N. 79 - Luglio 2014
(CX)
AGO
UNO SPARO LUNGO VENT’ANNI
di Raniero Mercuri
Era
il
30
maggio
del
1994
quando
l’ex
capitano
dell’indimenticabile
Roma
di
Nils
Liedholm,
protagonista
fantastica
dei
primi
anni
‘80,
decise
che
era
giunto
il
momento
di
dire
basta
con
la
vita.
Vent’anni
dopo,
negli
occhi
degli
ex
compagni
non
resta
che
un
dolce
ricordo,
misto
a un
graffiante
senso
di
colpa
mai
sopito.
Un
colpo
dritto
al
cuore.
Bastò
quello
ad
Agostino
Di
Bartolomei
per
dire
"Stop,
mi
fermo
qui".
In
una
casa
a un
passo
dal
mare
e
tra
gli
affetti
più
cari.
Mi
sono
sempre
parse
poco
rispettose
le
continue
domande
sul
perché
Agostino
abbia
deciso
di
premere
quel
grilletto,
su
cosa
gli
sia
passato
per
la
testa
in
quella
calda
giornata
di
fine
primavera.
Domande
che
ci
hanno
accompagnato
lungo
gli
ultimi
vent’anni.
Triste
curiosità,
ricerca
del
becero
pettegolezzo,
chiamatela
come
volete.
Personalmente
non
mi
interessa
domandarmi
il
perché
di
quel
gesto,
mi
interessano
gli
effetti,
quello
che
ha
provocato,
forse
“creato”.
Proviamo
a
spingerci
nel
paradosso,
diamo
un
significato
opposto
a
quel
grilletto
premuto
da
Ago.
Quello
sparo
è
riuscito
ad
innalzare
a
simbolo
eterno
la
figura
di
un
ragazzo
serio
e
leale,
di
uno
sportivo
corretto.
Valori
che,
se
ci
pensate
un
attimo,
è
tremendamente
difficile
trovare
oggigiorno
nel
mondo
dello
sport,
anzi
nel
mondo
e
basta.
Lascia
sgomenti
che
solo
dopo
un
gesto
del
genere
si
sia
creata
questa
condivisione
dei
valori
che
Di
Bartolomei
ha
rappresentato
con
le
sue
gesta
sportive
ed
umane.
Come
se
in
vita
tutto
questo
fosse
passato
inosservato,
nascosto
sotto
la
polvere
di
una
notorietà
conclusa,
come
un
sipario
che
cala
quando
il
pubblico
sta
ancora
finendo
di
applaudire.
Bello
spettacolo,
certo.
Ora
però
è
finito,
tutti
a
casa.
È il
sipario
che
ha
celato
per
anni
le
gesta
di
uno
sportivo
di
alto
livello,
escluso
dal
calcio
che
fino
a
poco
tempo
prima
lo
aveva
osannato
e
poi
riposto
nel
dimenticatoio.
Con
quello
sparo
Agostino
si
riappropria
del
suo
essere
sportivo,
dei
suoi
valori
morali
ed
etici,
d’insegnamento
per
i
giovani
d’oggi.
Difficile
da
spiegare,
me
ne
rendo
conto.
Tuttavia
provate
a
pensare
per
un
attimo
al
contrario,
a
quello
che
sarebbe
successo
se
Agostino
in
quella
terribile
giornata
non
avesse
fatto
fuoco.
Per
vent’anni
quello
che
l’ex
capitano
ha
rappresentato
come
sportivo,
probabilmente
non
sarebbe
venuto
fuori,
almeno
non
nel
modo
“fragoroso”
in
cui
è
stato
raccontato
in
questi
lunghi
anni.
Ci
passa
per
la
mente
una
domanda:
perché
serve
un
evento
così
drammatico
per
avere
dei
punti
di
riferimento
etici,
morali,
sportivi?
Forse
la
risposta
non
c’è.
Forse
è
l’uomo
stesso
che
ha
bisogno
di
tragedie
per
ricavarne
qualcosa
di
buono.
Impossibile
comprendere.
Quel
che
resta
a
distanza
di
vent’anni
è
un’infinita
amarezza
e
malinconia
nel
ricordo
del
campione.
Il
dolore
lo
lasciamo
al
cuore
dei
familiari.
Il
silenzio
a
quel
gesto
tremendo.