[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

187 / LUGLIO 2023 (CCXVIII)


antica

La romanità antica e i suoi temi

SULLA Cena Trimalchionis

di Riccardo Renzi

 

«Nos interim vestiti errare coepimus immo iocari magis et circulis accedere, cum subito videmus senem calvum, tunica vestitum russea, inter pueros capillatos ludentem pila. Nec tam pueri nos, quamquam erat operae pretium, ad spectaculum duxerant, quam ipse pater familiae, qui soleatus pila prasina exercebatur» (Petronio Attico, Satyricon). Questo l’incipit di uno degli episodi più celebri di tutta la letteratura latina: la Cena Trimalchionis.

 

La cena, all’interno del Satyricon, si protrae per ben 52 capitoli, dal 27 al 78, nei quali Petronio illustra con distaccata ironia e magistrale attenzione alle minuzie antropologiche, una società ormai priva di ogni valore morale e culturale, nella quale la corruzione e la ricchezza hanno sostituito i Mores maiorum. Interessante a tal proposito è lo studio condotto da Henri-Irénée Marrou in la Decadenza romana o tarda antichita?. La società descritta dall’autore è quella della seconda metà del I secolo d. C., ove pullulano liberti, arricchitisi grazie alla loro mentalità cinica e avida.

La cena ebbe un’enorme fortuna nella storia della letteratura, a tal proposito ci sovviene in aiuto Nietzsche in Al di là del bene e del male, II, 28: «Petronio, che più di qualsiasi altro musicista fino a oggi è stato maestro del presto, con le sue invenzioni, trovate, parole – che importano infine tutte le paludi del mondo malato, cattivo, anche del “vecchio mondo”, si hanno come lui i piedi di un vento, il tratto e il respiro, il liberatorio sarcasmo di un vento che sana ogni cosa, mentre costringe ogni cosa a correre!».

 

L’opera ebbe una fortuna costante nel corso dei secoli, basti pensare a quanti intellettuali la citarono o fecero a essa riferimento, da Flaubert a Benjamin, da Lukács a Sanguineti di Capriccio italiano (1963), però deflagrò definitivamente con la letteratura italiana del secondo Novecento.

Andiamo con ordine, un caposaldo nella riscoperta e valorizzazione dell’opera venne fissato da Federico Fellini, con l’omonimo film. Il Satyricon riscritto istituisce una sorta di discronia. Il passato è certamente passato in Fellini, ma certe atmosfere del suo film richiamano, oltre a un presente “romanaccio”, il gusto delle copertine di Urania. Inoltre nel Satyricon di Fellini anche il richiamo all’italum acetum è molto forte. Per il regista il tempo collassa su se stesso generando una dilatazione del reale, l’immemoriale mondo evocato potrebbe essere tanto una satira del presente quanto una visione del futuro, come una narrazione di un mitico passato. Dei personaggi, dei protagonisti, delle voci di quel film, non rimane nella scena finale che dei pezzi di affresco sopra un muro: sono risprofondati nel loro elegiaco passato, incompleto, misterioso.

 

Passando alla letteratura, non si può non menzionare Fratelli d’Italia di Alberto Arbasino, che racchiude in sé gran parte della letteratura occidentale. In tale opera il Satyricon viene menzionato nella terza edizione dell’opera, edita nel 1993. In Arbasino la traccia petroniana è una traccia distopica, ma descrive un’Italia niente affatto dominata dal ‘controllo’ orwelliano, bensì franata per incuria, incapacità, menefreghismo e corrotta nel suo profondo, senza più valori concreti, erosa da un capitalismo sfrenato.

 

Legato all’aspra critica capitalista è il pensiero di uno dei più grandi intellettuali del Novecento, Pier Paolo Pasolini. Petrolio fu senza dubbio il più grande capolavoro di Pasolini, un’opera visionaria, una sorta di testamento intellettuale, rimasto incompiuto e pubblicato postumo da Einaudi nel 1992. L’intellettuale lavorò alla sua stesura dalla primavera del 1972 sino alla sua morte, avvenuta il 2 novembre 1975. Dell’opera ci sono pervenute 522 pagine scandite in “Appunti” con una numerazione progressiva, che si configurano in un insieme di frammenti più o meno estesi e di soli titoli.

 

Nel romanzo sono racchiuse le vicende più oscure dell’Italia tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, compresa quella relativa alla misteriosa scomparsa dell’imprenditore Enrico Mattei. Per il protagonista dell’opera, Carlo, Pasolini si ispirò alla vita di Francesco Forte, vicepresidente dell’Eni, titolare della cattedra a Torino che fu di Luigi Einaudi e membro del comitato scientifico della Fondazione Einaudi. L’opera pasoliniana è profondamente permeata da quella petroniana, in primis il titolo che nel suono richiama quello dell’autore del Satyricon, Petronio/Petrolio, però i richiami non si fermano qui, in tutta l’opera viene perpetuata una forte critica alla decadenza dell’alta borghesia italiana degli anni Sessanta e Settanta. Il climax apicale del richiamo al Satyricon si ha nella sezione dedicata alla cena in un appartamento di un alto borghese.

 

L’inizio dell’opera pasoliniana è un atto di cannibalismo letterario, l’autore nega i canoni costitutivi della forma-romanzo a partire dal rito iniziatico dell’incipit, luogo della narrazione deputato alla “seduzione adescatoria” dell’autore. Il mito, la magia e il reale si fondono dando vita a un magma letterario unico, proprio come nell’opera petroniana.

 

Interessante il fatto che Pasolini rifiuti l’ammiccamento malioso dell’ouverture borghese, proprio come Petronio fa con i liberti arricchiti. A questo punto sorge un inestricabile quesito: lo sguardo occulto ma dissacratorio di Petronio può essere tacciato di moralismo e di snobistica condanna etica del suo microcosmo di personaggi del reale, proprio come anche quello pasoliniano? Certamente. I due si accomunano anche in questo, entrambi sono il frutto di una società ormai profondamente permeata dalla decadenza, che criticano la decadenza stessa.

 

Il già menzionato Sanguineti pone Petronio, insieme a Dante e Kafka, tra i numi tutelari della scrittura ‘onirica’ di Capriccio italiano. E ciò non può non riportarci alla mente le parole di Erich Auerbach: «Quella che ci viene presentata non è la cerchia di Trimalcione come realtà obiettiva, ma invece un’immagine soggettiva, quale si forma nel capo di quel vicino di tavola, che però di quella cerchia fa parte. Petronio non dice: “È così” - lascia invece che un soggetto, il quale non coincide né con lui né col finto narratore Encolpio, proietti il suo sguardo sulla tavolata, un procedimento assai artificioso, un esperimento di prospettiva, una specie di specchio doppio che nell’antica letteratura conservataci costituisce non oserei dire un unicum, ma tuttavia un caso rarissimo. […] Si tratta del soggettivismo più spinto, che viene maggiormente accentuato dal linguaggio individuale da una parte, e per intenzione di obiettività dall’altra, dato che l’intenzione mira, per mezzo del procedimento soggettivo, alla descrizione obiettiva dei commensali, compreso colui che parla. Il procedimento conduce a un’illusione di vita più sensibile e concreta in quanto, descrivendo il vicino di tavola, il punto di vista viene portato dentro all’immagine, e questa ne guadagna in profondità così da sembrare che da uno dei suoi luoghi esca la luce da cui è illuminata».

 

Risulta assai complessa una lettura di Capriccio italiano senza la mediazione del critico tedesco. La tesi auerbachiana della Coena trimalchionis come limite del realismo antico pone ad esempio nella luce giusta l’onirismo di Capriccio italiano. Nella nuova creazione letteraria sogno, realtà e misticismo, come nel Petrolio pasoliniano diventano una cosa sola.

 

Petronio, arbitro di arte ed eleganza presso la corte di Nerone, lancia un nuovo modello letterario, una critica profonda e intestina a una società che ormai poco rispecchiava quella dei decenni precedenti. Tale modello ebbe un’enorme fortuna nella storia della letteratura e ciclicamente, proprio in ogni momento di decadenza, venne ripreso a modello, perché moderno e attuale nella sua critica.

 

Il Satyricon risultò essere così vincente, proprio per la sua modernità. Petronio è sociologo e psicoanalista dell’antichità, che ama scandagliare i vizi e le virtù di una società ormai in decadenza.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Petronio Attico, Satyricon, introduzione, traduzione e note di Andrea Aragosti, Bur Rizzoli, Milano 1995.

H. Marrou in la Decadenza romana o tarda antichita?, Jaca book, Milano 1979.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]