contemporanea
1939-1941
LA FOLLIA NAZISTA NEI DIARI DI JOSEPH
GOEBBELS / PARTE II
di Francesco Cappellani
Il 1940 è l’anno dei maggiori successi
militari e politici di Hitler. La
Wehrmacht invade e soggioga facilmente
Francia, Belgio, Olanda e inoltre, a
nord, la Danimarca e la Norvegia.
Potrebbe aggredire l’Inghilterra, ma
temporeggia. Goebbels lavora
assiduamente controllando che il popolo
tedesco non diventi troppo euforico e
ottimista, in modo da essere sempre in
grado di affrontare eventualità non
previste.
I suoi rapporti con la moglie Magda sono
tornati normali ed è nato il loro sesto
figlio, una bimba, il cui nome, Heidi,
comincia per “H” come quello degli altri
figli in omaggio a Hitler. I lunghi
colloqui con il Führer,
sempre più convinto della vittoria,
mostrano il totale asservimento e la
devozione di Goebbels per un capo visto
come un genio assoluto, in grado di
ricreare una Europa nuova, depurata
dagli ebrei e dall’odiato Churchill.
Il 3 gennaio 1940 racconta che Mussolini
«ha mandato al Führer
un telegramma molto esteso, sia
personale che politico, al cui confronto
quello del re d’Italia, appare tanto più
riservato e freddo».
Il 4 gennaio si scaglia contro il
milionario Fritz Thyssen che «ha
mandato al Führer
una lettera proditoria, e minaccia di
pubblicarla».
Thyssen nel 1933 aveva sostenuto
l’ascesa al potere di Hitler nella
speranza che appoggiasse un governo
costituzionale. Ma col trascorrere del
tempo, l’industriale aveva realizzato
che si era verificato «un disastroso
cambiamento. Già nel primo periodo avevo
sentito la necessità di esprimere la mia
protesta contro la persecuzione contro
la religione cristiana (…) Quando, l’8
novembre 1938, gli Ebrei furono derubati
e torturati nella maniera più vile e
brutale (…) io protestai ancora una
volta e mi dimisi da Consigliere di
Stato(…)».
Thyssen chiedeva che la lettera fosse
resa nota al popolo tedesco, ma
ovviamente non fu mai pubblicata. Nel
febbraio del 1940 Thyssen fu privato
della nazionalità e le sue proprietà
confiscate. Fu arrestato in estate e
internato in un campo di concentramento
insieme alla moglie. Sarà liberato dagli
alleati nel 1945. Gli effetti della
guerra cominciano a farsi sentire anche
per il popolo tedesco.
L’11 gennaio Goebbels scrive: «Ieri:
25 gradi sotto zero. A Berlino e in
tutto il Reich la situazione del carbone
è molto seria. Dobbiamo essere preparati
a provvedimenti draconiani, se
necessario. Le condizioni attuali si
ripercuotono negativamente sul morale».
Il 16 gennaio ha un colloquio col Führer
e annota: «Una conversazione come
questa dà a un individuo nuova forza e
nuovo coraggio. Tutto il clamore della
così detta opinione pubblica mondiale
svanisce e diventa irrilevante. Riprendo
il lavoro come un uomo risorto».
Affronta poi la questione del Sud
Tirolo, dove un referendum aveva
confermato la scelta di quella
popolazione di restare con l’Italia, e
critica aspramente il grande alpinista,
regista e scrittore Luis Trenker per
avere scelto l’Italia: «quella
creatura senza spina dorsale (…)
Lo sistemeremo a dovere. Il Führer
non ha mai avuto una grande opinione di
lui e anch’io ho avvertito la gente di
diffidarne».
Il 19 gennaio annota: «Il segretario
del Partito Fascista, Muti, ha parlato
energicamente in nostro favore. Qualcosa
a cui pensare per Londra e Parigi. Si
presume che Roma sia pronta. Noi lo
possiamo sperare!».
Il 22 gennaio immagina il prossimo
futuro: «Il Führer
si è deciso per una grande guerra contro
la Gran Bretagna. Non appena il tempo
sarà buono, l’Inghilterra deve essere
cacciata via dall’Europa, e la Francia
distrutta come grande potenza. Allora la
Germania avrà l’egemonia, e l’Europa la
pace (…).Poi il Führer
conserverà la sua carica per pochi anni,
nei quali si dedicherà a riforme sociali
e ai suoi progetti di costruzioni (…)
Egli intende operare soltanto come uno
spirito benefico, aleggiante sopra il
mondo politico».
Il 31 gennaio: «Con il Führer.
Egli ha una gran voglia di gettarsi
nella mischia. Andiamo allo Sportpalast.
Pieno zeppo. Un mare di umanità
fremente. Gioia frenetica (…).Poi parla
il Führer
(…) Decisa volontà di vittoria. La più
incrollabile fiducia. La folla reagisce
esultando».
Il primo febbraio sbotta contro la
Chiesa: «L’arcivescovo Gröber
di Friburgo ha tenuto un discorso del
nuovo anno che è puro tradimento.
Dovremo poi punire questo individuo”.
Intanto proseguono i bombardamenti della
Luftwaffe contro i convogli inglesi e le
grandi città industriali della Gran
Bretagna. Goebbels commenta: «Il
nostro programma di armamento è stato
sviluppato con febbrile energia,
specialmente nel caso della Luftwaffe.
Uno di questi giorni gli inglesi
resteranno sbalorditi».
Il 6 febbraio si abbandona a riflessioni
visionarie sul futuro della storia: «Il
vecchio Sacro Romano Impero fu la più
grande creazione politica dopo l’era di
Roma. Prese il suo carattere europeo
dall’Impero Romano, e di questo saremo
ad ammantarci, ora. Con il nostro
talento organizzativo e la selettività
razziale, il dominio del mondo toccherà
automaticamente a noi. Soltanto la
Chiesa ostacola la nostra strada ormai.
La Chiesa non ha abbandonato la sua
pretesa di dominare il mondo secolare;
l’ha semplicemente mascherata dietro
vesti religiose (…). Il Führer
traccia queste prospettive ad ampie ed
estese pennellate. Ogni volta che parla
di filosofia politica, sembra acquistare
una maggiore statura morale».
L’8 febbraio è preoccupato per le
notizie che filtrano sul comportamento
dei nazisti in Polonia: «La
propaganda anglo-francese sulle atrocità
in Polonia aumenta di giorno in giorno.
Noi adottiamo energiche misure per
controbatterla». Intanto non
tralascia di leggere tutto quello che
può essergli utile per la sua attività
propagandistica: «Ho trovato un libro
di Shaw, “On the Peace Conference”, del
1919. Contiene una critica distruttiva
della mentalità anglosassone. Posso
farne un ottimo uso nel nostro lavoro».
Il 16 giugno scrive: «Situazione
militare: aspri combattimenti sulla
Linea Maginot (…). Inseguimento del
nemico oltre la Senna. Dal 5 giugno, più
di 200.000 prigionieri. La bandiera
tedesca sventola sopra Versailles.
Trionfo! Abbiamo trascorso 21 anni
combattendo per questo. Gloria,
vittoria!».
L’Italia è entrata in guerra il 10
giugno e l’ambasciatore Alfieri «è
felice dei nostri successi». il Führer
«è contentissimo ed eccitato. Non vuol
sentire parlare di pace, per il momento.
Prima i francesi devono essere messi in
ginocchio (…). Il Führer
ha studiato la cerimonia dell’armistizio
e della pace di Versailles molto
attentamente. Sarà questo il nostro
modello, perfettamente azzeccato. Il Führer
è meraviglioso. Così limpido e
inesorabile. Ogni conversazione con lui
è una nuova fonte di energia».
Il 25 giugno scrive: «Alle 19,20, una
telefonata di Alfieri: alle 19,10 è
stata firmata la tregua tra Francia e
Italia. Un momento storico. Colpito
dalla grandezza del momento (…).Grazie
al Führer
».
Il 17 agosto, dopo avere disquisito sui
procedimenti legali che in periodi di
guerra è meglio abolire, afferma
sorprendentemente che «in seguito,
intendiamo spedire gli Ebrei nel
Madagascar. Là anche loro potranno
crearsi il proprio Stato».
Il primo ottobre, riferendosi al Patto
d’Acciaio tra Italia e Germania che il
27 settembre 1940 era stato esteso al
Giappone e chiamato Patto Tripartito,
annota: «Stalin fa una dichiarazione
sul Patto delle Tre Potenze, pubblicato
sulla Pravda. Molto favorevole (…) Così
i plutocrati, che avevano ipotizzato su
eventuali aiuti dei bolscevichi, si
trovano a mal partito». Nel
pomeriggio riceve Farinacci, ex
segretario del partito fascista: «Egli
è eccezionalmente simpatico, un vero
vecchio fascista», con lui discute«sulla
crisi morale provocata dal problema
degli sfollati».
Il 5 ottobre Goebbels, appassionato di
musica, incontra il maestro Wilhelm
Furtwängler
che ha qualche preoccupazione per i suoi
impegni all’estero: «Egli è molto
servizievole e offre di dare un concerto
con la Filarmonica di Berlino, durante
la mia visita a Praga». È noto che
il rapporto del grande direttore
d’orchestra col nazismo è complesso.
Furtwängler
non si iscrisse mai al
nazionalsocialismo anche se in pratica
era considerato il direttore ufficiale
del partito, dirigendo parecchi concerti
per il regime e uno anche in occasione
del compleanno di Hitler nel 1942. Fu
processato alla fine della guerra dagli
americani, ma alla fine dichiarato non
colpevole.
Il 3 ottobre 1940 c’è l’incontro al
Brennero tra Hitler e Mussolini: «I
risultati delle conversazioni sono buoni
(…). Potremo aspettarci qualche effetto
in un prossimo futuro. Il Führer
manovra le sue pedine con eccezionale
abilità. Un giorno Churchill si troverà
in scacco matto».
Goebbels segue sempre più attentamente
l’atteggiamento di Roosevelt nei
confronti della guerra. L’8 ottobre
riceve una lettera dal giornalista
americano Karl Wiegand dall’America che
«descrive il terrore intellettuale
esercitato dagli ebrei e dai plutocrati,
che prevale là, e un Paese che puzza
orrendamente di corruzione e vili
menzogne, abitato da un guazzabuglio di
razze che non merita il nome di
“popolo”. Che vada al diavolo!».
I bombardamenti inglesi cominciano a
farsi sentire pesantemente; sempre l’8
ottobre scrive: «Allarme aereo alle
10, durato più di 5 ore. L’attacco più
massiccio degli Inglesi, fino a ora
(…).Bombardati ospedali etc.». La
Germania comincia a contare le proprie
perdite che sono state considerevoli: «In
totale, compresi tutti gli aerei
distrutti in incidenti durante gli
addestramenti, abbiamo perduto meno di
700 aeroplani in settembre. E ne abbiamo
prodotto 1.800. Il rapporto, quindi, è
tollerabilissimo».
Proseguono i bombardamenti della
Luftwaffe, l’11 ottobre nota: «Ieri
tempo ideale. Attacchiamo l’Inghilterra
e Londra in particolare senza sosta, di
giorno e di notte. La situazione
psicologica di Londra va deteriorandosi
di giorno in giorno». Diversamente
l’umore nella Francia va migliorando e
il rappresentante tedesco a Parigi «vuole
proteggere l’industria della moda
francese: Io rifiuto. Dobbiamo assumere
una parte preminente in questo campo, e
non lasciarci turbare da complessi
d’inferiorità. Perciò Vogue non sarà
pubblicato, per il momento».
I bombardamenti proseguono martellanti
da ambo le parti. Goebbels è preoccupato
per il morale della popolazione che è
leggermente sceso. Il 12 ottobre scrive:
«Il nostro popolo deve, per prima
cosa, abituarsi all’idea di un secondo
inverno di guerra. Io sto ricevendo
un’intera serie di lettere di lagnanze.
Dobbiamo condurre la nostra propaganda
più intensamente e con maggiore abilità».
Il 14 ottobre annota: «Il rapporto
dell’Alto Comando parla ancora di gravi
danneggiamenti a Londra. Ma quel mostro
di Churchill non è ancora sul punto del
collasso». Intanto ripensa
all’industria cinematografica e il 15
ottobre è euforico: «Stiamo
accaparrandoci Parigi, per quanto
riguarda il cinema. In Belgio e in
Olanda, comperiamo le sale
cinematografiche. Il mercato europeo
deve appartenere a noi».
Il 16 ottobre incontra Rudolf Hess,
segretario privato di Hitler: «Hess
mi fa un’ottima impressione: è
tranquillo, obiettivo, sincero e molto
fiducioso. L’opinione di Hess su
Ribbentrop è di assoluto disprezzo. Un
uomo ammalato, puerile, vanitoso e
gonfiato e con poca sostanza dietro la
facciata».
Il 19 ottobre si reca a Parigi: «A
Parigi con Göring.
Prima una visita a un’esposizione di
tessuti fiamminghi. Semplicemente
stupenda (…). Discutiamo il problema di
Ribbentrop, Göring
freme di rabbia contro di lui (…)
Parigi, la vecchia magia di questa
meravigliosa città, che ancora una volta
è pulsante di vita (…). La sera al
Casino per uno spettacolo di varietà.
Non così buono come a Berlino, ma una
quantità di belle donne e una nudità
disarmante. A Berlino non potremmo mai
mettere in scena qualcosa di simile».
Il 22 ottobre scrive qualcosa di
inquietante: «Abbozzo definitivo
della monografia sulle opere rubate.
Messa insieme magnificamente da
Geheimrat Kümmel.
Intendo mostrarla al Fuhrer».
Il 23 ottobre parla della preparazione
di forti contingenti di truppe per dare
una mano alle truppe italiane in Libia,
e poi fa la solita sfuriata su
Ribbentrop che «sta inducendo la
stampa a considerarlo l’erede di
Bismarck!».
In Francia Laval vuole unirsi ai
tedeschi contro l’Inghilterra. Il 24
ottobre il grande avvenimento è
l’incontro tra il Führer e Laval: «Se
la Francia è avveduta, quella che le
viene offerta è una vera possibilità
(…).
Già la gente parla di una entrata in
guerra della Francia contro la Gran
Bretagna
(…).
Noi stiamo tirando i fili. I commenti da
Vichy sono molto ottimisti
(…).
In complesso il mondo si sta
trasformando».
Il 27 ottobre è a Vienna e pranza con
Baldur von Scirach, gauleiter di
Vienna (condannato a 20 anni nel
processo di Norimberga). «Scirach
occupa la stanza di Metternich. Il
Congresso di Vienna ha avuto luogo
proprio qui. Stanze storiche. Lì,
nell’angolo, è stato ucciso Dollfuss».
Intanto Mussolini, irritato per la
scarsa considerazione di cui gode sul
piano militare, decide di «spezzare
le reni alla Grecia».
Goebbels il 29 ottobre scrive: «Roma
lancia un ultimatum ad Atene. Metaxas lo
respinge. L’Italia muove contro la
Grecia»; più avanti si abbandona a
riflessioni sulla sua vita: «È il mio
compleanno. Quarantatre anni. Come
s’invecchia attraverso la rivoluzione e
la guerra. Qualche volta si vorrebbe
avere qualche cosa dalla vita. Non
vivere sempre per il vantaggio degli
altri». Un’autocommiserazione
francamente curiosa.
Il primo novembre scrive: «Gli
Italiani stanno facendo progressi
modestissimi in Grecia. A conti fatti,
mancano dello spirito adatto (…). Ora
noi dobbiamo condurre la lotta in
maniera tale da conseguire la vittoria
il più presto possibile. Tutti i mezzi
sono giustificati. Il nostro fine è
chiaro: un nuovo impero mondiale Tedesco».
Il 2 novembre incontra il Führer: «L’offensiva
italiana contro la Grecia non incontra
la sua piena approvazione. Non è stata
concepita bene, e non offre uno
spettacolo esaltante, almeno per ora.
Gli parlo di Vienna. Dell’amore della
città per la musica, di Furtwängler e
del professor Sauer, tutte cose che lo
interessano molto (…). Ha un’opinione
molto scarsa di Karajan e del suo modo
di dirigere».
Il 3 novembre: «Progressi molto lenti
in Grecia. Il blitzkrieg è un’invenzione
tedesca e finora è rimasto un brevetto
tedesco». Si consola con i film: «Visita
di gente del cinema a cui faccio vedere
l’epopea americana “Via col vento” che
suscita l’ammirazione generale. Giusto,
perché la merita». Il 7 novembre è a
Praga: «Giro della città. Che
gioiello! La cattedrale di San Vito con
tutti i suoi tesori. Le costruzioni, le
strade, le piazze vecchie, la vista
sulla Moldava. Uno spettacolo
indimenticabile (…). Trasuda spirito
tedesco, e dovrà diventare tedesca di
nuovo, un giorno». Poi commenta la
rielezione di Roosevelt a Presidente
degli Stati Uniti: «Gli USA, in ogni
caso, hanno dato a Londra tutto il
possibile appoggio materiale (…). È
difficile che Roosevelt sia in grado di
entrare in guerra con una funzione
attiva. Non possiamo fare altro che
aspettare e vedere!».
L’11 novembre scrive: «Chamberlain è
morto. Crollato moralmente e fisicamente
sotto il peso dei nostri attacchi.
Voleva vedere la caduta di Hitler. Noi
abbiamo visto la sua, e la rovina del
suo impero». In realtà il
Cancelliere dello scacchiere aveva
abbandonato ogni incarico il 22
settembre 1940 ed era “crollato” per
l’aggravarsi di un tumore incurabile.
Il 12 novembre biasima ancora l’azione
italiana in Grecia: «Nessun progresso
in Grecia. Roma (…) ha preparato
l’operazione con molta fiacca (…). La
situazione ora deve essere considerata
molto grave dal punto di vista militare.
Ed è anche un problema di importanza
cruciale per noi. Vergogna, vergogna!».
La sera festeggia il compleanno della
moglie: «Magda è di nuovo di una
bellezza abbagliante. Il
Führer
arriva verso le dieci di sera e si
trattiene fino alle quattro del mattino.
È assolutamente rilassato e fiducioso,
come nei tempi precedenti la guerra.
Emana una somma calma (…). Sogniamo ad
occhi aperti tutte le cose che faremo
dopo la guerra. Sarà meraviglioso
allora, dovrà esserlo. Siamo molto
contenti di avere il
Führer
come ospite per tanto tempo. Qui può
diventare di nuovo un vero essere umano».
Il 15 novembre ritorna sulla campagna in
Grecia: «La campagna greca era basata
unicamente sul bluff. Questo è l’errore
più grave che si possa commettere (…).
Ciano è il responsabile dell’intera
faccenda contro il parere della
maggioranza. Un altro trombone, un
compare di Ribbentrop». Il 16
novembre rincara la dose: «I Greci
stanno già combattendo in territorio
albanese. Gli Italiani si sono cacciati
in un terribile pasticcio.
Un’umiliazione penosa per tutti noi».
Il 19 novembre: «Il Duce ha tenuto un
discorso. Molto fermo e virile. Predice
il destino di Cartagine per
l’Inghilterra», poi Goebbels passa a
illustrare il nuovo piano edilizio del
Führer: 300.000 case nuove, nel solo
primo anno del dopoguerra! Il 21
novembre parla di 500 tonnellate di
esplosivo scaricate su Birmingham: «Questa
città diventerà una seconda Coventry
(…). Gli Ungheresi sono entrati a far
parte del Patto delle Tre Potenze a
Vienna (…). I Bulgari e gli Sloveni
seguiranno entro una settimana. La nuova
Europa comincia a passare sotto la
nostra guida». Ma ha forti dubbi
sull’Ungheria: «Là tutti, con Horthy
in testa, sono antitedeschi (…). Non
arriveremo mai a niente con l’Ungheria.
Un giorno dovrà essere distrutta».
Il 24 novembre parla della evacuazione
di Coriza (Albania) da parte degli
Italiani: «Dipenderà dagli Italiani
che non si trasformi in un disastro
militare. Probabilmente non sarà così,
ma con gli italiani non si può mai
sapere». Il 10 dicembre:«Gli
Italiani seguitano a ritirarsi. Questo
lede il loro prestigio, ma ha anche
un’influenza negativa sulla situazione
nel mediterraneo e nei Balcani. Il
Führer è molto irritato e scontento (…).
In ogni modo, la faccenda della Grecia è
arrivata a un punto tale, che occorre
fare qualche cosa».
L’11 dicembre scrive che gli Italiani
sono stati attaccati dagli Inglesi in
Africa, ma intanto aerei tedeschi da
trasporto sono arrivati in Albania per
aiutare i soldati del Duce: «Si
calcola che le perdite italiane
ammontino a circa 10.000 morti. Nessuno,
adesso, vuole esserne responsabile.
Ciano cerca di scaricare la colpa su
Badoglio, e Badoglio insiste nel dire di
non essere stato consultato. Una
spaventosa orgia di dilettantismo (…).
Discuto con Jodl la campagna di Grecia
(…). Roma ci ha davvero messo i bastoni
tra le ruote». Poi Goebbels si mette
a discutere del problema sessuale che
preoccupa molto il Führer: «Il
cristianesimo ha ammantato di disonestà
tutti i nostro atteggiamenti erotici. La
così detta “moralità” di oggi non è
altro che ipocrisia, in gran parte.
L’impulso erotico, simile a quello della
fame, è l’elemento più vitale
dell’esistenza umana. Dobbiamo esaminare
la questione unicamente dal punto di
vista della salute del popolo. Questa
deve essere la nostra moralità (…). Il
Führer
sostiene opinioni molto chiare, schiette
e senza falsi pudori. È il più grande
educatore popolare che si possa
immaginare».
Sempre l’11 dicembre è deluso e irritato
nei confronti dell’Italia: «Churchill
ha dichiarato alla Camera dei Comuni che
gli Italiani si trovano di fronte a una
grave sconfitta nel deserto occidentale
d’Egitto. Secondo le nostre informazioni
potrebbe anche avere ragione (…). I
nostri alleati fascisti stanno
diventando una vera pietra al collo per
noi!». Il giorno successivo annota:
«Il Führer parla ai Gauleiter; da un
punto di vista militare, è come se la
guerra fosse già vinta. Descrive le
nostre nuove armi, i potenziali
armamenti (…) tutte cose veramente
sbalorditive. L’Inghilterra è isolata
(…). Proprio come l’anno scorso egli ha
predetto il crollo della Francia, ora
predice quello dell’Inghilterra (…).
Nessuna invasione in programma, per il
momento (…). Egli diffida dell’acqua».
Il 14 dicembre annota: «L’Italia è in
uno stato di profonda depressione (…).
L’Italia spera nell’intervento della
Wehrmacht e, alla fine, probabilmente,
non avremo altra alternativa». In
Francia, caos a Vichy: «Laval è stato
messo agli arresti (…). Probabilmente è
vero che Laval non è appoggiato dalla
popolazione. Ha corteggiato la Germania
troppo sfacciatamente, e in modo servile
(…). Pétain ha telegrafato al Führer,
dicendogli che la sua politica verso la
Germania non cambierà. Staremo a vedere».
Il 20 dicembre scrive: «Ordino di
appoggiare maggiormente l’Italia (…). Le
cose si sono consolidate in Albania (…).
Dal
primo
gennaio la nostra offensiva prenderà
l’avvio. Allora i Greci cominceranno a
sentire la stretta».
Più avanti fa una singolare
considerazione: «La giustizia da sola
non può proteggere uno Stato. Bisogna
sempre potere disporre di una
alternativa, come noi l’abbiamo nei
campi di concentramento».
Ritorna su questo tema il 22 dicembre: «Con
il Führer, che ha difficoltà con gli
uomini di legge (…). Essi sanciscono
condanne alla prigione, quando la morte
sarebbe più appropriata. Senza la pena
di morte, è impossibile governare in
tempo di guerra». Poi si interroga
sulla durata della guerra: «Il Führer
spera che finisca nel 1941. Ma chi può
saperlo?».
Nuove critiche agli Italiani:
«L’Italia ha iniziato sempre male i suoi
combattimenti: prima in Abissinia, poi
in Francia, non occupando la Savoia fin
dall’inizio, e in seguito in Albania e
in Somalia. Impareggiabile
dilettantismo. Gli Italiani, hanno
portato allo sfacelo l’intero prestigio
militare dell’Asse (…). Gli Italiani,
dopo tutto, sono una razza neolatina.
Ora noi dovremo attaccare. Non per
aiutare gli Italiani, ma per cacciar via
gli Inglesi, che adesso si sono
insediati a Creta». Conclude il
panorama della situazione così: «L’America,
pensa il Führer, non entrerà in guerra.
Teme il Giappone. Ma nemmeno il Führer
ha un gran desiderio di invadere
l’Inghilterra. L’acqua lo intimidisce».
Il 23 dicembre: «Ricevo un rapporto
sulla situazione interna dell’Italia:
deve essere assolutamente tetra. La
Chiesa, l’aristocrazia, gli Ebrei e
perfino una parte della classe
lavoratrice sono contro Mussolini. Vi
sono già seri problemi disciplinari
nell’esercito».
Il 25 dicembre: «Ieri Churchill
rivolge un appello al popolo italiano,
invitandolo a staccarsi da Mussolini,
per unirsi a Casa Savoia e fare la pace.
Il vecchio intrigante e plutocrate
tradizionale. Ordino alla stampa tedesca
di dargli la risposta che si merita»;
ma il 30 dicembre paventa per la prima
volta il coinvolgimento degli USA: «Gli
USA si stanno avvicinando alla guerra». |