[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 151 / LUGLIO 2020 (CLXXXII)


filosofia & religione

IL CULTO IMPERIALE DURANTE L’IMPERO DI COSTANTINO

PAGANESIMO VS CRISTIANESIMO

di Giovanni Pellegrino e Ermelinda Calabria

 

In questo articolo ci interesseremo della forma che assunse durante l’impero di Costantino il culto imperiale. Infatti, non è un problema di facile risoluzione il modo in cui Costantino si pose verso l’organizzazione, la struttura le cerimonie del culto imperiale pagano che neppure solo simbolicamente potevano essere accettate dal cristianesimo. Sebbene il culto imperiale pagano non fosse accettabile al Cristianesimo che l’aveva duramente combattuto in passato, numerose testimonianze attestano che esso fosse presente anche nell’impero di Costantino.

 

Tuttavia, se il culto dell’imperatore, restò in vita anche per quel che riguarda la struttura e i sacerdozi, esso subì dal punto di vista dei contenuti una radicale riforma: a testimonianza di ciò prenderemo in considerazione un famoso documento giuridico, il Rescritto di Costantino ai cittadini umbri di Spello. Il Rescritto non contiene l’indicazione della data, ma sembra certo che esso fu redatto dopo il 326, proprio negli ultimi mesi del regno di Costantino.

 

In questo documento l’imperatore concedeva agli abitanti di Spello di chiamare la loro città Flavia Costans e di costruirvi un tempio dedicato alla gens Flavia, inoltre venivano impartite disposizioni per la riorganizzazione delle feste tradizionali che avevano luogo annualmente nella Tuscia e nell’Umbria.

 

Momsen ha dimostrato l’autenticità del rescritto che in passato era stata messa in dubbio. Dal punto di vista della politica religiosa la richiesta degli abitanti di Spello pose Costantino in una situazione alquanto delicata dal momento che motivi di opportunità politica e di propaganda dinastica lo spingevano a non rifiutare gli atti di omaggio e di devozione degli abitanti di Spello.

 

Un tale rifiuto non sarebbe stato infatti compreso dalle masse pagane che costituivano la grande maggioranza dei sudditi di Costantino. D’altra parte, la caratterizzazione in senso filo-cristiano della politica religiosa di Costantino rendeva necessario che egli prendesse le distanze da quegli aspetti del culto imperiale la cui mancata osservanza da parte dei cristiani era stata l’occasione ancora agli inizi del IV secolo di dure persecuzioni. Pertanto, Costantino rispose affermativamente alle preghiere dei suoi sudditi ma nello stesso tempo ordinò che il tempo dedicato alla sua famiglia non fosse macchiato dalle frodi di una contagiosa superstizione.

 

Tutti gli studiosi che hanno approfondito il Rescritto di Costantino agli abitanti di Spello, hanno sostenuto che la chiave di volta per comprenderne il significato è l’interpretazione delle due parole “contagiosa superstizione”. Costantino aveva posto come condizione indispensabile che la costruzione del tempio la necessità di non cadere nella superstitio, parola molto ambigua, che desina i concetti assai diversi a seconda della matrice ideologica di chi adopera tale parola. Dobbiamo mettere in evidenza che nell’antico pensiero dei romani la “superstitio” è un allontanamento dalla religione tradizionale o anche un’infatuazione più o meo lecita nei riguardi di religioni straniere. Con tale parola i cristiani designavano paganesimo, manicheismo, giudaismo, ma anche scismi ed eresie.

 

Il significato della espressione “contagiosa superstizione” già di per sé incerto, diventa di ancor più difficile interpretazione se consideriamo i molteplici giudizi formulati intorno alla politica religiosa di Costantino. Alcuni studiosi hanno sostenuto che Costantino con la parola superstitio voleva condannare il paganesimo in tutte le sue forme oppure secondo altri per lo meno in quelle forme che maggiormente offendevano i cristiani.

 

Tuttavia, sembra più plausibile sostenere che con il termine superstitio l’imperatore intendeva vietare nel proprio tempio di famiglia le liturgie e i sacrifici di qualunque specie essi fossero del paganesimo politeistico tradizionale romano. A sostegno di questa opinione bisogna citare Eusebio che in una sua opera ha sostenuto che Costantino abbia emanato una interdizione universale dei sacrifici del tradizionale paganesimo politeistico romano.

 

Se le parole di Eusebio fossero veritiere in rescritto agli abitanti di Spello sarebbe l’applicazione a un caso specifico di un principio legislativo generale della politica religiosa dell’imperatore. Questa proibizione di Costantino nei riguardi dei sacrifici della tradizionale religione pagana è presente non solo in Eusebio ma anche nel Codice Teodosiano. Quindi possiamo dire in definitiva che col temine “superstizione” contagiosa Costantino non faceva riferimento alla religione cristiana o al paganesimo nella sua totalità ma si riferiva solamente ai riti del paganesimo politeistico tradizionale. Ricordiamo che ai tempi di Costantino era sempre più diffuso il paganesimo nelle sue forme monetizzante di origine orientale tipo,  la religione solare.

 

Quindi Costantino prende le distanze non dal paganesimo inteso nella sua globalità, ma da quelle forme di paganesimo politeistico completamente incompatibili con la religione cristiana. Tuttavia, non tutti gli studiosi sono d’accordo nel sostenere tale interpretazione della parola “superstizione contagiosa”.

 

Per fare un esempio, De Dominicis ritiene che la parola superstizione voglia indicare i riti che non facevano parte del paganesimo tradizionale romano ma che erano ritenuti disdicevoli al progresso dei tempi e al modo di vivere civile del popolo romano. Come si vede non esiste identità di vedute tra gli studiosi sul significato da attribuire alla parola superstitio in quanto non tutti gli studiosi sono d’accordo nel riferire questa parola ai riti del paganesimo tradizionale.

 

Con tutta probabilità Costantino decise di puntare sull’ambiguo significato per evitare di esprimere una personale e definitiva opinione sul paganesimo tradizionale romano che ai suoi tempi era la religione più praticata nell’Impero romano. Di conseguenza l’imperatore, pur avendo preso le distanze dal paganesimo tradizionale romano politeistico, agì con particolare prudenza evitando che alle condanne ideologiche del paganesimo tradizionale seguissero vere e proprie persecuzioni dei pagani salvando così almeno entro certi limiti la pace religiosa dell’impero.

 

Dunque, Costantino non impose mai la sua rivoluzionaria politica religiosa a favore del cristianesimo con metodi violenti e non perseguitò mai i pagani politeistici per le loro idee religiose. Tuttavia, dopo il 324 egli fu sempre più chiaro nel far capire ai suoi sudditi che appoggiava la religione cristiana, invitandoli ad abbandonare il paganesimo tradizionale e a convertirsi al cristianesimo.

 

Tuttavia, sul piano strettamente religioso la proibizione dei sacrifici del politeismo tradizionale romano effettuata da Costantino nel Rescritto di Spello non poteva soddisfare in pieno la Chiesa cristiana: in particolare il persistere nelle feste in onore della famiglia imperiale dei ludi scenici e dei giochi dei gladiatori, ancora collegati a tali cerimonie, non potevano non infastidire la Chiesa cristiana.

L’imperatore, sebbene si fosse convertito al Cristianesimo, era conscio che non poteva rifiutare il culto imperiale senza perdere potere e prestigio politico, ma la Chiesa cattolica aveva sempre combattuto il culto dell’imperatore ritenendo che nessun imperatore dovesse essere adorato come un dio poiché tale culto doveva essere riservato solo al Dio cristiano.

 

L’imperatore non poteva fare di più per accontentare la Chiesa cristiana senza correre il rischio di perdere la vita e il regno. Ciò non significa che Costantino provasse ancora delle simpatie verso il paganesimo tradizionale romano alla fine della sua vita, ma ciò significa semplicemente che l’imperatore doveva attuare una politica religiosa basata sul sincretismo religioso a dispetto della sua conversione al Cristianesimo, proprio perché la maggioranza dei suoi sudditi era ancora adepta del paganesimo tradizionale politeistico.

 

Non dobbiamo dimenticare che in occasione della inaugurazione della sua nuova capitale dell’impero di Costantinopoli, Costantino fece celebrare sia riti pagani sia riti cristiani per propiziarsi il favore divino nei confronti della nuova capitale dell’impero. Ciò non significa che l’imperatore fosse neutrale dal punto di vista religioso, ma significa semplicemente che la sua politica religiosa rivoluzionaria, in favore del cristianesimo andava incontro a notevoli problemi pratici. In conclusione, possiamo dire che sia Costantino che gli altri imperatori cristiani che lo seguirono non rinunciarono a organizzare il culto imperiale proprio per ragioni squisitamente politiche sebbene il Cristianesimo non abbia mai accettato il culto dell’imperatore, anzi molto spesso i cristiani vennero perseguitati dai liberatori pagani proprio perché si rifiutarono di attribuire agli imperatori prerogative divine.

 

Il fatto che Costantino nel Rescritto di Spello eliminò le cerimonie religiose collegate al paganesimo tradizionale romano non significò affatto che scomparissero le altre manifestazioni di culto alla persona dell’imperatore anche se questo culto era contrario al Cristianesimo, ma in che modo i cristiani consideravano la persona dell’imperatore dal momento che non lo consideravano più un dio vivente?

 

Per i cristiani come sosteneva Eusebio l’imperatore veniva considerato il rappresentante in terra del Logos Christos. Come si vede, per il Cristianesimo l’imperatore dello Stato romano pur rivestendo un ruolo di notevole importanza non poteva essere considerato un dio in terra, ragion per cui Costantino persistendo nella sua idea di continuare a permettere il culto imperiale non si adeguò minimamente alla religione cristiana non potendo sovvertire la sua politica intesa a favorire dimostrazioni di fedeltà all’imperatore anche a costo di andare contro i precetti della religione cristiana.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

M. DE DOMINICIS, Un intervento di Costantino in materia religiosa, in “Revue international test droit de l’antiquite”, X, 1963, p. 208.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]