulsi
e si
ordinò
loro
di
non
lasciare
Dort.
A
conclusione
del
Sinodo,
ovviamente,
l'Arminianesimo fu unanimemente respinto e condannato e, per rispondere
alle"rimostranze",
i
Calvinisti
redassero
il
"Canone
di
Dort"
(o
"i
Cinque
Punti
del
Calvinismo").
Tali
cinque
punti,
in
diretta
contrapposizione
con
quelli
degli
Arminiani,
affermavano
che:
1)
depravazione
totale.
Per
i
Calvinisti
la
natura
dell'essere
umano
dopo
il
peccato
originale
è
tanto
corrotta
da
non
permettere
alcuna
possibilità
all'uomo
di
comprendere
Dio,
né
la
portata
del
suo
messaggio.
L'uomo
è
cieco
e
sordo
al
vero
Dio
e il
suo
cuore
lo
inganna
di
continuo.
Perché
possa
credere
ha
bisogno
che
la
sua
natura
tutta
venga
rifatta,
rigenerata
da
zero:
questa
rigenerazione
è
opera
dello
Spirito
Santo
e
nessuna
fede
è
possibile
prima
di
questo
intervento;
2)
elezione
incondizionata.
Per
i
Calvinisti
Dio
sceglie
di
salvare
alcuni
individui
che
ha
selezionato
prima
della
fondazione
del
mondo.
Il
perché
di
tale
scelta
non
è
dato
saperlo:
è
dato
sapere
solo
che
non
è
fondata
su
alcun
merito
umano.
Segno
di
tale
scelta
è il
dono
della
fede
e
del
pentimento
che
sono
effetto
(e
non
causa)
dell'elezione
divina.
L'elezione
divina
è
incondizionata
dalla
qualsiasi
cosa
l'uomo
o la
donna
possano
fare.
3)
espiazione
limitata.
Per
i
Calvinisti
l'opera
di
Cristo
ha
valore
a
prescindere
dal
fatto
che
l'uomo
la
accetti.
La
sua
potenza
salvifica
è
sicura
e
garantisce,
a
coloro
che
ha
scelto,
tutto
il
necessario
per
salvarsi:
null'altro
è
richiesto
e
null'altro
può
dare
risultato,
ai
fini
della
salvezza,
tranne
questo.
La
Redenzione
è
particolare
perché
è
offerta
ad
una
sola
parte
dell'umanità.
4)
grazia
irresistibile.
Per
i
Calvinisti
lo
Spirito
opera,
negli
eletti,
una
chiamata
speciale
che
li
conduce
inevitabilmente
alla
salvezza.
La
chiamata
al
vangelo
può
essere
generale,
ma
la
chiamata
della
salvezza
è
interiore.
La
prima
può
venire
rigettata,
la
seconda,
nonostante
tutto,
no.
Lo
Spirito
costringerà
gli
eletti
a
pentirsi,
credere
e
aderire
a
Cristo,
perché
nessuno
è
più
potente
di
Dio
e la
sua
Grazia
è
irresistibile.
5)
perseveranza
dei
santi.
Per
i
Calvinisti
i
santi,
gli
eletti,
non
possono
che
perseverare
sino
alla
fine
realizzando
la
parola
Colui
che
ha
iniziato
in
voi
una
buona
opera
la
porterà
a
compimento.
Queste
dottrine,
da
molti
definite
il
cardine
del
Calvinismo
e
simboleggiate
(non
senza
senso
visto
il
contesto
olandese)
dall'acronimo
T.U.L.I.P.
(dalle
prime
lettere
in
inglese
di
ciascuna
definizione
dottrinaria)
devono,
comunque,
essere
ben
comprese
nel
loro
contesto
e
non
possono,
da
sole,
essere
considerate
una
esposizione
completa
della
teologia
di
Calvino:
il
"Canone
di
Dort"
è
più
propriamente
da
considerarsi
come
una
risposta
(fin
troppo
violenta
ed
estremista)
alle
sfide
teologiche
dell'Arminianesimo
del
XVII
secolo,
che
non
deve
essere
letta
mai
disgiuntamente
dal
Catechismo
di
Heidelberg
e
dalla
Confessione
Belga
per
avere
una
idea
chiara
della
dottrina
del
Calvinismo
olandese.
Quanto
all'Arminianesimo,
la
sua
esistenza
non
terminò
con
il
Sinodo:
almeno
dal
punto
di
vista
sostanziale,
se
non
nominale,
esso
è
oggi
alla
base
del
Metodismo
Wesleyano,
del
Battismo
e
del
Pentecostalismo,
ma
questa
sarà
tutta
un'altra
storia.
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