[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 204 / DICEMBRE 2024 (CCXXXV)


ambiente

E DARWIN SPIEGÒ LA VITA
L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE NELL’OPERA DEL GRANDE naturalista BRITANNICO

di Matteo Liberti
 

“Ho chiamato il principio secondo il quale ogni minima variazione viene mantenuta, se è utile, col termine di selezione naturale”. Così Charles Darwin sintetizzò le proprie riflessioni sui processi evolutivi, figli appunto di un severo meccanismo “selettivo”. In breve, in natura ogni individuo tende a competere con gli altri per l’uso delle risorse, e in tale lotta primeggiano i soggetti che meglio si adattano all’ambiente, attuando opportune variazioni i cui caratteri vengono via via trasmessi alle nuove generazioni. E se tutto ciò trova oggi ampio riscontro nelle evidenze scientifiche, ai tempi di Darwin l’idea che l’essere umano – al pari di animali e piante – fosse il risultato di una lunga evoluzione, e non il frutto di una creazione divina, aveva invece connotazioni rivoluzionarie.

 

Tra studi e osservazioni sul campo

 

Classe 1809, Darwin mostrò fin da bambino una grande curiosità per il mondo della natura, approfondendone poi lo studio all’università, dove spaziò tra botanica, geologia e zoologia. Nel frattempo, strinse amicizia con vari scienziati, e nel 1831, terminato il percorso universitario, partecipò a una spedizione in Galles per effettuare dei rilevamenti stratigrafici. «Di ritorno, salpò quindi a bordo del brigantino HMS Beagle per una lunga spedizione cartografica, in qualità di naturalista e con il compito di descrivere e catalogare le varie specie animali e vegetali che si sarebbero incontrate», racconta Telmo Pievani, storico della biologia ed esperto di teoria dell’evoluzione. Durante il lungo tour in giro per il mondo, durato quasi cinque anni, Darwin poté così lavorare sul campo mettendo in mostra notevoli capacità osservative, che lo portarono a studiare sia un eccezionale numero di organismi viventi e fossili (di cui raccolse metodicamente diversi campioni) sia le caratteristiche geologiche dei luoghi incontrati.

 

Filtro ambientale

 

Per analizzare nel dettaglio gli innumerevoli appunti e reperti accumulati, Darwin impiegò diversi anni, trascorsi in Inghilterra al fianco della moglie Emma Wedgwood, sua fidata e brillante collaboratrice. Ebbene, studiando la flora e la fauna incontrate durante il viaggio sul Beagle, lo scienziato rimase particolarmente colpito da alcune popolazioni di tartarughe e fringuelli delle Galápagos, differenti nell’aspetto isola per isola, ma allo stesso tempo accomunate da salienti somiglianze nei caratteri fisici. «Egli ipotizzò quindi che gli animali in questione avessero rispettivamente avuto origine da un’unica specie, diversificandosi poi a seconda dello specifico ambiente in cui si erano ritrovati a vivere», spiega Pievani. Dopo circa vent’anni di studi, nel 1858 Darwin presentò le proprie argomentazioni sulla selezione naturale alla Linnean Society, importante associazione londinese specializzata nella storia naturale, e l’anno seguente diede alle stampe il suo saggio più celebre: L’origine delle specie ad opera della selezione naturale, ossia il mantenimento delle razze avvantaggiate nella lotta per la vita. In sostanza, egli spiegò come l’evoluzione fosse alla base della diversità della vita e come essa derivasse appunto da un meccanismo di selezione naturale scaturito dalla lotta per la sopravvivenza. «Nel dettaglio, Darwin affermò che l’evoluzione di nuove specie a partire da un progenitore comune avviene tramite un accumulo di graduali e in apparenza poco significativi mutamenti: quelli positivi, ossia favorevoli alla sopravvivenza, vengono assimilati di generazione in generazione e trasmessi ai discendenti, divenendo dominanti e determinando la suddetta diversificazione», riprende Pievani. Peraltro, egli non comprese appieno i meccanismi dell’ereditarietà, poi svelati dalla moderna genetica (che mosse i primi passi nella seconda metà del XIX secolo, con il biologo ceco Gregor Johann Mendel), dalla paleontologia e dagli studi sul DNA, che per il resto tenderanno a confermare la bontà delle riflessioni da lui proposte. Per la cronaca, va tuttavia ricordato come il primo scienziato a proporre una teoria evoluzionista legata alla mutazione delle specie fosse stato il naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck (nell’opera Philosophie zoologique, del 1809) e che riflessioni simili a quelle di Darwin furono elaborate anche dal naturalista gallese Alfred Russel Wallace, con il quale egli si confrontò più volte (redigendo con lui anche un articolo a quattro mani nel 1858). «Darwin ebbe però l’indubbio merito di aver spiegato per primo i meccanismi e processi che contrassegnano l’evoluzione e la diversificazione delle specie, determinati per l’appunto da quello che si può definire “filtro ambientale”», sottolinea l’esperto.

 

Controversie

 

La teoria evoluzionistica di Darwin ebbe immediate ripercussioni non solo nel mondo scientifico, ma anche in quello culturale e filosofico. Essa alludeva d’altronde al fatto che nessun organismo può essere considerato “perfetto”, dacché un carattere dimostratosi favorevole in una determinata situazione potrebbe non esserlo in altre, e tutto ciò, in ambito religioso, demoliva naturalmente il mito dell’essere umano plasmato a immagine e somiglianza di dio. «Darwin attestò come la casualità giocasse un ruolo fondamentale nei mutamenti degli esseri viventi, senza che vi fosse alcuna “finalità” stabilita da un’entità superiore», rimarca Pievani. «La sua idea andava dunque contro la concezione biblica – tramandata dalla Genesi – secondo cui le specie viventi sarebbero di creazione divina e per questo immutabili». Pur non negando l’esistenza di dio, lo scienziato inglese mandò così in pensione le istanze del creazionismo, scatenando asprissime controversie. Le sue posizioni, che ponevano l’essere umano sullo stesso piano degli animali, arrivarono addirittura a essere considerate blasfeme, ma se la Chiesa cattolica ne prese subito le distanze (mutando il proprio atteggiamento solo in tempi recenti), quella anglicana accolse invece le sue teorie, tanto che al momento della morte (1882) egli fu sepolto nell’abbazia londinese di Westminster. «A ogni modo, il dibattito aizzato dai creazionisti assumerà nuovo vigore nel XX secolo, a partire dagli Stati Uniti, dove alcuni ambienti religiosi radicali propugneranno un cieco fondamentalismo, assumendo il dettato biblico come unica verità», avverte Pievani. «Le posizioni dei creazionisti hanno peraltro assunto varie sfumature, virando per esempio verso il “creazionismo scientifico” o “disegno intelligente”, visione che accetta in apparenza l’evoluzionismo, ma che non considera la casualità il motore dell’evoluzione, chiamando di nuovo in causa una finalità divina».

 

Importanza ed eredità

 

A dispetto delle esternazioni dei creazionisti, la teoria darwiniana, seppur affinata e modificata nel corso del tempo, costituisce ancora oggi la base primaria per lo studio della vita e dell’interazione delle varie specie con gli ecosistemi di riferimento. Gli studi di Darwin non riguardarono peraltro solo i processi che avvengono in natura, ma anche quelli messi in atto con la “domesticazione”, di cui trattò nel saggio La variazione delle piante e degli animali in condizione di domesticità (1868). In breve, lo scienziato notò come l’uomo, allevando animali (lui stesso allevava piccioni), ne modifichi spesso habitat e abitudini, favorendo in questo modo l’evoluzione di specie con caratteristiche diverse da quelle che si sarebbero generate in condizioni naturali. «Le intuizioni di Darwin circa l’evoluzione come adattamento all’ambiente hanno tra l’altro avuto importanti ricadute in ogni ambito del sapere, dalla filosofia all’informatica, in particolare negli studi sull’intelligenza artificiale», chiosa Pievani. Peraltro, alcuni hanno tentato di cavalcare i ragionamenti darwiniani per scopi poco nobili, richiamandosi al concetto di selezione naturale per giustificare bieche forme di razzismo, ma quel che è certo è che il contributo offerto dallo scienziato inglese all’umanità fu di enorme valore, producendo una decisiva “evoluzione” culturale e scientifica di cui cogliamo tuttora i frutti.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]