Dissertazione sopra i vampiri
Sull’opera di Calmet
di Enrico Targa
Antoine Augustin Calmet (26 febbraio
1672 - 25 ottobre 1757), monaco
benedettino francese, nacque a
Ménil-la-Horgne, allora nel Ducato
di Bar, parte del Sacro Romano
Impero ora Dipartimento francese
della Mosa, situata nella regione
della Lorena. Proveniente da una
modesta famiglia (il padre era
maniscalco) si distinse presto per
la sua attitudine allo studio tanto
che i genitori lo fecero entrare nel
priorato benedettino di Breuil.
All’età di soli 15 anni entrò
all’Università di Pont-à-Mousson e
seguì i corsi di Retorica tenuti dal
gesuita padre Ignazio d’Aubrussel
(futuro confessore della regina di
Spagna). Al termine degli studi
entrò nella Congregazione
Benedettina dei Santi Vitone e
Idulfo; compì il suo noviziato
presso l’Abbazia di Saint-Mansuy di
Toul prendendo i voti il 23 ottobre
1689.
Fattosi notare, dai suoi superiori,
per l’eloquenza e per la laboriosità
venne inviato a studiare Filosofia
presso l’Abbazia di Sant’Apro di
Toul e Teologia presso quella di San
Gregorio a Munster. Ordinato
sacerdote il 1º marzo 1696 ad
Arlesheim, nei pressi di Basilea,
celebrò la sua prima Messa
nell’abbazia di Munster il 24 aprile
dello stesso anno ricevendo
contemporaneamente l’incarico di
commentare le Sacre Scritture presso
l’abbazia di Moyenmoutier e presso
quella di Munster, quindi venne
nominato priore a
Lay-Saint-Christophe (1714-1715)
divenendo successivamente abate di
Saint-Léopold a Nancy (consultò
tutte le biblioteche del suo Ordine,
compilando numerosi saggi storici).
Nel 1728 venne nominato abate
dell’Abbazia di Saint-Pierre a
Senones, capitale del Principato di
Salm e fu proprio in quest’abbazia
che egli lavorò negli ultimi anni
della propria vita, intrattenendo
una fitta corrispondenza con
numerosi eruditi del suo tempo.
L’opera che lo rese noto ai circoli
intellettuali dell’epoca fu Il
Traité sur les apparitions des
esprits et sur les vampires ou les
revenans de Hongrie, de Moravie, &c.
(“Trattato sulle apparizioni degli
spiriti e sui vampiri o revenants
d’Ungheria, Moravia, et al.”):
suddivisa in due volumi racchiude
l’ampia indagine sulle questioni
occulte come le apparizioni di
angeli, demoni e altri spiriti
inoltre comprende dissertazioni su
vari argomenti di magia, stregoneria
e casi di vampiri, revenant e
individui che tornavano in vita
dalla tomba.
Lo studio oltre ad avvalersi delle
testimonianze coeve analizza vari
argomenti biblici, dalla mitologia,
nelle leggende culturali e nei
famosi resoconti di casi o
affermazioni storicamente
documentati (l’opera fu pubblicata
per la prima volta nel 1746 con il
titolo Dissertations sur les
apparitions des anges, des démons et
des esprits, et sur les revenants et
vampires de Hongrie, de Bohême, de
Moravie et de Silésie). Dopo una
grande quantità di elogi e risposte
da parte dei suoi lettori, l’opera
fu ampliata e pubblicata con il
Privilegio del re di Francia nel
1751 con il nuovo titolo Traité
sur les apparitions des esprits et
sur les vampires ou les revenans de
Hongrie, de Moravie, &C. (la
nuova versione includeva lettere e
dissertazioni di alcuni dei suoi
lettori e capitoli extra in risposta
a confutazioni e affermazioni
varie).
L’opera aggiornata e ampliata
rispetto alla prima edizione è
composta da 115 capitoli contenuti
in due volumi; la tesi è suddivisa
in quattro parti: nella prima Calmet
parla di angeli buoni, nella seconda
dell’apparizione degli angeli
cattivi, nella terza delle
apparizioni delle anime dei morti e
nella quarta dell’apparire di uomini
“non morti” ritornati dagli inferi,
affronta inoltre tematiche
riguardanti magia, maghi e streghe,
sabba, oracoli, l’ossessione e la
possessione da parte dei demoni. Usò
un approccio scientifico esaminando
anche i casi premoderni di
stregoneria, vampiri, credenze
superstiziose e vari altri argomenti
dell’occulto senza però ignorare
l’uso del metodo scientifico, della
biologia, della psicologia, della
chimica, dell’etimologia attraverso
la lente della nuova scienza, studiò
la storia di varie leggende
folkloristiche per determinare se
un’affermazione di fantasmi,
apparizioni o magia fosse verità o
frode.
Nel secondo tomo troviamo una serie
di lettere che testimoniano i fatti
accaduti nonché le analisi e gli
studi fatti dai maggiori esperti e
scienziati dell’epoca: alcune
lettere erano di approvazione, ma in
questa raccolta era contenuta anche
una lettera scritta dal marchese
Scipione Maffei (1675-1755) che era
di per sé una dissertazione
selezionata sugli studi magici
scritta in 16 capitoli. Maffei,
assieme a Ludovico Antonio Muratori,
aprì un dibattito su magia e
religione, intervenendo con l’Arte
magica dileguata, in cui mise in
luce l’incompatibilità del
Cristianesimo ormai illuminato e
ragionevole con la persistenza della
magia (criticando vivamente le tesi
di Girolamo Tartarotti, il quale,
pur avendo condannato la
persecuzione delle streghe, aveva
ammesso l’esistenza delle pratiche
magiche, dal che nacque un accesa
polemica tra i due letterati), e
successivamente con l’Arte magica
distrutta. Prima di morire
avrebbe tratto tutte le conseguenze
dal dibattito che ne conseguì con l’Arte
magica annichilata.
Lo scetticismo non risparmiò nemmeno
Calmet il quale fu sempre dubbioso
sulle circostanze che portarono al
Caso dei diavoli di Loudun; paragonò
questo caso al presunto possesso di
Martha Broissier (1578), un caso che
destò molta attenzione ai suoi
tempi. Questo confronto si basa in
parte sulle circostanze che
circondano gli incidenti nonché
sugli esami delle testimonianze e
delle prove in questione in
contrasto con casi considerati più
legittimi come il possesso di
Mademoiselle Elizabeth de Ranfaing
(1621). Nel suo trattato, Calmet
afferma che le cause
dell’ingiustizia commessa a Loudun
erano da attribuirsi all’ambizione
politica, al bisogno di attenzione e
al desiderio fondamentale di
sbarazzarsi degli oppositori
politici. Calmet attribuisce la
colpa della tragedia di Loudun al
cardinale Richelieu (1585-1641),
Primo Ministro di Luigi XIII
(1601-1643), il cui unico obiettivo
era quello di rovinare Urbain
Grandier (1590-1634), il curato di
Loudun arso sul rogo.
Il trattato continua facendo un
confronto dettagliato con altri casi
di possessioni che riteneva fossero
più fedeli ai sintomi principali
della possessione demoniaca. Uno di
questi, come accennato sopra, fu la
possessione di Mademoiselle
Elizabeth de Ranfaing (1592-1649),
che essendo rimasta vedova nel 1617
fu corteggiata dal medico Charles
Poirot (in seguito bruciato nel 1622
sotto sentenza giudiziaria con
l’accusa di essere un mago
praticante). Il medico, dopo essere
stato rifiutato, le diede dei filtri
per farla innamorare il che provocò
non tanto un innamoramento quanto
strani sintomi ai quali si
aggiunsero forme di medicamento che
la fecero ammalare. Le malattie di
cui soffriva erano incurabili dai
vari medici che la assistevano e
alla fine portarono a ricorrere agli
esorcismi prescritti da diversi
medici che esaminarono il suo caso
(cominciarono a esorcizzarla nel
settembre 1619).
Durante gli esorcismi, effettuati
prima dal medico Claude Pithoys
(rifiutò fin da subito a
esorcizzarla e sul caso scrisse il
suo Descouverture des faux
possedez nel 1621) e in seguito da
Remy Pichard, il demone che la
possedeva dava risposte dettagliate
e fluide in varie lingue tra cui
francese, greco, latino, ebraico e
italiano e, secondo quanto riferito,
era in grado di conoscere e recitare
i pensieri e i peccati di varie
persone che l’avevano esaminata.
Inoltre fu in grado di descrivere
dettagliatamente con l’uso di varie
lingue i riti e i segreti della
Chiesa agli esperti delle lingue che
parlava (si accennò persino a come
il demone interruppe un esorcista,
il quale dopo aver commesso un
errore nel recitare un rito di
esorcismo in latino, corresse il suo
discorso e lo derise).
Una volta esorcizzata, Elizabeth nel
1631 fondò l’Ordine di Rifugio per
le donne che si stavano riprendendo
da una vita di prostituzione. Nel
1634 papa Urbano VIII approvò
l’Ordine. Dopo aver analizzato i
casi di possessione Calmet passa
alla descrizione del vampiro
affermando di considerarlo un
“cadavere revenant” distinguendo
così i fantasmi intangibili come
fantasmi o spiriti (l’abate dopo
vari studi sull’argomento arriva
alla conclusione che il vampirismo
sia il risultato della denutrizione
balcanica). Il revenant è il
classico morto vivente, detto anche
non morto o morto che cammina (in
inglese undead, in francese
revenant) una creatura
mostruosa immaginaria generata dalla
resurrezione di un cadavere.
Calmet raccolse numerosi rapporti su
eventi di vampiri e il suo tentativo
di confutare false affermazioni di
vampirismo si rivelò difficile: era
forte la credenza di storie che
vedono protagonisti uomini morti da
diversi mesi tornare sulla terra;
parlano, camminano, infestano
villaggi, maltrattano sia uomini che
bestie, succhiano il sangue dei loro
parenti stretti, li fanno ammalare,
e infine causano la loro morte e
altrettanto forte era la credenza
che le persone potessero salvarsi
dalle loro pericolose visite e dai
loro fantasmi solo esumandole,
impalandole, tagliandogli la testa,
strappandogli il cuore o
bruciandole.
Gli intellettuali dell’età moderna
non erano insensibili a tali
argomentazioni: ad esempio il primo
professore di Matematica
all’Università di Glasgow, George
Sinclair, è noto per aver scritto
Satan’s Invisible World Discovered
(1685), un’opera sulla stregoneria
contenente un resoconto del “Diavolo
di Glenluce”, un caso di
poltergeist avvenuto intorno al
1654. A un mendicante di nome
Alexander Agnew fu rifiutato un
sussidio da parte di un benestante
di nome Campbel, preso dall’ira
Agnew promise di causare danni alla
famiglia dell’uomo e nei due anni
successivi si presumeva che nella
casa si fossero verificati strani
fenomeni: il misterioso taglio del
filo di ordito, voci demoniache,
strani fischi e pietre lanciate.
Sinclair credeva genuinamente che i
cadaveri tornassero in vita, anche
perché i racconti fin lì ascoltati e
tramandati provenivano “da una
persona molto credibile, che essendo
uno studioso lì in quel momento, era
un testimone oculare tra l’altro
ancora vivo”.
Il pensiero del matematico si
uniformava perfettamente alla
corrente di pensiero europea a cui
aderivano anche Giacomo VI, Re di
Scozia, Inghilterra e Irlanda,
nonché lo stimato filosofo di
Cambridge, Henry More. Questi
revenant sono chiamati con il
nome di oupires o vampiri,
vale a dire sanguisughe; di essi si
raccontano tali particolari, così
singolari, così dettagliati e
investiti di circostanze così
probabili e di tali informazioni
giudiziarie, che difficilmente si
può rifiutare di dare credito alla
credenza che si tiene in quei paesi,
che questi revenants escano
dalle loro tombe e producano quegli
effetti che sono proclamati di loro.
Calmet esaminò con vero zelo e
dedizione molti casi famosi tra cui
quello di Arnold Paole; lesse le
Lettres juives in cui fu
registrato un racconto di un vampiro
in Ungheria nel 1732, testimoniato
da ufficiali del tribunale di
Belgrado e da un ufficiale delle
truppe dell’imperatore a Graditz.
Sebbene le lettere fossero state
pubblicate come romanzo epistolare,
all’epoca era opinione diffusa che
si trattasse di documenti accurati e
veritieri dalla popolazione. Studiò
anche vari casi giudiziari di
persone morte segnalate per tornare
dalla tomba e attaccare e succhiare
il sangue dei vivi (uno di questi
casi fu nel 1730 di un soldato
alloggiato presso la casa di un
contadino in Ungheria). Mentre il
soldato sedeva a tavola con il
padrone di casa e il resto della
compagnia per cena, una persona che
non conosceva entrò in casa e si
sedette tranquillamente a tavola con
loro. Il proprietario della casa
sembrava spaventato e fu scoperto
morto il giorno successivo. Dopo
l’inchiesta, il soldato ha appreso
che il padre del proprietario della
casa era morto ed era stato sepolto
10 anni prima e la famiglia credeva
che l’uomo venuto la notte
precedente fosse il corpo del padre.
Il soldato informò il reggimento,
dando avviso agli ufficiali generali
che incaricarono il capitano di
fanteria di indagare ulteriormente.
Il capitano, accompagnato da altri
ufficiali, un chirurgo e un uditore
aveva registrato le deposizioni
della famiglia che confermavano la
denuncia del soldato e riceveva
anche disposizioni di tutti gli
abitanti del villaggio. Venne
ordinato di riesumare il cadavere
del padre scoprendo che aveva le
sembianze di un uomo recentemente
deceduto, ma con il flusso sanguigno
di un uomo vivo.
Il conte de Cabreras ordinò che la
testa del cadavere fosse tagliata e
che fosse rinterrata nella sua
tomba. Il conte ricevette anche
altre informazioni su un altro uomo
morto da più di trent’anni che
secondo la famiglia sarebbe tornato
a casa sua in tre diverse occasioni
durante l’ora dei pasti. La prima
volta aveva succhiato il sangue dal
collo del fratello, la seconda volta
da uno dei suoi figli, e la terza da
uno dei domestici della casa, tutti
e tre morti subito dopo. A questa
disposizione, il commissario tolse
dalla tomba il sospetto cadavere,
trovandolo come il primo cadavere
scoperto con un flusso sanguigno
vivo e ordinò loro di far passare un
grosso chiodo attraverso la tempia,
quindi rimise il corpo nella tomba.
Il trattato di Calmet ricevette
numerose approvazioni e lettere di
critica dopo la sua prima
pubblicazione nel 1746, molte delle
quali furono incluse nella sua
ripubblicazione e nella versione
ampliata del 1751 che includeva
nuovi capitoli per rispondere al suo
pubblico. Il trattato ricevette l’Approvazione
del Re al 7° Registro della
Camera dei Reali Librai e Stampatori
a Parigi il 9 giugno 1751. È citato
da Voltaire che nel suo
Dictionnaire philosophique
scrive: «Calmet divenne il loro
storico (dei presunti vampiri) e
trattò i vampiri come trattava
l’Antico e il Nuovo Testamento,
riportando fedelmente tutto ciò che
era stato detto prima di lui […]
questi vampiri erano cadaveri, che
uscivano di notte dalle loro tombe
per succhiare il sangue dei vivi,
dalla gola o dallo stomaco,
dopodiché tornavano ai loro
cimiteri. Le persone così succhiate
scemavano, impallidivano e cadevano
in consunzione; mentre i cadaveri
succhiatori ingrassavano,
diventavano rosei e godevano di un
ottimo appetito».
La controversia sul vampirismo sorta
con le Lettres juives cessò
solo quando l’imperatrice Maria
Teresa d’Austria inviò il suo medico
personale, Gerhard van Swieten, per
indagare sulle affermazioni delle
entità vampiresche. Concluse che i
vampiri non esistevano e
l’Imperatrice approvò leggi che
proibivano l’apertura di tombe e la
profanazione dei corpi, segnando la
fine delle epidemie di vampiri.
Nonostante questa condanna, il
vampiro sopravvisse nelle opere
artistiche e nella superstizione
locale.
Calmet analizzò un rapporto scritto
da un prete che aveva appreso
informazioni su una città tormentata
da un’entità vampiresca tre anni
prima. Dopo essersi recato in città
per indagare e raccogliere
informazioni sui vari abitanti, il
sacerdote apprese che un vampiro
aveva tormentato di notte molti
degli abitanti uscendo dal vicino
cimitero per perseguitare molti dei
residenti nei loro letti. Uno
sconosciuto viaggiatore ungherese
venne in città durante questo
periodo e aiutò la città piazzando
una trappola nel cimitero che alla
fine portò alla decapitazione del
vampiro che risiedeva lì e guarendo
la città dal loro tormento. Questa
storia è stata raccontata da
Sheridan Le Fanu e adattata nel
tredicesimo capitolo della novella
Carmilla, un’opera che ha
fortemente ispirato il classico
Dracula di Bram Stoker.
Per concludere, vorrei citare,
brevemente, il primo caso di
vampirismo in Europa ovvero la
storia di Giure Grando (1579-1656).
Grando fu un contadino istriano di
Corridico che, secondo la leggenda,
sarebbe stato il primo vampiro
documentato. Morto nel 1656, il suo
corpo sarebbe stato disseppellito e
decapitato nel 1672 perché si
ipotizzò che fosse diventato un
vampiro che, per anni, ogni notte
continuò a destarsi dal suo sepolcro
e terrorizzare il suo villaggio. Dai
locali del tempo era appellato
strigon o strigun,
termine del dialetto istroveneto,
adottato anche in istrociacavo, che
significa strigoi, parola un
tempo usata per indicare i vampiri.
Riferimenti bibliografici: