N. 79 - Luglio 2014
(CX)
UNA CROCIATA TRA LE CROCIATE
L’AVVENTO NORMANNO IN SICILIA NEL FERVORE RELIGIOSO DEL SECOLO XI
di Francesco Carbonaro
L’avvento
normanno
in
Sicilia
avvenne
in
un
particolare
momento
storico
che
si
configura
come
elemento
imprescindibile
per
un’adeguata
interpretazione
dell’evento
di
conquista
ai
danni
dei
mussulmani.
L’XI
secolo
fu,
infatti,
un
periodo
di
profondo
fermento
religioso,
una
ripresa
dal
torpore
che
aveva
caratterizzato
gli
anni
precedenti;
come
dimostrano
gli
avvenimenti
che
si
verificarono
in
questo
secolo,
un
pervasivo
fervore
religioso
aveva
conquistato
gli
animi
cristiani
i
quali
non
potevano
non
essere
investiti
da
una
precisa
volontà
di
allargare
i
confini
della
cristianità
attraverso
una
puntuale
opera
di
evangelizzazione.
Il
primo
fattore
di
cambiamento
si
registrò
nella
concezione
della
guerra
santa.
Se
non
si
comprende
tale
assunto,
le
imprese
della
reconquista
e
delle
crociate,
sarebbero
slegate
dalla
forma
mentis
del
periodo,
lasciandole
isolate
e
incomprensibili
nel
mare
dei
secoli.
Ricollegare
queste
imprese
ad
un
unico
sostrato
teorico
è,
in
verità,
un’operazione
particolarmente
fruttuosa
dato
che
permette
di
comprendere
gli
ideali
del
tempo
assorbiti
dagli
uomini
ed
esplicati
attraverso
tali
imprese;
considerando
un’unica
ideologia
di
fondo
si
potranno
comprendere
al
meglio,
avvenimenti
apparentemente
distanti
tra
loro
ma,
in
realtà,
accomunati
da
un
filo
rosso
il
quale
percorre
tutto
l’XI
secolo
e si
configura
come
motore
per
l’innesco
degli
avvenimenti
futuri.
Spesso
tale
processo
viene
fatto
coincidere
con
l’appello
di
Urbano
II
del
27
novembre
1095,
al
concilio
di
Clermont,
col
quale
si
dà
avvio
alle
crociate.
In
realtà
ciò
è
solo
il
culmine
di
un
processo
che
vide
diverse
tappe
tra
le
quali,
la
più
importante,
fu
la
sacralizzazione
delle
guerra,
fattore
imprescindibile,
senza
il
quale
la
storia
evenemenziale
resterebbe
priva
di
fondamento
teorico.
Nell’848
Leone
IV
chiamando
i
Franchi
alla
lotta
contro
i
Saraceni
parlava
di
un
praemium
caeleste
che
attendeva
coloro
i
quali
si
sarebbero
distinti
per
la
salvezza
della
cristianità;
nel
IX
secolo,
dunque,
possiamo
trovare
le
basi
interpretative
di
eventi
verificatisi
nei
secoli
successivi.
Tuttavia
è
intorno
all’anno
mille
che
tali
questioni
trovano
una
più
esatta
forma
e
definizione.
L’XI
infatti
si
configura
come
il
secolo
di
risveglio
da
parte
della
comunità
cristiana
la
quale
ha
assistito
a
una
sempre
più
dilagante
azione
di
conquista
perpetrata
dai
mussulmani.
Nel
1009
la
chiesa
del
Santo
Sepolcro
viene
rasa
al
suolo
e
tale
avvenimento
suscita
non
poco
scalpore
nel
mondo
cristiano
il
quale
pensò
di
agire
“anche
se
non
aveva
ancora
i
mezzi
per
farlo”.
A
tale
deflagrante
avvenimento
si
aggiunga
la
sempre
più
solida
presenza
mussulmana
attorno
al
Mediterraneo,
tra
la
Sicilia,
la
Spagna
e il
Nord
Africa
la
quale
come
una
morsa
attanagliava
la
cristianità
europea.
Una
reazione
a
tale
stretta
fu
sempre
più
resa
necessaria
dalle
contingenze
che
portarono
ad
agire
contro
gli
infedeli
e a
prendere
le
armi
al
fine
di
mettere
in
atto
quel
processo
di
riaffermazione
che
avrebbe
messo
al
sicuro
la
cristianità.
Si
venne
a
creare,
così,
l’ideale
di
miles
Christi,
del
soldato
che,
protetto
dalla
proprio
fede,
volgeva
le
proprie
armi
contro
gli
infedeli,
divenendo
così
fautore
della
proelia
Sancta
o
iusta
bella
che
Agostino
aveva
già
indicato.
Il
grido
“Deus
vult”,
pronunciato
durante
il
concilio
di
Clermont,
sarebbe,
dunque,
il
culmine
di
un
processo
le
cui
radici
affondano
in
un
sostrato
teorico
che
vale
non
solo
per
l’impresa
del
1095
ma
anche
per
la
più
generale
“guerra
Santa”,
spesso
usata
in
binomio
con
il
termine
“crociata”
che
tuttavia,
è
bene
ricordare,
è
successivo
dato
che
nelle
principali
fonti
si
parla
di
peregrinatio,
iter,
via.
La
sacralizzazione
della
guerra
scioglie,
dunque,
qualsiasi
impaccio
ai
milites
Christi
i
quali
si
volgono
a un
processo
che
si
situa
tra
la
defensio
e la
dilatatio
Christianitatis.
Una
sempre
maggiore
definizione
si
ha
nella
metà
dell’XI
secolo;
nel
1159
Papa
Adriano
IV
modellò
e
raffinò
sempre
più
il
concetto
interpretativo
che
sta
alla
base
di
crociata
la
cui
immagine
raduna
sotto
di
sé
qualsiasi
spedizione.
L’impianto
teorico
che,
dunque,
sta
alla
base
della
prima
crociate,
fu
condiviso
dalle
analoghe
esperienze
che
nella
seconda
metà
dell’XI
secolo
videro
protagonisti
i
cristiani
alla
riscossa
contro
la
sempre
più
minacciosa
presenza
mussulmana
la
quale
era
divenuta
numerosa
anche
in
territorio
italiano,
dal
quale
venne
estirpata
a
opera
dei
normanni.
Assimilare
la
spedizione
normanna
alla
crociata
ufficiale
non
è
infruttuoso
e
vano;
estrapolare
il
modello
teorico
che
sta
alla
base
del
“passaggio
generale”
in
Terra
Santa,
ci
permette
di
capovolgere
la
situazione.
La
“crociata
normanna”
in
Sicilia,
insieme
agli
elementi
sopracitati,
ha
gettato
le
basi
per
la
realizzazione
di
un’impresa
più
imponente
e
cristianamente
più
universale,
alla
volta
di
Gerusalemme.
Non
è un
caso
che
tra
il X
e l’XI
secolo
si
instaura
una
visione
sempre
più
allegorica
di
Gerusalemme,
sganciata
dai
limiti
spazi
temporali
e
sempre
più
interiorizzata;
Pascasio
Radberto
aveva
già
sottolineato
il
carattere
astratto
dell’immagine
della
Città
Santa.
Si
assisté
a
una
sempre
più
rilevante
divaricazione
tra
la
Gerusalemme
terrena
e
quella
celeste.
Il
miles
Christi,
nell’atto
di
liberazione
dei
territori
sottomessi
agli
infedeli,
avrebbe
guadagnato
il
praemium
caeleste
già
citato;
se
la
Terra
Santa
divenne
il
luogo
princeps
per
tale
impresa,
nella
realtà
dei
fatti,
complice
la
divaricazione
tra
aspetto
terreno
e
allegorico
di
Gerusalemme,
tutti
i
territori
sottratti
agli
infedeli
divennero
parte
di
quella
Città
Santa
che
travalica
lo
spazio
e si
inverava
a un
livello
tanto
universale
quanto
intimamente
personale.
Risulta,
dunque,
quanto
naturale
pensare
alla
conquista
della
Sicilia
sotto
le
vestigia
della
guerra
Santa
o
crociata
ante
litteram.
Partendo
dagli
accordi
di
Melfi
del
1059
possiamo
delineare
il
profilo
di
questo
processo
caratterizzato
da
una
sempre
più
rilevante
coloritura
religiosa.
L’investitura
ducale
comprendeva,
dunque,
non
solo
i
territori
già
conquistati
nel
1059
ma
anche
la
Sicilia
che
ancora
doveva
essere
sottomessa.
Dal
punto
di
vista
politico
il
Guiscardo
si
fregiò
“honore
ducali”
(della
carica
ducale),
mentre
da
quello
religioso
si
sottomise
all’autorità
papale.
Nell’appello
di
Nicolò
a
difendere
la
chiesa
“contra
homines
omnes”
(“contro
tutti
gli
uomini”)
troviamo
il
germe
che
anni
dopo
si
sviluppò
nel
discorso
di
Urbano
II
il
quale
invitò
a
soccorrere
i
fratelli
orientali.
Il
Guiscardo
e
con
lui
tutti
i
cavalieri
normanni
si
posero
al
servizio
del
Papa,
assumendo
su
di
sé
il
compito
di
riportare
le
terre
al
magistero
papale,
facendo
esplicito
atto
di
sottomissione:
“je
me
valoie
sousmetre
à
lor
Vicaire,
lo
Pape
avec
toute
la
terre
que
je
avoie
conquise”.
L’arrivo
dei
normanni
in
Sicilia
è,
dunque,
un’operazione
sulla
cui
valenza
religiosa
agiscono
vari
fattori,
primo
tra
tutti
l’investitura
papale
che
permise
agli
“uomini
del
nord”
di
avviare
la
propria
campagna
di
conquista,
tracciando
quel
solco
nel
quale
si
incanalarono
i
successivi
movimenti
crociati,
le
cui
direttive,
in
nuce,
si
possono
trovare
nell’atto
di
espulsione
che
venne
perpetrato
ai
danni
dei
mussulmani
di
Sicilia.
L’azione
volta
alla
liberazione
dell’isola
è
così
percepita
come
atto
divino;
non
è un
caso
che,
in
un
documento
del
1091,
contenuto
nella
raccolta
di
Rocco
Pirri,
Ruggero
è
immortalato
mentre
riconduce
alla
misericordia
divina
l’impresa
effettuata.
I
fratelli
Altavilla
si
configurarono
come
campioni
della
cristianità
e
tale
qualifica
traspare
dalle
fonti
che
di
questi
avvenimenti
narrano
le
gesta.
Anche
le
fonti
arabe
accostano
l’impresa
normanna
alla
guerra
Santa
praticata
dai
correligionari;
lo
stesso
Ibn
al
Atîr
parla
di
jihad
cristiano
contro
i
mussulmani,
mettendo
in
evidenza
il
carattere
a
tratti
sacrale
della
conquista.
Ruggero
I,
il
Gran
Conte,
la
cui
rilevanza
religiosa
gli
accordò
una
maggiore
libertà
nella
scelta
degli
ecclesiastici,
divenne
strumento
della
giustizia
divina
col
fine
di
riprendere
il
controllo
delle
terre
che
si
trovavano
in
mano
ai
mussulmani.
Amato
di
Montecassino,
riportando
un
discorso
del
Guiscardo,
afferma:
“Je
voudroie
delivrer
li
Christien
et
li
Chatolici,
liquel
sont
constreint
à la
servitude
de
li
Sarrazin”
contro
i
quali
i
normanni
“sont
appareilliez
à
faire
ceste
bataille”.
“O
l’aide
de
Dieu”,
i
conquistatori
investiti
dalla
missione
religiosa
si
dimostrano
pronti
a “subjugar
li
Sarrazin”
ovvero
a
effettuare
la
loro
crociata
contro
gli
infedeli.
Ha
ragione
il
Tramontana
quando
afferma
che
nel
monaco
cassinese
il
concetto
di
liberazione
dei
cristiani
è
sostanzialmente
estraneo
a
“ogni
contenuto
di
vita
evangelica,
staccata
da
pragmatici
interessi
mondani”;
da
parte
del
cronista
vi
è,
infatti,
la
tendenza
a
esaltare
l’opera
moralizzatrice
che
deve
essere
intesa
in
relazione
al
periodo
nel
quale
vivono
dove,
tra
l’aspetto
mondano
e
quello
morale,
intercorre
un
rapporto
di
forte
dipendenza
pragmatica
che
non
a
caso
è
testimoniata
dalla
concezione
che
si
aveva
della
religione.
L’aura
trasfigurante
del
processo
di
riconquista
è
ulteriormente
sancita
dal
Malaterra
che
vede
nel
Gran
Conte
uno
dei
“tyrones
Christianae
militiae”,
ovvero
appartenente
alla
schiera
della
militia
Christi,
soldati
che
nell’azione
bellica
trovavano
il
fondamento
del
loro
credo
e i
quali
furono
protagonisti
delle
crociate.
Riferimenti
bibliografici
Amato
di
Montecassino,
Storia
dei
normanni
a
cura
di
Vincenzo
Bartholomeis,
Roma
1935.
Radberto
Pascasio,
Expositio
in
Matthaeum
in
“Patrologia
latina”,
vol.
CXX,
Migne
1895.
Alphandery
Paul,
Dupront
Alphonse,
La
cristianità
e
l’idea
di
crociata,
Bologna
1974.
Atiyah
Edward,
Gli
arabi,
Rocca
San
Casciano
1961.
Cardini
Franco,
La
guerra
Santa
nella
cristianità
in
Militia
Christi
e
crociate
nei
secoli
XI –
XIII,
Milano
1992.
Chalandon
Ferdinand,
Storia
della
dominazione
normanna
in
Italia
e in
Sicilia,
Cassino
2009.
Flori
Jean,
Le
crociate,
Bologna
2003.
Pirri
Rocco,
Sicilia
Sacra,
Palermo
1733.
Rizzitano
Umberto,
Terra
senza
crociati,
Palermo
1967.
Runciman
Steven,
Storia
delle
crociate,
Torino
1993.
Wieruszowski
Hellene,
The
norman
kingdom
of
Sicily
and
the
crusaders
in
A
history
of
the
crusades,
Philadelphia
1962.