N. 21 - Febbraio 2007
CRONACHE
DI UN GENOCIDIO
Il
genocidio discriminato...
di
Sergio Sagnotti
Genocidio. Con questa parola, che sembrerebbe
estinta dal vocabolario di uso comune degli anni
2000, si identifica la distruzione e lo sterminio
intenzionale di un gruppo razziale, politico,
culturale o religioso.
Raccontato così il genocidio sembrerebbe anni luce
distante dalla nostra epoca, l'epoca contemporanea,
ma non è affatto così; basta guardare altrove, non
molto distante da noi, dalla nostra casa e dalla
nostra vita.
Nel 1994 in Africa e più precisamente in Rwuanda, a
poche ore di aereo da casa nostra, si è consumato
uno dei più grandi genocidi e stermini che la storia
del genere umano abbia mai conosciuto, sì proprio
così negli anni 2000 o giù di lì, nei nostri
giorni...
Un capolavoro del cinema contemporaneo "Hotel Rwanda",
del regista Terry George ce ne spiega le ragioni,
anche se parlare di ragioni in queste vicenda sembra
futile e vergognoso, ma soprattutto ce ne fa
assaporare la crudeltà e la complicità del mondo che
rimase a guardare.
Le "istruzioni per il genocidio", venivano date alla
radio "RTLM", una delle poche radio che non furono
sabotate, da questa lo speaker Kantano aizzava
l'odio razziale e lo sterminio degli "scarafaggi"
tutsi.
La violenza e la crudeltà degli atti di pulizia
etnica sono coordinati dalla stessa emittente
radiofonica, migliaia di persone vengono uccise con
armi rudimentali come il machete, le mazze chiodate,
lame di ogni tipo che fanno tingere di rosso sangue
le colline africane.
Una stima approssimativa delle vittime fatta dal
governo del Rwanda parla di 1.174.000 persone
uccise, nel 1994 tra il 6 Aprile ed il 19 Luglio ci
fu un omicidio ogni 10 secondi...i sopravvissuti
Tutsi furono circa 300.000 unità.
Le vittime erano per lo più dell'etnia Tutsi ma non
per questo furono risparmiati anche parte degli Hutu
moderati.
Il genocidio ruandese è anche la prova intangibile
dell'indifferenza del mondo e dell' ONU nei
confronti di una guerra che secondo loro non li
riguardava; di quei tragici momenti ci rimane uno
stralcio di un fax mandato dal comandante delle
forze armate mandate dall' ONU (circa 3000 unità),
il canadese Romeo Dallair, il quale chiese rinforzi
e cercò di spiegare la situazione con queste parole:
"Dal momento dell'arrivo della MINUAR,
(l'informatore) ha ricevuto l'ordine di compilare
l'elenco di tutti i tutsi di Kigali. Egli sospetta
che sia in vista della loro eliminazione. Dice che,
per fare un esempio, le sue truppe in venti minuti
potrebbero ammazzare fino a mille tutsi. (...)
l'informatore è disposto a fornire l'indicazione di
un grande deposito che ospita almeno
centotrentacinque armi... Era pronto a condurci sul
posto questa notte - se gli avessimo dato le
seguenti garanzie: chiede che lui e la sua famiglia
siano posti sotto la nostra protezione...".
Nonostante il numero elevatissimo di vittime e la
violenza degli avvenimenti, la vera vergogna si
consumerà alla fine ossia quando il Consiglio di
Sicurezza, a causa del veto posto dagli Stati Uniti,
non considererà quello ruandese agli occhi della
comunità mondiale come un genocidio; oltre quindi
all'indifferenza militare si è proseguito anche con
l'indifferenza spirituale ed intellettuale, si è
nella situazione di dichiarare che non è successo
nulla in quei giorni del 1994...
Le responsabilità dei paesi occidentali però non si
fermano quì, secondo un rapporto di Steve Bardshow
della BBC:
"Quando le Nazioni Unite decisero di mettere insieme
una forza d'intervento, gli USA la ritardarono con
la scusa dei veicoli blindati - le loro
argomentazioni andavano dal colore con cui dipingere
i veicoli a chi avrebbe pagato per dipingerli."
Ad aggravare l'imbarazzo e la paradossalità della
situazione, influirono anche i comportamenti di
altre 2 potenze occidentali con un passato
colonizzatore in Africa, il Belgio e la Francia, che
mandarono dei contingenti in Africa con il solo
scopo di recuperare i propri connazionali e lasciare
al più presto il continente nero.
Le motivazioni dell'odio, sono ancora più lontane e
affondano le proprie radici nel colonialismo belga
che importò anche una mentalità razzista; di fatto
Tutsi e Hutu, le due etnie in contrasto, ma anche i
Twa pigmei, convivono da più di 5 secoli, hanno la
stessa cultura, la stessa lingua e la stessa
religione.
I colonizzatori belgi agli inizi del 1900,
esaltarono l'etnia Tutsi al potere, rimarcarono la
loro conformazione fisica più vicina ai tratti
somatici occidentali e per questo più dotati
intellettualmente ed adatti a governare.
Gli Hutu erano visti invece come uomini rozzi ed
incolti, adatti solamente al lavoro nei campi; più
paradossale ancora il giudizio sui Twa pigmei che
vennero visti come esseri addirittura più vicini
alle scimmie che agli uomini...
Attorno agli anni '50, un gruppo di intellettuali
Hutu, denunciò le discriminazioni razziali
indirizzate alla loro etnia e propose una
rivoluzione sociale basata sulla superiorità degli
stessi Hutu.
Queste le premesse che fecero da innesco alla
violenza del 1994 che terminò solamente con il
rovesciamento del governo Hutu e la presa del potere
da parte dell' RPF (Fronte Patriottico Ruandese).
Di solito il passato e la storia hanno la pretesa, o
comunque lo scopo, di cercare di non far commettere
alla comunità mondiale ed ai singoli individui gli
stessi errori o orrori che dir si voglia, siamo
sempre sicuri che sia così? la situazione che si
ripropone a più di 10 anni di distanza in Africa, in
Darfur con precisione, ci mette faccia a faccia con
il nostro passato, che cessa di diventare maestro e
che anzi ci schiaccia conducendoci al
ripercorrimento di sentieri nefasti...
Le parole di Jean-Hervé Bradol, presidente della
sezione francese di Medici Senza Frontiere, riguardo
alla situazione ruandese sono state le seguenti:
"La Francia è colpevole di aver sostenuto troppo a
lungo un regime autore di un genocidio e, quando si
è decisa ad intervenire, di aver condotto un
intervento militare "neutro", contribuendo ad
offrire un santuario agli autori del genocidio nei
campi profughi in Zaire (...) Non basta piangere i
morti. Soprattutto se lo fanno coloro che non hanno
visto sparire i loro. Secondo me, ricordare è prima
di tutto fare uno sforzo per richiamare alla memoria
gli avvenimenti e le responsabilità specifiche di
ognuno degli attori. Se l'aiuto umanitario
d'emergenza ha contribuito a salvare migliaia di
persone, ha anche dato sostegno agli estremismi più
assassini sotto la pressione della violenza, della
stupidità e di una forma di vigliaccheria. La
questione oggi resta aperta, giacché la
commemorazione del genocidio è diventata uno dei
temi centrali della propaganda di un potere
colpevole di enormi crimini. Dobbiamo prendere parte
a tale impresa?".
Riferimenti bibliografici:
Hotel Rwanda (2004), regia di Terry George.
Istruzioni per un genocidio, Rwanda: Cronache di un
massacro evitabile.
di Daniele Scaglione,EGA Editore
Wikipedia.org
www.medicisenzafrontiere.it
www.gariwo.net |