filosofia & religione
IL CULTO IMPERIALE DURANTE L’IMPERO DI
COSTANTINO
PAGANESIMO VS CRISTIANESIMO
di Giovanni Pellegrino e Ermelinda
Calabria
In questo articolo ci interesseremo
della forma che assunse durante l’impero
di Costantino il culto imperiale.
Infatti, non è un problema di facile
risoluzione il modo in cui Costantino si
pose verso l’organizzazione, la
struttura le cerimonie del culto
imperiale pagano che neppure solo
simbolicamente potevano essere accettate
dal cristianesimo. Sebbene il culto
imperiale pagano non fosse accettabile
al Cristianesimo che l’aveva duramente
combattuto in passato, numerose
testimonianze attestano che esso fosse
presente anche nell’impero di
Costantino.
Tuttavia, se il culto dell’imperatore,
restò in vita anche per quel che
riguarda la struttura e i sacerdozi,
esso subì dal punto di vista dei
contenuti una radicale riforma: a
testimonianza di ciò prenderemo in
considerazione un famoso documento
giuridico, il Rescritto di Costantino ai
cittadini umbri di Spello. Il Rescritto
non contiene l’indicazione della data,
ma sembra certo che esso fu redatto dopo
il 326, proprio negli ultimi mesi del
regno di Costantino.
In questo documento l’imperatore
concedeva agli abitanti di Spello di
chiamare la loro città Flavia Costans
e di costruirvi un tempio dedicato alla
gens Flavia, inoltre venivano
impartite disposizioni per la
riorganizzazione delle feste
tradizionali che avevano luogo
annualmente nella Tuscia e nell’Umbria.
Momsen ha dimostrato l’autenticità del
rescritto che in passato era stata messa
in dubbio. Dal punto di vista della
politica religiosa la richiesta degli
abitanti di Spello pose Costantino in
una situazione alquanto delicata dal
momento che motivi di opportunità
politica e di propaganda dinastica lo
spingevano a non rifiutare gli atti di
omaggio e di devozione degli abitanti di
Spello.
Un tale rifiuto non sarebbe stato
infatti compreso dalle masse pagane che
costituivano la grande maggioranza dei
sudditi di Costantino. D’altra parte, la
caratterizzazione in senso
filo-cristiano della politica religiosa
di Costantino rendeva necessario che
egli prendesse le distanze da quegli
aspetti del culto imperiale la cui
mancata osservanza da parte dei
cristiani era stata l’occasione ancora
agli inizi del IV secolo di dure
persecuzioni. Pertanto, Costantino
rispose affermativamente alle preghiere
dei suoi sudditi ma nello stesso tempo
ordinò che il tempo dedicato alla sua
famiglia non fosse macchiato dalle frodi
di una contagiosa superstizione.
Tutti gli studiosi che hanno
approfondito il Rescritto di Costantino
agli abitanti di Spello, hanno sostenuto
che la chiave di volta per comprenderne
il significato è l’interpretazione delle
due parole “contagiosa superstizione”.
Costantino aveva posto come condizione
indispensabile che la costruzione del
tempio la necessità di non cadere nella
superstitio, parola molto
ambigua, che desina i concetti assai
diversi a seconda della matrice
ideologica di chi adopera tale parola.
Dobbiamo mettere in evidenza che
nell’antico pensiero dei romani la
“superstitio” è un allontanamento dalla
religione tradizionale o anche
un’infatuazione più o meo lecita nei
riguardi di religioni straniere. Con
tale parola i cristiani designavano
paganesimo, manicheismo, giudaismo, ma
anche scismi ed eresie.
Il significato della espressione
“contagiosa superstizione” già di per sé
incerto, diventa di ancor più difficile
interpretazione se consideriamo i
molteplici giudizi formulati intorno
alla politica religiosa di Costantino.
Alcuni studiosi hanno sostenuto che
Costantino con la parola superstitio
voleva condannare il paganesimo in tutte
le sue forme oppure secondo altri per lo
meno in quelle forme che maggiormente
offendevano i cristiani.
Tuttavia, sembra più plausibile
sostenere che con il termine
superstitio l’imperatore intendeva
vietare nel proprio tempio di famiglia
le liturgie e i sacrifici di qualunque
specie essi fossero del paganesimo
politeistico tradizionale romano. A
sostegno di questa opinione bisogna
citare Eusebio che in una sua opera ha
sostenuto che Costantino abbia emanato
una interdizione universale dei
sacrifici del tradizionale paganesimo
politeistico romano.
Se le parole di Eusebio fossero
veritiere in rescritto agli abitanti di
Spello sarebbe l’applicazione a un caso
specifico di un principio legislativo
generale della politica religiosa
dell’imperatore. Questa proibizione di
Costantino nei riguardi dei sacrifici
della tradizionale religione pagana è
presente non solo in Eusebio ma anche
nel Codice Teodosiano. Quindi possiamo
dire in definitiva che col temine
“superstizione” contagiosa Costantino
non faceva riferimento alla religione
cristiana o al paganesimo nella sua
totalità ma si riferiva solamente ai
riti del paganesimo politeistico
tradizionale. Ricordiamo che ai tempi di
Costantino era sempre più diffuso il
paganesimo nelle sue forme monetizzante
di origine orientale tipo, la religione
solare.
Quindi Costantino prende le distanze non
dal paganesimo inteso nella sua
globalità, ma da quelle forme di
paganesimo politeistico completamente
incompatibili con la religione
cristiana. Tuttavia, non tutti gli
studiosi sono d’accordo nel sostenere
tale interpretazione della parola
“superstizione contagiosa”.
Per fare un esempio, De Dominicis
ritiene che la parola superstizione
voglia indicare i riti che non facevano
parte del paganesimo tradizionale romano
ma che erano ritenuti disdicevoli al
progresso dei tempi e al modo di vivere
civile del popolo romano. Come si vede
non esiste identità di vedute tra gli
studiosi sul significato da attribuire
alla parola superstitio in quanto
non tutti gli studiosi sono d’accordo
nel riferire questa parola ai riti del
paganesimo tradizionale.
Con tutta probabilità Costantino decise
di puntare sull’ambiguo significato per
evitare di esprimere una personale e
definitiva opinione sul paganesimo
tradizionale romano che ai suoi tempi
era la religione più praticata
nell’Impero romano. Di conseguenza
l’imperatore, pur avendo preso le
distanze dal paganesimo tradizionale
romano politeistico, agì con particolare
prudenza evitando che alle condanne
ideologiche del paganesimo tradizionale
seguissero vere e proprie persecuzioni
dei pagani salvando così almeno entro
certi limiti la pace religiosa
dell’impero.
Dunque, Costantino non impose mai la sua
rivoluzionaria politica religiosa a
favore del cristianesimo con metodi
violenti e non perseguitò mai i pagani
politeistici per le loro idee religiose.
Tuttavia, dopo il 324 egli fu sempre più
chiaro nel far capire ai suoi sudditi
che appoggiava la religione cristiana,
invitandoli ad abbandonare il paganesimo
tradizionale e a convertirsi al
cristianesimo.
Tuttavia, sul piano strettamente
religioso la proibizione dei sacrifici
del politeismo tradizionale romano
effettuata da Costantino nel Rescritto
di Spello non poteva soddisfare in pieno
la Chiesa cristiana: in particolare il
persistere nelle feste in onore della
famiglia imperiale dei ludi scenici e
dei giochi dei gladiatori, ancora
collegati a tali cerimonie, non potevano
non infastidire la Chiesa cristiana.
L’imperatore, sebbene si fosse
convertito al Cristianesimo, era conscio
che non poteva rifiutare il culto
imperiale senza perdere potere e
prestigio politico, ma la Chiesa
cattolica aveva sempre combattuto il
culto dell’imperatore ritenendo che
nessun imperatore dovesse essere adorato
come un dio poiché tale culto doveva
essere riservato solo al Dio cristiano.
L’imperatore non poteva fare di più per
accontentare la Chiesa cristiana senza
correre il rischio di perdere la vita e
il regno. Ciò non significa che
Costantino provasse ancora delle
simpatie verso il paganesimo
tradizionale romano alla fine della sua
vita, ma ciò significa semplicemente che
l’imperatore doveva attuare una politica
religiosa basata sul sincretismo
religioso a dispetto della sua
conversione al Cristianesimo, proprio
perché la maggioranza dei suoi sudditi
era ancora adepta del paganesimo
tradizionale politeistico.
Non dobbiamo dimenticare che in
occasione della inaugurazione della sua
nuova capitale dell’impero di
Costantinopoli, Costantino fece
celebrare sia riti pagani sia riti
cristiani per propiziarsi il favore
divino nei confronti della nuova
capitale dell’impero. Ciò non significa
che l’imperatore fosse neutrale dal
punto di vista religioso, ma significa
semplicemente che la sua politica
religiosa rivoluzionaria, in favore del
cristianesimo andava incontro a notevoli
problemi pratici. In conclusione,
possiamo dire che sia Costantino che gli
altri imperatori cristiani che lo
seguirono non rinunciarono a organizzare
il culto imperiale proprio per ragioni
squisitamente politiche sebbene il
Cristianesimo non abbia mai accettato il
culto dell’imperatore, anzi molto spesso
i cristiani vennero perseguitati dai
liberatori pagani proprio perché si
rifiutarono di attribuire agli
imperatori prerogative divine.
Il fatto che Costantino nel Rescritto di
Spello eliminò le cerimonie religiose
collegate al paganesimo tradizionale
romano non significò affatto che
scomparissero le altre manifestazioni di
culto alla persona dell’imperatore anche
se questo culto era contrario al
Cristianesimo, ma in che modo i
cristiani consideravano la persona
dell’imperatore dal momento che non lo
consideravano più un dio vivente?
Per i cristiani come sosteneva Eusebio
l’imperatore veniva considerato il
rappresentante in terra del Logos
Christos. Come si vede, per il
Cristianesimo l’imperatore dello Stato
romano pur rivestendo un ruolo di
notevole importanza non poteva essere
considerato un dio in terra, ragion per
cui Costantino persistendo nella sua
idea di continuare a permettere il culto
imperiale non si adeguò minimamente alla
religione cristiana non potendo
sovvertire la sua politica intesa a
favorire dimostrazioni di fedeltà
all’imperatore anche a costo di andare
contro i precetti della religione
cristiana.
Riferimenti bibliografici:
M. DE DOMINICIS, Un intervento di
Costantino in materia religiosa, in
“Revue international test droit de l’antiquite”,
X, 1963, p. 208. |