N. 67 - Luglio 2013
(XCVIII)
lA DITTATURA NELL’ANTICA ROMA
CARATTERISTICHE E ORIGINE STORICA DEL DICTATOR
di Massimo Manzo
[Nella moderna mentalità occidentale il termine “dittatura”
ha
assunto
una
colorazione
marcatamente
negativa,
divenendo
sinonimo
di
una
forma
di
governo
autocratica
in
cui
la
cosa
pubblica
è in
balìa
dell’arbitrio
di
un
singolo
o di
un
ristrettissimo
gruppo
di
individui,
che
la
gestiscono
concentrando
tutti
i
poteri
nelle
loro
mani.
In questo senso, essa appare, anche alla luce delle esperienze
storiche
del
secolo
scorso,
come
la
negazione
assoluta
del
liberalismo
e
della
democrazia,
quali
forme
di
condivisione
del
potere
politico
e
della
sovranità,
tra
i
componenti
di
una
comunità
nazionale
fatta
di
cittadini
dotati
di
pari
diritti.
Per
questi
motivi
sarebbe
impossibile
oggi
concepire
una
dittatura
all’interno
di
un
sistema
politico
democratico,
poiché
agli
occhi
dei
moderni
si
scadrebbe
inevitabilmente
in
un
ossimoro.
Nel
corso
dell’antichità
romana,
tuttavia,
il
concetto
di
dittatura
era
molto
diverso.
Essa
era
infatti
pienamente
inserita
tra
le
magistrature
previste
dall’ordinamento
repubblicano.
Secondo
la
classificazione
fatta
in
seguito
dagli
studiosi,
Mommsen
in
testa,
si
trattava
di
una
magistratura
straordinaria,
dotata
di
alcune
peculiarità
che
la
distinguevano
nettamente
dalle
tutte
le
altre,
definite
invece
ordinarie.
Le
sue
caratteristiche
principali
erano
tre:
la
temporaneità,
la
pienezza
dei
poteri
e la
procedura
di
designazione
del
dittatore.
Il
ricorso
alla
dittatura
avveniva
solo
in
frangenti
di
crisi
per
la
repubblica,
come
i
casi
di
guerra
o di
grave
crisi
politica
interna.
Il
dictator
veniva
scelto
e
nominato
dai
consoli,
con
l’implicito
assenso
del
Senato,
tra
personaggi
di
chiara
fama,
di
solito
ex
consoli
che
si
erano
distinti
per
le
loro
capacità
politiche
o
militari.
Una
volta
scelta
la
persona
adatta
a
ricoprire
il
ruolo,
questa
veniva
nominata
con
una
cerimonia
dai
caratteri
quasi
religiosi;
al
dittatore
venivano
inoltre
conferiti
ventiquattro
littori,
simboli
del
potere
supremo.
La
sua
carica
doveva
durare
il
minor
tempo
possibile
(di
solito
quanto
bastava
per
porre
fine
alla
crisi)
ma
non
poteva
in
nessun
caso
superare
i
sei
mesi.
Fino
al
IV
secolo
a.C.
la
dittatura
rimase
accessibile
solo
ai
patrizi;
da
allora
in
poi
poterono
essere
nominati
dittatori
anche
i
plebei.
Nel
periodo
in
cui
esercitava
il
summum
imperium,
il
dittatore
non
doveva
rendere
conto
né
ai
consoli
(che
sospendevano
il
loro
mandato)
né
al
Senato,
né
tantomeno
alle
assemblee
popolari,
ma
agiva
di
sua
iniziativa,
pianificando
con
estrema
libertà
le
azioni
militari
o
politiche
che
intendeva
intraprendere.
Ad
assisterlo
nel
comando,
in
posizione
subordinata,
egli
designava
un
magister
equitum,
ovvero
un
comandante
della
cavalleria.
Alla
luce
di
quanto
detto
appare
chiaro
che,
nonostante
il
suo
carattere
di
eccezionalità,
la
forma
di
imperium
che
esprimeva
la
dittatura
era
disciplinata
in
modo
molto
rigido,
tanto
da
non
mettere
in
discussione
l’impianto
istituzionale
della
repubblica.
Per
comprendere
meglio
le
origini
di
questa
magistratura
straordinaria
occorre
però
ricostruire
il
periodo
storico
in
cui
sorse,
distinguendo
per
quanto
possibile
la
verità
dal
mito.
Secondo
la
tradizione,
la
dittatura
fu
introdotta
nel
nono
anno
dopo
la
cacciata
dell’ultimo
re,
Tarquinio
il
Superbo,
avvenuta
nel
510
a.C..
Siamo
dunque
nel
V
secolo
a.C.,
in
uno
dei
momenti
più
confusi
della
storia
politica
dell’antica
Roma.
È
proprio
in
questo
periodo
che
i
romani
passano
da
un
regime
monarchico
ad
un
sistema
diarchico,
in
cui
il
potere
è
gestito
temporaneamente
dai
due
consoli,
eletti
dall’assemblea
del
Senato
e in
carica
per
un
anno.
Insieme
al
consolato
sorgono
gradualmente
altre
magistrature
elettive,
che
insieme
ad
esso
contribuiscono
a
“spezzettare”
il
potere,
evitando
pericolosi
ritorni
a
forme
di
governo
autocratiche.
Con
riguardo
a
questo
intento
di
fondo,
l’introduzione
della
dittatura
subito
dopo
la
fine
della
monarchia
appare
quantomeno
singolare.
Come
abbiamo
visto,
infatti,
i
poteri
del
dittatore,
seppur
temporanei,
ricalcano
quelli
del
vecchio
re.
Per
rendere
il
quadro
più
credibile,
alcuni
studiosi
hanno
ipotizzato
un
passaggio
meno
traumatico
dalla
monarchia
alla
repubblica.
In
altri
termini
si è
presunto
che
il
re,
invece
di
essere
semplicemente
rovesciato,
sia
stato
relegato
gradualmente
ad
un
ruolo
sempre
più
marginale
fino
a
perdere
totalmente
la
sua
influenza
politica.
Nel
corso
dei
decenni,
dunque,
la
figura
del
monarca
sarebbe
scomparsa,
lasciando
spazio
ad
un
nuovo
assetto,
anch’esso
frutto
di
un
lento
processo.
A
conferma
di
queste
tesi,
supportati
dal
ritrovamento
di
alcune
iscrizioni
lapidee,
taluni
intravedono
in
certe
cariche
religiose,
così
come
nella
stessa
dittatura,
una
sopravvivenza
dell’istituzione
monarchica.
Questa
teoria,
di
per
sé
credibile,
renderebbe
la
cacciata
dei
Tarquini
un
evento
ben
più
complesso
storicamente
rispetto
a
come
ce
lo
ha
tramandato
la
tradizione
repubblicana
romana.
Secondo
un’altra
interpretazione,
invece,
il
dittatore
sarebbe
in
realtà
il
vecchio
magister
populi,
cioè
il
comandante
a
capo
delle
truppe
di
fanteria.
Ciò
giustificherebbe
la
nomina
del
magister
equitum
come
suo
aiutante.
A
prescindere
da
come
siano
realmente
andate
le
cose,
sappiamo
per
certo
che
l’istituto
della
dittatura
accompagnò
gran
parte
della
storia
repubblicana.
In
numerosi
episodi
la
nomina
del
dittatore
fu
infatti
fondamentale
per
la
stessa
sopravvivenza
della
repubblica:
lo
dimostrano
i
celebri
casi
di
Cincinnato,
di
Furio
Camillo
e di
Quinto
Fabio
Massimo,
che
riuscirono
a
rovesciare
le
sorti
di
conflitti
in
cui
Roma
stava
avendo
la
peggio.
Nonostante
spesso
l’operato
di
alcuni
dittatori
fu
provvidenziale,
i
caratteri
fondamentali
della
dittatura
furono
radicalmente
modificati
a
partire
dal
I
secolo
a.C.
prima
da
Silla,
che
si
autoproclamò
dictator
senza
limiti
di
tempo,
e
poi
da
Cesare;
entrambi
ne
stravolsero
il
contenuto
trasformandola
in
un
istituto
totalmente
diverso
da
quello
originario,
confacente
alle
loro
ambizioni
di
potere.
Insomma
quando
l’impianto
repubblicano
entrò
in
una
crisi
irreversibile,
anche
questo
tipo
di
magistratura
straordinaria
vide
mutata
la
funzione
per
la
quale
era
stata
creata.
Da
quel
momento
in
avanti
la
figura
del
dittatore
cominciò
a
coincidere
con
quella
del
despota,
e lo
stesso
concetto
di
dittatura
divenne
identico
a
quello
moderno.