[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

183 / MARZO 2023 (CCXIV)


antica

IL CULTO DI ASCLEPIO A EPIDAURO
ANtichi itinerari della salute

di Federica Campanelli

 

«Quanti erano venuti con piaghe congenite, o con membra ferite [...], devastati nel corpo da febbri d’estate o per il gelo, Asclepio liberava ciascuno dal suo male. Alcuni guariva con incantesimi delicati, ad altri faceva bere pozioni salutari o applicava unguenti alle membra, e altri sanava con tagli...». È con questi versi che nel V secolo a.C. il poeta Pindaro, rivolgendosi al tiranno di Siracusa Ierone – afflitto da una grave malattia – descriveva le imprese miracolose del dio Asclepio, venerato in antichità come il più sapiente e abile dei guaritori.

 

Attestato nella città di Epidauro fin dal VI secolo a.C., ossia in un’epoca in cui l’arte medica era ancora avvolta da un’aura sacra, il culto di Asclepio acquisì una popolarità tale da diffondersi ben presto in ogni angolo dell’antica Grecia, per poi varcarne i confini. Santuari dedicati a tale “divinità salutare” sorsero infatti nelle colonie greche dell’Italia meridionale, in Sicilia e persino a Roma, dove Asclepio sarà venerato dal III secolo a.C. con il nome latino di Esculapio. Tuttavia, la meta di pellegrinaggio più autorevole, sin dalla sua fondazione e per oltre un millennio, rimase sempre il santuario di Epidauro. Luogo di culto e “casa di cura” assieme, questo era gestito da sacerdoti-taumaturgi che, attraverso elaborati rituali, garantivano ai malati l’intercessione divina. «Il paziente ricorreva ad Asclepio quale estrema via di fuga dal dolore, affrontando veri “viaggi della speranza” coronati in molti casi da successo», racconta Giuseppe Squillace, epigrafista presso l’Università della Calabria e autore del saggio I balsami di Afrodite. Medici, malattie e farmaci nel mondo antico (Aboca).

 

La scena non doveva essere molto diversa da quelle a cui potremmo assistere oggi in uno dei tanti “santuari della salute” dove masse di fedeli pellegrini si riversano speranzosi in cerca di una grazia, offrendo poi degli ex voto a testimonianza della loro esperienza. Esattamente come accadeva nell’antica Epidauro, dove i devoti riconoscenti ad Asclepio lasciavano in dono i pinakes, tavolette votive in cui era rappresentato l’episodio (quasi sempre miracoloso) dell’avvenuta guarigione. Tali quadretti, assieme alle sanationes, resoconti redatti dai sacerdoti ed esposti nel santuario, hanno tramandato attraverso i secoli importanti informazioni sui casi clinici più comuni. «Nel dettaglio, le patologie per le quali si richiedeva più di frequente l’intervento di Asclepio erano: vermi intestinali, paralisi, sterilità, calcolosi, idropisia, gotta e tumore», spiega in proposito l’esperto.

 

Nel santuario di Epidauro (sviluppatosi in tutta la sua monumentalità tra il IV e il III secolo a.C.) è tuttora possibile ammirare l’edificio in cui avvenivano le guarigioni: l’abaton (“impenetrabile”), un porticato lungo 70 metri adiacente al tempio di Asclepio e cuore dell’area sacra. A tale portico era possibile accedere solo in seguito a offerte e a sacrifici di animali in nome del dio: la povera vittima era generalmente un gallo, simbolo di rinascita in quanto annunciatore del nuovo giorno. Inoltre, il fedele era tenuto a sottoporsi a un rito di purificazione che consisteva in un bagno nella vicina fonte termale, e già quest’operazione – insieme alla generale salubrità dell’area in cui sorge Epidauro – offriva beneficio fisico ai pellegrini.

 

Una volta giunti nell’abaton, i malati ricevevano vari intrugli di erbe da ingurgitare e si abbandonavano poi al sonno: era questo il momento saliente di tutto il rituale. I fedeli trascorrevano la notte in attesa di essere liberati dai loro mali o che il dio apparisse loro in sogno – detto “incubatorio” – per suggerire i giusti trattamenti terapeutici. In caso contrario, il malato veniva comunque affidato alle cure di sacerdoti e medici laici, tanto che presso il santuario sono stati rinvenuti strumenti medici d’ogni foggia (conservati nel locale Museo Archeologico), tra cui bisturi, pinze, divaricatori e trapani per cure odontoiatriche.

 

La medicina sacrale la fece da padrona fino al V secolo a.C., quando emerse un personaggio le cui dottrine rivoluzioneranno per sempre il mondo medico: si tratta di Ippocrate di Coo (460-370 a.C.), fondatore di una medicina “razionale” che prendeva finalmente le distanze dalla religione. Secondo Ippocrate, la salute dell’uomo e i suoi mali non avevano assolutamente nulla a che fare con il sacro, e persino quella che era considerata la “malattia degli dei” per antonomasia, l’epilessia, fu per la prima volta attribuita a cause naturali e non a una qualche punizione divina. Al medico di Coo si devono inoltre le prime cartelle cliniche: per la medicina ippocratica era infatti fondamentale l’osservazione della malattia, di cui ogni sintomo doveva essere meticolosamente annotato in modo da poterne prevenire il decorso.

 

La medicina razionale troverà poi grande sviluppo ad Alessandria d’Egitto, dove ebbero particolare rilievo gli studi di anatomia grazie alle frequenti pratiche di dissezione (si narra che i sovrani tolemaici, per amore della scienza, concedessero i condannati a morte come cavie). I medici alessandrini acquisirono così importanti nozioni sul sistema cardio-circolatorio, sul cervello, sulla struttura dell’intestino e sugli organi riproduttivi. A dispetto di tali progressi, la medicina razionale non riuscì però a rimpiazzare completamente quella religiosa. «I due ambiti rimasero anzi vicini e per molti versi complementari, mirando entrambi, seppur attraverso pratiche differenti, alla cura delle malattie e al recupero della salute», conferma Squillace.

 

Il culto di Asclepio a Epidauro fu uno dei più longevi dell’antichità. Pur tra alti e bassi, esso sopravvisse infatti a una serie di mutamenti storici, superando tra l’altro la furia devastatrice degli invasori barbari del III secolo e riuscendo persino a tener testa all’affermazione del Cristianesimo e alla sua imposizione sui riti pagani. Almeno fino al 426, quando l’imperatore romano d’Oriente Teodosio II (408-450) ne sancì il divieto per sempre.

 

Del santuario che ospitò un tempo il culto del dio della medicina rimane oggi importante traccia nelle vestigia archeologiche di Epidauro, dove, oltre agli edifici sacri e gli alloggi riservati a sacerdoti e pellegrini spiccano lo stadio del V secolo a.C. e, soprattutto, il maestoso teatro (350 a.C.), famoso in tutto il mondo per la sua acustica eccezionale. Come ogni divinità che si rispetti, infatti, anche per Asclepio venivano organizzate delle feste, le Asclepieie, annoverate tra i giochi minori dell’antica Grecia e comprendenti competizioni sia sportive sia musicali. Assistere a rappresentazioni teatrali era anzi considerata parte integrante della terapia. Dopotutto, i greci conoscevano molto bene la relazione tra corpo e mente.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]