[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

162 / GIUGNO 2021 (CXCIII)


contemporanea

1939-1941

LA FOLLIA NAZISTA NEI DIARI DI JOSEPH GOEBBELS / PARTE II

di Francesco Cappellani

 

Il 1940 è l’anno dei maggiori successi militari e politici di Hitler. La Wehrmacht invade e soggioga facilmente Francia, Belgio, Olanda e inoltre, a nord, la Danimarca e la Norvegia. Potrebbe aggredire l’Inghilterra, ma temporeggia. Goebbels lavora assiduamente controllando che il popolo tedesco non diventi troppo euforico e ottimista, in modo da essere sempre in grado di affrontare eventualità non previste.

 

I suoi rapporti con la moglie Magda sono tornati normali ed è nato il loro sesto figlio, una bimba, il cui nome, Heidi, comincia per “H” come quello degli altri figli in omaggio a Hitler. I lunghi colloqui con il Führer, sempre più convinto della vittoria, mostrano il totale asservimento e la devozione di Goebbels per un capo visto come un genio assoluto, in grado di ricreare una Europa nuova, depurata dagli ebrei e dall’odiato Churchill.

 

Il 3 gennaio 1940 racconta che Mussolini «ha mandato al Führer un telegramma molto esteso, sia personale che politico, al cui confronto quello del re d’Italia, appare tanto più riservato e freddo». Il 4 gennaio si scaglia contro il milionario Fritz Thyssen che «ha mandato al Führer una lettera proditoria, e minaccia di pubblicarla».

 

Thyssen nel 1933 aveva sostenuto l’ascesa al potere di Hitler nella speranza che appoggiasse un governo costituzionale. Ma col trascorrere del tempo, l’industriale aveva realizzato che si era verificato «un disastroso cambiamento. Già nel primo periodo avevo sentito la necessità di esprimere la mia protesta contro la persecuzione contro la religione cristiana (…) Quando, l’8 novembre 1938, gli Ebrei furono derubati e torturati nella maniera più vile e brutale (…) io protestai ancora una volta e mi dimisi da Consigliere di Stato(…)».

 

Thyssen chiedeva che la lettera fosse resa nota al popolo tedesco, ma ovviamente non fu mai pubblicata. Nel febbraio del 1940 Thyssen fu privato della nazionalità e le sue proprietà confiscate. Fu arrestato in estate e internato in un campo di concentramento insieme alla moglie. Sarà liberato dagli alleati nel 1945. Gli effetti della guerra cominciano a farsi sentire anche per il popolo tedesco.

 

L’11 gennaio Goebbels scrive: «Ieri: 25 gradi sotto zero. A Berlino e in tutto il Reich la situazione del carbone è molto seria. Dobbiamo essere preparati a provvedimenti draconiani, se necessario. Le condizioni attuali si ripercuotono negativamente sul morale».

 

Il 16 gennaio ha un colloquio col Führer e annota: «Una conversazione come questa dà a un individuo nuova forza e nuovo coraggio. Tutto il clamore della così detta opinione pubblica mondiale svanisce e diventa irrilevante. Riprendo il lavoro come un uomo risorto». Affronta poi la questione del Sud Tirolo, dove un referendum aveva confermato la scelta di quella popolazione di restare con l’Italia, e critica aspramente il grande alpinista, regista e scrittore Luis Trenker per avere scelto l’Italia: «quella creatura senza spina dorsale (…) Lo sistemeremo a dovere. Il Führer non ha mai avuto una grande opinione di lui e anch’io ho avvertito la gente di diffidarne».

 

Il 19 gennaio annota: «Il segretario del Partito Fascista, Muti, ha parlato energicamente in nostro favore. Qualcosa a cui pensare per Londra e Parigi. Si presume che Roma sia pronta. Noi lo possiamo sperare!».

 

Il 22 gennaio immagina il prossimo futuro: «Il Führer si è deciso per una grande guerra contro la Gran Bretagna. Non appena il tempo sarà buono, l’Inghilterra deve essere cacciata via dall’Europa, e la Francia distrutta come grande potenza. Allora la Germania avrà l’egemonia, e l’Europa la pace (…).Poi il Führer conserverà la sua carica per pochi anni, nei quali si dedicherà a riforme sociali e ai suoi progetti di costruzioni (…) Egli intende operare soltanto come uno spirito benefico, aleggiante sopra il mondo politico».

 

Il 31 gennaio: «Con il Führer. Egli ha una gran voglia di gettarsi nella mischia. Andiamo allo Sportpalast. Pieno zeppo. Un mare di umanità fremente. Gioia frenetica (…).Poi parla il Führer (…) Decisa volontà di vittoria. La più incrollabile fiducia. La folla reagisce esultando».

 

Il primo febbraio sbotta contro la Chiesa: «L’arcivescovo Gröber di Friburgo ha tenuto un discorso del nuovo anno che è puro tradimento. Dovremo poi punire questo individuo”. Intanto proseguono i bombardamenti della Luftwaffe contro i convogli inglesi e le grandi città industriali della Gran Bretagna. Goebbels commenta: «Il nostro programma di armamento è stato sviluppato con febbrile energia, specialmente nel caso della Luftwaffe. Uno di questi giorni gli inglesi resteranno sbalorditi».

 

Il 6 febbraio si abbandona a riflessioni visionarie sul futuro della storia: «Il vecchio Sacro Romano Impero fu la più grande creazione politica dopo l’era di Roma. Prese il suo carattere europeo dall’Impero Romano, e di questo saremo ad ammantarci, ora. Con il nostro talento organizzativo e la selettività razziale, il dominio del mondo toccherà automaticamente a noi. Soltanto la Chiesa ostacola la nostra strada ormai. La Chiesa non ha abbandonato la sua pretesa di dominare il mondo secolare; l’ha semplicemente mascherata dietro vesti religiose (…). Il Führer traccia queste prospettive ad ampie ed estese pennellate. Ogni volta che parla di filosofia politica, sembra acquistare una maggiore statura morale».

 

L’8 febbraio è preoccupato per le notizie che filtrano sul comportamento dei nazisti in Polonia: «La propaganda anglo-francese sulle atrocità in Polonia aumenta di giorno in giorno. Noi adottiamo energiche misure per controbatterla». Intanto non tralascia di leggere tutto quello che può essergli utile per la sua attività propagandistica: «Ho trovato un libro di Shaw, “On the Peace Conference”, del 1919. Contiene una critica distruttiva della mentalità anglosassone. Posso farne un ottimo uso nel nostro lavoro».

 

Il 16 giugno scrive: «Situazione militare: aspri combattimenti sulla Linea Maginot (…). Inseguimento del nemico oltre la Senna. Dal 5 giugno, più di 200.000 prigionieri. La bandiera tedesca sventola sopra Versailles. Trionfo! Abbiamo trascorso 21 anni combattendo per questo. Gloria, vittoria!».

 

L’Italia è entrata in guerra il 10 giugno e l’ambasciatore Alfieri «è felice dei nostri successi». il Führer «è contentissimo ed eccitato. Non vuol sentire parlare di pace, per il momento. Prima i francesi devono essere messi in ginocchio (…). Il Führer ha studiato la cerimonia dell’armistizio e della pace di Versailles molto attentamente. Sarà questo il nostro modello, perfettamente azzeccato. Il Führer è meraviglioso. Così limpido e inesorabile. Ogni conversazione con lui è una nuova fonte di energia».

 

Il 25 giugno scrive: «Alle 19,20, una telefonata di Alfieri: alle 19,10 è stata firmata la tregua tra Francia e Italia. Un momento storico. Colpito dalla grandezza del momento (…).Grazie al Führer ».

 

Il 17 agosto, dopo avere disquisito sui procedimenti legali che in periodi di guerra è meglio abolire, afferma sorprendentemente che «in seguito, intendiamo spedire gli Ebrei nel Madagascar. Là anche loro potranno crearsi il proprio Stato».

 

Il primo ottobre, riferendosi al Patto d’Acciaio tra Italia e Germania che il 27 settembre 1940 era stato esteso al Giappone e chiamato Patto Tripartito, annota: «Stalin fa una dichiarazione sul Patto delle Tre Potenze, pubblicato sulla Pravda. Molto favorevole (…) Così i plutocrati, che avevano ipotizzato su eventuali aiuti dei bolscevichi, si trovano a mal partito». Nel pomeriggio riceve Farinacci, ex segretario del partito fascista: «Egli è eccezionalmente simpatico, un vero vecchio fascista», con lui discute«sulla crisi morale provocata dal problema degli sfollati».

 

Il 5 ottobre Goebbels, appassionato di musica, incontra il maestro Wilhelm Furtwängler che ha qualche preoccupazione per i suoi impegni all’estero: «Egli è molto servizievole e offre di dare un concerto con la Filarmonica di Berlino, durante la mia visita a Praga». È noto che il rapporto del grande direttore d’orchestra col nazismo è complesso. Furtwängler non si iscrisse mai al nazionalsocialismo anche se in pratica era considerato il direttore ufficiale del partito, dirigendo parecchi concerti per il regime e uno anche in occasione del compleanno di Hitler nel 1942. Fu processato alla fine della guerra dagli americani, ma alla fine dichiarato non colpevole.

 

Il 3 ottobre 1940 c’è l’incontro al Brennero tra Hitler e Mussolini: «I risultati delle conversazioni sono buoni (…). Potremo aspettarci qualche effetto in un prossimo futuro. Il Führer manovra le sue pedine con eccezionale abilità. Un giorno Churchill si troverà in scacco matto».

 

Goebbels segue sempre più attentamente l’atteggiamento di Roosevelt nei confronti della guerra. L’8 ottobre riceve una lettera dal giornalista americano Karl Wiegand dall’America che «descrive il terrore intellettuale esercitato dagli ebrei e dai plutocrati, che prevale là, e un Paese che puzza orrendamente di corruzione e vili menzogne, abitato da un guazzabuglio di razze che non merita il nome di “popolo”. Che vada al diavolo!».

 

I bombardamenti inglesi cominciano a farsi sentire pesantemente; sempre l’8 ottobre scrive: «Allarme aereo alle 10, durato più di 5 ore. L’attacco più massiccio degli Inglesi, fino a ora (…).Bombardati ospedali etc.». La Germania comincia a contare le proprie perdite che sono state considerevoli: «In totale, compresi tutti gli aerei distrutti in incidenti durante gli addestramenti, abbiamo perduto meno di 700 aeroplani in settembre. E ne abbiamo prodotto 1.800. Il rapporto, quindi, è tollerabilissimo».

 

Proseguono i bombardamenti della Luftwaffe, l’11 ottobre nota: «Ieri tempo ideale. Attacchiamo l’Inghilterra e Londra in particolare senza sosta, di giorno e di notte. La situazione psicologica di Londra va deteriorandosi di giorno in giorno». Diversamente l’umore nella Francia va migliorando e il rappresentante tedesco a Parigi «vuole proteggere l’industria della moda francese: Io rifiuto. Dobbiamo assumere una parte preminente in questo campo, e non lasciarci turbare da complessi d’inferiorità. Perciò Vogue non sarà pubblicato, per il momento».

 

I bombardamenti proseguono martellanti da ambo le parti. Goebbels è preoccupato per il morale della popolazione che è leggermente sceso. Il 12 ottobre scrive: «Il nostro popolo deve, per prima cosa, abituarsi all’idea di un secondo inverno di guerra. Io sto ricevendo un’intera serie di lettere di lagnanze. Dobbiamo condurre la nostra propaganda più intensamente e con maggiore abilità».

 

Il 14 ottobre annota: «Il rapporto dell’Alto Comando parla ancora di gravi danneggiamenti a Londra. Ma quel mostro di Churchill non è ancora sul punto del collasso». Intanto ripensa all’industria cinematografica e il 15 ottobre è euforico: «Stiamo accaparrandoci Parigi, per quanto riguarda il cinema. In Belgio e in Olanda, comperiamo le sale cinematografiche. Il mercato europeo deve appartenere a noi».

 

Il 16 ottobre incontra Rudolf Hess, segretario privato di Hitler: «Hess mi fa un’ottima impressione: è tranquillo, obiettivo, sincero e molto fiducioso. L’opinione di Hess su Ribbentrop è di assoluto disprezzo. Un uomo ammalato, puerile, vanitoso e gonfiato e con poca sostanza dietro la facciata».

 

Il 19 ottobre si reca a Parigi: «A Parigi con Göring. Prima una visita a un’esposizione di tessuti fiamminghi. Semplicemente stupenda (…). Discutiamo il problema di Ribbentrop, Göring freme di rabbia contro di lui (…) Parigi, la vecchia magia di questa meravigliosa città, che ancora una volta è pulsante di vita (…). La sera al Casino per uno spettacolo di varietà. Non così buono come a Berlino, ma una quantità di belle donne e una nudità disarmante. A Berlino non potremmo mai mettere in scena qualcosa di simile».

 

Il 22 ottobre scrive qualcosa di inquietante: «Abbozzo definitivo della monografia sulle opere rubate. Messa insieme magnificamente da Geheimrat Kümmel. Intendo mostrarla al Fuhrer». Il 23 ottobre parla della preparazione di forti contingenti di truppe per dare una mano alle truppe italiane in Libia, e poi fa la solita sfuriata su Ribbentrop che «sta inducendo la stampa a considerarlo l’erede di Bismarck!».

 

In Francia Laval vuole unirsi ai tedeschi contro l’Inghilterra. Il 24 ottobre il grande avvenimento è l’incontro tra il Führer e Laval: «Se la Francia è avveduta, quella che le viene offerta è una vera possibilità (…). Già la gente parla di una entrata in guerra della Francia contro la Gran Bretagna (…). Noi stiamo tirando i fili. I commenti da Vichy sono molto ottimisti (…). In complesso il mondo si sta trasformando».

 

Il 27 ottobre è a Vienna e pranza con Baldur von Scirach, gauleiter di Vienna (condannato a 20 anni nel processo di Norimberga). «Scirach occupa la stanza di Metternich. Il Congresso di Vienna ha avuto luogo proprio qui. Stanze storiche. Lì, nell’angolo, è stato ucciso Dollfuss». Intanto Mussolini, irritato per la scarsa considerazione di cui gode sul piano militare, decide di «spezzare le reni alla Grecia».

 

Goebbels il 29 ottobre scrive: «Roma lancia un ultimatum ad Atene. Metaxas lo respinge. L’Italia muove contro la Grecia»; più avanti si abbandona a riflessioni sulla sua vita: «È il mio compleanno. Quarantatre anni. Come s’invecchia attraverso la rivoluzione e la guerra. Qualche volta si vorrebbe avere qualche cosa dalla vita. Non vivere sempre per il vantaggio degli altri». Un’autocommiserazione francamente curiosa.

 

Il primo novembre scrive: «Gli Italiani stanno facendo progressi modestissimi in Grecia. A conti fatti, mancano dello spirito adatto (…). Ora noi dobbiamo condurre la lotta in maniera tale da conseguire la vittoria il più presto possibile. Tutti i mezzi sono giustificati. Il nostro fine è chiaro: un nuovo impero mondiale Tedesco». Il 2 novembre incontra il Führer: «L’offensiva italiana contro la Grecia non incontra la sua piena approvazione. Non è stata concepita bene, e non offre uno spettacolo esaltante, almeno per ora. Gli parlo di Vienna. Dell’amore della città per la musica, di Furtwängler e del professor Sauer, tutte cose che lo interessano molto (…). Ha un’opinione molto scarsa di Karajan e del suo modo di dirigere».

 

Il 3 novembre: «Progressi molto lenti in Grecia. Il blitzkrieg è un’invenzione tedesca e finora è rimasto un brevetto tedesco». Si consola con i film: «Visita di gente del cinema a cui faccio vedere l’epopea americana “Via col vento” che suscita l’ammirazione generale. Giusto, perché la merita». Il 7 novembre è a Praga: «Giro della città. Che gioiello! La cattedrale di San Vito con tutti i suoi tesori. Le costruzioni, le strade, le piazze vecchie, la vista sulla Moldava. Uno spettacolo indimenticabile (…). Trasuda spirito tedesco, e dovrà diventare tedesca di nuovo, un giorno». Poi commenta la rielezione di Roosevelt a Presidente degli Stati Uniti: «Gli USA, in ogni caso, hanno dato a Londra tutto il possibile appoggio materiale (…). È difficile che Roosevelt sia in grado di entrare in guerra con una funzione attiva. Non possiamo fare altro che aspettare e vedere!».

 

L’11 novembre scrive: «Chamberlain è morto. Crollato moralmente e fisicamente sotto il peso dei nostri attacchi. Voleva vedere la caduta di Hitler. Noi abbiamo visto la sua, e la rovina del suo impero». In realtà il Cancelliere dello scacchiere aveva abbandonato ogni incarico il 22 settembre 1940 ed era “crollato” per l’aggravarsi di un tumore incurabile.

 

Il 12 novembre biasima ancora l’azione italiana in Grecia: «Nessun progresso in Grecia. Roma (…) ha preparato l’operazione con molta fiacca (…). La situazione ora deve essere considerata molto grave dal punto di vista militare. Ed è anche un problema di importanza cruciale per noi. Vergogna, vergogna!». La sera festeggia il compleanno della moglie: «Magda è di nuovo di una bellezza abbagliante. Il Führer arriva verso le dieci di sera e si trattiene fino alle quattro del mattino. È assolutamente rilassato e fiducioso, come nei tempi precedenti la guerra. Emana una somma calma (…). Sogniamo ad occhi aperti tutte le cose che faremo dopo la guerra. Sarà meraviglioso allora, dovrà esserlo. Siamo molto contenti di avere il Führer come ospite per tanto tempo. Qui può diventare di nuovo un vero essere umano».

 

Il 15 novembre ritorna sulla campagna in Grecia: «La campagna greca era basata unicamente sul bluff. Questo è l’errore più grave che si possa commettere (…). Ciano è il responsabile dell’intera faccenda contro il parere della maggioranza. Un altro trombone, un compare di Ribbentrop». Il 16 novembre rincara la dose: «I Greci stanno già combattendo in territorio albanese. Gli Italiani si sono cacciati in un terribile pasticcio. Un’umiliazione penosa per tutti noi».

 

Il 19 novembre: «Il Duce ha tenuto un discorso. Molto fermo e virile. Predice il destino di Cartagine per l’Inghilterra», poi Goebbels passa a illustrare il nuovo piano edilizio del Führer: 300.000 case nuove, nel solo primo anno del dopoguerra! Il 21 novembre parla di 500 tonnellate di esplosivo scaricate su Birmingham: «Questa città diventerà una seconda Coventry (…). Gli Ungheresi sono entrati a far parte del Patto delle Tre Potenze a Vienna (…). I Bulgari e gli Sloveni seguiranno entro una settimana. La nuova Europa comincia a passare sotto la nostra guida». Ma ha forti dubbi sull’Ungheria: «Là tutti, con Horthy in testa, sono antitedeschi (…). Non arriveremo mai a niente con l’Ungheria. Un giorno dovrà essere distrutta».

 

Il 24 novembre parla della evacuazione di Coriza (Albania) da parte degli Italiani: «Dipenderà dagli Italiani che non si trasformi in un disastro militare. Probabilmente non sarà così, ma con gli italiani non si può mai sapere». Il 10 dicembre:«Gli Italiani seguitano a ritirarsi. Questo lede il loro prestigio, ma ha anche un’influenza negativa sulla situazione nel mediterraneo e nei Balcani. Il Führer è molto irritato e scontento (…). In ogni modo, la faccenda della Grecia è arrivata a un punto tale, che occorre fare qualche cosa».

 

L’11 dicembre scrive che gli Italiani sono stati attaccati dagli Inglesi in Africa, ma intanto aerei tedeschi da trasporto sono arrivati in Albania per aiutare i soldati del Duce: «Si calcola che le perdite italiane ammontino a circa 10.000 morti. Nessuno, adesso, vuole esserne responsabile. Ciano cerca di scaricare la colpa su Badoglio, e Badoglio insiste nel dire di non essere stato consultato. Una spaventosa orgia di dilettantismo (…). Discuto con Jodl la campagna di Grecia (…). Roma ci ha davvero messo i bastoni tra le ruote». Poi Goebbels si mette a discutere del problema sessuale che preoccupa molto il Führer: «Il cristianesimo ha ammantato di disonestà tutti i nostro atteggiamenti erotici. La così detta “moralità” di oggi non è altro che ipocrisia, in gran parte. L’impulso erotico, simile a quello della fame, è l’elemento più vitale dell’esistenza umana. Dobbiamo esaminare la questione unicamente dal punto di vista della salute del popolo. Questa deve essere la nostra moralità (…). Il Führer sostiene opinioni molto chiare, schiette e senza falsi pudori. È il più grande educatore popolare che si possa immaginare».

 

Sempre l’11 dicembre è deluso e irritato nei confronti dell’Italia: «Churchill ha dichiarato alla Camera dei Comuni che gli Italiani si trovano di fronte a una grave sconfitta nel deserto occidentale d’Egitto. Secondo le nostre informazioni potrebbe anche avere ragione (…). I nostri alleati fascisti stanno diventando una vera pietra al collo per noi!». Il giorno successivo annota: «Il Führer parla ai Gauleiter; da un punto di vista militare, è come se la guerra fosse già vinta. Descrive le nostre nuove armi, i potenziali armamenti (…) tutte cose veramente sbalorditive. L’Inghilterra è isolata (…). Proprio come l’anno scorso egli ha predetto il crollo della Francia, ora predice quello dell’Inghilterra (…). Nessuna invasione in programma, per il momento (…). Egli diffida dell’acqua».

Il 14 dicembre annota: «L’Italia è in uno stato di profonda depressione (…). L’Italia spera nell’intervento della Wehrmacht e, alla fine, probabilmente, non avremo altra alternativa». In Francia, caos a Vichy: «Laval è stato messo agli arresti (…). Probabilmente è vero che Laval non è appoggiato dalla popolazione. Ha corteggiato la Germania troppo sfacciatamente, e in modo servile (…). Pétain ha telegrafato al Führer, dicendogli che la sua politica verso la Germania non cambierà. Staremo a vedere».

 

Il 20 dicembre scrive: «Ordino di appoggiare maggiormente l’Italia (…). Le cose si sono consolidate in Albania (…). Dal primo gennaio la nostra offensiva prenderà l’avvio. Allora i Greci cominceranno a sentire la stretta». Più avanti fa una singolare considerazione: «La giustizia da sola non può proteggere uno Stato. Bisogna sempre potere disporre di una alternativa, come noi l’abbiamo nei campi di concentramento».

 

Ritorna su questo tema il 22 dicembre: «Con il Führer, che ha difficoltà con gli uomini di legge (…). Essi sanciscono condanne alla prigione, quando la morte sarebbe più appropriata. Senza la pena di morte, è impossibile governare in tempo di guerra». Poi si interroga sulla durata della guerra: «Il Führer spera che finisca nel 1941. Ma chi può saperlo?».

 

Nuove critiche agli Italiani: «L’Italia ha iniziato sempre male i suoi combattimenti: prima in Abissinia, poi in Francia, non occupando la Savoia fin dall’inizio, e in seguito in Albania e in Somalia. Impareggiabile dilettantismo. Gli Italiani, hanno portato allo sfacelo l’intero prestigio militare dell’Asse (…). Gli Italiani, dopo tutto, sono una razza neolatina. Ora noi dovremo attaccare. Non per aiutare gli Italiani, ma per cacciar via gli Inglesi, che adesso si sono insediati a Creta». Conclude il panorama della situazione così: «L’America, pensa il Führer, non entrerà in guerra. Teme il Giappone. Ma nemmeno il Führer ha un gran desiderio di invadere l’Inghilterra. L’acqua lo intimidisce».

 

Il 23 dicembre: «Ricevo un rapporto sulla situazione interna dell’Italia: deve essere assolutamente tetra. La Chiesa, l’aristocrazia, gli Ebrei e perfino una parte della classe lavoratrice sono contro Mussolini. Vi sono già seri problemi disciplinari nell’esercito».

 

Il 25 dicembre: «Ieri Churchill rivolge un appello al popolo italiano, invitandolo a staccarsi da Mussolini, per unirsi a Casa Savoia e fare la pace. Il vecchio intrigante e plutocrate tradizionale. Ordino alla stampa tedesca di dargli la risposta che si merita»; ma il 30 dicembre paventa per la prima volta il coinvolgimento degli USA: «Gli USA si stanno avvicinando alla guerra».

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]