SULLA ZONA DEMILITARIZZATA COREANA
UN LUOGO UNICO AL MONDO
di Lorenzo Bruni
In base all’armistizio
di Panmunjeom,
avvenuto il 27 luglio 1953,
la penisola di Corea veniva divisa
in due Stati indipendenti, la Corea
del Nord e la Corea del Sud, mentre
si stabiliva che nel cuore del
territorio, in prossimità del 38°
parallelo, venisse creata una zona
“cuscinetto”
neutrale, la Zona Demilitarizzata
Coreana, occupata militarmente dagli
Stati Uniti e dalle Nazioni Unite.
Descrivere la ZDC come era allora
risulta abbastanza semplice,
dato che essa è rimasta praticamente
immutata dagli anni ‘50 fino a oggi:
si tratta di un vasto territorio,
che si estende in larghezza per
tutti i 248 km della penisola,
mentre in lunghezza penetra per 2 km
a Nord e
a
Sud della linea di demarcazione.
Sebbene sia da considerarsi una zona
“demilitarizzata”, i confini della
stessa presentano una grandissima
densità di attività militarizzate,
dato che entrambi gli Stati, nel
corso degli anni, hanno deciso di
investire in strutture militari di
confine, da impianti di osservazione
a campi per esercitazioni, temendo
un improvviso attacco
nemico.
I soldati dei due eserciti, inoltre,
hanno la possibilità di perlustrare
la ZDC, indagando sul funzionamento
della stessa; queste indagini però
non sono completamente libere, dato
che esiste un regolamento molto
ferreo sul numero di soldati e
di armi alle quali è concesso
trovarsi contemporaneamente al suo
interno.
In prossimità della ZDC, proprio a
causa del continuo pericolo di
conflitto, sono vietati i centri
urbani,
salvo
due eccezioni: i villaggi di Tae
Sung Dong e di
Kijŏng-dong. Per quanto riguarda il
primo, si tratta di un insediamento
di modeste dimensioni, che nel 2008
contava la presenza di 218 persone,
sotto la protezione delle Nazioni
Unite: sono coloro che possedevano
questi terreni prima della fine del
conflitto, oppure i loro
discendenti; per mantenere il
diritto a vivere in tale luogo sono
obbligati a trascorrere almeno
duecentoquaranta giorni all’interno
del villaggio. Ben diversa è
l’esistenza dell’altro villaggio,
Kijŏng-dong: posto leggermente più a
Nord della ZDC, accoglie una
fattoria collettiva, composta da
circa 200 persone, e si distingue
per presentare ogni possibile tipo
di
comfort
tecnologico, oltre a una scuola e un
ospedale, tanto che nel corso degli
ultimi decenni il governo di
Pyongyang ha lodato la sua
esistenza, indicandolo come lampante
esempio delle migliori condizioni di
vita in Corea del Nord.
La cosa che rende questo villaggio
bizzarro, tanto da ricevere il
nomignolo di “Villaggio di
propaganda”, è che, in base ad
alcune osservazioni condotte da
Corea del Sud e Stati Uniti, pare
essere disabitato: le luci si
accenderebbero infatti a orari
regolari, mentre un ristretto numero
di custodi sarebbe incaricato di
spazzare strade dove non viene mai
visto circolare alcun individuo, al
di fuori dei soldati. Gli stessi
edifici, dipinti con gli sgargianti
colori della bandiera nordcoreana,
sarebbero privi di finestre e, in
alcuni casi, addirittura di
profondità.
L’ipotesi più probabile è che questo
villaggio sia stato costruito negli
anni ‘50 allo scopo di paventare
un’appariscente superiorità davanti
ai nemici, convincendo così indecisi
disertori ad attraversare la ZDC per
passare a Nord. Proprio per questo
scopo, sin dal 1953, e in maniera
ancora più incisiva nel 2004,
sarebbero stati installati a
Kijŏng-dong alcuni altoparlanti che
emettevano ininterrottamente un
invito, rivolto ai soldati del Sud,
a oltrepassare il confine, elogiando
le nobili qualità nordcoreane e
sottolineando come eventuali
disertori sarebbero stati accolti
come fratelli. Dato che le defezioni
continuavano a essere esigue, si
iniziarono prima a trasmettere
condanne verso il mondo Occidentale,
poi musiche patriottiche, finché il
governo di Pyongyang, su comune
accordo con quello di Seul, decise
di disinstallare gli altoparlanti.
Un ulteriore mistero riguarda anche
l’esistenza o meno di un muro in
cemento, costruito in gran segreto
dagli Stati Uniti tra il 1977 e il
1979, che dovrebbe attraversare la
penisola di Corea da una costa
all’altra. Il governo di Pyongyang
iniziò a diffondere questa voce a
seguito della caduta del Muro di
Berlino, sottolineando come non
fosse altro che una barbarie,
costruita per tenere ingiustamente
diviso un intero popolo.
L’organizzazione nordcoreana Konsult
ha dichiarato nel 2015 che questo
muro sarebbe esteso per “oltre 240
km da est a ovest, è alto 5–8 m,
spesso 10–19 m il fondo e 3–7 m di
larghezza nella parte superiore. È
circondato da intrecci di cavi e
punteggiato da cannoniere, guardie e
varietà di stabilimenti militari”.
Questa ipotesi è stata confermata
anche da alcune troupe
cinematografiche russe e olandesi,
le quali, sebbene non in grado di
osservare in loco la barriera, dato
che l’accesso è proibito a chiunque
non sia un soldato della ZDC, hanno
avuto modo di vedere da lontano
alcune muraglie di notevole
estensione. I governi statunitense e
coreano hanno smentito queste voci,
additando Pyongyang di volere fare
propaganda, e sostenendo che nella
ZDC sono presenti normali barriere
anticarro. Pare confermare tale
teoria un rapporto emesso
dall’agenzia di stampa britannica
Reuters
nel 2007, il quale riporta
l’inesistenza di alcun muro di Corea
e conferma la presenza di tali
barriere.
All’interno della ZDC esiste un’area
creata con lo scopo di formare un
territorio dove svolgere le
trattazioni diplomatiche tra le due
Coree, cioè l’Area di sicurezza
congiunta, posta in prossimità di
Panmunjeom e divisa in due parti
uguali. All’interno della ASC sono
presenti alcuni edifici per il
pernottamento dei soldati, ma
soprattutto vi si trovano le sale
conferenze dedicate alle trattative
tra i due Paesi: sottoposti a
continui ampliamenti, sono il
Panmungak
nordcoreano e la
Casa della libertà sudcoreana.
Dal 1998 venne edificata una nuova
struttura, affidata in seguito alla
Croce Rossa, che consentiva alle
famiglie separate dal conflitto di
incontrarsi in territorio neutro. In
aggiunta alla ZDC, nel 1954 gli
Stati Uniti ordinarono a Sud la
creazione di un’ulteriore zona
cuscinetto, la
Civilian Control Zone,
una sorta di dogana che ha tutt’ora
lo scopo di controllare il transito
di civili nella ZDC.
L’utilità della linea di controllo
civile è aumentata negli ultimi
anni, nei quali la ripresa delle
trattative di pace, e la possibilità
di ottenere un discreto guadagno, ha
portato all’apertura della ZDC ai
turisti, il cui numero ogni anno
sfiora le centomila unità.
L’itinerario turistico prevede la
visita di Panmunjeom e dei tunnel
scoperti tra gli anni ‘70 e i ‘90
dalle forze neutrali, ma le regole
per l’ingresso sono molto
restrittive: si devono lasciare
cellulari, macchine fotografiche e
telecamere al di fuori della ZDC, è
proibito indossare gonne,
pantaloncini corti, sandali e ognuno
deve firmare una liberatoria nella
quale si dichiara di essere a
conoscenza del rischio di essere
accidentalmente uccisi da operazioni
belliche.
Se da un lato la vita umana è quasi
bandita all’interno di questa zona,
ciò ha consentito il proliferare di
un ambiente naturale quasi
incontaminato, tanto che in esso
trovano rifugio numerose specie
animali e vegetali a rischio di
estinzione: ne sono un esempio la
gru nucabianca, la tigre siberiana e
l’orso nero asiatico. Nel 2003, gli
ecologi hanno stimato al suo interno
la presenza di duemilanovecento
specie vegetale, settanta diversi
tipi di mammiferi e trecentoventi di
uccelli. Sebbene tra le due Coree
non esista ancora un piano stabilito
su come salvaguardare questa riserva
naturale, un notevole passo in
avanti per la tutela del patrimonio
di biodiversità è stato compiuto
nell’ottobre 2018, quando i due
governi si sono impegnati per la
rimozione totale delle mine
antiuomo.
Gli anni successivi all’armistizio,
in ogni caso,
sono stati caratterizzati da
numerosi episodi che hanno più volte
condotto i due Paesi
a un passo dal
conflitto: tra il 1953 e il 2003
sono stati ufficializzati
centoventicinque casi di incidenti,
la maggior parte dei quali negli
anni ‘90, che hanno comportato la
morte, secondo stime ufficiali, di
43
soldati americani,
299
sudcoreani e
397
nordcoreani.
Oltre alla scoperta dei tunnel
sotterranei,
ufficialmente scavati per la ricerca
di carbone,
particolare scalpore internazionale
destarono due episodi: il primo,
conosciuto come “incidente
dell’ascia”, si verificò nel 1976,
quando il capitano Arthur Bonifas e
il primo tenente Mark Barrett,
stanziati nella ZDC, iniziarono ad
abbattere un pioppo che, secondo la
tradizione, era stato piantato dal
“padre della patria” Kim Il-Sung. La
reazione nordcoreana fu durissima,
tanto che
11
soldati della ZDC persero la vita a
causa degli scontri che ne
seguirono. Il 23 novembre 1984
invece un turista sovietico di nome
Vasily Matuzok cercò di fuggire
dall’Unione Sovietica, gridando a
gran voce la sua volontà di
disertare. In pochi istanti, le
truppe nordcoreane e sudcoreane si
trovarono impigliate in un conflitto
a fuoco, che costò la vita a quattro
di loro, ma impedì la cattura di
Matuzok.
Il
27 aprile 2018,
come atto simbolico del
miglioramento delle relazioni
diplomatiche tra i due Paesi, il
presidente nordcoreano
Kim Jong-un e il
corrispettivo
sudcoreano Moon Jae-in si sono
stretti la mano sulla linea di
confine; dopodiché, per la prima
volta nella storia, i due leader
hanno attraversato la lina di
demarcazione coreana, diventando,
anche se per un breve momento, i
primi capi di Stato dei rispettivi
Paesi a mettere piede nell’altro.
A seguito di questo siparietto i due
leader si sono riuniti per un
summit, dichiarando la volontà di
voler raggiungere un trattato di
pace che sostituisca l’armistizio
del 1953 e di voler procedere a una
definitiva denuclearizzazione della
penisola. Il 12 giugno successivo,
in un ulteriore incontro a
Panmunjeom, Kim Jong-un ha
incontrato il presidente
statunitense Trump, invitandolo ad
attraversare la linea di
demarcazione e a diventare, di
fatto, il primo presidente degli
Stati Uniti a fare visita alla Corea
del Nord.