N. 102 - Giugno 2016
(CXXXIII)
LA
DIMENSIONE
DEL
VIAGGIO
NELL'Islām
IL
Safarnāmé
di
Nāser-e
Khosrov
di
Vincenzo
La
Salandra
Nel
quadro
ampio
della
letteratura
islamica
medievale,
il
Safarnāmé,
opera
di
Nāser-e
Khosrov
(1003-1088),
originario
di
Qobādiyān,
nella
storica
regione
persiana
del
Khorasan,
rappresenta
quasi
un
unicum
del
suo
genere,
considerando
che
tutta
la
coeva
letteratura
di
viaggio
prodotta
nel
contesto
della
letteratura
islamica
medievale
è
scritta
in
lingua
araba.
Grande
è
dunque
l’interesse
letterario
di
questa
opera:
un
diario
di
viaggio
che
getta
luce
sul
mondo
arabo-musulmano
nel
secolo
XI
dell’era
cristiana,
il V
dell’ègira.
Nāser
fu
un
originale
protagonista
dei
suoi
tempi:
abbandonò
il
suo
posto
nell’amministrazione
selgiuchide
e si
avventurò
in
un
lungo
pellegrinaggio
alla
Mecca,
in
un
viaggio
che
troverà
la
sua
patria
di
elezione
nell’Egitto
dei
Fatimidi,
l’Egitto
fulcro
della
propaganda
ismailita,
e
Nāser
fu
un
convinto
assertore
dell’ismailismo.
La
setta
ismailita
alla
quale
apparteneva
Nāser
è un
movimento
religioso
che
nacque
in
contrapposizione
alla
Shī’a
alidica:
gli
ismailiti
si
fermarono
al
settimo
imam
mentre
gli
shīiti
portano
il
numero
degli
imam
a
dodici.
L’Egitto
dei
Fatimidi
rese
l’ismailismo
religione
di
stato
e si
sforzò
di
propagare
l’ismailismo
con
un’attiva
propaganda
missionaria.
Oltre
che
probabile
missionario
ismailita,
Nāser
fu
anche
fine
poeta
e ci
ha
lasciato
una
notevole
produzione
poetica
caratterizzata
da
un
fondo
di
misticismo
e da
una
sentita
ispirazione
religiosa.
Con
lui
la
poesia
di
occasione,
la
qasidè,
che
i
poeti
di
corte
avevano
trasformato
in
freddi
panegirici
di
scuola,
si
colora
di
religiosità
e
assume
un
fondo
mistico.
La
prosa
del
Safarnāmé
è
certo
più
limpida
e
scorrevole,
meno
dotta
rispetto
ai
trattati
teologici
e
didattici
di
Nāser,
è
una
prosa
che
si
adatta
all’esigenza
di
racconto
e
che
spesso
cede
anche
alle
descrizioni
di
costume
e
alle
descrizioni
dei
monumenti
e
dei
luoghi
santi
dell’Islām
medievale.
Il
Safarnāmé
è
un’opera
che
si
innesta
nella
tradizione
della
Rihla,
racconto
di
viaggio,
che
ha
nella
letteratura
araba
i
suoi
modelli
inarrivabili
in
Ibn
Giubair
o
nel
globe-trotter
dell’Islām,
il
gran
viaggiatore
Ibn
Battuta,
che
per
i
suoi
viaggi
in
India
e
Cina
è
stato
più
volte
paragonato
a
Marco
Polo.
Ma
anche
Nāser
ci
ha
tramandato
un
resoconto
di
viaggio
vario
e
ricco
di
aneddoti
che
ci
rivela
la
vita
quotidiana
dell’Islām
nel
secolo
XI,
attraverso
tutta
l’ecumene
musulmana;
è
anche
l’opera
di
una
personalità
fortemente
religiosa
che
credette
nella
sua
missione
ismailita,
nel
suo
viaggio
il
nostro
visita
infatti
tutti
i
luoghi
pii
dell’ismailismo.
Nāser
descrive
brevemente
anche
la
Sicilia
in
un
passo
della
sua
relazione.
La
Sicilia
è
considerata
parte
del
dar-Islàm
in
questa
relazione
persiana
medievale
(come
in
tanta
letteratura
araba
dell’epoca),
ma,
le
notizie
che
riporta
il
nostro
non
sono
di
prima
mano
ed
egli
le
desume
da
altre
opere
enciclopediche
coeve.
Nāser
non
visitò
la
Sicilia
di
persona.
A
differenza
di
altri
grandi
predecessori
e
contemporanei,
Nāser,
pur
descrivendo
luoghi
e
persone,
ci
parla
più
di
se
stesso
di
quanto
non
facciano
altri
viaggiatori
arabi
molto
noti.
Se
infatti
questi
ultimi
furono
spesso
catturati
dalla
tentazione
di
descrivere
il
meraviglioso
e
l’esotico
nel
continuo
avvicendarsi
di
luoghi
e
personaggi,
Nāser
si
ferma
a
riflettere
sulla
sua
condizione
e ha
tramandato
un
Safarnāmé
differente
perché
introspettivo.