IL CULTO DI ASCLEPIO A EPIDAURO
ANtichi itinerari della salute
di Federica Campanelli
«Quanti erano venuti con piaghe
congenite, o con membra ferite
[...], devastati nel corpo da febbri
d’estate o per il gelo, Asclepio
liberava ciascuno dal suo male.
Alcuni guariva con incantesimi
delicati, ad altri faceva bere
pozioni salutari o applicava
unguenti alle membra, e altri sanava
con tagli...». È con questi versi
che nel V secolo a.C. il poeta
Pindaro, rivolgendosi al tiranno di
Siracusa Ierone – afflitto da una
grave malattia – descriveva le
imprese miracolose del dio Asclepio,
venerato in antichità come il più
sapiente e abile dei guaritori.
Attestato nella città di Epidauro
fin dal VI secolo a.C., ossia in
un’epoca in cui l’arte medica era
ancora avvolta da un’aura sacra, il
culto di Asclepio acquisì una
popolarità tale da diffondersi ben
presto in ogni angolo dell’antica
Grecia, per poi varcarne i confini.
Santuari dedicati a tale “divinità
salutare” sorsero infatti nelle
colonie greche dell’Italia
meridionale, in Sicilia e persino a
Roma, dove Asclepio sarà venerato
dal III secolo a.C. con il nome
latino di Esculapio. Tuttavia, la
meta di pellegrinaggio più
autorevole, sin dalla sua fondazione
e per oltre un millennio, rimase
sempre il santuario di Epidauro.
Luogo di culto e “casa di cura”
assieme, questo era gestito da
sacerdoti-taumaturgi che, attraverso
elaborati rituali, garantivano ai
malati l’intercessione divina. «Il
paziente ricorreva ad Asclepio quale
estrema via di fuga dal dolore,
affrontando veri “viaggi della
speranza” coronati in molti casi da
successo», racconta Giuseppe
Squillace, epigrafista presso
l’Università della Calabria e autore
del saggio I balsami di Afrodite.
Medici, malattie e farmaci nel mondo
antico (Aboca).
La scena non doveva essere molto
diversa da quelle a cui potremmo
assistere oggi in uno dei tanti
“santuari della salute” dove masse
di fedeli pellegrini si riversano
speranzosi in cerca di una grazia,
offrendo poi degli ex voto a
testimonianza della loro esperienza.
Esattamente come accadeva
nell’antica Epidauro, dove i devoti
riconoscenti ad Asclepio lasciavano
in dono i pinakes, tavolette
votive in cui era rappresentato
l’episodio (quasi sempre miracoloso)
dell’avvenuta guarigione. Tali
quadretti, assieme alle
sanationes, resoconti redatti
dai sacerdoti ed esposti nel
santuario, hanno tramandato
attraverso i secoli importanti
informazioni sui casi clinici più
comuni. «Nel dettaglio, le patologie
per le quali si richiedeva più di
frequente l’intervento di Asclepio
erano: vermi intestinali, paralisi,
sterilità, calcolosi, idropisia,
gotta e tumore», spiega in proposito
l’esperto.
Nel santuario di Epidauro
(sviluppatosi in tutta la sua
monumentalità tra il IV e il III
secolo a.C.) è tuttora possibile
ammirare l’edificio in cui
avvenivano le guarigioni: l’abaton
(“impenetrabile”), un porticato
lungo 70 metri adiacente al tempio
di Asclepio e cuore dell’area sacra.
A tale portico era possibile
accedere solo in seguito a offerte e
a sacrifici di animali in nome del
dio: la povera vittima era
generalmente un gallo, simbolo di
rinascita in quanto annunciatore del
nuovo giorno. Inoltre, il fedele era
tenuto a sottoporsi a un rito di
purificazione che consisteva in un
bagno nella vicina fonte termale, e
già quest’operazione – insieme alla
generale salubrità dell’area in cui
sorge Epidauro – offriva beneficio
fisico ai pellegrini.
Una volta giunti nell’abaton, i
malati ricevevano vari intrugli di
erbe da ingurgitare e si
abbandonavano poi al sonno: era
questo il momento saliente di tutto
il rituale. I fedeli trascorrevano
la notte in attesa di essere
liberati dai loro mali o che il dio
apparisse loro in sogno – detto
“incubatorio” – per suggerire i
giusti trattamenti terapeutici. In
caso contrario, il malato veniva
comunque affidato alle cure di
sacerdoti e medici laici, tanto che
presso il santuario sono stati
rinvenuti strumenti medici d’ogni
foggia (conservati nel locale Museo
Archeologico), tra cui bisturi,
pinze, divaricatori e trapani per
cure odontoiatriche.
La medicina sacrale la fece da
padrona fino al V secolo a.C.,
quando emerse un personaggio le cui
dottrine rivoluzioneranno per sempre
il mondo medico: si tratta di
Ippocrate di Coo (460-370 a.C.),
fondatore di una medicina
“razionale” che prendeva finalmente
le distanze dalla religione. Secondo
Ippocrate, la salute dell’uomo e i
suoi mali non avevano assolutamente
nulla a che fare con il sacro, e
persino quella che era considerata
la “malattia degli dei” per
antonomasia, l’epilessia, fu per la
prima volta attribuita a cause
naturali e non a una qualche
punizione divina. Al medico di Coo
si devono inoltre le prime cartelle
cliniche: per la medicina
ippocratica era infatti fondamentale
l’osservazione della malattia, di
cui ogni sintomo doveva essere
meticolosamente annotato in modo da
poterne prevenire il decorso.
La medicina razionale troverà poi
grande sviluppo ad Alessandria
d’Egitto, dove ebbero particolare
rilievo gli studi di anatomia grazie
alle frequenti pratiche di
dissezione (si narra che i sovrani
tolemaici, per amore della scienza,
concedessero i condannati a morte
come cavie). I medici alessandrini
acquisirono così importanti nozioni
sul sistema cardio-circolatorio, sul
cervello, sulla struttura
dell’intestino e sugli organi
riproduttivi. A dispetto di tali
progressi, la medicina razionale non
riuscì però a rimpiazzare
completamente quella religiosa. «I
due ambiti rimasero anzi vicini e
per molti versi complementari,
mirando entrambi, seppur attraverso
pratiche differenti, alla cura delle
malattie e al recupero della
salute», conferma Squillace.
Il culto di Asclepio a Epidauro fu
uno dei più longevi dell’antichità.
Pur tra alti e bassi, esso
sopravvisse infatti a una serie di
mutamenti storici, superando tra
l’altro la furia devastatrice degli
invasori barbari del III secolo e
riuscendo persino a tener testa
all’affermazione del Cristianesimo e
alla sua imposizione sui riti
pagani. Almeno fino al 426, quando
l’imperatore romano d’Oriente
Teodosio II (408-450) ne sancì il
divieto per sempre.
Del santuario che ospitò un tempo il
culto del dio della medicina rimane
oggi importante traccia nelle
vestigia archeologiche di Epidauro,
dove, oltre agli edifici sacri e gli
alloggi riservati a sacerdoti e
pellegrini spiccano lo stadio del V
secolo a.C. e, soprattutto, il
maestoso teatro (350 a.C.), famoso
in tutto il mondo per la sua
acustica eccezionale. Come ogni
divinità che si rispetti, infatti,
anche per Asclepio venivano
organizzate delle feste, le
Asclepieie, annoverate tra i
giochi minori dell’antica Grecia e
comprendenti competizioni sia
sportive sia musicali. Assistere a
rappresentazioni teatrali era anzi
considerata parte integrante della
terapia. Dopotutto, i greci
conoscevano molto bene la relazione
tra corpo e mente.