N. 54 - Giugno 2012
(LXXXV)
se mancano le cure
cancro e monopoli
di Laura Novak
La
notizia
proveniente
dal
mondo
della
sanità
americana
sulla
progressiva
estinzione
dei
farmaci
anti
cancro
più
economici,
non
può
e
non
deve
passare
in
silenzio.
L’intera
comunità
scientifica
americana
lancia
un
serio
e
preoccupato
allarme,
delineando
una
situazione
complessa,
destinata
solo
a
peggiorare.
Parliamo
in
questo
caso
dell’America.
Ma
l’argomento
abbraccia
più
continenti.
Il
cancro,
senza
usare
particolari
terminologie
tecniche,
è
sostanzialmente
una
massa
cellulare
danneggiata
o
compromessa,
che
cresce
in
maniera
inconsueta
e
inaspettata
a
causa
di
un’
alterazione
del
proprio
patrimonio
genetico.
Per
fronteggiare
un
nemico
silenzioso
e
spesso
letale
come
il
tumore,
laddove
appare
non
operabile,
i
farmaci
ad
oggi
rimangono
l’unico
mezzo.
Poiché
non
esistono
ancora
cure
definitive
contro
il
cancro,
i
farmaci
in
uso
sono
potenzialmente
curativi,
ma,
spesso,
non
risolutivi.
Le
terapie
vengono
appositamente
composte
per
il
paziente,
in
virtù
dello
stato
di
salute,
della
patologia
e
della
sua
aggressività.
Proprio
per
la
capacità
del
cancro
di
colpire
in
maniera
equiparata
individui
di
ogni
genere,
età,
etnia
e
condizione
sociale,
la
ricerca
e le
cure
per
il
cancro
sono
in
un
certo
senso
diventate
fonte
di
indiscusso
business.
Le
case
farmaceutiche
hanno
iniziato
ad
investire
nel
settore
in
maniera
compatta
quando
il
problema
è
diventato
appunto
"comune".
Un
piatto
ricco,
ricchissimo,
dove
la
speculazione
è
ovviamente
parte
integrante
del
meccanismo
di
mercato.
Ma
UN
cancro
che
colpisce
UN
individuo
non
è
mai
possibile
standardizzarlo.
Per
esperienza
so
che
un
farmaco
che
ha
avuto
ottimi
risultati
in
pazienti
affetti
da
carcinoma
ai
polmoni
non
ha
prodotto
alcun
risultato
in
un
altro
individuo
affetto
dallo
stesso
tipo
di
tumore.
La
storia
clinica
personale
può
centrare,
ma
fino
a
un
certo
punto.
I
geni.
È
tutta
una
questione
di
geni.
Ad
oggi
lo
studio
di
quei
geni
impazziti
è
ancora
in
fase
sperimentale.
La
ricerca
continua
a
macinare
milioni
di
euro
di
fondi,
spesso
ottenendo
, va
detto,
ottimi
risultati
nella
prima
sperimentazione.
Per
questo
le
cure
anti
cancro
continuano
a
differirsi
e
migliorarsi
notevolmente
nel
tempo;
i
principi
attivi
continuano
ad
essere
modificati
secondo
la
tipologia
del
tumore.
Senza
contare
che
spesso
il
cancro
sviluppa
un
sistema
di
resistenza
ai
farmaci
chemioterapici
e
che
la
maggior
parte
di
quelle
stesse
medicine
risultano
tossiche
anche
per
le
cellule
sane
dell’organismo.
La
conseguenza
immediata
appare
vicina
e
devastante:
la
fruibilità
delle
cure
non
sarà
più
concessa
nelle
strutture
pubbliche,
ma
ad
un
ristretto
numero
di
individui
ricchi
che
potranno
decidere
di
curarsi
con
i
nuovi
farmaci
privatamente.
La
stessa
sanità
britannica
da
tempo
ormai
ha
scelto
di
non
rimborsare
l’uso
di
alcuni
farmaci
considerati
troppo
costosi.
La
guerra
al
monopolio
della
grandi
case
farmaceutiche
ha
inizio
in
tempi
recenti
proprio
da
alcuni
medici
(particolarmente
coscienziosi)
e da
numerose
associazioni
per
la
tutela
della
salute
dei
malati.
Nel
2007
un
convegno
di
prestigiosi
luminari
dell’oncologia
mondiale
a
Chicago
ha
pensato
di
dover
intervenire
sulla
questione,
partendo
da
un
unico
presupposto
e
lanciando
–
possiamo
dire
–
una
provocazione
legittima:
se
il
farmaco
funziona
l’azienda
farmaceutica
potrà
essere
saldata
dalle
strutture
pubbliche.
Al
contrario,
in
circostanze
ambigue
e
con
risultati
medici
non
soddisfacenti, la
fornitura
non
verrà
pagata.
Una
sorta
di
soddisfatti
o
rimborsati.
Nel
2011
l’
India
ha
preso
una
decisione
da
tutti
considerata
coraggiosa,
liberalizzando
il
mercato
dei
farmaci
anti
cancro;
ovvero
è
stato
concesso
ad
una
filiera
generica
e
low
cost
di
produrre
medicinali
anti
cancro
dal
principio
attivo
simile
ai
farmaci
delle
multinazionali
in
uso.
In
questo
modo
la
terapia,
che
spesso
viene
somministrata
per
via
orale,
è
acquistabile
anche
dai
meno
abbienti.
In
India
si
stima
che
una
scorta
mensile
di
farmaco
contro
il
cancro
ai
reni
e al
fegato
sia
venduto
intorno
alle
280.000
rupie,
circa
€
4.000.
Stiamo
parlando
di
un
paese
dove
il
reddito
pro
capite
medio
annuo
è
intorno
ai
900
dollari.
La
Bayer,
titolare
dei
diritti
sul
farmaco
generalizzato
in
India,
ha
da
subito
intentato
una
causa
milionaria
contro
la
decisione
governativa.
Le
motivazioni
della
causa
si
aggirano
tutte
intorno
alla
rivendicazione
del
brevetto
originale
e
alla
dimostrazione
che
gli
eccipienti
del
nuovo
farmaco
sarebbero
identici
a
quelli
dell’originale.
Il
colosso
tedesco
ha
però
già
perso
in
primo
grado.
In
attesa
del
giudizio
definitivo
la
coraggiosa
decisione
dello
stato
indiano
ha
scatenato
un
turbine
di
polemiche
che
per
il
momento
vedono
vincitore
il
popolo.
Senza
contare
che
se
il
tribunale
dovesse
dare
ragione
al
governo
indiano
e
liberalizzarne
il
commercio
si
creerebbe
un
enorme
precedente
giudiziario.
Costi
alla
mano,
ad
ogni
modo,
il
farmaco
prodotto
in
versione
low
cost
dovrebbe
entrare
in
commercio
con
un
costo
che
si
aggira
intorno
ai
130
dollari.
Un
prezzo
ancora
molto
alto
per
un
popolo
in
maggioranza
povero.
Ma
decisamente
inferiore
al
prodotto
marchiato
Bayer.
€
4.000
di
farmaco… minimo
dovrebbe
garantire
l’elisir
di
eterna
giovinezza
oltre
che
la
sopravvivenza…
La
questione
del
prezzo
dei
farmaci,
se
analizzata
nei
passaggi
produttivi,
è
scioccante
anche
nel
nostro
paese.
Non
solo
per
una
questione
economica,
ma
soprattutto,
verrebbe
da
dire,
per
una
questione
MORALE.
I
casi
di
tumori
negli
ultimi
anni
in
Italia
sono
cresciuti
esponenzialmente
ed i
fattori
sono
innumerevoli.
È
soprattutto
il
nostro
stile
di
vita
e
l’impatto
ambientale
della
massiccia
industrializzazione
compiuta
dopo
gli
anni
’70
ad
avere
maggiori
effetti
sui
dati.
Oltre
ovviamente
al
fatto
che
la
conoscenza
medica
di
oggi
fa
sì
che
si
sappia
di
cosa
si è
affetti.
La
cosa
più
incredibile
è
che
anche
il
cancro
negli
anni
è
mutato,
evolvendosi
e
divenendo
sempre
più
aggressivo.
Per
la
nostra
sanità
pubblica
la
spesa
per
le
cure
anticancro
si
aggira
intorno
ai
100
mila
euro
per
paziente
all’anno.
Per
questo
in
Italia
ogni
anno
vengono
immesse
nel
mercato
decine
di
nuovi
farmaci
chiamati
“intelligenti”;
questi
farmaci
di
ultimissima
generazione
andrebbero
con
appunto
“intelligenza”
a
colpire
soltanto
le
cellule
malate,
senza
intaccare
il
fisico
e la
sua
resistenza,
venendo
differenziati
a
seconda
della
parte
umana
compromessa
dal
male.
I
risultati
spesso
però
appaiono
discutibili
e i
costi
(elevatissimi)
della
loro
commercializzazione
non
sempre
risultano
giustificati
e
supportati
da
miracolosi
regressioni
della
malattia.
Ed è
così
che
l’emorragia
economica
diventa
insostenibile
per
il
budget
già
in
costante
restrizione
della
nostra
sanità,
tanto
da
creare
uno
spartiacque
senza
precedenti.
La
continua
commercializzazione
di
nuovi
farmaci,
ritoccati
e
migliorati
nella
loro
funzione
contenitiva
del
male,
porta
di
conseguenza
all’abbandono
di
farmaci
buoni
ma
brevettati
almeno
dieci
anni
fa e
considerati
dalla
medicina
oncologica
obsoleti.
Quegli
stessi
farmaci
ormai
diventati
economici
e
quindi
facilmente
acquistabili
dalla
aziende
ospedaliere
italiane.
Migliaia
di
pazienti
che
da
anni
hanno
avuto
miglioramenti
anche
solo
nelle
condizioni
di
vita
da
questi
"vecchi"
medicinali,
potrebbero
ritrovarsi
quindi
senza
più
cure
adeguate
e
accessibili.
Il
presidente
dell’A.I.F.A., il
prof.
Sergio
Pecorelli,
ha
recentemente
dichiarato
che,
in
caso
di
sparizione
dal
mercato
italiano
di
alcuni
farmaci
usati
nelle
terapie
contro
il
tumore,
la
loro
produzione
verrà
affidata
all’Istituto
Farmaceutico
militare
Italiano.
In
Italia
quindi
non
esisterebbe
una
vera
e
propria
emergenza.
Ma -
precisa
Pecorelli
–
quella
sarebbe
una
soluzione
solo
temporanea.
Il
problema
è,
infatti,
radicato
e
macchinoso.
Se
si
pensa
che
le
cure
anti
cancro
hanno
concesso
ai
malati
un’aspettativa
di
vita
in
continuo
aumento,
è
facile
immaginare
lo
scenario
successivo.
Il
mio
primo
contatto
con
il
cancro
è
stato
devastante.
Un
medico,
due
medici,
tre
medici,
cinque
medici
hanno
affermato
sempre
la
stessa
cruda
e
violenta
verità.
Dal
cancro
non
si
guarisce.
Nel
2012
di
cancro
spesso
non
si
muore
più,
ma
di
certo
non
si
guarisce
mai
completamente.
Il
tumore
è un
subdolo
passeggero
oscuro
nella
vita
del
malato.
Può
regredire,
essere
schiacciato
e
neutralizzato.
Ma
può
sempre
ricomparire,
sotto
altre
forme
e
senza
preavviso.
Oggi
uomini
e
donne
possono
sottoporsi
per
anni
a
chemioterapie,
radioterapie,
cure
con
ormoni,
trapianti
e
operazioni
multiple.
Le
sospensione
tra
le
terapie
possono
essere
notevolmente
lunghe,
con
altrettanti
periodi
di
completa
remissione.
Eppure
dopo
anni
possono
nuovamente
ammalarsi.
Nello
stesso
luogo
oppure
in
“sedi”
diverse.
Di
conseguenza
se i
farmaci
anti
cancro
allungano
la
vita
ai
malati,
li
condannano
tutta
la
vita
a
eseguire
esami
e
controlli
a
scadenza
regolare,
fino
a
sottoporli
abitualmente
ad
altre
e
altre
cure
e
terapie.
È
proprio
nella
nascita
di
questo
labirinto
senza
uscita
che
si
crea
il
presupposto
per
la
speculazione
monetaria
ed
il
monopolio
dei
marchi
più
potenti.
Ad
essere
onesti,
però,
non
possiamo
pensare
che
esista
unicamente
la
speculazione
nelle
cure
riconosciute.
Il
mondo
non
più
tanto
sotterraneo
delle
cure
alternative
è
amplissimo.
Prendendo
come
esempio
la
terapia
Di
Bella,
si
può
riscontrare
quanto
il
costo
totale
di 2
mesi
di
cura
arrivi
con
una
facilità
imbarazzante
a
1.500
euro.
Quasi
nessun
farmaco
è
passato
dalla
mutua
italiana
e i
composti
vengono
preparati
appositamente
sotto
prescrizione
medica
da
farmacie
specializzate.
Le
farmacie
di
"fiducia"
vengono
consigliate
ai
pazienti
dallo
stesso
oncologo
che
pratica
la
terapia
di
Bella:
"Vada
lì…mi
fido
di
loro,
lavoro
solo
con
loro,
sanno
perfettamente
dosare
gli
ingredienti…il
dosaggio
è
fondamentale
per
la
riuscita
della
cura".
Anche
solo
l’acquisto
della
macchina
erogatrice
del
composto
liquido
è
costosissimo.
La
puoi
trovare
tramite
conoscenze
o,
anche
lì,
tramite
l’oncologo
che
segue
la
terapia.
Ma
difficilmente
trovi
un’anima
pia
che
la
regali.
Così
come
l’assistenza
domiciliare
del
malato,
il
ricovero
in
strutture
di
hospice,
l’ascolto
psicologico
e
persino
la
benedizione
e la
confessione
cristiana.
Tutti
servizi
che
troppo
spesso
sono
altamente
a
rischio
speculazione.
Ed è
lì
che
la
disperazione
del
malato
penetra
nei
familiari,
ne
manovra
la
volontà,
li
rende
disposti
ad
ogni
mezzo
per
alimentare
la
speranza.
I
farmaci,
la
ricerca
e
l’evoluzione
della
scienza,
soprattutto
per
il
cancro,
sono
la
Speranza
per
eccellenza.
Combattiamo
perché
la
Speranza
non
sia
mai
a
rischio
speculazione.
Lottiamo
perché
la
Speranza
non
venga
estinta
per
meri
interessi
economici
e
perché
sia
sempre
accessibile
a
tutti,
senza
discriminazioni.
In
Italia
e
ovunque.