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N. 2 - Febbraio 2008 (XXXIII)

cultura e costituzione

quali i ruoli?

di Eleonora Orlando

 

Il patrimonio culturale di un Paese rappresenta la testimonianza visibile e tangibile della storia di quella Nazione, nella sua evoluzione e nei cambiamenti che in essa si sono susseguiti.

 

Ciò che distingue un Paese da un altro non è solo l’aspetto morfologico del suo territorio ma anche, e forse soprattutto, la sua cultura, intesa come sintesi di arte, costume, tradizione sociale e culturale di una Nazione.

 

Anche la Costituzione italiana assume la cultura come valore fondamentale e inserisce tra i principi fondamentali la disposizione che impegna la Repubblica a promuoverne lo sviluppo (art. 9).

 

Come è affermato in dottrina, con la formulazione di questo principio è stata fatta la scelta di caratterizzare la Repubblica italiana come ‘Stato di cultura’, con il preciso indirizzo di assumere tra i compiti essenziali della stessa quello della promozione, dello sviluppo e dell’elevazione culturale della collettività, con il conseguente obbligo, per tutti gli enti territoriali nazionali, nell’ambito delle rispettive competenze, di promuovere sia le diverse attività legate ad espressioni artistiche, sia le attività di valorizzazione (oltre che di tutela) dei beni storico-artistici, che della tradizione culturale della Nazione rappresentano la massima espressione.

 

Le norme costituzionali sull’organizzazione della cultura e dell’arte si sistemano principalmente intorno a due distinti poli d’attrazione: da un lato l’art. 9 Cost., a norma del quale «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura» e tutela altresì «il patrimonio storico e artistico della Nazione»; dall’altro, l’art. 33 Cost., secondo cui «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento».

 

L’art. 9 Cost. sembrerebbe suddivisibile in due parti, corrispondenti ai suoi due diversi commi: infatti, il primo comma illustra la funzione promozionale cui la Repubblica s’impegna per sviluppare la cultura e la ricerca scientifica e tecnica; il secondo, viceversa, allude ad una logica conservativa, ponendo l’obbligo di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico-artistico nazionale.

 

Da una prima interpretazione letterale sembra ravvisabile una differente prescrittività tra il primo comma, che lascia al legislatore un’amplissima discrezionalità nella scelta degli strumenti opportuni a «promuovere lo sviluppo della cultura» (attraverso, ad esempio, incentivi ad attività teatrali, cinematografiche, alla diffusione di opere artistiche ed altre forme di promozione), ed il secondo comma, che invece pone un dovere di tutela di determinati beni.

 

La ‘promozione’ alla quale fa riferimento il primo comma, non è, tuttavia, diretta ad un bene già sorto, ma ad un bene in continuo divenire (lo «sviluppo della cultura») e per giunta immateriale; essa acquista efficacia solo con la legge ordinaria di attuazione, la quale determina le tipologie degli interventi tesi allo «sviluppo della cultura» e le «forme» culturali che si intendono favorire. Diversamente, nel secondo comma, che ha ad oggetto beni materiali individuati o individuabili, l’interesse alla tutela scaturisce direttamente dalla norma costituzionale. Entrambe le disposizioni assolvono, comunque, ad una medesima funzione, che è quella di introdurre un valore etico-culturale tra i primi valori della Costituzione.

 

Un’ulteriore differenza tra i due commi dell’articolo 9 Cost. può cogliersi sotto il profilo del rapporto delle singole disposizioni costituzionali rispetto al diritto di libertà artistica e scientifica (art. 33 Cost.). La disposizione contenuta nell’art. 9 Cost. deve essere correlata, infatti, con la norma di cui al 1° comma dell’art. 33 della Costituzione, secondo cui «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Tale precetto considera l’arte e la scienza come valore assoluto, che come tale non è passibile di essere condizionato dall’esterno, ma deve essere lasciato alle libere scelte dell’individuo, in quanto espressione della genialità umana e della personalità del singolo.

 

Sembra, dunque, emergere chiaramente dal testo costituzionale che la tutela dei beni culturali e dell’ambiente sia finalizzata all’arricchimento della personalità dell’individuo. Tale tutela non ha significato in sé, ma in quanto i beni culturali e le bellezze naturali sono un indispensabile strumento dell’arricchimento della persona e risultano finalizzati allo scopo di elevare il livello di civiltà dei componenti della società.

 

Per ciò che attiene il 1° comma dell’art. 9, questo, nell’attribuire alla ‘Repubblica’ compiti di promozione culturale, non consente (né presuppone) un’ingerenza del potere politico sulla spontanea evoluzione della vita culturale. Una siffatta interpretazione è, infatti, esclusa dall’art. 33 Cost., che tende proprio ad impedire la formazione di un’arte o di una scienza ‘di Stato’ e che, anzi, assicura una tutela ‘privilegiata’ alla libertà di manifestazione del pensiero in materia artistica e scientifica. Il dovere di promozione culturale non può, pertanto, tradursi in una pianificazione della cultura da parte dell’apparato pubblico, ma impone un’azione statale finalizzata alla realizzazione del valore della libertà dell’uomo in campo artistico.

 

Il Costituente ha, dunque, avvertito la necessità dell’intervento pubblico, inteso non come intervento ‘di parte’ o ‘politico’, ma come intervento ‘imparziale’ o ‘neutro’, in forza del quale l’incentivazione culturale dello Stato, per essere legittima, non deve essere tesa a soddisfare le esigenze politiche della maggioranza o a realizzare interessi economici, ma deve essere indirizzata prevalentemente a sostegno delle posizioni di minoranza.

 

Il fine perseguito dalla Costituzione è, dunque, la crescita del pluralismo culturale, in quanto strumento di sviluppo della personalità dei singoli e, quindi, della collettività.


Con la promozione della cultura le istituzioni si prefiggono «per l’appunto di formare cittadini colti e per colto deve intendersi anzitutto chi conservi una memoria storica del passato e sappia valutare criticamente l’epoca in cui vive». L’interesse costituzionalmente tutelato non è ravvisabile pertanto nel mero interesse alla cultura, ma nell’interesse all’identità culturale della Nazione.

 

Nell’art. 9 Cost., pertanto, il riferimento non sarebbe a cose, beni o interessi, ma ad una funzione culturale, da collegare alla formazione intellettuale dell’individuo attraverso processi educativi intesi in senso ampio, ove i beni costituiscono, dunque, strumento di cultura.

 

Nella Costituzione, dunque, la nozione di ‘cultura’ appare comprensiva non soltanto dei beni materiali, ma altresì dei valori incorporali che vanno tutti preservati e salvaguardati in quanto concorrono a mantenere l’identità delle diverse culture, regionali e locali, in cui si riassume l’identità culturale della Nazione.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

M. AINIS – M. FIORILLO, L’ordinamento della cultura, Giuffrè, Milano 2003

F. S. MARINI, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Giuffrè, Milano 2002

A. MANSI, La tutela dei beni culturali e del paesaggio, Cedam, Padova 2004

 



 

 

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