[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

163 / LUGLIO 2021 (CXCIV)


contemporanea

1939-1941

LA FOLLIA NAZISTA NEI DIARI DI JOSEPH GOEBBELS / PARTE III

di Francesco Cappellani

 

1941, primo semestre

 

L’esercito tedesco dilaga nei Balcani e in Grecia. Nel frattempo iniziano i preparativi segretissimi per l’invasione della Russia, che inizierà in giugno. La folle guerra a est contro Stalin contribuirà in modo determinante alla sconfitta della Germania e alla tragica fine del nazismo e delle sue mire per una totale egemonia sull’Europa.

 

Scrive Fred Taylor che, con l’invasione della Russia, Goebbels può “riprendere la sua vecchia parte di agitatore anticomunista, chiamando alle armi la Germania contro il Pericolo Rosso”. Ma Goebbels è anche impegnatissimo a seguire in ogni dettaglio le varie campagne in corso nell’Europa Sud-orientale e nell’Africa del Nord, a registrare le incursioni aeree degli alleati sempre più frequenti e devastanti, nonché, incredibilmente, a sorvegliare gli intrighi tra i capi nazisti per ottenere le posizioni migliori nell’Impero Mondiale dopo la sicura vittoria alla fine della guerra!

 

I primi mesi del 1941 sono relativamente tranquilli a parte i pesanti bombardamenti tra cui quello su Genova del 10 febbraio: «Gli italiani denunziano 72 morti, e gli Inglesi sostengono di avere scaricato sul porto 300 tonnellate di esplosivo (…) Sembra che gli italiani siano in una situazione di completo caos (…) I fronti sono stabili in Albania. Ma in Africa le cose sembrano molto inquietanti».

 

Il 13 febbraio annota: «In Abissinia, la situazione sta diventando molto grave per Roma, e in Libia è piuttosto catastrofica (…) I rapporti dall’Italia parlano del più nero disfattismo (…) Ciano è assolutamente finito, e la popolarità del Duce si avvicina al livello zero (…) Dovremo presto entrare in azione o l’Italia finirà nel niente».

 

E il giorno dopo aggiunge: «Il Duce commette un’infinità di errori psicologici, anche nella sua vita privata. Agli occhi della gente comune, Ciano è un demonio. E dev’essere incredibilmente corrotto».

 

Goebbels si interessa di tutto, il 15 febbraio scrive: «Il professor Auler mi informa sulle condizioni della moderna ricerca sul cancro. In questo campo sono stati fatti enormi progressi. Veri miracoli (…) Gli metto a disposizione 100.000 marchi». Il 22 febbraio scrive che il generale Rommel è arrivato a Tripoli e Mussolini gli ha dato pieni poteri esonerando Graziani dal comando. Registra che negli USA “l’umore tende verso la guerra in una maniera ancora più radicale. Adesso se ne parla apertamente anche ai livelli più alti”.

 

Il 26 febbraio annota: «Magda mi scrive una lunga lettera molto affettuosa (…). In questo periodo è molto tenera e dolce. Un bene per me». Intanto nell’Olanda occupata vi sono dimostrazioni antitedesche: «Seyss-Inquart è troppo esitante nelle sue reazioni. La solita storia: non è un vero nazista!».

 

Il giorno dopo viene proclamata ad Amsterdam la legge marziale; per Goebbels bisogna colpire gli Olandesi nei loro portafogli e nelle loro comodità: «Suggerisco un’ammenda di 50 milioni di fiorini oro (…) Ma Seyss ha abbastanza carattere?». La situazione peggiora: «Ad Amsterdam siamo costretti a sparare per uccidere. 78 morti (…) Gli ebrei sono alla testa dell’opposizione. Mi piacerebbe poter mettere le mani su di loro».

 

Scrive che alle città olandesi di Amsterdam e Hilversum “sono state imposte altissime penali finanziarie. Questo raffredderà presto i loro ardori”. Il 5 marzo annota: «Noi bombardiamo pesantemente l’Africa. I nostri amici dell’Asse si ritirano ulteriormente nella Somalia italiana. L’occupazione della Bulgaria si è conclusa senza problemi». Il 7 marzo interviene contro l’ambiente della moda “perché reclamizza abiti che richiedono una quantità eccessiva di stoffa, proprio di questi tempi!” e poi discute di musica dicendo che Richard Strauss è davvero avido di denaro “ma la musica la sa scrivere”.

 

L’8 marzo la situazione in Olanda è ritornata alla normalità: «Ad Amsterdam c’è stata anche una massa di condanne a morte. Io sono favorevole all’impiccagione per gli ebrei. Devono imparare la lezione, quelli».

 

L’11 marzo scrive: «La gente si lagna della qualità sempre più sfrenata della nostra musica da ballo. Prendo immediate contromisure», prosegue dicendo che il Führer ha permesso i matrimoni tra donne danesi, olandesi, norvegesi e ufficiali tedeschi. «È giusto ed è anche un esperimento politico». Il 12 marzo: «Ieri bombardata Colonia (…) Traccio nuove direttive per combattere gli incendi durante le incursioni (…) Non più stare seduti in rifugio lasciando che le nostre case brucino. Troppo facile, per dirla chiara».

 

Il 14 marzo: «Ieri: da 8 anni sono ministro. Che periodo, quante gioie e quanto lavoro! Ma quale percorso verso la sommità! Sono molto grato al destino»

Il 17 marzo: «Il Führer fa un discorso magnifico. Fede assoluta nella vittoria, anche contro gli USA. Questo farà grande scalpore. Ormai egli ammette di non essere più assolutamente sicuro che questo sarà l’ultimo inverno di guerra». Il 22 marzo «Thomas Mann ha lanciato un appello al popolo tedesco. Vecchio trombone! (…) Parlo con il capo della Propaganda Norvegese. Un uomo molto intelligente, per essere un Norvegese. Il movimento di Quisling è in crescita. Ma la Norvegia è ancora molto favorevole agli Inglesi».

 

Il 30 marzo annota: «Ho depositato i miei diari, 20 grossi volumi, nella camera blindata sotterranea della Reichsbank. Sono troppo preziosi perché si possa rischiare che cadano vittime di qualche incursione aerea. Offrono un quadro della mia intera vita e dei nostri tempi. Se il destino mi concederà qualche anno da dedicare a questo compito, intendo pubblicarli nell’interesse delle generazioni future. E potrebbero avere anche una certa utilità per il mondo in generale». Ma ritorna a pensare alla guerra: «L’operazione contro la Grecia, preparata da tanto tempo, deve incominciare il 7 aprile (…) Noi avanzeremo verso Salonicco, poi i soldati di Leeb faranno una conversione a destra e la Iugoslavia sarà attaccata da tutte le parti (…) Il grande piano viene dopo: contro R».

 

Questo è il primo prudente riferimento all’attacco all’Unione sovietica, che verrà camuffato e tenuto nascosto, spostando fittiziamente truppe verso occidente: «Noi devieremo i sospetti, indirizzandoli verso ogni sorta di posti, tranne che verso l’Oriente. Si sta preparando una finta invasione dell’Inghilterra, ma quando i tempi saranno maturi, tutto verrà cambiato in un lampo e l’attacco incomincerà (…) Con questo, le questioni dell’Est e dei Balcani saranno definitivamente risolte. Il progetto, nel suo insieme, presenta qualche problema di carattere psicologico. Paragoni con Napoleone, eccetera. Ma noi li supereremo presto per mezzo dell’antibolscevismo (…). Noi siamo sulla soglia di grandi vittorie”. Ma quando sulla Wehrmacht incomberà l’implacabile inverno russo, l’ottimismo di Goebbels comincerà a vacillare.

Il 1 aprile si trova col Führer: «Il problema della Iugoslavia. Egli aspetta semplicemente la sua ora, che verrà presto. Allora agirà. Parole dure per l’Italia. Gli Italiani non si sono preparati affatto per questa guerra, ma si sono limitati a fare andare la bocca. ”Otto milioni di baionette”, un concetto che, in ogni modo, è privo di valore nell’epoca dei carri armati».

 

Anche il generalissimo Franco non si salva dalle critiche di Goebbels: «Un pavone vanitoso e senza cervello». Il 3 aprile scrive: «La Iugoslavia sarà attaccata contemporaneamente dalla Bulgaria e dall’Ungheria. Lo Stato sarà smembrato, l’Italia avrà la costa, la Bulgaria avrà la Macedonia e il nostro Gau Ostmark (l’Austria) riprenderà le province che un tempo appartenevano all’Austria». Intanto conia uno slogan da usare in Gran Bretagna a proposito degli USA: «Gli Usa combatteranno fino all’ultimo Inglese».

 

Il 6 aprile scrive: «Le cose vanno molto male in Abissinia. Ora gli Italiani hanno autoaffondato quattro delle loro cacciatorpediniere». L’attacco nei Balcani iniziato il 7 aprile con un bombardamento su Belgrado con 300 aeroplani è seguito la notte successiva da “un’altra massiccia incursione, con bombe ad alto potenziale esplosivo e incendiarie. Faremo uscire con il fumo i cospiratori serbi dalle loro tane”.

 

L’offensiva va avanti secondo i piani e intanto Goebbels attacca i cronisti della radio americana, a Berlino, che si dimostrano impudenti: «Io faccio dare loro un serio avvertimento, e intendo cacciarli via, se non si correggono«. Poi proibisce il ballo, perché “non è conveniente durante un’offensiva”.

 

Belgrado continua a essere bombardata mentre, spezzata la linea fortificata greca, le truppe tedesche marciano verso Salonicco. Ma “i Greci si battono con grande coraggio. Proibisco ai giornali di denigrarli”. Anche il Führer “ammira il coraggio dei Greci e gli duole dover combattere contro di loro (…) Il Führer è un uomo in armonia con l’antichità. Odia il cristianesimo, perché ha mutilato tutto quanto è nobile nell’umanità (…) Che differenza tra il benevolo e sorridente Zeus e il Cristo crocifisso e distrutto dal dolore. Anche l’idea di Dio, nei popoli antichi, era molto più nobile e più umana di quella dei cristiani. Quanta diversità tra una tetra cattedrale e un tempio antico, luminoso e arieggiato (…) Il Führer non può stabilire un rapporto con la mentalità gotica. Detesta la malinconia e il cupo misticismo. Vuole chiarezza, luce, bellezza (…) In tal senso il Führer è un uomo completamente moderno”.

 

Goebbels è quasi spaventato dal suo superattivismo: «Un uragano di lavoro infuria intorno a me, in ufficio e in casa. In questo periodo sto alla scrivania dalle 16 alle 18 ore al giorno. Sono così stanco che potrei crollare. Ma ne vale la pena». In effetti pensa di vivere e di partecipare da protagonista a un evento storico eccezionale.

 

Proseguono i bombardamenti alleati e questa volta a farne le spese è l’Opera di Stato di Berlino e anche l’Università e la Biblioteca di Stato. La conquista della Iugoslavia procede a passo spedito mentre Rommel avanza in Africa del nord: «La sua avanzata precipitosa può quasi mettere in ansia». Belgrado e la Iugoslavia capitolano, “I resti dell’esercito iugoslavo si sono arresi incondizionatamente”, e Goebbels si concede in Olanda l’acquisto di “qualche stupendo quadro di Van Dyck”.

 

Il 18 aprile scrive: «Noi compiamo la più grande incursione effettuata finora su Londra, con 650 bombardieri, mille tonnellate di esplosivo ad alto potenziale e 50.000 tonnellate di bombe incendiarie. Come rappresaglia al Quartiere Culturale di Berlino». Commenta la campagna d’Africa: «I Tommy si difendono come leoni. Essi stanno già ritirando truppe dall’Africa orientale, che noi dobbiamo dare per persa». La situazione in Ungheria lo preoccupa: «Horthy è un vero magiaro, vale a dire un intrigante e ipocrita. Gli ungheresi (…) sono maestri nel tradimento». 21 aprile: «Ieri compleanno del Fuhrer. La città è un mare di bandiere (…) Dio voglia preservare il Führer per molto tempo ancora. Così possiamo essere certi della vittoria». Poi si distende ascoltando al teatro dell’Opera “Un ballo in maschera” con Beniamino Gigli: «Il pubblico impazzisce (…) Che meraviglioso e raro piacere!».

 

Il 22 aprile scrive: «Articolo sulla Pravda: i Russi non hanno nulla contro la Germania. Mosca vuole la pace eccetera. Stalin ha fiutato quello che bolle in pentola ed agita il ramoscello d’ulivo. Questo è indice della nostra forza attuale». Intanto in Grecia il fronte, malgrado l’aiuto degli inglesi, sta crollando con la resa ai tedeschi delle armate dell’Epiro e della Macedonia. «Rapporto dall’Italia: là tentano di rubacchiare i nostri successi e di trasformare le nostre vittorie in loro. C’era da aspettarselo. Ma il mondo non nutre che disprezzo per l’Italia».

 

Il 25 aprile: «Esamino con Speer i suoi nuovi modelli per la ricostruzione di Berlino (…) Incomparabilmente monumentali. Il Führer erigerà un monumento commemorativo di se stesso in pietra». Poi annota: «Il Duca d’Aosta combatte ancora in Abissinia. Un individuo coraggioso».

 

Il 28 aprile: «Entriamo in Atene (…) La nostra bandiera sventola sopra l’Acropoli. Orgogliosa sensazione di trionfo. Gli inglesi sono in fuga”. La stagione d’opera italiana a Berlino termina col Falstaff: «Magda ne è rimasta incantata (…) Almeno in questo campo, gli Italiani sono riusciti a fare qualcosa». Il giorno dopo discute col Führer sul Vaticano e il Cristianesimo: «Il Führer è un feroce oppositore di tutte quelle ipocrisie, ma mi proibisce di abbandonare la Chiesa. Per ragioni tattiche. E così sono ormai 10 anni che pago le mie tasse alla Chiesa, per sostenere quelle scempiaggini. È questo che fa più male».

 

La situazione alimentare comincia a farsi critica: «Dal 2 giugno la razione di carne dovrà essere ridotta a 100 grammi alla settimana (…) Se dovremo passare un altro inverno di guerra, consumeremo tutte le ultime riserve di pane (…) la nostra condizione non è certo rosea. Ora, mi trovo di fronte al problema di come presentarla alla popolazione». Poi medita sull’attacco alla Russia: «L’intera struttura del bolscevismo crollerà come un castello di carta. E forse scopriremo che i nostri soldati, là, saranno accolti bene».

 

Nota in seguito che il duca di Windsor, che notoriamente aveva simpatia per Hitler: «ha concesso un’intervista a una rivista americana nella quale nega in tutta franchezza ogni possibilità di una vittoria britannica». Il 4 maggio scrive: «Gli italiani si fanno sempre più impudenti nelle loro esigenze: l’intera Dalmazia, sovranità sulla Grecia e sulla Croazia e anche sul Montenegro. Il loro comportamento è più che spregevole. E già insegnano nelle loro scuole che l’Italia ha sconfitto la Francia!». Il 5 maggio legge D’Annunzio: «Ma in tempi come questi, non si può trovare piacere a leggerlo. Uno spaccone vanitoso, tronfio e senza tatto!».

 

L’8 maggio esamina il rapporto sul morale della popolazione: «Molti desiderano la pace. Essi considerano ogni nuova impresa come un’estensione, e quindi un prolungamento della guerra. Dovremo presentare gli argomenti adatti e seguitare a mettere in evidenza il significato universale di questa guerra».

Il 13 maggio: «La sera, arrivano notizie terrificanti: Hess, a dispetto degli ordini del Führer, è partito con un aeroplano ed è disperso da sabato (…) I suoi aiutanti, gli unici ad essere al corrente delle sue intenzioni, sono stati arrestati per ordine del Führer. La dichiarazione del Führer spiega il gesto con forme di fissazioni, una specie di pazzia connessa a illusori sondaggi di pace». La faccenda, commenta Goebbels, sarà difficile da chiarire e comunque avrà un impatto enorme in tutto il mondo: «Il Führer è proprio sconvolto».

 

Il 14 maggio: «Finalmente una certezza. Hess è atterrato in Scozia con un paracadute. Ha lasciato che il suo aeroplano si fracassasse e si è lussato una caviglia nella caduta. Poi è stato trovato da un agricoltore e in seguito arrestato dalla Home Guard. Una tragicommedia (…) Silenzio assoluto, per intanto. Ignorare tutte le dicerie. Il Führer mi aspetta. Leggo le lettere che Hess ha lasciato per lui: assolutamente confuse, dilettantismo da scolaretto». Dice che voleva convincere gli inglesi della loro disperata situazione, «rovesciare il governo di Churchill con l’aiuto di Lord Hamilton, in Scozia, e poi concludere una pace che salvasse la faccia di Londra. Sfortunatamente non ha capito che Churchill l’avrebbe fatto arrestare subito (…) Le sue lettere sono cosparse di teorie di occultismo mal digerite. Il professor Haushofer e la moglie di Hess sono stati la mente diabolica in tutta questa faccenda (…) Mi piacerebbe bastonare di santa ragione quella sua moglie, i suoi aiutanti e i suoi dottori (…) Pubblichiamo una nuova dichiarazione: bisogna attribuire la colpa del caso alle fissazioni mentali (…) La gente si domanda, e a ragione, come mai uno stupido come questo potesse essere il vice del Führer».

 

Il 15 maggio aggiunge: «Il caso Hess ha causato danni spaventosi. In patria, secondo il rapporto dell’SD e altre indagini, il tracollo è completo. Il pubblico, semplicemente, non riesce a capire cosa è successo (…) All’estero l’effetto è indescrivibile (…). Io soffro acutamente per la vergogna del caso Hess (…) La sua ingenuità infantile ci sta provocando un danno incalcolabile». Il 16 maggio: «Emano un ordine deciso contro l’occultismo, la chiaroveggenza, eccetera. Queste oscure sciocchezze saranno eliminate una volta per sempre (…) La faccenda Hess deve essere soffocata dal silenzio, non si deve seguitare a parlarne».

 

Il 19 maggio annota: «Il duca di Spoleto è stato proclamato re di Croazia, a Roma. Poveri Croati! (…) Intanto in Africa, intorno a Tobruk, infuria una vera e propria guerra di trincea (…) In Abissinia il dramma sta per finire. Il duca d’Aosta è costretto ad arrendersi».

 

Proseguono accaniti combattimenti per scacciare gli inglesi da Creta. Bombardamenti aerei e navali e più di 15.000 uomini della Wehrmacht con armamenti pesanti sono sbarcati sull’isola. Il 24 maggio Goebbels ragiona con convinta sicurezza sul futuro assetto della Russia dopo l’occupazione tedesca: «La Russia sarà divisa nelle parti che la costituiscono (…) Noi non tollereremo più un immenso monolito nell’Est (…) Il bolscevismo diventerà una cosa del passato. Così noi avremo adempiuto il nostro grande dovere verso la storia».

 

Goebbels si felicita per “il grandioso inganno” per quanto riguarda l’invasione della Russia “le notizie fasulle e le informazioni false in circolazione sono talmente tante, che all’estero non hanno più un’idea di quello che sia inventato e quello che sia vero”.

 

Il 27 maggio viene affondata dalla Royal Navy la corazzata Bismarck, e Goebbels, per distogliere l’attenzione, annuncia che la situazione a Creta si sta volgendo a favore dei tedeschi. Intanto scrive: «sembra che Stalin, a poco a poco, veda la luce. Ma, per il resto del tempo sta lì a guardare fisso, come un coniglio davanti al serpente». Inizia l’Operazione Barbarossa, designazione ufficiale dell’invasione della Russia: «Ora dobbiamo occuparci del primo grande inganno. L’intero Stato e la macchina militare vengono mobilitati (…) 14 divisioni saranno trasportate verso l’Occidente. Il tema dell’invasione dell’Inghilterra verrà portato lentamente in primo piano».

 

Il 2 giugno Creta è conquistata e Goebbels scrive: «Mi sento assolutamente felice e contento di essere al mondo». Il 4 giugno: «Direttive per la propaganda indirizzata verso la Russia: niente antisocialismo, né ritorno dello zarismo, nessuna aperta ammissione del piano di dividere il paese (…) Attacchi contro Stalin e i suoi padroni ebrei (…). Serie accuse al bolscevismo e ai suoi fallimenti in ogni campo (…) La nostra campagna d’inganno funziona perfettamente. Il mondo intero parla della futura alleanza tra Berlino e Mosca». Ma in realtà Stalin inizia a mettere al corrente le masse della gravità della situazione, e di questo Goebbels è ben consapevole.

 

L’8 giugno scrive: «La Russia asiatica non è presa in considerazione. Noi ci interessiamo soltanto delle sue parti europee». Poi ha un momento d’entusiasmo: «Ho acquistato un meraviglioso Goya da una collezione privata francese. Un capolavoro!».

 

L’11 giugno riferisce di un discorso del Duce alla Camera: «Mussolini è piuttosto generoso nell’attribuire a se stesso le nostre imprese militari». L’argomento Russia torna in evidenza: «Il Times ha pubblicato un articolo molto sospettoso in proposito e in realtà abbastanza esatto (…) Le cose stanno andando ancora bene. Ma non riusciremo a continuare ancora a lungo con l’inganno». Nel frattempo: «Tutti gli astrologhi, gli antroposofi, i cultori del magnetismo eccetera, sono stati arrestati e ogni loro attività vietata (…) Abbastanza stranamente nessun chiaroveggente ha predetto che sarebbe stato arrestato. Una pubblicità meschina per la professione!».

 

Il 15 giugno annota: «Sappiamo da intercettazioni radio che Mosca ha messo in stato di allarme la flotta russa. Ma i preparativi sono del tutto dilettanteschi. Non da prendersi sul serio, quando si tratta di vera guerra». Il giorno successivo colloquio col Führer: «La prima offensiva sarà sferrata in vari punti. Il nemico sarà respinto con un unico movimento uniforme. Secondo il Führer, per l’operazione ci vorranno quattro mesi (…) Dobbiamo agire. Mosca intende tenersi fuori dalla guerra finché l’Europa sarà esausta e dissanguata. Allora Stalin si muoverà per bolscevizzare l’Europa ed imporre il suo dominio. Noi sconvolgeremo i suoi piani con un colpo solo (…) Quando la Russia sarà stata messa in ginocchio (…) potremo dare inizio all’attacco contro l’Inghilterra (…). L’Italia e il Giappone ora saranno informati della nostra intenzione di presentare certe richieste alla Russia, sotto la forma di un ultimatum, agli inizi di luglio». Ma il mondo: «comincia piano piano a mangiare la foglia sul nostro inganno riguardante la Russia (…) Ora Londra ha capito completamente la faccenda».

 

22 giugno 1940: «L’attacco incomincerà alle 3.30 del mattino. 160 divisioni complete lungo un arco di 3.000 chilometri (…) La più grande concentrazione di forze in tutta la storia (…) Camminiamo avanti e indietro col Führer nel salone per tre ore. Non abbiamo altra scelta che l’attacco. Questa piaga cancerosa deve essere cauterizzata. Stalin cadrà (…) Il Duce verrà informato completamente domenica (…) Dopo qualche discussione, fissiamo le 5,30 come ora della lettura del proclama alla radio. Il nemico allora saprà quello che sta capitando e sarà giunto il momento di informarne anche la nazione e il mondo (…) 3.30, a quest’ora i nostri cannoni cominciano a tuonare. Che Dio benedica le nostre armi! Berlino e tutto il Reich dormono. Ho una mezz’ora di tempo, ma non posso dormire. Cammino su e giù per la stanza, irrequieto. Si può sentire il respiro della storia. È giunta una meravigliosa ora di gloria, in cui sta nascendo un nuovo impero. La nostra nazione si incammina verso la luce». Non lo sfiora neanche lontanamente il pensiero delle centinaia di migliaia di morti che questa velleitaria e assurda invasione comporterà.

 

23 giugno: «Molotov parla: insulti selvaggi mescolati ad un appello al patriottismo (…). L’atteggiamento dell’Inghilterra ancora ambiguo (…) Negli USA nient’altro che sbalordimento, per ora (…) L’Italia ha dichiarato guerra alla Russia. Molto decente. Un’ondata di anticomunismo spazza l’Europa (…) Nel pomeriggio la risposta di Londra è di sostenere che Hitler è pazzo, citando l’esempio di Napoleone, un paragone già suggerito da Molotov».

 

24 giugno: «Ieri gli sviluppi militari nell’Est sono ottimi e superano ogni nostra aspettativa. Le nostre nuove armi conquistano tutto quello che si trovano davanti (…) Finora 1.500 aeroplani russi distrutti. Cadono come mosche. I loro caccia sono più lenti dei nostri Junkers 88. Tutto si svolge secondo il piano e anche meglio (…) Il Führer è in procinto di partire per il fronte (…). È molto serio e solenne. Possa ritornare vittorioso e salvo! Con l’aiuto di Dio!». Le truppe tedesche avanzano anche se “i Russi resistono coraggiosamente”. Entrano a Kaunas mentre interi quartieri di Leningrado sono in fiamme. L’armata Rossa sta perdendo un numero incalcolabile di carri armati e aeroplani: «Ci troviamo sulla soglia di un enorme successo».

 

Il 28 giugno Goebbels è ancora più ottimista: «L’Europa sta serrando le file, sotto la nostra guida. L’intero continente è in fase di risveglio. Piccole e grandi nazioni si uniscono a noi (…) Noi andremo avanti, avanti, avanti, finché giungerà la grande ora». Il 30 giugno: «Due armate rosse intrappolate a Bialystok (…) Minsk è nelle nostre mani. I Russi hanno perso 2.233 carri armati e 5.107 aeroplani».

 

Il 1 luglio scrive: «In generale le cose vanno bene, sebbene i Russi combattano più energicamente di quanto non avessimo previsto. Le nostre perdite in fatto di uomini ed equipaggiamenti non sono insignificanti (…) Se avessimo aspettato di più, cosa sarebbe successo? Una volta ancora, l’istinto del Führer si è dimostrato giusto».

 

Il 4 luglio: “«All’estero, specie negli USA e perfino a Londra, considerano la posizione di Mosca molto brutta: Essi credono di assistere alle fasi iniziali di una delle più grandi guerre di annientamento della storia. E, senza dubbio, non hanno torto (…) Le perdite dei Russi nella sacca di Bialystok sono enormi. I 160.000 uomini fatti prigionieri sono superati di gran lunga dal numero di morti e feriti (…). In questo momento il bolscevismo sta subendo la sua grande crisi, sia intellettuale, sia organizzativa».

 

8 luglio, ultimo giorno del diario pubblicato da Fred Taylor: «La nostra lotta contro il bolscevismo ci ha procurato molti amici. Ma l’effetto della fame è troppo forte. Perfino nei Balcani (…) c’è una vera carestia. Specialmente in Grecia (…) Anche a Berlino la situazione alimentare è brutta. Ritardi negli approvvigionamenti di verdura e patate». Ma poi l’ottimismo torna a prevalere: «Nessuno ha più dubbi sul fatto che saremo vittoriosi in Russia (…) Smolensk bombardata due volte. Ci stiamo avvicinando a Mosca sempre di più».

 

Leggendo questi diari appare chiaro come per Goebbels la mitologizzazione del Führer, all’ombra del quale ha vissuto senza sovente nemmeno essere consultato sulle decisioni fondamentali, abbia contribuito in modo decisivo al rafforzamento della propria autostima e autoaffermazione. Come sottolinea Peter Longerich nella sua monumentale biografia Goebbels pubblicata da Einaudi nel 2016, il diario “nato come luogo di autoanalisi e autocritica, diventò ben presto per Goebbels un mezzo per consacrare se stesso alla luce dei successi ottenuti ed eternare una carriera trionfale, insabbiare sconfitte e fallimenti, ritemprarsi e motivarsi a continuare la strada intrapresa. Se nei primi anni, i brani di autocritica sono la parte più interessante, l’assenza quasi completa di autocritica è forse l’aspetto più appariscente degli ultimi”.

RUBRICHE


attualità

ambiente

arte

filosofia & religione

storia & sport

turismo storico

 

PERIODI


contemporanea

moderna

medievale

antica

 

ARCHIVIO

 

COLLABORA


scrivi per instoria

 

 

 

 

PUBBLICA CON GBE


Archeologia e Storia

Architettura

Edizioni d’Arte

Libri fotografici

Poesia

Ristampe Anastatiche

Saggi inediti

.

catalogo

pubblica con noi

 

 

 

CERCA NEL SITO


cerca e premi tasto "invio"

 


by FreeFind

 

 

 

 

 


 

 

 

[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]