moderna
DA UN RACCONTO DI DANIEL DEFOE
L’URAGANO CHE DEVASTÒ LA GRAN BRETAGNA
di Francesco Cappellani
Daniel Defoe
(1660-1731) studia presso l’Accademia
dei Dissenzienti fondata e gestita da
protestanti non anglicani di matrice
cromwelliana, i quali avrebbero dato
l’avvio, dopo la metà del XVIII secolo,
alla prima rivoluzione industriale che
trasformerà profondamente la società
inglese, avviandola verso la modernità.
Il giovane Daniel sarà tra i primi a
osservare e interpretare il vecchio
mondo che moriva con uno sguardo nuovo e
aperto ai cambiamenti che iniziavano a
manifestarsi.
Defoe si dedica a svariate attività, da
commerciante a fabbricante di mattoni,
da armatore a venditore di nuovi
prodotti, oscillando tra ricchezza e
miseria in funzione del risultato
economico dei suoi vari affari. Dirà: «Thirteentimeshave
I beenrich and poor» (“Tredici
volte sono stato ricco e povero”).
Nel 1692 finisce in prigione per
bancarotta, ma intanto ha cominciato a
scrivere affrontando temi economici e
politici. Si pone a fianco, come
libellista “whig “, cioè
liberale, di Guglielmo III d’Orange
nell’impresa di rovesciare il suocero
cattolico, il re Giacomo. Protetto da
Guglielmo d’Orange, divenuto re, dà
sfogo alle sue idee sulla libertà di
stampa, di coscienza e sulla libertà
religiosa.
La morte del suo protettore l’8 marzo
1702, seguita dall’elezione della regina
Anna, intransigente anglicana e acerrima
nemica dei “nonconformisti”, è un grave
colpo per la carriera politica di Defoe:
viene accusato di diffamazione della
Chiesa Anglicana per la pubblicazione
del pamphlet The Shortest Way with
the Dissenters (“Il modo più spiccio
contro i dissenzienti”) del 1702.
La Camera dei Comuni lo processa all’Old
Bailey condannandolo alla prigione,
all’umiliazione di tre esposizioni alla
gogna e ordinando di bruciare il
libello. Ma la pena, inclusa la berlina,
lo rende ancora più popolare tra i suoi
tanti correligionari che lo amano per il
coraggio delle sue idee.
Viene scarcerato nel 1704 per
intercessione di Robert Harley,
segretario di stato, un tory
moderato per il quale lavorerà come spia
e poi spia dei whigs quando
Harley decade, comportandosi come “agente
segreto capace di mille contorsioni
politiche”. Harley gli fornirà i
mezzi finanziari per la redazione del
giornale The Review interamente
scritto da Defoe, che lo impegna per un
decennio e dove tratterà di costume come
di economia mettendo in mostra le sue
eccezionali doti di giornalista.
Nel luglio del 1704 pubblica The
Storm (L’uragano), una
cronaca dettagliata e realistica dello
spaventoso uragano che aveva
colpito la Gran Bretagna per la
durata di una settimana a partire dal
24 novembre 1703, raggiungendo il
picco di intensità nella notte del 26/27
novembre. L’uragano viene descritto da
Defoe come «Il più grande, il più
lungo, il più esteso di tutte le
tempeste e uragani raccontati nella
storia dall’inizio dei tempi».
Nella settimana successiva all’evento,
Defoe aveva messo un annuncio sulla
London Gazette del 2-6 dicembre 1703
chiedendo a quei lettori che le avevano
vissuto in prima persona, un resoconto
delle loro esperienze. Defoe ne
seleziona sessanta e le pubblica,
commentandole e aggiungendo spiegazioni
scientifiche, inaugurando, con questa
compilazione, l’uso di materiali
originali e notizie di prima mano da
parte di testimoni oculari. Il libro
ebbe scarso successo, ma viene
considerato oggi il primo esempio di
giornalismo moderno.
Dopo una settimana di pioggia e di forti
venti che avevano già provocato danni
consistenti ai tetti delle abitazioni e
alle piante, l’uragano raggiunse le
coste inglesi dal Galles alle Midlands
spostandosi poi verso sud e colpendo
particolarmente le città di Londra e
Bristol nonché le coste dell’Olanda,
della Scandinavia e della Germania.
La regina Anna lo descrisse come “A
Calamity so Dreadful and Astonishing,
thatlikehathnotbeenSeen or Felt, in the
Memory of anyPerson Living in thisOur
Kingdom” (una calamità così
spaventosa e stupefacente, che non si
era mai vista né sentita, nel ricordo
degli abitanti del nostro regno).
L’uragano del 1703 fu un’enorme tragedia
e rimarrà vivo nella memoria collettiva
del Regno Unito più di altri anche
maggiormente violenti sia grazie al
lavoro di Defoe che rappresenta il primo
resoconto storico di un gravissimo
evento, sia per i danni elevatissimi che
subirono le campagne, le popolose città
e i porti affollati da navigli di ogni
tipo nel sud dell’Inghilterra.
Nelle parole di Defoe si legge: «La
tempesta distrusse boschi e foreste su
tutta l’Inghilterra /…./ Nessuna penna
può descriverla, né lingua raccontarla,
né pensiero concepirla se non da chi l’à
vissuta nelle fasi estreme».
Città costiere come Portsmouth furono
gravemente danneggiate. Nella sola
Londra oltre 200 ciminiere furono
soffiate via e molte lastre di piombo
dei tetti di circa un centinaio di
chiese e anche dell’abbazia di
Westminster furono strappate dalla
bufera; la regina Anna e il marito
dovettero rifugiarsi nelle cantine del
palazzo di St. James per salvarsi dal
crollo dei comignoli e di parte del
tetto.
I pinnacoli della cappella del King’s
College di Cambridge furono divelti
dalla violenza del vento e molte vetrate
medioevali danneggiate; nelle città e
nei paesi il vento abbatté comignoli e
ciminiere, migliaia di tegole volarono
via dai tetti insieme a frammenti di
lamiere di piombo e di ferro provocando
danni ovunque alle cose e alle persone.
I fulmini innescarono incendi a
Whitehall e Greenwich. Nelle campagne
l’uragano sradicò migliaia di alberi,
provocò la morte di migliaia di capi di
bestiame e la distruzione di circa 400
mulini a vento.
Le maggiori perdite umane si ebbero in
mare, dove morirono circa 6.000 persone
tra marinai e pescatori. Decine di
battelli-carboniere che portavano il
carbone a Londra scomparvero tra i
flutti; sul Tamigi centinaia di navi e
barche furono strappate dagli ormeggi e
trascinate fino ad ammucchiarsi in un
caos indescrivibile a valle del London
Bridge, urtandosi, danneggiandosi e in
molti casi colando a picco.
Una nave alla fonda a Whitstable, nel
Kent, fu spinta da una raffica di vento
per oltre 200 metri all’interno della
costa sulla terraferma. I venti
provenienti da ovest costrinsero molte
navi mercantili ancorate nei porti, già
cariche di mercanzie per salpare in mare
aperto lungo le consuete rotte, ad
affollarsi nel canale della Manica.
Anche le navi da guerra della Royal
Navy, pronte nei porti costieri in
attesa di sferrare l’assalto alla città
di Cadice nell’ambito della guerra di
Successione Spagnola, operazione in
seguito indirizzata alla conquista di
Gibilterra, finirono per ammassarsi in
quella zona. La Royal Navy perse
circa un quinto delle sua flotta.
Tredici navi da guerra e oltre trenta
navi mercantili affondarono nel mare in
tempesta con tutti i marinai degli
equipaggi. Il faro di Eddystone a circa
25 km dalla città di Plymouth, il primo
faro offshore, fu completamente
distrutto provocando la morte dei suoi
sei occupanti. Defoe valutò in circa
8.000 persone il bilancio finale delle
vittime.
Studi recenti hanno dimostrato che a
Londra nei giorni precedenti l’arrivo
dell’uragano si era verificato un
brusco calo della pressione atmosferica,
cosa che Defoe aveva verificato col suo
barometro, ma l’aveva attribuito a
qualche manomissione da parte dei figli.
Oggi sappiamo che fenomeni di questa
portata sono causati da forti gradienti
di temperatura tra le latitudini polari
e quelle tropicali; lo squilibrio
nell’energia termica che ne deriva
innesca la formazione di zone cicloniche
con venti che possono raggiungere al
suolo 150 km/h con punte anche
notevolmente superiori.
C’è da aggiungere che nel 1703 si era
nella cosiddetta Piccola Era Glaciale
che va dalla metà del XIV a metà del XIX
secolo e in particolare le due decadi
successive al 1680 furono le più fredde
dal ritiro dei ghiacciai di 12.000 anni
fa. Ciò può avere contribuito alla
violenza dell’uragano che oggi viene
classificato come un ciclone
extratropicale.
Nel 1703 la meteorologia come scienza
non esisteva, si svilupperà solo oltre
un secolo dopo, all’incirca nel 1820;
all’epoca i venti erano considerati
provocati da un flusso lineare dovuto a
qualche non meglio identificata
differenza di pressione atmosferica e
non a complessi sistemi circolatori che
si formano sugli oceani pilotati da
rilevanti fenomeni termici.
Mancando gli strumenti di osservazione
scientifica che oggi possediamo, in
primis le immagini satellitari che
permettono un continuo monitoraggio
delle formazioni cicloniche e dei loro
movimenti, era impossibile prevedere
qualsiasi cataclisma e approntare ogni
difesa o cautela possibile. Questo
spiega il grande numero di morti che si
ebbe nell’uragano del 1703,
probabilmente molto superiore alla
valutazione di Defoe, come riportato da
altre fonti che parlarono di quasi
15.000 vittime.
Defoe attribuì la perdita delle navi
della Royal Navy alla punizione
divina per lo scarso impegno della
flotta contro le armate cattoliche di
Francia e Spagna durante il primo anno
della guerra di Successione Spagnola.
D’altra parte, prima di quella
meravigliosa esplosione di razionalità
che fu l’Illuminismo alla fine del XVIII
secolo, si pensava che l’onnipotenza del
Dio della cristianità manifestasse la
sua collera contro “i peccati della
nazione” mediante violenti e
terrificanti eventi atmosferici. Il
clero, in particolare, li interpretava
come segni dell’ira divina per qualunque
infrazione del “codice” religioso, ivi
compresa la pericolosa popolarità che il
teatro ma soprattutto la scienza
andavano acquisendo. Dopo l’uragano, la
regina Anna fece dichiarare dal governo
un giorno di digiuno in espiazione delle
colpe di atei e peccatori, implorando il
perdono di Dio.
In un articolo di Lucy Jones è riportato
che, secondo il climatologo Dennis
Wheeler dell’Università di Sunderland: «alcuni
scienziati, come Newton, iniziavano ad
avere una visione razionale del mondo
/…./ Essi erano la punta di un iceberg
intellettuale, ma la gran parte della
gente aveva una visione profondamente
religiosa degli eventi che accadevano
/…./ Li consideravano letteralmente un
atto di Dio».
Tuttavia l’uragano del 1703 contribuì
anche a stimolare un interesse puramente
scientifico in quanto la Royal
Society, fondata nel 1660, pubblicò
una edizione speciale del suo giornale “Philosophical
Transactions”, che riportava le
misure di temperatura, pressione e
quantità di pioggia nei mesi
dell’evento.
Quindici anni dopo, verso i 60 anni,
Daniel Defoe “giornalista-giocoliere,
grafomane, poligrafo /…/ si lascia
dietro le spalle questa vita di
metamorfosi, di travestimenti, di
maschere, e diventa scrittore vero”.
Pubblica infatti nel 1719 Robinson
Crusoé, il capolavoro che gli varrà
la fama di padre del romanzo moderno.
Morirà nel 1731, in miseria e pieno di
debiti, depredato da un figlio,
disperatamente solo come il suo eroe,
vicino a Londra dove viveva nascosto per
sfuggire ai creditori.
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