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N. 43 - Luglio 2011 (LXXIV)

Quando il Calvinismo si divise
Calvino, Arminio e la disputa sulla predestinazione

di Lawrence M.F. Sudbury

 

Giovanni Calvino (Jean Cauvin), spesso considerato come "il sistematizzatore del Protestantesimo" fu, con ogni probabilità, il più importante riformatore della "seconda generazione" protestante del XVI secolo, per la sua capacità di analizzare, nella sua Istituzione della Religione Cristiana, la dottrina biblica in modo assolutamente sistematico, come nessun teologo riformato prima di lui aveva saputo fare.

 

Calvino (1509-1564) era nato a Noyon, in Piccardia, sessanta km a nord est di Parigi, e aveva iniziato gli studi per il sacerdozio presso l'Università di Parigi all'età di quattordici anni, ma, a causa di un conflitto con il vescovo, alla fine aveva deciso di studiare legge, primeggiando per la sua competenza in latino, greco ed ebraico. 

 

La sua conversione avvenne proprio attraverso il contatto con ambienti protestanti interni alla Sorbona, probabilmente nel 1533 o 1534 e, da quel momento in poi, il futuro padre della dottrina che da lui prende il nome rigettò completamente e apertamente le "superstizioni del papato", tanto da venire perseguitato per la sua fede e addirittura incarcerato (sebbene presto liberato). 

 

Per evitare ulteriori problemi, il giovane Calvino trovò rifugio a Basilea, in Svizzera, dove diede inizio al suo ministero e all'estensione dei suoi scritti. Il risultato fu che nel 1536 egli pubblicò, all'età di 26 anni, la prima edizione della Istituzione, originariamente scritta in latino e poi tradotta in francese, in seguito costantemente rivista e ampliata lungo tutto l'arco della sua vita (arrivando, dai sei capitoli iniziali, agli ottanta capitoli della quarta e ultima edizione del 1559). 

 

Fu dopo il suo trasferimento a Ginevra, comunque, che, anche con l'aiuto del leader riformato svizzero e amico Guilaume Farel, Calvino sviluppò a pieno il suo pensiero teologico e assunse un ruolo di preminenza nell'ondata protestante. A Ginevra Calvino e Farel iniziarono ad insegnare teologia della Riforma, ma, per questioni più che altro politiche,  furono presto banditi dalla città, tanto che Calvino dovette rifugiarsi a Strasburgo per tre anni (1538-1541) servendo come pastore per i rifugiati francesi. 

Un cambiamento nella scena politica ginevrina nel 1541 gli permise di tornare nella città svizzera, dove il teologo piccardo divenne ben presto massima autorità religiosa e guida politica della comunità, plasmando quella unione tra Chiesa e Stato che sarà tipica della sua vita.

 

Fu proprio in questa fase che Calvino produsse gran parte della sua abbondante bibliografia, continuando, come detto, ad espandere la Istituzione, ma anche scrivendo commenti su 49 libri della Bibbia e un numero piuttosto impressionante di opuscoli.

 

Probabilmente anche questa notevole prolificità permise alle sue dottrine di diffondersi rapidamente sia in Francia, dove Calvino venne presto considerato il maestro intellettuale del movimento protestante locale, che in gran parte d'Europa, inclusi quei Paesi Bassi nei quali Riforma e spinta all'indipendenza dal giogo asburgico si fusero in una sorta di unicum.

 

Di fatto, in tutto il centro-nord Europa la vitalità missionaria calvinista fece della teologia del "pastore ginevrino" la maggior forza di rottura dell'unità cattolica, superando, nel XVII secolo, di gran lunga il Luteranesimo in termini di fedeli. 

 

Proprio, però, all'interno del Calvinismo olandese e nel momento della sua massima espansione doveva nascere la critica più serrata alle idee di Calvino stesso, una critica che ha il suo punto di origine nel pensiero di un altro grande teologo riformato, professore di Divinità all'Università di Leiden: Jacob Hermandszoon, più noto come Jacobus Arminius. 

 

Arminius (o Arminio) era nato a Oudewater, in provincia di Utrecht, nel 1560, in tempi, dunque, in cui il suo Paese aveva già largamente abbracciato il Protestantesimo, difendendolo contro gli Spagnoli a prezzo di molte vite umane. Sostanzialmente i Paesi Bassi, nel periodo della sua formazione, erano ormai una nazione calvinista, in cui punti di vista personali sulla Scrittura erano permessi, ma c'era poca tolleranza per qualsiasi idea contraria al Calvinismo venisse espressa pubblicamente. Era, però, anche una terra dove la tradizione umanistica del Rinascimento non era mai morta e in cui l'Anabattismo era ancora ampiamente diffuso. 

 

Molti, in Olanda, ritenevano che vi dovesse essere una maggiore enfasi sugli aspetti pratici della religione, meno attenzione alle distinzioni finemente dottrinarie e, in generale, un atteggiamento più tollerante. 

 

Capofila di queste idee era l'Università di Leida, nella quale, dopo che i suoi genitori erano stati uccisi nella lotta per l'indipendenza dei Paesi Bassi,  Arminio era stato istruito grazie all'aiuto economico di alcuni amici di famiglia e, di conseguenza, di queste idee era imbevuto il giovane pensatore olandese quando, al termine dei suoi studi, si trasferì a Ginevra per completare la sua preparazione teologica.

 

A Ginevra, dopo la morte di Calvino, il suo posto era stato preso dal francese Théodore de Bèze (o Beza), che aveva ottenuto il controllo totale dell'Accademia cittadina, diventandone rettore, e che, con il suo pensiero teologico, avrà una importanza enorme nello sviluppo del giovane Arminio.

 

Qual era, dunque, la posizione di Beza? Egli aveva studiato a fondo il problema della predestinazione, superando le posizioni del suo maestro in quella che diverrà nota come "visione supralapsariana". Tale concezione illustra come Dio, contemplando l'uomo prima ancora della sua caduta, scelga e destini alcuni a salvezza e respinga gli altri. Un supralapsariano (dal latino, "supra lapsum" prima della caduta) direbbe che i reprobi (i non eletti), "vasi d'ira preparati per la perdizione" (Romani 9:22), siano prima stati preordinati a quel ruolo e poi siano stabiliti i mezzi per i quali essi cadano in peccato.

 

In altre parole, il supralapsarianismo suggerisce come il decreto di elezione da parte di Dio abbia preceduto logicamente il Suo decreto di permettere la caduta di Adamo. In questo modo la dannazione risulta essere in primo luogo un atto della sovranità di Dio e solo dopo un atto della Sua giustizia, in contrapposizione all'infralapsarianismo (talvolta chiamato "sublapsarianismo") che suggerisce che il decreto di Dio di permettere la caduta preceda logicamente il decreto di elezione, in modo tale che quando Dio sceglie gli eletti e passa oltre ai non-eletti, Egli li contempla tutti come creature decadute.

 

Di fatto il supralapsarianismo era diventata la teoria ufficiale del Calvinismo: questa era la teologia che Arminio aveva appreso a Ginevra e che, entrato nel pastorato al suo ritorno ad Amsterdam nel 1588 e, in seguito, una volta scelto a succedere a Franz Giunio come professore di teologia a Leida, egli predicava.

 

Nel frattempo, però, Dirk Koornhert, uno studioso laico di stampo umanista, aveva cominciato a diffondere scritti contro Beza e ogni forma di predestinazione rigorosa, spingendosi fino a chiedere una revisione della "Confessione Belga" (la Confessione riformata ufficiale dei Paesi Bassi).

 

Arminio, che era conosciuto come un Calvinista e uno studioso rigoroso, fu chiamato a rispondere a Koornhert  per difendere la posizione supralapsariana del suo maestro Beza ma, addentrandosi nello studio del problema, cominciò sempre più a dubitare di tutta la dottrina della predestinazione incondizionata e ad attribuire all'uomo una libertà che, sebbene già congeniale a Melantone (uno dei più importanti discepoli di Martin Lutero), non aveva mai trovato posto nel Calvinismo puro. 

In particolare, Arminio, pur non negando completamente la predestinazione, iniziò a sostenere la cosiddetta "elezione condizionata", secondo la quale Dio elegge alla salvezza gli individui in base alla Sua preconoscenza di chi crederà in Cristo per la salvezza, entrando in un'aspra polemica con il suo collega Franz Gomarus, paladino del supralapsarianismo all'Università di Leida e, in seguito, portavoce principale dei calvinisti al Sinodo di Dort. Il conflitto tra questi due teologi si fece sempre più duro e, uscendo dalle aule universitarie, in particolare grazie al testo arminiano intitolato Dichiarazione di Sentimenti, finì per provocare uno scisma che interessò tutta la Chiesa d'Olanda. 

 

Meno di un anno dopo la pubblicazione della Dichiarazione, Arminio morì, probabilmente per un attacco cardiaco, ma le sue opinioni, lungi dal venire sepolte con lui, vennero difese, sviluppate e sistematizzate da due suoi discepoli: Simon Episcopius, e Jan Uytenbogaert. 

 

Sotto la loro guida gli "Arminiani" nel 1610 espressero compiutamente il loro parere in cinque articoli chiamati "Articoli di Rimostranza Arminiana", (all'interno di una disputa teologica una rimostranza è una sorta rimprovero atto non tanto alla protesta e al rimprovero, quanto alla correzione) che meritarono loro i nome collettivo di "Rimostranti". 

 

In sostanza gli articoli affermavano quanto segue:

1) depravazione e libero arbitrio. Sia i Calvinisti che gli Arminiani consideravano (e considerano) l'uomo totalmente corrotto e in una condizione spirituale disperata, lontano da Dio e bisognoso di salvezza. Per gli Arminiani, però, la natura umana è stata depravata dal peccato originale, ma ha  sua disposizione i mezzi per capire la dimensione spirituale della salvezza, cosicché, sebbene la Bibbia affermi che l'uomo è morto nel peccato ciò non significa che Dio non metta la sua creatura prediletta, mediante lo Spirito Santo, nella condizione spirituale di pentirsi e di credere. L'essere umano possiede, dunque, il dono gratuito e incondizionato della fede prima di nascere e questo, pur nella corruzione dal peccato, lo rende capace di ottenere la salvezza a seguito dell'opera di convinzione dello Spirito che permette alla volontà dell'uomo di scegliere liberamente se cooperare o meno con la Grazia che, da sola, lo salverà. Conseguentemente, l'umanità ha piena responsabilità del suo destino eterno e libertà di aderire all'Evangelo, non necessitando di essere già rigenerata dallo Spirito prima di credere;

2) elezione divina. Sia Calvinisti che Arminiani sono convinti che Dio conosca e distingua da sempre coloro che saranno salvati e vivranno per l'eternità in paradiso da coloro che rimarranno in una condizione di perdizione e sono destinati ad una condanna eterna. Per gli Arminiani, però, tale pre-conoscenza riguarda quanti sceglieranno di credere e quanti no, cosicché Dio sa da sempre chi deciderà di salvarsi per grazia del Suo aiuto e chi deciderà di perdersi rifiutandolo ma la salvezza è determinata dalla scelta che l'uomo fa di chiedere l'aiuto di Dio e non dalla selezione divina di alcuni individui rispetto ad altri dal momento che l'elezione divina è condizionata alla fedeltà delle opere dell'uomo nei confronti della chiamata di Dio;

3) redenzione. Fermo restando che Gesù è morto alla Croce per condurre i credenti a Dio, per gli Arminiani la redenzione tramite Cristo è a disposizione di tutti, indistintamente anche se solo chi crede sarà salvato e gli altri no. In questo senso, Dio è in condizione di perdonare i peccatori solo se questi credono e Cristo è Redentore solo se la creatura accetta la Sua opera ma la redenzione è universale, nel senso che è proposta universalmente all'umanità intera;

4) grazia e chiamata. Tutti i Riformati concordano su fatto che Dio chiami l'umanità alla salvezza in molteplici modi, principalmente mediante la predicazione del Vangelo, ma che fra i molti che sono chiamati pochi siano gli eletti che accolgono il messaggio di salvezza e ricevono effettivamente il perdono dei loro peccati. Da ciò gli Arminiani deducono che la chiamata e quindi la Grazia di Dio sia resistibile da parte dell'uomo e che, nonostante lo Spirito operi efficacemente nell'uomo stesso, l'essere umano possa rifiutare l'azione divina che lo condurrebbe a ravvedersi e credere.

5) salvezza e perseveranza. Dopo l'inizio della vita cristiana alla "nuova nascita", si inizia un nuovo percorso "mano nella mano" con Cristo, nel quale la costanza della fede svolge un ruolo fondamentale ma per gli Arminiani anche coloro che oggi credono, possono perdersi in futuro: la salvezza è perdibile.

 

Il grande storico del Cristianesimo Justo Gonzalez ha giustamente fatto notare che Arminio "era un convinto calvinista, e lo rimase per tutta la vita, anche se riguardo a molti dei punti da lui dibattuti ovviamente e consapevolmente si allontanò dagli insegnamenti di Calvino. [...] Quindi, anche se alla fine il termine "Arminiano" arrivò ad essere considerato un sinonimo di 'anti-Calvinista', la ragione di ciò non è che Arminio fosse contrario agli insegnamenti di Calvino in generale, ma che sia lui che il Calvinismo ortodosso avessero così tanto concentrato la loro attenzione sui temi della predestinazione, dell'espiazione limitata e di questioni simili, da perdere di vista il fatto che la controversia, piuttosto che essere un dibattito tra Calvinisti e anti-Calvinisti, era un disaccordo tra due gruppi entrambi profondamente influenzati da Calvino".

 

Il vero problema é che nella disputa venne ben presto coinvolto la politica. 

 

Politicamente i Paesi Bassi erano divisi tra il partito dei sostenitori dei "diritti degli Stati" (cioè dei singoli stati dell'unione), che comprendeva la classe dei mercanti più ricchi (a cui apparteneva la maggior parte dei "Rimostranti") e il partito nazionale unitarista (a cui apparteneva la maggior parte calvinisti). 

 

Proprio nel quadro di tale contrasto politico il partito nazionale spinse l'acceleratore sugli elementi di divisione teologica, arrivando a chiedere un sinodo globale che potesse decidere sulla controversia. 

 

Inizialmente i sostenitori dei "diritti degli Stati", dichiarando, coerentemente con la loro ideologia, che doveva essere facoltà di ogni provincia decidere sui propri affari religiosi, rifiutarono la proposta ma, verso la fine del 1618, un colpo di stato del partito nazionale cambio radicalmente la situazione (tanto che, poco dopo, due dei maggiori esponenti del partito dei "diritti degli Stati" e protettori dei Rimostranti, Oldenbarneveldt e Grozio furono rispettivamente decapitato e condannato al carcere a vita) e venne quasi immediatamente convocato un sinodo a Dordrecht per risolvere la controversia Arminiana/Calvinista. 

 

Il Sinodo durò sette mesi, dal novembre 1618 al maggio 1619, e fu, accanto all'Assemblea di Westminster, il più imponente di tutti i Sinodi delle Chiese Riformate: oltre ai rappresentanti dei Paesi Bassi, erano presenti delegati di Inghilterra, della Scozia, delle province meridionali della Germania e della Svizzera. 

 

Episcopius era a capo della delegazione dei Rimostranti, mentre Gomarus guidò la carica contro l'Arminianesimo. Il rimostranti richiesero subito l'opportunità di discutere il loro parere in sede sinodale, ma tale opportunità fu loro negata e ben presto fu chiaro per tutti che quello che si pensava sarebbe stato un forum aperto di discussione teologica era in realtà un processo contro gli Arminiani, un processo per eresia in cui i Rimostranti furono tenuti a presentare per iscritto dichiarazioni in difesa dei "Cinque Articoli di Rimostranza" e spiegazioni dei punti in cui non erano d'accordo con la Confessione Belga. 

 

Infine, quando gli Arminiani si rifiutarono di proseguire nel Sinodo se non avessero avuto la possibilità di discutere le convinzioni dei loro avversari, essi furono espulsi e si ordinò loro di non lasciare Dort. 

 

A conclusione del Sinodo, ovviamente, l'Arminianesimo fu unanimemente respinto e condannato e, per rispondere alle"rimostranze", i Calvinisti redassero il "Canone di Dort" (o "i Cinque Punti del Calvinismo").

 

Tali cinque punti, in diretta contrapposizione con quelli degli Arminiani, affermavano che:

1) depravazione totale. Per i Calvinisti la natura dell'essere umano dopo il peccato originale è tanto corrotta da non permettere alcuna possibilità all'uomo di comprendere Dio, né la portata del suo messaggio. L'uomo è cieco e sordo al vero Dio e il suo cuore lo inganna di continuo. Perché possa credere ha bisogno che la sua natura tutta venga rifatta, rigenerata da zero: questa rigenerazione è opera dello Spirito Santo e nessuna fede è possibile prima di questo intervento;

2) elezione incondizionata. Per i Calvinisti Dio sceglie di salvare alcuni individui che ha selezionato prima della fondazione del mondo. Il perché di tale scelta non è dato saperlo: è dato sapere solo che non è fondata su alcun merito umano. Segno di tale scelta è il dono della fede e del pentimento che sono effetto (e non causa) dell'elezione divina. L'elezione divina è incondizionata dalla qualsiasi cosa l'uomo o la donna possano fare.

3) espiazione limitata. Per i Calvinisti l'opera di Cristo ha valore a prescindere dal fatto che l'uomo la accetti. La sua potenza salvifica è sicura e garantisce, a coloro che ha scelto, tutto il necessario per salvarsi: null'altro è richiesto e null'altro può dare risultato, ai fini della salvezza, tranne questo. La Redenzione è particolare perché è offerta ad una sola parte dell'umanità.

4) grazia irresistibile. Per i Calvinisti lo Spirito opera, negli eletti, una chiamata speciale che li conduce inevitabilmente alla salvezza. La chiamata al vangelo può essere generale, ma la chiamata della salvezza è interiore. La prima può venire rigettata, la seconda, nonostante tutto, no. Lo Spirito costringerà gli eletti a pentirsi, credere e aderire a Cristo, perché nessuno è più potente di Dio e la sua Grazia è irresistibile.

5) perseveranza dei santi. Per i Calvinisti i santi, gli eletti, non possono che perseverare sino alla fine realizzando la parola Colui che ha iniziato in voi una buona opera la porterà a compimento.

 

Queste dottrine, da molti definite il cardine del Calvinismo e simboleggiate (non senza senso visto il contesto olandese) dall'acronimo T.U.L.I.P. (dalle prime lettere in inglese di ciascuna definizione dottrinaria) devono, comunque, essere ben comprese nel loro contesto e non possono, da sole, essere considerate una esposizione completa della teologia di Calvino: il "Canone di Dort" è più propriamente da considerarsi come una risposta (fin troppo violenta ed estremista) alle sfide teologiche dell'Arminianesimo del XVII secolo, che non deve essere letta mai disgiuntamente  dal Catechismo di Heidelberg e dalla Confessione Belga per avere una idea chiara della dottrina del Calvinismo olandese. 

 

Quanto all'Arminianesimo, la sua esistenza non terminò con il Sinodo: almeno dal punto di vista sostanziale, se non nominale, esso è oggi alla base del Metodismo Wesleyano, del Battismo e del Pentecostalismo, ma questa sarà tutta un'altra storia.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

C. Bangs, Arminius - A Study in the Dutch Reformation, Wipf & Stock Publishers 1998;

F.L. Forlines, Classical Arminianism, Randall House Publications 2011;

J.L. González, A History of Christian Thought: Volume 3: From the Protestant Reformation to the Twentieth Century, Abingdon Press 1987;  

B. Gordon, Calvin, Yale University Press 2011;

R.E. Olson, Arminian Theology: Myths and Realities, VP Academic 2006;

D.E. Spencer, Tulip: The Five Points of Calvinism in the Light of Scripture, Baker Books 2002;

E. Stronks, Negotiating Differences: Word, Image and Religion in the Dutch Republic, Brill Academic 2011



 

 

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