[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

186 / GIUGNO 2023 (CCXVII)


moderna

Dissertazione sopra i vampiri
Sull’opera di Calmet

di Enrico Targa

 

Antoine Augustin Calmet (26 febbraio 1672 - 25 ottobre 1757), monaco benedettino francese, nacque a Ménil-la-Horgne, allora nel Ducato di Bar, parte del Sacro Romano Impero ora Dipartimento francese della Mosa, situata nella regione della Lorena. Proveniente da una modesta famiglia (il padre era maniscalco) si distinse presto per la sua attitudine allo studio tanto che i genitori lo fecero entrare nel priorato benedettino di Breuil. All’età di soli 15 anni entrò all’Università di Pont-à-Mousson e seguì i corsi di Retorica tenuti dal gesuita padre Ignazio d’Aubrussel (futuro confessore della regina di Spagna). Al termine degli studi entrò nella Congregazione Benedettina dei Santi Vitone e Idulfo; compì il suo noviziato presso l’Abbazia di Saint-Mansuy di Toul prendendo i voti il 23 ottobre 1689.

 

Fattosi notare, dai suoi superiori, per l’eloquenza e per la laboriosità venne inviato a studiare Filosofia presso l’Abbazia di Sant’Apro di Toul e Teologia presso quella di San Gregorio a Munster. Ordinato sacerdote il 1º marzo 1696 ad Arlesheim, nei pressi di Basilea, celebrò la sua prima Messa nell’abbazia di Munster il 24 aprile dello stesso anno ricevendo contemporaneamente l’incarico di commentare le Sacre Scritture presso l’abbazia di Moyenmoutier e presso quella di Munster, quindi venne nominato priore a Lay-Saint-Christophe (1714-1715) divenendo successivamente abate di Saint-Léopold a Nancy (consultò tutte le biblioteche del suo Ordine, compilando numerosi saggi storici).

 

Nel 1728 venne nominato abate dell’Abbazia di Saint-Pierre a Senones, capitale del Principato di Salm e fu proprio in quest’abbazia che egli lavorò negli ultimi anni della propria vita, intrattenendo una fitta corrispondenza con numerosi eruditi del suo tempo. L’opera che lo rese noto ai circoli intellettuali dell’epoca fu Il Traité sur les apparitions des esprits et sur les vampires ou les revenans de Hongrie, de Moravie, &c. (“Trattato sulle apparizioni degli spiriti e sui vampiri o revenants d’Ungheria, Moravia, et al.”): suddivisa in due volumi racchiude l’ampia indagine sulle questioni occulte come le apparizioni di angeli, demoni e altri spiriti inoltre comprende dissertazioni su vari argomenti di magia, stregoneria e casi di vampiri, revenant e individui che tornavano in vita dalla tomba.

 

Lo studio oltre ad avvalersi delle testimonianze coeve analizza vari argomenti biblici, dalla mitologia, nelle leggende culturali e nei famosi resoconti di casi o affermazioni storicamente documentati (l’opera fu pubblicata per la prima volta nel 1746 con il titolo Dissertations sur les apparitions des anges, des démons et des esprits, et sur les revenants et vampires de Hongrie, de Bohême, de Moravie et de Silésie). Dopo una grande quantità di elogi e risposte da parte dei suoi lettori, l’opera fu ampliata e pubblicata con il Privilegio del re di Francia nel 1751 con il nuovo titolo Traité sur les apparitions des esprits et sur les vampires ou les revenans de Hongrie, de Moravie, &C. (la nuova versione includeva lettere e dissertazioni di alcuni dei suoi lettori e capitoli extra in risposta a confutazioni e affermazioni varie).

 

L’opera aggiornata e ampliata rispetto alla prima edizione è composta da 115 capitoli contenuti in due volumi; la tesi è suddivisa in quattro parti: nella prima Calmet parla di angeli buoni, nella seconda dell’apparizione degli angeli cattivi, nella terza delle apparizioni delle anime dei morti e nella quarta dell’apparire di uomini “non morti” ritornati dagli inferi, affronta inoltre tematiche riguardanti magia, maghi e streghe, sabba, oracoli, l’ossessione e la possessione da parte dei demoni. Usò un approccio scientifico esaminando anche i casi premoderni di stregoneria, vampiri, credenze superstiziose e vari altri argomenti dell’occulto senza però ignorare l’uso del metodo scientifico, della biologia, della psicologia, della chimica, dell’etimologia attraverso la lente della nuova scienza, studiò la storia di varie leggende folkloristiche per determinare se un’affermazione di fantasmi, apparizioni o magia fosse verità o frode.

 

Nel secondo tomo troviamo una serie di lettere che testimoniano i fatti accaduti nonché le analisi e gli studi fatti dai maggiori esperti e scienziati dell’epoca: alcune lettere erano di approvazione, ma in questa raccolta era contenuta anche una lettera scritta dal marchese Scipione Maffei (1675-1755) che era di per sé una dissertazione selezionata sugli studi magici scritta in 16 capitoli. Maffei, assieme a Ludovico Antonio Muratori, aprì un dibattito su magia e religione, intervenendo con l’Arte magica dileguata, in cui mise in luce l’incompatibilità del Cristianesimo ormai illuminato e ragionevole con la persistenza della magia (criticando vivamente le tesi di Girolamo Tartarotti, il quale, pur avendo condannato la persecuzione delle streghe, aveva ammesso l’esistenza delle pratiche magiche, dal che nacque un accesa polemica tra i due letterati), e successivamente con l’Arte magica distrutta. Prima di morire avrebbe tratto tutte le conseguenze dal dibattito che ne conseguì con l’Arte magica annichilata.

 

Lo scetticismo non risparmiò nemmeno Calmet il quale fu sempre dubbioso sulle circostanze che portarono al Caso dei diavoli di Loudun; paragonò questo caso al presunto possesso di Martha Broissier (1578), un caso che destò molta attenzione ai suoi tempi. Questo confronto si basa in parte sulle circostanze che circondano gli incidenti nonché sugli esami delle testimonianze e delle prove in questione in contrasto con casi considerati più legittimi come il possesso di Mademoiselle Elizabeth de Ranfaing (1621). Nel suo trattato, Calmet afferma che le cause dell’ingiustizia commessa a Loudun erano da attribuirsi all’ambizione politica, al bisogno di attenzione e al desiderio fondamentale di sbarazzarsi degli oppositori politici. Calmet attribuisce la colpa della tragedia di Loudun al cardinale Richelieu (1585-1641), Primo Ministro di Luigi XIII (1601-1643), il cui unico obiettivo era quello di rovinare Urbain Grandier (1590-1634), il curato di Loudun arso sul rogo.

 

Il trattato continua facendo un confronto dettagliato con altri casi di possessioni che riteneva fossero più fedeli ai sintomi principali della possessione demoniaca. Uno di questi, come accennato sopra, fu la possessione di Mademoiselle Elizabeth de Ranfaing (1592-1649), che essendo rimasta vedova nel 1617 fu corteggiata dal medico Charles Poirot (in seguito bruciato nel 1622 sotto sentenza giudiziaria con l’accusa di essere un mago praticante). Il medico, dopo essere stato rifiutato, le diede dei filtri per farla innamorare il che provocò non tanto un innamoramento quanto strani sintomi ai quali si aggiunsero forme di medicamento che la fecero ammalare. Le malattie di cui soffriva erano incurabili dai vari medici che la assistevano e alla fine portarono a ricorrere agli esorcismi prescritti da diversi medici che esaminarono il suo caso (cominciarono a esorcizzarla nel settembre 1619).

 

Durante gli esorcismi, effettuati prima dal medico Claude Pithoys (rifiutò fin da subito a esorcizzarla e sul caso scrisse il suo Descouverture des faux possedez nel 1621) e in seguito da Remy Pichard, il demone che la possedeva dava risposte dettagliate e fluide in varie lingue tra cui francese, greco, latino, ebraico e italiano e, secondo quanto riferito, era in grado di conoscere e recitare i pensieri e i peccati di varie persone che l’avevano esaminata. Inoltre fu in grado di descrivere dettagliatamente con l’uso di varie lingue i riti e i segreti della Chiesa agli esperti delle lingue che parlava (si accennò persino a come il demone interruppe un esorcista, il quale dopo aver commesso un errore nel recitare un rito di esorcismo in latino, corresse il suo discorso e lo derise).

 

Una volta esorcizzata, Elizabeth nel 1631 fondò l’Ordine di Rifugio per le donne che si stavano riprendendo da una vita di prostituzione. Nel 1634 papa Urbano VIII approvò l’Ordine. Dopo aver analizzato i casi di possessione Calmet passa alla descrizione del vampiro affermando di considerarlo un “cadavere revenant” distinguendo così i fantasmi intangibili come fantasmi o spiriti (l’abate dopo vari studi sull’argomento arriva alla conclusione che il vampirismo sia il risultato della denutrizione balcanica). Il revenant è il classico morto vivente, detto anche non morto o morto che cammina (in inglese undead, in francese revenant) una creatura mostruosa immaginaria generata dalla resurrezione di un cadavere.

 

Calmet raccolse numerosi rapporti su eventi di vampiri e il suo tentativo di confutare false affermazioni di vampirismo si rivelò difficile: era forte la credenza di storie che vedono protagonisti uomini morti da diversi mesi tornare sulla terra; parlano, camminano, infestano villaggi, maltrattano sia uomini che bestie, succhiano il sangue dei loro parenti stretti, li fanno ammalare, e infine causano la loro morte e altrettanto forte era la credenza che le persone potessero salvarsi dalle loro pericolose visite e dai loro fantasmi solo esumandole, impalandole, tagliandogli la testa, strappandogli il cuore o bruciandole.

 

Gli intellettuali dell’età moderna non erano insensibili a tali argomentazioni: ad esempio il primo professore di Matematica all’Università di Glasgow, George Sinclair, è noto per aver scritto Satan’s Invisible World Discovered (1685), un’opera sulla stregoneria contenente un resoconto del “Diavolo di Glenluce”, un caso di poltergeist avvenuto intorno al 1654. A un mendicante di nome Alexander Agnew fu rifiutato un sussidio da parte di un benestante di nome Campbel, preso dall’ira Agnew promise di causare danni alla famiglia dell’uomo e nei due anni successivi si presumeva che nella casa si fossero verificati strani fenomeni: il misterioso taglio del filo di ordito, voci demoniache, strani fischi e pietre lanciate. Sinclair credeva genuinamente che i cadaveri tornassero in vita, anche perché i racconti fin lì ascoltati e tramandati provenivano “da una persona molto credibile, che essendo uno studioso lì in quel momento, era un testimone oculare tra l’altro ancora vivo”.

 

Il pensiero del matematico si uniformava perfettamente alla corrente di pensiero europea a cui aderivano anche Giacomo VI, Re di Scozia, Inghilterra e Irlanda, nonché lo stimato filosofo di Cambridge, Henry More. Questi revenant sono chiamati con il nome di oupires o vampiri, vale a dire sanguisughe; di essi si raccontano tali particolari, così singolari, così dettagliati e investiti di circostanze così probabili e di tali informazioni giudiziarie, che difficilmente si può rifiutare di dare credito alla credenza che si tiene in quei paesi, che questi revenants escano dalle loro tombe e producano quegli effetti che sono proclamati di loro.

 

Calmet esaminò con vero zelo e dedizione molti casi famosi tra cui quello di Arnold Paole; lesse le Lettres juives in cui fu registrato un racconto di un vampiro in Ungheria nel 1732, testimoniato da ufficiali del tribunale di Belgrado e da un ufficiale delle truppe dell’imperatore a Graditz. Sebbene le lettere fossero state pubblicate come romanzo epistolare, all’epoca era opinione diffusa che si trattasse di documenti accurati e veritieri dalla popolazione. Studiò anche vari casi giudiziari di persone morte segnalate per tornare dalla tomba e attaccare e succhiare il sangue dei vivi (uno di questi casi fu nel 1730 di un soldato alloggiato presso la casa di un contadino in Ungheria). Mentre il soldato sedeva a tavola con il padrone di casa e il resto della compagnia per cena, una persona che non conosceva entrò in casa e si sedette tranquillamente a tavola con loro. Il proprietario della casa sembrava spaventato e fu scoperto morto il giorno successivo. Dopo l’inchiesta, il soldato ha appreso che il padre del proprietario della casa era morto ed era stato sepolto 10 anni prima e la famiglia credeva che l’uomo venuto la notte precedente fosse il corpo del padre. Il soldato informò il reggimento, dando avviso agli ufficiali generali che incaricarono il capitano di fanteria di indagare ulteriormente. Il capitano, accompagnato da altri ufficiali, un chirurgo e un uditore aveva registrato le deposizioni della famiglia che confermavano la denuncia del soldato e riceveva anche disposizioni di tutti gli abitanti del villaggio. Venne ordinato di riesumare il cadavere del padre scoprendo che aveva le sembianze di un uomo recentemente deceduto, ma con il flusso sanguigno di un uomo vivo.

 

Il conte de Cabreras ordinò che la testa del cadavere fosse tagliata e che fosse rinterrata nella sua tomba. Il conte ricevette anche altre informazioni su un altro uomo morto da più di trent’anni che secondo la famiglia sarebbe tornato a casa sua in tre diverse occasioni durante l’ora dei pasti. La prima volta aveva succhiato il sangue dal collo del fratello, la seconda volta da uno dei suoi figli, e la terza da uno dei domestici della casa, tutti e tre morti subito dopo. A questa disposizione, il commissario tolse dalla tomba il sospetto cadavere, trovandolo come il primo cadavere scoperto con un flusso sanguigno vivo e ordinò loro di far passare un grosso chiodo attraverso la tempia, quindi rimise il corpo nella tomba.

 

Il trattato di Calmet ricevette numerose approvazioni e lettere di critica dopo la sua prima pubblicazione nel 1746, molte delle quali furono incluse nella sua ripubblicazione e nella versione ampliata del 1751 che includeva nuovi capitoli per rispondere al suo pubblico. Il trattato ricevette l’Approvazione del Re al 7° Registro della Camera dei Reali Librai e Stampatori a Parigi il 9 giugno 1751. È citato da Voltaire che nel suo Dictionnaire philosophique scrive: «Calmet divenne il loro storico (dei presunti vampiri) e trattò i vampiri come trattava l’Antico e il Nuovo Testamento, riportando fedelmente tutto ciò che era stato detto prima di lui […] questi vampiri erano cadaveri, che uscivano di notte dalle loro tombe per succhiare il sangue dei vivi, dalla gola o dallo stomaco, dopodiché tornavano ai loro cimiteri. Le persone così succhiate scemavano, impallidivano e cadevano in consunzione; mentre i cadaveri succhiatori ingrassavano, diventavano rosei e godevano di un ottimo appetito».

 

La controversia sul vampirismo sorta con le Lettres juives cessò solo quando l’imperatrice Maria Teresa d’Austria inviò il suo medico personale, Gerhard van Swieten, per indagare sulle affermazioni delle entità vampiresche. Concluse che i vampiri non esistevano e l’Imperatrice approvò leggi che proibivano l’apertura di tombe e la profanazione dei corpi, segnando la fine delle epidemie di vampiri. Nonostante questa condanna, il vampiro sopravvisse nelle opere artistiche e nella superstizione locale.

 

Calmet analizzò un rapporto scritto da un prete che aveva appreso informazioni su una città tormentata da un’entità vampiresca tre anni prima. Dopo essersi recato in città per indagare e raccogliere informazioni sui vari abitanti, il sacerdote apprese che un vampiro aveva tormentato di notte molti degli abitanti uscendo dal vicino cimitero per perseguitare molti dei residenti nei loro letti. Uno sconosciuto viaggiatore ungherese venne in città durante questo periodo e aiutò la città piazzando una trappola nel cimitero che alla fine portò alla decapitazione del vampiro che risiedeva lì e guarendo la città dal loro tormento. Questa storia è stata raccontata da Sheridan Le Fanu e adattata nel tredicesimo capitolo della novella Carmilla, un’opera che ha fortemente ispirato il classico Dracula di Bram Stoker.

 

Per concludere, vorrei citare, brevemente, il primo caso di vampirismo in Europa ovvero la storia di Giure Grando (1579-1656). Grando fu un contadino istriano di Corridico che, secondo la leggenda, sarebbe stato il primo vampiro documentato. Morto nel 1656, il suo corpo sarebbe stato disseppellito e decapitato nel 1672 perché si ipotizzò che fosse diventato un vampiro che, per anni, ogni notte continuò a destarsi dal suo sepolcro e terrorizzare il suo villaggio. Dai locali del tempo era appellato strigon o strigun, termine del dialetto istroveneto, adottato anche in istrociacavo, che significa strigoi, parola un tempo usata per indicare i vampiri.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Agostino Calmet, Dissertazioni sopra le apparizioni de’ spiriti, e sopra i vampiri, o i redivivi d’Ungheria, di Moravia e di Silesia, Edizioni Arktos, 1986;

Mario Barzaghi, Il mito del vampiro, Rubbettino, 2010. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]