A PROPOSITO DI DIRITTO ALLO STUDIO
ANCORA TAGLI SULLA SCUOLA?
di Giovanna D’Arbitrio
Vale la pena ricordare ancora una
volta l’articolo 34 della nostra
Costituzione qui di seguito
riportato: «La scuola è aperta a
tutti. L’istruzione inferiore,
impartita per almeno otto anni, è
obbligatoria e gratuita. I capaci e
meritevoli, anche se privi di mezzi,
hanno diritto di raggiungere i gradi
più alti degli studi. La Repubblica
rende effettivo questo diritto con
borse di studio, assegni alle
famiglie ed altre provvidenze, che
devono essere attribuite per
concorso».
A quanto pare il diritto allo
studio, sancito dalla nostra
Costituzione, viene costantemente
attaccato con tagli sempre più
massicci sulla Scuola Statale che
dovrebbe rappresentare un luogo di
cultura, di crescita e di formazione
delle nuove generazioni in un paese
civile.
In effetti anche l’attuale governo
intende realizzare un
“dimensionamento delle scuole”
innalzando il numero minimo di
alunni per istituto che arriva a 900
alunni: a quanto pare, ciò significa
che verranno eliminate altre 700
scuole in tutta Italia. Con
l’innalzamento del parametro minimo
saranno a rischio soprattutto le
scuole delle isole e delle comunità
montane, scuole già in sofferenza
perché colpite dalla denatalità e
dall’abbandono dei territori e che
adesso potrebbero essere costrette a
chiudere.
Si perpetua dunque l’operazione
tagli e accorpamenti iniziato nel
1998/1999, operazione incrementata
poi con gli “istituti comprensivi”,
strutture enormi e difficili da
gestire, con migliaia di alunni e
decine di plessi sparsi anche in
luoghi diversi.
Fusioni e chiusure di istituti
accresceranno, inoltre, il disagio
per alunni e famiglie, obbligandoli
a raggiungere scuole distanti dalla
loro abitazione o costringendoli ad
accettare pluriclassi di alunni di
età diverse e differente grado
d’istruzione. E pensare che molte
scuole rappresentano l’unico
presidio contro la criminalità
organizzata in zone critiche del
nostro Paese!
Purtroppo tali misure faranno
crescere il numero degli alunni
nelle classi, incidendo sulla
qualità della didattica e
incrementando la dispersione
scolastica nelle zone a rischio dove
la povertà renderà ancor più arduo
inseguire la scuola “nel centro più
vicino”, per cui a molti bambini
verrà negato il diritto allo studio.
In un breve excursus dagli anni
‘60-’70 del Novecento ad oggi,
ricordiamo che dopo i Decreti
Delegati, che “almeno nelle
intenzioni” non si proponevano di
introdurre cattive riforme, in
seguito i vari governi (in
particolare quelli di destra) non
hanno mai affrontato i gravi
problemi che affliggono la Scuola
Statale in Italia. Basta dare uno
sguardo ai dati ISTAT e OCSE:
analfabetismo ancora non debellato,
dispersione scolastica in aumento,
decrescente numero diplomati e
laureati, insegnanti con gli
stipendi più bassi d’Europa, scuole
fatiscenti che crollano addosso agli
alunni, cervelli in fuga
dall’Italia.
Pesanti tagli furono apportati in
particolare tra il 2008 e il 2012,
un vero salasso imposto dalle
politiche dell’austerità nascosto
dietro i fumogeni della meritocrazia
o della riduzione degli sprechi
sbandierati dall’ex Ministro Gelmini
e in seguito anche dal Governo Monti
in un momento di grave crisi
economica.
E alla fine degli anni ‘90 il
Ministro della Pubblica Istruzione,
Luigi Berlinguer, cominciò a parlare
di Scuola Azienda introducendo
riforme che rivoluzionarono la
Scuola Statale e applicando ad essa
gli stessi criteri imposti alle
aziende per ridurre i costi:
fusioni, tagli sul personale,
aumento della precarietà,
flessibilità, mobilità, non stipendi
adeguati ma verticalizzazioni del
personale. Alla cosiddetta autonomia
scolastica con consequenziale
supporto economico dello Stato, tra
l’altro potevano aspirare solo le
scuole statali con 500 alunni, pena
l’accorpamento ad altro istituto.
E così gradualmente siamo arrivati
agli Istituti Comprensivi che
consentono un grande riduzione dei
costi, essendo complessi scolastici
in cui coesistono più gradi di
istruzione, quali, ad esempio,
scuola materna, elementare e media,
con una sola presidenza, un solo
Consiglio d’Istituto, un collegio
dei docenti unitario e un esiguo
personale ATA.
Dopo il già citato Berlinguer, vari
governi hanno di volta in volta
nominato nuovi ministri della
Pubblica Istruzione (De Mauro,
Moratti, Fioroni, Gelmini, Profumo,
Carrozza, Giannini) e… naturalmente
ognuno ha preteso di cambiare
qualcosa. Anche la riforma del
Governo Renzi, definita la Buona
Scuola, può considerarsi più o meno,
un’edizione “riveduta e corretta” di
quella di Luigi Berlinguer.
E infine arriviamo ai difficili
tempi attuali tra pandemia, guerra
in Ucraina e crescente crisi
economica: verso la scuola continua
a prevalere una visione
aziendalistica di riduzione dei
costi con accorpamenti di Istituti
che causeranno un’ulteriore
massiccia scomparsa di scuole.
Eppure la pandemia nei suoi momenti
più critici aveva messo in rilievo i
danni apportati da riduzione di
costi su scuola, sanità e trasporti!
Concludendo, pensiamo che Cultura,
Democrazia, Libertà siano senz’altro
tappe inscindibili di un percorso
verso un livello evolutivo più alto
dell’Umanità. Il punto di partenza è
senza dubbio la “Cultura” che non è
soltanto istruzione, cioè
acquisizione di conoscenze in varie
discipline, ma anche Educazione che
favorisce un processo di crescita
umana e spirituale.