N. 73 - Gennaio 2014
(CIV)
I CUBICULARII A COSTANTINOPOLI
Eunuchi al potere nel IV–V sec. d.C.
di Andrea Zito
La
più
diffusa
immagine
che
la
storia
ci
ha
consegnato
dell’eunuco
di
corte
è
quella
di
guardiano
dei
ginecei
(harem)
nei
Regni
d’Oriente,
o
talvolta
di
membro
egli
stesso
di
harem
maschili
per
soddisfare
le
voglie
contro
natura
dei
viziosi
sovrani
orientali.
Pensiamo
al
re
persiano
Dario
(380
a.C.
–
330
a.C.),
che
poteva
contare
su
un
discreto
numero,
oltre
che
di
concubine,
anche
di “catamiti”,
ossia
“compagni
intimi”,
il
più
celebre
dei
quali
fu
Bagoas,
poi
passato,
dopo
la
conquista
macedone,
sotto
i
servigi
di
Alessandro
Magno
(356–323
a.C.),
a
cui
rimase
fedele
fino
alla
morte
del
condottiero.
A
Roma
in
età
alto-imperiale,
come
accadeva
qualche
secolo
prima
in
Oriente,
gli
eunuchi
erano
sostanzialmente
prostituti
d’alto
bordo
preposti
al
sollazzo
degli
imperatori
più
licenziosi
(come
Nerone)
o
delle
facoltose
nobildonne.
A
tal
proposito
Giovenale
(55–127
d.C.),
nella
sua
Satira
6,
360-79,
testimonia
di
come
le
donne
romane
preferissero
accompagnarsi
intimamente
con
gli
eunuchi
“per
i
loro
baci
imberbi
e
l’assenza
di
rischio
di
gravidanza”.
Molto
più
recentemente,
il
Mondo
Occidentale
ha
conosciuto
e
celebrato
questa
figura
come
formidabile
“macchina
per
la
musica”:
stiamo
parlando
degli
“evirati
cantori”,
che
per
almeno
due
secoli,
dalla
metà
del
XVII
a
quella
del
XIX,
con
la
loro
voce
angelica
frutto
di
un
mancato
sviluppo
ormonale
dovuto
alla
castrazione
compiuta
in
età
prepuberale
(10-12
anni),
hanno
dominato
i
teatri
d’Europa
raggiungendo
vertici
esecutori
ai
limiti
delle
possibilità
della
voce
umana,
seppur
a
prezzo
di
una
privazione
così
dolorosa,
e
non
solo
in
senso
fisico.
Il
più
famoso
di
questi
fenomeni
del
bel
canto
fu
Carlo Broschi,
detto
il
Farinelli
(1705-1782),
acclamato
dalle
corti
europee
dell’epoca,
stimato
da
grandi
compositori
a
lui
contemporanei
(tra
cui
Mozart)
e
più
di
recente
celebrato
in
libri,
film
e
festival
musicali.
Attenti
e
fidati
guardiani
dei
ginecei,
licenziosi
compagni
di
intimità,
o
formidabili
concertisti
dotati
di
una
voce
celeste.
Ma
non
solo.
C’è
stata
un’epoca
che
ha
visto
l’eunuco
assurgere
ad
alti
ranghi
amministrativi,
fino
addirittura
ad
ottenere
cariche
di
prestigio
mai
riservate
prima
a
uomini
“virilmente
menomati”.
A
partire
dagli
inizi
del
IV
sec.
d.C.
infatti,
emerge
in
seno
all’organigramma
dell’Impero
romano
una
figura
del
tutto
nuova,
quella
del
“praepositus
sacri
cubiculi”
ossia
il
“custode
della
sacra
camera
da
letto”
che
a
dispetto
del
nome
non
si
limitava
a
svolgere
soltanto
funzioni
di
valletto-maggiordomo,
ma
espletava
incarichi
di
vero
e
proprio
alto
funzionario
civile,
fiscale
e
persino
militare.
Si
hanno
notizie
di
un
praepositus
già
alle
dipendenze
di
Costantino
I
(274–337
d.C.)
di
nome
Eusebio,
poi
passato
al
servizio
del
figlio
e
successore
del
sovrano,
Costanzo
II
(317–361
d.C.).
E fu
proprio
coi
successori
di
Costantino
che
il
praepositus
acquisì
sempre
maggior
peso
nelle
vicende
storico-politiche
dell’Impero
romano
d’Occidente
ma
soprattutto
in
quello
d’Oriente
(a
partire
dal
395
d.C.).
Ma
chi
erano
i
cubicularii,
ossia
quella
categoria
di
funzionari
a
cui
il
praepositus
faceva
capo
e
che
costituivano
il
personale
della
sacra
camera
da
letto?
Nella
quasi
totalità
dei
casi
(tranne
che
per
due
eccezioni
storicamente
confermate,
un
uomo
anziano
nato
libero
e un
uomo
evirato
accidentalmente),
si
trattava
di
eunuchi
schiavi,
spesso
di
origine
persiana.
La
scelta
di
soggetti
evirati
per
ricoprire
tale
carica
era
dettata
da
una
duplice
motivazione:
1. si
riteneva
che
un
uomo
vittima
di
tale
menomazione,
proprio
a
causa
di
essa
sviluppasse
un’indole
mansueta
e
remissiva,
quindi
con
basso
spirito
di
iniziativa,
poco
avvezzo
agli
scatti
d’ira
e
normalmente
disposto
a
sottostare
agli
ordini
impartitigli
senza
il
pericolo
di
ribellione
o
tradimento
(la
storia
avrebbe
poi
smentito
queste
convinzioni);
2.
l’eunuco,
proprio
perché
reso
incapace
di
figliare,
non
poteva
essere
distratto
da
velleità
matrimoniali-dinastiche,
ma
rimaneva
per
tutta
la
vita
un
soggetto
singolo,
legato
al
ruolo
di
funzionario
assegnatogli
e
allo
svolgimento
delle
mansioni
pertinenti
il
ruolo
ricoperto
nella
macchina
dell’Impero.
Nelle
sacre
stanze
dell’imperatore
esisteva
una
vera
e
propria
gerarchia
di
cubicularii,
ciascuno
con
proprie
specifiche
mansioni:
i
più
giovani
erano
i “comites
sacrae
vestis”,
ossia
i
custodi
del
guardaroba
imperiale;
accanto
ad
essi,
i “comites
domorum”,
responsabili
degli
introiti
e
delle
finanze
della
sacra
camera.
Poi
si
distinguevano
i
funzionari
più
anziani
con
incarichi
di
maggior
prestigio,
come
lo “spatharius”,
capitano
della
guardia
del
corpo,
il “sacellarius”,
custode
della
borsa
privata
dell’imperatore,
entrambi
sottoposti
al “castrensis”,
il
maggiordomo
di
palazzo.
Alle
dipendenze
di
quest’ultimo,
inoltre,
operavano
due
“tabularii”,
una
sorta
di
contabili
che
amministravano
le
spese
dell’imperatore
e
dell’imperatrice,
un “auditor”
(assistente)
e un
“chartularius”,
ossia
segretario
responsabile
degli
archivi
amministrativi
e
fiscali
(dal
greco
chàrtis,
documento
ufficiale),
con
annessi
impiegati.
Al
di
sopra
del
“castrensis”,
e
quindi
ai
vertici
della
gerarchia
cubiculare,
si
collocava
il “primicerius
sacri
cubiculi”,
l’eunuco
anziano,
e al
di
sopra
di
quest’ultimo
il “praepositus
sacri
cubiculi”,
il
cubiculario
in
assoluto
più
importante
e
influente,
che
potremmo
definire
come
il
“gran
ciambellano”
di
corte,
scelto
direttamente
dal
sovrano.
E la
sua
importanza
era
testimoniata
dagli
incarichi
da
esso
svolti:
non
soltanto
egli
vestiva
e
incoronava
l’imperatore
e
porgeva
nelle
sue
mani
ogni
oggetto
a
lui
destinato,
come
testimoniato
da
Costantino
VII
Porfirogenito
(905–959
d.C.)
nel
suo
“De
ceremoniis
aulae
byzantinae”;
ma
costui
era
anche
intermediario
tra
l’imperatore
e il
mondo
esterno,
era
colui
che
controllava
l’accesso
di
chiunque
a
palazzo,
accordando
le
udienze.
Inoltre,
al
praepositus
venivano
spesso
affidati
incarichi
di
ambasceria
e
rappresentanza
imperiale
presso
altri
Stati,
assumendo
il
ruolo
di
portavoce
del
sovrano
con
chiari
ed
importantissimi
risvolti
nelle
negoziazioni
diplomatiche
del
tempo.
Infine,
questo
potente
funzionario
giocava
un
ruolo
importantissimo
nell’assegnazione
delle
alte
cariche
dello
Stato
e
nella
confisca
di
terre,
godendo
di
una
significativa
influenza
presso
il
sovrano.
Tutto
questo
si
tradusse
ben
presto
in
privilegi
eccezionali
che
la
corte
assegnava
loro:
nel
V
sec.,
ad
esempio,
l’imperatore
romano
d’Oriente
Teodosio
II
(401-450
d.C.)
esentò
le
tenute
dei
cubicularii
più
anziani
dall’obbligo
di
svolgere
servizi
a
beneficio
dell’Impero
considerati
umilianti
(i
cosiddetti
sordida
munera),
come
la
macinazione
del
grano
e la
cottura
del
pane
per
le
truppe,
a
cui
si
aggiunse
l’esenzione
dall’acquartieramento
e
svariati
alleggerimenti
fiscali.
Insomma,
un
crescente
arricchimento
di
poteri
e
ricchezze
che
ben
presto
sfociò
in
un
malcontento
diffuso
tra
la
popolazione,
presso
cui
i
cubicularii,
considerati
astuti
schiavi
barbari,
divennero
espressione
di
corruzione,
avidità,
arrivismo
e
amoralità.
E le
vicende
storiche
non
possono
che
dare
conferma
di
questi
pregiudizi:
gli
eunuchi
di
corte
spesso
rimasero
coinvolti
o
macchinarono
essi
stessi
strategie
di
palazzo
per
liberare
determinate
cariche,
ricorrendo
talvolta
all’assassinio,
o
avallare
l’accesso
al
potere
di
determinati
personaggi
con
fini
puramente
utilitaristici
(“do
ut
des”),
fino
addirittura
a
spingersi
a
dirigere
accordi
matrimoniali
favorendo
l’ascesa
al
trono
di
un
ambizioso
pretendente
piuttosto
che
di
un
altro.
Per
nulla
trascurabili,
poi,
le
reti
di
alleanze
e
fidelizzazioni
che
i
praepositi
intessevano
con
esponenti
politici
e
militari
influenti,
per
sbarazzarsi
di
nemici
e/o
ottenere
determinati
privilegi
e
accrescimenti
di
potere.
Vediamo
di
conoscere
da
vicino
alcuni
di
questi
personaggi
che
hanno
spesso
segnato
in
modo
significativo
gli
eventi
storico-politici
della
Costantinopoli
tardo-imperiale.
Diversi
storici
laici
e
religiosi
del
IV–V
sec.
d.C.
(Socrate
Scolastico,
Ammiano
Marcellino,
Filostorgio,
Palladio
di
Galazia,
Sozomeno,
Attanasio
di
Alessandria
per
citarne
solo
alcuni)
ci
hanno
lasciato
nelle
loro
opere
preziose
testimonianze
sulla
vicenda
spesso
infelice
di
questi
astuti
funzionari
di
corte.
Abbiamo
già
ricordato
Eusebio,
praepositus
di
Costantino
I
nel
337,
poi
passato
quello
stesso
anno
alle
dipendenze
del
figlio
Costanzo
II.
Seguace
dell’arianesimo,
si
mosse
in
difesa
della
dottrina
anche
attraverso
invii
di
denaro,
fino
addirittura
a
riuscire
a
convertire
ad
essa
l’imperatrice
Eusebia
e
diversi
cubicularii
a
lui
sottoposti.
Fu
inviato
da
Costanzo
come
ambasciatore
presso
papa
Liberio,
con
cui
l’imperatore
era
in
contrasto,
per
spianare
la
strada
della
riconciliazione.
Invidioso
del
potere
di
Costanzo
Gallo
(325–354
d.C.),
cesare
(vice-imperatore)
d’Oriente
nonché
cugino
di
Costanzo,
Eusebio
influenzò
il
sovrano
a
tal
punto
da
convincerlo
a
condannarlo
a
morte
per
tradimento.
Le
terre
di
Gallo,
come
quelle
di
tutti
coloro
che
aveva
denunciato
come
traditori,
furono
da
lui
stesso
incamerate,
arricchendosi
e
accrescendo
il
suo
potere
in
breve
tempo.
Attraverso
mezzi
assai
poco
puliti,
tra
cui
anche
falsificazioni
di
documenti,
e
con
l’aiuto
di
esponenti
militari
disonesti
tramò
sostituzioni
nelle
più
alte
cariche
dell’Impero,
sfruttando
il
palese
ascendente
goduto
presso
il
sovrano
e
generando
in
tal
modo
un
crescente
e
pericoloso
malcontento.
Quando
Giuliano,
cesare
d’Occidente
e
fratellastro
di
Costanzo
Gallo,
nel
360
d.C.
fu
acclamato
augusto
dalle
truppe,
ebbe
termine
la
fortuna
dell’ambizioso
eunuco.
L’imperatore
Costanzo
si
mosse
contro
Giuliano,
ma
morì
l’anno
dopo.
E lo
stesso
Giuliano,
divenuto
ufficialmente
imperatore
e
passato
alla
storia
come
l’Apostata
(331–363
d.C.),
istituì
a
Calcedonia,
nei
pressi
di
Costantinopoli,
uno
speciale
tribunale
per
giudicare
i
corrotti
e
disonesti
funzionari
del
sovrano
defunto.
Eusebio
fu
riconosciuto
reo
di
aver
complottato
contro
Gallo
con
false
accuse,
causandone
la
disgrazia,
e
per
questo
fu
condannato
a
morte
nel
361
d.C.
Stesso
destino
conobbe
in
seguito
Eutropio,
praepositus
di
Arcadio
(377
–
408
d.C.),
figlio
di
Teodosio
I ed
erede
al
trono
d’Oriente.
In
aperto
contrasto
con
Rufino,
prefetto
del
pretorio
che
esercitava
grossa
influenza
sul
giovane
principe,
ne
ordì
l’assassinio
e si
sostituì
ad
esso
nel
ruolo
di
consigliere
di
Arcadio,
impossessandosi
delle
ricchezze
del
defunto.
Astuto
manovratore,
riuscì
a
far
sposare
il
principe
con
Eudossia,
figlia
del
generale
Bautone,
rafforzando
il
suo
ascendente
sulla
corte.
Mandò
in
esilio
o
fece
dichiarare
nemici
pubblici
tutti
i
suoi
principali
oppositori,
tra
cui
il
generale
Stilicone.
La
sua
avidità
crebbe,
come
anche
la
sua
ricchezza
e il
suo
potere.
Già
nominato
patricius
nel
398
d.C.,
l’anno
dopo
si
fece
nominare
console.
Mai
prima
di
allora
un
eunuco
era
assurto
ad
una
carica
così
elevata,
e
ciò
naturalmente
generò
grossi
malumori
a
palazzo.
Il
peso
di
Eutropio
sulle
sorti
dell’Impero
divenne
fuori
controllo.
Quando
in
Frigia
nel
399
d.C.
gli
Ostrogoti,
alleati
dell’Impero,
si
ribellarono
e
accesero
le
ostilità,
il
generale
Gainas
fu
inviato
a
sedare
la
rivolta
dallo
stesso
Eutropio
(a
cui
l’imperatore
Arcadio,
succeduto
al
padre
nel
395
d.C.,
aveva
conferito
pieni
poteri
sull’Oriente).
Gainas
in
realtà
tramava
da
tempo
contro
l’eunuco,
e
approfittando
della
missione
si
alleò
coi
ribelli
e si
accordò
segretamente
con
essi:
la
rivolta
sarebbe
stata
sedata
se
Eutropio
fosse
stato
ridotto
in
prigione
e
condannato
a
morte.
Arcadio,
restio
a
far
arrestare
il
proprio
favorito,
fu
però
convinto
dalla
moglie
Eudossia,
che
proprio
l’eunuco
aveva
presentato
all’allora
principe
ereditario.
Il
praepositus
scappò
e
cercò
rifugio
in
Santa
Sofia,
probabilmente
dimenticando
che
nel
398
aveva
fatto
approvare
una
legge
che
aboliva
il
diritto
d’asilo
nelle
chiese.
Qui,
nonostante
tutto,
fu
difeso
da
san
Giovanni
Crisostomo
(344–407
d.C.),
patriarca
di
Costantinopoli,
e di
tale
patrocinio
abbiamo
una
testimonianza
scritta
nelle
sue
Omelie
in
favore
di
Eutropio.
Condannato
all’esilio
a
Cipro,
con
una
scusa
fu
richiamato
e
con
false
accuse
giustiziato
(399
d.C.).
La
damnatio
memoriae
colpì
le
sue
effigi:
tutt’oggi
si
conserva
un
solo
busto
che
lo
raffigura,
al
Kunsthistorisches
Museum
di
Vienna.
I
suoi
beni
furono
confiscati,
il
suo
corrotto
operato
negativamente
tratteggiato
dal
poeta
Claudio
Claudiano
(370-404
d.C.),
che
nella
sua
invettiva
Contro
Eutropio
associò
al
praepositus
vizi
e
immoralità
all’epoca
attribuite
agli
eunuchi.
Che,
quanto
a
sete
di
potere,
astuzia
e
opportunismo,
non
ebbero
nulla
da
invidiare
ai
più
abili
strateghi
politici
“non
menomati”
che
la
storia
ha
conosciuto.
Riferimenti
bibliografici:
Louise
Cilliers
e
François
P.
Retief
(Department
of
English
and
Classical
Culture,
University
of
the
Free
State,
Bloemfontein,
South
Africa),
The
Eunuchs
of
Early
Byzantium,
in
Scholia:
Studies
in
Classical
Antiquity,
Vol.
13,
2004,
pp.
108-117;
Jones,
Arnold
Hugh
Martin,
John
Robert
Martindale, John
Morris,
Eutropius
1, in
The
Prosopography
of
the
Later
Roman
Empire,
volume
1,
Cambridge
University
Press,
1992,
pp.
440-444;
Ludovico
Antonio
Muratori,
Annali
d’Italia
ed
altre
opere
varie,
Volume
I,
dall’anno
I
all’anno
475
(1743-1749),
Tipografia
de’
Fratelli
Ubicini,
Milano,
1838,
pp.
422-453
e
pp.
531-533.