N. 60 - Dicembre 2012
(XCI)
città o chora?
La dibattuta questione sull'introduzione del cristianesimo
in territorio siracusano
di Gianni Di Noto
La
dibattuta
questione
sull’introduzione
delle
prime
comunità
cristiane
e
del
cristianesimo
tutto
nel
territorio
siracusano
trae
la
sua
origine
dalla
breve
notizia
riportata
negli
Atti
degli
Apostoli
al
versetto
28,
12
come
palesemente
noto.
Luca,
tra
i
più
antichi
storici
della
chiesa
secondo
una
comunis
opinio
ormai
largamente
diffusa,
afferma
che
viaggiando
su
di
una
nave
alessandrina
con
l’insegna
dei
Dioscuri,
per
questo
nominata
la
“Castore
e
Polluce”,
lui
e
alcuni
compagni
avrebbero,
dopo
avere
svernato
nell’isola
(Malta),
raggiunto
Siracusa
e
qui
sarebbero
rimasti
tre
giorni.
Non
appaiono
ancora
oggi
chiari
i
motivi
della
sosta,
tra
le
ipotesi
più
ricorrenti
vengono
spesso
citate:
il
carico
e lo
scarico
di
merci,
il
servizio
postale,
la
cessazione
di
vento
favorevole,
rifornimento
logistico,
specialmente
di
acqua.
Non
sappiamo
se
la
sosta
fu
dettata
da
uno
di
questi
motivi
o se
essi
abbiano
concorso
tutti
insieme,
rimane
fuor
di
dubbio
invece
che
tale
sosta
dovette
da
sempre
ritenersi
profondamente
legata
alla
possibile
attività
di
evangelizzazione
del
luogo
o
alla
probabilità
di
entrare
in
contatto
con
comunità
cristiane
addirittura
preesistenti.
Su
questo
brano
il
confronto
esegetico
è
ancora
oggi
del
tutto
aperto.
Le
ipotesi
sono
varie
e
discusse,
tra
le
più
autorevoli
quella
del
Gaetani
il
quale
sostiene
che
a
Siracusa
fossero
già
presenti
dei
cristiani
e
che
l’equipaggio,
con
S.
Paolo
in
primis,
si
sia
trattenuto
cordialmente
presso
di
loro.
Il
Gaetani
sostiene
anche
che
l’Apostolo
li
avrebbe
addirittura
confermati
nella
sua
parola.
Questa
opinione
troverebbe
conferma
nel
ritrovamento
di
un
calendario
liturgico
gallicano
del
secolo
XII
(1152)
rinvenuto
nell’antica
chiesa
di
S.
Giovanni
e S.
Marciano
alle
catacombe
nel
1653
e
pubblicato
dal
can.
Michele
Angelo
Mancaruso,
che
sotto
la
data
dell’11
Marzo
riporta
la
commemorazione
del
passaggio
di
S.
Paolo
a
Siracusa.
Una
seconda
corrente,
del
tutto
contraria
alla
prima,
capitanata
dal
tedesco
Holm
e
dal
siciliano
Biagio
Pace
nega
in
modo
assoluto
che
Paolo
e i
suoi
compagni
nell’anno
61
d.
C.
abbiano
trovato
dei
cristiani
a
Siracusa
ed
attribuisce
esclusivamente
all’Apostolo
il
merito
dell’evangelizzazione.
La
terza
ipotesi
è
rappresentata
infine
da
coloro
che
sostengono
che
non
solo
Paolo
non
abbia
trovato
cristiani
ma
che
egli
stesso
si
sia
astenuto
dal
farne.
Un’altra
linea
di
pensiero,
non
meno
attendibile,
sostiene
invece
che
l’evangelizzazione
dei
luoghi
sia
precedentemente
avvenuta
ad
opera
di
anonimi
missionari.
Se
consideriamo
attentamente
il
fenomeno
della
colonizzazione
e
accentuiamo,
seppur
con
la
dovuta
cautela,
i
rapporti
che
intercorrevano
fin
dai
tempi
della
fondazione
avvenuta
nel
734
a.
C.
tra
Siracusa
e
Corinto
è
facile
mettere
in
relazione
il
cristianesimo
stesso
con
la
fervida
attività
di
mercanti.
A
Corinto,
nel
50
d.
C.,
proveniente
da
Atene,
l’Apostolo
Paolo
aveva
fondato
una
chiesa;
dati
gli
amichevoli
e
antichi
rapporti
commerciali
e
culturali,
non
solo
non
appare
illegittimo
ma
addirittura
ovvio
sostenere
che
nel
decennio
che
va
dal
50
al
60
d.C
i
cristiani
di
Corinto
abbiano
partecipato
agli
amici
di
Siracusa
l’evangelizzazione
della
loro
città.
Molti
sostengono
l’impossibilità
di
tale
teoria
basandosi
sul
fatto
che
negli
atti
non
siano
menzionati
i
“fratelli”
o i
“fratres”,
ponendo
quindi
l’attenzione
sulla
totale
assenza
di
possibili
comunità
cristiane
del
luogo;
appare
tuttavia
chiaro
che
per
posizione
geografica,
culturale
e
antropica
la
Sicilia
e
Siracusa
nello
specifico
non
potevano
restare
escluse
dalla
diffusione
del
nuovo
fenomeno
sociale
e
religioso.
La
Sicilia
orientale,
era
estremamente
facilitata
ad
accogliere
presto
il
cristianesimo
per
moltissimi
aspetti:
era
dotata
di
porti
eccellenti
ed
era
situata
lungo
le
principali
vie
commerciali
dell’Impero,
non
si
dimentichi
che
la
stessa
nave
su
cui
viaggiava
Paolo
era
in
realtà
una
frumentaria,
e le
comunicazioni
dirette
tra
Roma,
Alessandria
e
Cartagine.
È
ormai
assodato
che
le
città
poste
vicino
ai
grandi
porti
di
mare
furono
normalmente
le
prime
ad
accogliere
le
dottrine
cristiane,
e
che
le
vie
marittime
dell’Impero
Romano
furono
le
principali
arterie
attraverso
le
quali
venne
pompato
l’inarrestabile
flusso
sanguigno
della
nuova
dottrina.
La
chiesa
di
Siracusa
avanza
tutte
le
altre
per
antichità.
I
suoi
monumenti
pare
tocchino
addirittura
il
II
secolo
e
ciò
indurrebbe
a
credere
che
proprio
Siracusa
sia
la
prima
città
della
Sicilia
ad
avere
accolto
il
cristianesimo.
È
stata
scoperta
recentemente
a
Roma
la
più
antica
raffigurazione
iconografica
relativa
a S.
Paolo
alla
catacomba
di
Santa
Tecla
sulla
via
Ostiense,
afferibile
proprio
al
secondo
secolo,
ma
ci
permettiamo
di
ricordare
che
la
rotta
romana
aveva
precedentemente
fatto
scalo
proprio
nel
siracusano,
da
ciò
si
traggano
le
dovute
conclusioni.
Le
indagini
archeologiche
nel
territorio
di
Siracusa
hanno
sicuramente
dato
negli
ultimi
anni
risultati
eccellenti
per
la
definizione
del
quadro
paleocristiano
del
nostro
territorio
tuttavia
esiste
l’impressione
che
concentrandosi
troppo
e
troppo
lungamente
sul
nucleo
centrale
siano
stati
trascurati
dei
satelliti
che
sarebbero
dovuto
servire
in
realtà
a
meglio
definire
l’intera
orbita.
Siti
come
Petracca
in
contrada
Canicattini
e
Cozzo
Collura,
nell’agro
di
Solarino,
indubbiamente
interessati
fortemente
da
fenomeni
di
natura
cristiana,
potrebbero
oggi
portare
alla
luce
nuove
realtà
che
sarebbero
sicuramente
d’apporto
alla
possibilità
di
definire
in
modo
finalmente
univoco
il
complesso
quadro
del
cristianesimo
primitivo.
Il
sito
di
Cozzo
Collura
nello
specifico,
saltuariamente
indagato,
ora
dall’
Orsi,
ora
da
Agnello,
Marchese,
Spigo
e
Pelagatti,
pone
interessanti
interrogativi
sulla
gestione
delle
prime
dinamiche
di
culto.
Innanzitutto
appare
immediatamente
evidente
la
palese
contraddizione
in
corso
tra
la
cultura
materiale
dislocata
fra
resti
di
tipo
greco/romano
e
medievale
e un
immenso
vuoto
cronologico
che
va
dal
IV
a.
C.
al
IV
d.
C. e
i
residui
della
“veneranda
tradizione”
che
in
tale
sito
collocano
il
cosiddetto
“Pozzo
di
San
Paolo”
elemento
mitologicamente
afferibile
addirittura
ai
primissimi
momenti
del
cristianesimo.
I
reperti
archeologici
di
Cozzo
Collura
si
riferiscono
allo
stato
attuale
delle
ricerche
a
due
periodi
distinti
e
distanti.
Al
primo
periodo
appartengono
le
tombe
a
campana
con
dentro
cadaveri
e
monete
costantiniane
scoperte
dall’
Orsi.
Al
secondo
periodo
appartengono
i
ruderi
ed
altri
oggetti
venuti
alla
luce
durante
la
breve
campagna
di
scavi
eseguiti
dalla
Soprintendenza
Archeologica
di
Siracusa
nel
novembre
1978.
I
reperti
esaminati
assicurano
che
tale
sito
era
certamente
abitato
al
III
sec.
d.C.
mentre
la
ceramica
non
ancora
convenientemente
esaminata
fa
legittimare
che
l’abitato
ivi
esistente
potesse
precedere
di
diversi
secoli
l’éra
cristiana.
Lo
stesso
Orsi
scrive:
“Approfittai
della
mia
presenza
a S.
Paolo
(ancora
Orsi
definisce
l’agro
di
Soalrino
San
Paolo.),
per
fare
eseguire
dei
saggi
di
scavo
anche
in
un
terreno
presso
il
paese
denominato
Cozzo
Collura,
ove
si
trova
un
certo
numero
di
tombe
a
Campana,
per
lo
più
frugate:
da
due
di
esse
con
i
morti
a
posto
ebbi
tre
monete,
una
di
Costantino,
una
logora
della
fine
del
IV
secolo,
ed
una
terza
della
stessa
età:
il
che
giova
sapere
per
la
cronologia
di
codeste
forme
sepolcrali
cotanto
diffuse
nell’Isola”.
Orsi
non
ci
dice
comunque
quale
tipo
di
monetazione
costantiniana
abbia
rinvenuto
né
quale
sia
il
tema;
informazioni
utili
per
stabilire
in
quale
parte
del
IV
secolo
ci
si
trovi.
La
monetazione
di
Costantino
fu
infatti
ricca
e
mutevole
e
dovette
adattarsi
a
numerose
riduzioni
metrologiche
e a
cambiamenti
concettuali-ideologici
e
artistici.
Il
tema
iniziale
fu
più
popolare,
rivolgendosi
al
padre
Marte,
forse
evocato
per
mettere
in
risalto
il
suo
legame
(e
legittimazione)
con
Massimiano,
a
Roma.
Le
piccole
mezze
siliquae
di
argento
emesse
in
questa
occasione
dalla
zecca
di
Treviri
in
nome
di
Costantino
e
suo
suocero
furono
accompagnate
da
rari
pezzi
a
nome
della
nobilissima
femina,
Fausta,
con
il
tipo
di
Venere
al
R/.
Un
aureo
da 1
½
solido
battuto
a
Tessalonica
nel
315
mostra
Costantino
sia
al
D/ e
al
R/.:
al
D/
egli
è
radiato,
il
R/
rientra
nei
canoni
della
consueta
propaganda
imperiale,
volendo
infondere
sicurezza
alla
popolazione
con
l’atteggiamento
dell’imperatore,
che
seduto
riceve
una
vittoria
sul
globo,
la
leggenda
sottolinea
e
conferma
tale
significato.
Costantino
abbandonò
i
temi
solari
dopo
la
prima
guerra
con
Licinio.
Un
doppio
solido,
battuto
a
Ticinum
nel
315
per
celebrare
il
decimo
anniversario
dell’impero,
riprende
il
tipo
elmato
del
D/ e
il
R/
victoriae
laetae
della
precedente
siliqua
svilita.
Dopo
il 1
marzo
del
317
i
Cesari
Crispo
e
Costantino
II
sono
ben
presenti
nelle
emissioni.
Sulle
prime,
i
ritratti
sono
attentamente
caratterizzati;
Crispo,
figlio
di
Minervina,
somiglia
al
padre.
mentre
Costantino,
figlio
di
Fausta,
ha
il
viso
piccolo
della
madre
e il
naso
rincagnato.
Tale
monetazione
sembrò
variare
costantemente
per
quasi
tutta
la
durata
del
regno.
Per
tale
motivo
sarebbe
indispensabile
sapere
a
quale
emissione
si
riferisce
Orsi.
Rimane
tuttavia
da
chiedersi
per
quale
arcano
motivo
avendo
ottenuto
dei
saggi
così
lusinghieri
il
grande
Archeologo
non
abbia
proseguito
una
campagna
di
scavi
sistematica
con
la
speranza
di
ulteriori
e
più
interessanti
scoperte,
preziose
e
fondamentali
per
la
determinazione
della
corretta
cronologia.
Perché
non
ha
descritto
la
topografia
e
perchè
in
nessun
modo
ha
specificato
il
numero
di
tombe
a
campana
scoperte?
Le
monete
ritrovate,
tuttavia,
insieme
ai
morti
nelle
rispettive
tombe,
svelano
almeno
in
parte
il
mistero
della
cronologia,
assicurando
che
almeno
uno
di
quei
defunti
possa
essere
della
prima
metà
del
IV
secolo;
ciò
può
far
determinare
che
il
cimitero
fosse
in
funzione
già
dai
primi
decenni
del
IV
se
non
prima.
Conseguentemente
si
può
legittimare
che
se
il
cimitero
fosse
in
funzione
durante
tale
periodo,
un “oppidum”
potesse
preesistere
a
cavallo
dei
secoli
III-IV.
Le
indagini
archeologiche
finora
effettuate
hanno
rivelato
tracce
di
frequentazione
sconnesse
tra
loro
con
intervalli
cronologici
difficilmente
spiegabili.
Secondo
Umberto
Spigo
“Per
quanto
riguarda
le
tracce
di
una
frequentazione
greca
e
romana
rinvenute
nel
corso
della
breve
campagna
di
scavo
condotta
a
Cozzo
Collura
nel
periodo
ottobre-novembre
1878,
non
si
possono
per
ora
individuare
con
sicurezza
resti
di
strutture
murarie
anteriori
al
periodo
medievale,
tranne
forse
alcuni
brandelli
di
muri
a
secco
rinvenuti
nel
settore
Sud-Ovest
dello
scavo,
la
cui
natura
e
cronologia
sono,
peraltro,
ancora
da
chiarire....
Vogliamo
però
segnalare
fra
il
materiale,
non
molto
abbondante,
spesso
rimescolato,
rinvenuto
nello
scavo,
una
testina
femminile
fittile,
probabilmente
di
un
tipo
di
statuetta
fittile,
di
buona
fattura
assegnabile
ancora
al
IV
Secolo
(tipo
Demetra
e
Kore?)”.
Se
l’assegnazione
è
corretta
il
rinvenimento
di
una
statuetta
fittile
del
tipo
Demetra
e
Kore
testimonia
la
precoce
destinazione
d’uso
del
sito
a
carattere
cultuale
elemento
di
non
s
trascurabile
importanza
in
relazione
ad
eventuali
riadattamenti
cristiani
secondo
il
principio
del
simile
col
simile.
Dal
IV-III
secolo
a.C.
balziamo
quasi
inaspettatamente
al
III-IV
d.C.
attraverso
le
relazioni
di
ORSI
per
arrivare
addirittura
in
piena
epoca
medievale
dall’approfondimento
archeologico
ad
opera
della
dottoressa
Filippa
Marchese:
“Gli
scavi
archeologici
condotti
a
Cozzo
condotti
a
Solarino
in
C/da
Cozzo
Collura,
precisamente
nella
località
conosciuta
con
l’appellativo
di
“Chiesa
di
S.
Paolo”,
hanno
permesso
di
accertare
l’esistenza
di
un
edificio
di
culto,
databile
ad
epoca
anteriore
al
terremoto
del
1693.
La
planimetria
della
chiesa
è
configurata
dai
resti
di
alcune
strutture
murarie
(sono
stati
identificati
il
lato
settentrionale
e
quello
occidentale
con
l’ingresso)
e
dalle
tracce
del
pavimento;
il
rinvenimento,
poco
al
disotto
di
quest’ultimo,
di
un
secondo
piano
di
calpestio,
potrebbe
indurre
ad
ipotizzare
la
possibilità
di
un
rifacimento
pavimentale,
avvenuto
nell’ambito
dello
stesso
edificio
a
distanza
di
qualche
decennio.
Alla
chiesa
deve
appartenere
anche
l’ossuario
rinvenuto
nella
parte
orientale
che
non
ha
però
fornito
alcun
materiale.
L’approfondimento
delle
indagini
archeologiche
ha
permesso
di
individuare,
sotto
i
due
piani
di
calpestio,
altre
strutture
murarie,
che
definivano
una
deposizione....
in
base
al
materiale
rinvenuto
(4
fibbie
e
una
punta
di
coltello
in
ferro),
le
scoperte
fatte
in
nessun
caso
si
possono
far
risalire
cronologicamente,
ad
epoca
anteriore
all’ultimo
venticinquennio
del
XI°
secolo.”
Sulla
base
di
queste
relazioni
è
evidente
che
a
Cozzo
Collura,
nell’adiacenza
del
“Pozzo
S.
Paolo”
esistono
tracce
di
frequentazione
greco/romana.
Sebbene
per
adesso
vi
sia
una
oggettiva
difficoltà
nell’individuazione
di
strutture
murarie
anteriori
al
periodo
medievale
i
frammenti
di
ceramica
rinvenuti
indicano
indiscutibilmente
attività
antropiche
fra
il
IV-III
sec.
a.
C.
Per
contro
Le
tombe
di
età
romana,
con
dentro
i
morti
e
alcune
monete
costantiniane
già
precedentemente
discusse
e
ampiamente
illustrate
dall’impareggiabile
Orsi
indicano
un
altrettanto
indiscutibile
attività
antropica
afferibile
però
al
III-IV
d.C.
Appare
a
questo
punto
quantomai
logico
domandarsi
cosa
sia
avvenuto
a
Cozzo
Collura
nell’intervallo
cronologico
che
spazia
fra
IV
a.
C. e
IV.
d.C.
È
possibile
che
il
sito
sia
stato
abbandonato
e
ripreso?
E se
ciò
è
avvenuto,
per
quale
motivo?
È
possibile
ascrivere
tale
penuria
di
dati
alle
frammentarie
e
saltuarie
campagne
di
scavo?
Nel
1890
Orsi
riferiva
alla
accademia
dei
lincei
che
“Dai
contorni
della
Borgata
di
tal
nome
(San
Paolo
Solarino)
é
pervenuta
al
museo
di
Siracusa
un
frammento
di
tegola
con
residuo
di
un
bollo
rettangolare,
nuovo
per
la
Sicilia”.
Sebbene
l’Orsi
non
espliciti
chiaramente
quali
siano
i
contorni
donde
proviene
suddetto
frammento
di
tegola
sembra
lecito
congetturare
che
esso
provenga
proprio
da
Cozzo
Collura
il
che
gioverebbe
ad
una
migliore
valutazione
della
reale
cronologia
del
sito.
Tali
elementi
correttamente
indagati
potrebbero
finalmente
offrire
la
definitiva
chiave
di
lettura
in
relazione
ad
un
mosaico
archeologico
altamente
controverso.
In
particolare
per
quanto
riguarda
Cozzo
Collura,
i
reperti
archeologici
fino
ad
oggi
scientificamente
illustrati
assicurano
attività
antropiche,
come
già
detto,
al
III
sec
d.C.
mentre
la
ceramica
non
ancora
convenientemente
esaminata
fa
ipotizzare
che
l’abitato
ivi
esistente
preceda
di
parecchi
secoli
l’éra
cristiana.
Un
discorso
a
parte
meritano
le
strutture
architettoniche
non
sufficientemente
indagate,
soprattutto
il
Pozzo
in
sé
in
cui
nessuno
degli
illustri
archeologici
fin
qui
citati
pare
essere
sceso.
Grande
merito
va
allo
studioso
locale
Paolo
Liistro
nell’avere
per
primo
stimolato
le
ricerche
in
tal
senso,
facendo
seguito
ad
un
rinnovato
interesse
per
tali
strutture
promosso
dalle
speculazioni
del
dott.
Atnotnio
Affatato.
Nel
maggio
2001
il
suddetto
Liistro
munito
di
scala
a
corde
e
una
fune
si
calava
eroicamente
all’interno
dello
stesso
per
rilevarne
le
strutture.
Il
pozzo
al
suo
interno
ha
una
caratteristica
particolare,
rappresentata
da
una
conformità
geometrica
irregolare.
A
differenza
di
tutti
i
pozzi
artesiani
o
sorgivi,
che
mantengono
la
stessa
circonferenza
e lo
stesso
diametro
dalla
bocca
di
presa
fino
alla
massima
profondità
di
circa
quattro
metri,
si
allarga
a
campana,
assume
la
caratteristica
di
una
cisterna
avente
un
diametro
di
circa
metri
cinque
ed
una
circonferenza
sinusoidale
irregolare,
termina
su
una
grande
base
orizzontale
per
poi
ritornare
nelle
dimensioni
iniziali
fino
alla
massima
profondità
che
non
è
stato
possibile
stabilire,
data
la
grande
quantità
di
materiale
accumulato.
Le
pareti
rocciose
del
pozzo,
di
natura
sedimentaria,
sono
interferite
da
fenomeni
erosivi
con
grosse
fratture
superficiali
che
si
estendono
pure
finanche
alla
massima
profondità.
In
particolare
presso
la
parete
rocciosa
del
pozzo
Nord-Ovest,
il
Liistro
ha
notato
un’insenatura
modellata,
che
si
distingue
dal
resto
della
stessa
parete
solamente
per
la
diversa
natura
del
materiale
roccioso.
Togliendo
alcune
pietre
che
ne
ostruivano
l’imbocco
ha
potuto
rinvenire
un
cunicolo
sotterraneo,
scavato
totalmente
nella
roccia,
con
la
volta
ad
arco
a
tutto
sesto.
Lo
stesso
pone
altresì
in
evidenza
la
possibilità
di
derivazioni
sotterranee.
Tale
conformazione
architettonica,
considerata
l’indiscussa
funzione
cultuale
e
cimiteriale
di
Cozzo
Collura,
ben
si
presta
all’
identificazione
di
un
ristretto
nucleo
ipogeico.
Secondo
J.A.
Inigueza
Herrero,
esimio
studioso
di
Archeologia
Cristiana,
la
forma
degli
ipogei
non
cristiani
più
remota
è
sempre
la
stessa.
Fin
dall’inizio
rappresentano
l’estensione
di
un
cimitero
di
superficie
che
aveva
raggiunti
la
saturazione:
si
scavano
allora
gallerie
sottoterra,
che
non
oltrepassavano
mai
i
confini
della
proprietà
in
superficie.
Nello
specifico
in
tale
pozzo,
a
otto
metri
di
profondità,
di
fronte
all’ultima
rimanenza
d’acqua,
esiste
un
piccolo
contenitore
in
pietra
non
più
grande
di
una
piccola
vasca
battesimale,alla
luce
di
ciò
e
delle
notizie
pubblicate
da
A.
Messina
e S.
Giglio
è
stata
avanzata
l’ipotesi
che
il
Pozzo
di
S.
Paolo
sia
in
realtà
un
serbatoio
di
acqua
nonché
un
vestiboletto
di
un
battistero
Ingrottato.
Ipotesi
affascinante
ma
che
non
trova
praticità
nella
realizzazione
di
battisteri
né
urbani
né
rupestri
in
quanto
questi
in
qualsiasi
forma
venissero
istituiti
erano
sempre
accompagnati
da
raffigurazioni
neo
testamentarie
di
carattere
didascalico
come
nell’emblematico
caso
di
Doura
Europos
in
Siria;
inoltre,
per
una
circostanza
fortuita,
è
stato
da
poco
tempo
rinvenuto,
incavato
nella
viva
roccia,
un
corridoio
con
scala
coperto
con
volta
a
botte
di
conci
calcarei,
nelle
cui
pareti
sono
presenti
degli
incavi
che
servivano
probabilmente
ad
accogliere
delle
lucerne
altro
elemento
fortemente
in
favore
della
collocazione
ipogeica
e se
è
vero
che
non
esiste
ancora
una
definizione
strutturale
precisa
per
inquadrarlo
in
tale
ottica
ricordiamo
che
secondo
il
Pergola
definire
le
caratteristiche
degli
ipogei
della
fine
del
II o
della
prima
metà
del
III
significa
accettare
la
multiforme
realtà
di
piccoli
complessi
che
per
planimetria
e
tipologia
di
scavo
non
rispondono
ad
alcuna
regola
fissa,
e
che
sono
al
di
fuori
di
ogni
codificazione
possibile
invece
nei
periodi
successivi.
Né
va
inoltre
dimenticato
che
secondo
il
piano
paesistico
del
1996
a
Cozzo
Collura
è
presente
un
insediamento
ellenistico
con
relativa
necropoli
romana.
Questi
elementi
con
l’aggiunta
della
visione
del
materiale
finora
non
catalogato:
ceramica,
lucerne,
tegole
sono
di
per
sé
sufficienti
a
spingere
per
una
poderosa
campagna
di
scavo
che
dia
finalmente
a
tale
sobborgo
e ad
altri
con
esso
(Canicattini
e
varie
zone
rupestri)
il
giusto
inserimento
nel
quadro
della
formazione
cultuale
nel
nostro
territorio
perché
se è
vero
che
bisogna
prevalentemente
pensare
al
futuro
è
altrettanto
importante
costruirsi
un
passato!