N. 35 - Novembre 2010
(LXVI)
Crociate e lotta all'eresia
La "missione" di cavalieri e fedeli in "favore" di dio
di Christian Vannozzi
L’8
gennaio
1198
diveniva
papa
Lotario
dei
Conti
di
Segni,
egli
aveva
compiuto
studi
teologici
in
Francia,
ed
era
fortemente
convinto
del
primato
politico
del
pontefice
e
voleva
riorganizzare
la
chiesa
in
vista
della
sua
funzione
di
guida
della,
e la
crociata
era
il
mezzo
di
propaganda
politica-militare
della
Cristianità.
La
crociata
diveniva
quindi
uno
strumento
nelle
mani
della
chiesa,
che
troverà
la
sua
legittimazione
giuridica,
dai
teologi
del
XIII
secolo,
sia
contro
gli
islamici,
sia
contro
pagani,
slavi
e
Catari.
Nelle
spedizioni
crociate,
trovavano
soluzione
le
tensioni
che
si
venivano
a
creare
nelle
società
feudali
europee.
I
Baroni
e i
cavalieri,
esponenti
dell’aristocrazia
terriera,
tendevano
a
risolvere
i
propri
problemi
economici
e
sociali
con
il
saccheggio
e
l’espansionismo
territoriale,
che
veniva
garantita
dalla
Guerra
Santa
sotto
lo
stendardo
della
croce:
in
questo
modo
gli
interessi
materiale
erano
uniti
agli
interessi
spirituali
e
morali,
che
un
cavaliere
cattolico
doveva
adempiere
per
ambire
al
suo
posto
in
cielo.
Il
cavaliere
crociato
vede
nella
riconquista
della
Terra
Santa
la
possibilità
di
esaltare
il
nome
di
Cristo,
e di
espandere
la
Cristianità.
La
ricerca
e la
venerazione
del
Cristo,
il
cercare
come
pellegrini
il
suo
sepolcro
per
rendergli
omaggio,
ristabiliva
la
centralità
della
figura
di
Gesù
nella
vita
di
un
cristiano,
specialmente
di
un
cavaliere,
che
si
ergeva
come
difensore
della
fede
e di
Dio.
Si
cerca
in
questo
modo
di
far
rivivere
la
figura
di
Gesù
per
riscattare
la
sua
importanza
nella
vita
di
ogni
uomo
che
si
schierava
dietro
la
croce,
o
per
combattere
o
per
vivere
seguendo
le
orme
del
Cristo.
Lo
storico
Le
Goff
pone
infatti
l’attenzione,
nel
suo
saggio
Praedicatores
et
Prophetès,
sull’importanza
della
diffusione
del
vangelo
per
un
cristiano,
spiegando
che
i
fedeli
formano
un
sacerdoce
royol
e
sono
chiamati
a
proclamare
le
parole
e i
fatti
riguardanti
il
Cristo.
L’apostolo
per
eccellenza,
Paolo,
spiega
infatti
che
il
proclamare
il
vangelo
si
basava
sulla
“potenza”
che
gli
veniva
offerta
dallo
Spirito
Santo
di
Dio,
poichè
è lo
Spirito
Santo
che
guida
la
diffusione
della
buona
notizia
riguardante
il
Cristo.
La
predicazione
dei
chierici,
era
unita
alla
spedizione
militare,
perché
questa
rafforzava
con
i
racconti
biblici
e i
vangeli,
la
determinazione
e la
fiducia
dei
soldati
cristiani,
e
avvicinava
alla
figura
del
redentore
Gesù
Cristo
le
popolazioni
che
venivano
sottomesse
dai
crociati.
Il
predicatore
a
fianco
dei
crociati,
per
eccellenza
e
senza
dubbio
Francesco
d’Assisi,
che
nel
1219
su
recò
ad
Ancona
per
imbarcarsi
per
l’Egitto
in
occasione
della
Quinta
Crociata,
in
cui
voleva
portare
il
messaggio
cristiano
di
pace.
Durante
questo
viaggio
ottenne
dal
legato
pontificio
di
poter
incontrare
lo
stesso
sultano
al-Malik
al
Kamil,
nipote
di
Saladino,
per
potergli
proclamare
la
Buona
Novella
e
metter
fine
alle
guerra
fra
cristiani
e
musulmani.
Egli
non
riuscì
tuttavia
nel
suo
intento,
ma
suscitò
profonda
ammirazione
nel
sultano
che
lo
vide
come
un
sant'uomo
e lo
trattò
con
rispetto.
I
predicatori
formavano
nella
società
medievale
una
organizzazione
dedita
alla
diffusione
della
parola
del
Cristo,
gli
eremiti
infatti
avevano
il
compito
di
rigenerare
la
società,
ed
erano
gli
unici
in
grado
di
farlo
perché
si
stabilivano
fuori
da
essa,
per
non
esserne
corrotti.
Questa
“classe
ecclesiastica”
faceva
parte
di
un
disegno
teocratico
di
papa
Innocenzo
III,
che
li
usava
non
solo
per
divulgare
il
vangelo
e
predicare
le
crociate,
ma
anche
per
difendere
la
“vera
fede”
contro
le
eresie
che
si
ergevano
contro
la
chiesa.
L’idealità
era
poi
accompagnata
dalle
più
varie
motivazioni,
in
quanto
alcuni
cavalieri
partivano
per
spirito
d’avventura
e
per
poter
visitare
nuovi
luoghi,
altri
erano
spinti
dalla
povertà
e
dai
debiti,
altri
ancora
fuggivano
dai
loro
Signori,
perché
macchiati
dal
delitto
di
Fellonia,
infine
c’erano
coloro
che
per
cancellare
un
grave
misfatto
agli
occhi
di
Dio,
non
trovavano
altra
soluzione
che
arruolarsi
nell’esercito
crociato
per
veder
condonati
i
propri
peccati.
I
teologi
cattolici,
legittimano
la
Guerra
Santa
contro
gli
infedeli,
i
pagani
e
gli
eretici,
in
quanto
continuazione
delle
guerre
dell’impero
romano
contro
i
barbari
e i
pagani.
Con
l’avvento
di
Cristo,
ogni
legittimità
è
stata
trasferita
dagli
infedeli
ai
fedeli,
e in
più
il
romano
pontefice
poteva
vantare
dei
diritti
in
Palestina,
risalenti
alla
donazione
dell’imperatore
Costantino
il
Grande.
Tutta
la
Cristianità
ha
il
dovere
di
partecipare
alla
guerra
santa,
con
uomini
o
mezzi,
in
modo
da
dare
il
suo
contributo
al
buon
nome
del
Cristo.
Riferimenti
bibliografici:
F.
Cardini,
Studi
sulla
Storia
e
sull’Idea
di
Crociata,
Roma
1993
B.
Kedar,
Crociata
e
Missione,
trad.
Liliana
Silvestri,
Roma
1991
J.
Le
Goff
,
Praedicatores
et
Prophetès,
in
A.A.V.V.,
La
Parole
du
Prèdicateur :
V-XV
siècle,
par
R.
M.
Dessì