N. 62 - Febbraio 2013
(XCIII)
La crociata dei fanciulli
un viaggio senza ritorno - parte ii
di Michele Claudio D. Masciopinto
La
prima
crociata,
indetta
nel
1095
e
svoltasi
tra
il
1096
e
1099,
si
avvale
della
partecipazione
dei
massimi
signori
dell’aristocrazia
feudale
europea,
in
quella
che
è
definita
come
la
Crociata
dei
baroni;
vi
parteciparono:
Goffredo
di
Buglione;
Boemondo
di
Taranto;
Raimondo
di
Saint-Gilles;
Roberto
di
Normandia;
Roberto
di
Fiandra;
Stefano
di
Blois.
La
spedizione
si
concluderà
con
la
conquista
di
Gerusalemme
e
con
la
spartizione
delle
terre
conquistate
dagli
occidentali,
che
formeranno
gli
stati
latini.
In
precedenza,
alla
crociata
ufficiale
dei
baroni
vi
era
stata
la
Crociata
dei
poveri,
guidata
da
Pietro
l’Eremita,
che
nel
1096
riunirà
gente
di
ogni
risma
sotto
il
grido
“Deus
le
volt”.
L’esito
di
questa
prima
crociata,
sorta
come
uno
spirito
più
spontaneo
e
popolare,
sarà
negativo,
causa
delle
terribili
razzie
compiute
lungo
il
loro
cammino,
tra
cui
vari
pogrom
ai
danni
degli
ebrei.
Proprio
sotto
le
porte
di
Costantinopoli,
i
seguaci
di
Pietro,
stanchi
di
attendere
l’arrivo
dei
principi,
si
diressero
verso
Nicea,
da
poco
razziata
da
loro
stessi,
ma
vennero
sterminati
non
appena
usciti
dal
campo
di
Civitot.
Dell’immensa
truppa
di
Pietro,
solo
un
piccolo
gruppo
riuscirà
a
riguadagnare
Costantinopoli,
fra
cui
lo
stesso
Pietro.
È
interessante,
alla
luce
di
ciò,
analizzare
le
varie
spedizioni
armate
che
avevano
come
obiettivo
la
ripresa
del
“Santo
Sepolcro”.
Di
queste
crociate,
otto
sono
considerate
ufficiali,
ma
ve
ne
sono
numerose
dimenticate,
degenerate,
deviate
o
aberranti.
Ci
furono
tanti
crociati
che
andarono
in
Terrasanta
di
propria
volontà,
obbedendo
a un
impulso
interiore;
oppure
per
penitenza.
Ma
queste
crociate
“non
ufficiali”
dimostrano
come
il
concetto
di
crociata
si
sia
fatto
strada
nelle
diverse
mentalità
e
come
il
papa
l’abbia
usato
per
fini
politici,
e
dimostra
anche
come
questo
concetto
si
sia
gradualmente
distorto,
fino
a
prestarsi
a
un’interpretazione
sempre
più
larga
e
abusiva.
Riguardo
queste
crociate
si
hanno
numerosi
fonti,
si
può
fare
l’esempio
della
Crociata
dei
poveri
di
Pietro
l’Eremita
del
1096,
o a
quella
del
1104,
compiuta
dai
genovesi,
che
si
impadronirono
di
Cesarea.
Ma
indubbiamente
le
crociate
che
più
hanno
fatto
discutere
e
dividere
i
contemporanei
e
gli
storici
sono
state
le
cosiddette
Crociate
popolari,
cioè
masse
di
gente
comune,
povera
che
si
aggregava
spontaneamente
e
che,
dopo
l’individualizzazione
di
un
leader,
identificato
come
un
inviato
di
Dio,
affinché
si
compisse
la
liberazione
dei
luoghi
sacri,
si
muoveva
verso
la
Terrasanta.
Questi
tentativi
sono
accomunati
dal
fatto
che
la
gente
più
semplice
ha
voluto
ottenere
la
liberazione
dei
luoghi
sacri
attraverso
l’amore,
l’umiltà
e la
penitenza
e
non
attraverso
la
potenza
tipica
dei
principi,
siano
essi
laici
o
ecclesiastici.
Di
queste
spedizioni,
quella
che
più
è
stata
denigrata
dai
contemporanei,
soprattutto
dell’alto
clero,
ma
che
più
ha
affascinato
le
epoche
successive
è
stata
quella
che
viene
definita
come
la
Crociata
dei
fanciulli.
Stupore,
indifferenza,
disprezzo:
sui
primi
del
XIII
secolo,
esattamente
intorno
al
1212
secondo
le
fonti,
questo
era
l’atteggiamento
verso
questo
episodio,
per
allora
fuori
dal
comune.
Non
era
la
prima
volta
che
grandi
masse
di
povera
gente
si
muovevano
verso
i
luoghi
sacri,
un
po’
per
pellegrinaggio,
un
po’
per
migrazione.
Ciò
che
provoca
stupore
o
indignazione,
stizza
o
meraviglia,
preoccupazione
o
interesse
in
scrittori
intenti
a
descrivere
una
serie
di
fenomeni
ai
quali
era
toccato
assistere
o
del
quale
avevano
sentito
parlare
è
forse
la
composizione
umana
del
movimento:
un
iter,
o
una
peregrinatio
di
fanciulli,
di
“innocenti”.
L’atteggiamento
dei
cronisti
è
ostile;
spesso
per
spiegare
la
vicenda
e la
sua
tragica
fine
si
ricerca
una
forza
maligna,
addirittura
diabolica.
Iter
stoltorum,
il
cammino
degli
stolti,
o
stupidi
bambini;
nella
stoltezza
dei
partecipanti
si
cerca
una
spiegazione
a un
avvenimento
visto
tutto
sommato
come
inspiegabile.
Analizziamo
il
vero
perché
di
questa
stultitia
reale
o
presunta.
Il
XIII
secolo
era
stato
un
lungo
periodo
di
clima
ben
mite,
di
incremento
demografico,
di
impianto
di
nuovi
insediamenti,
di
sviluppo
dei
commerci
e
delle
arti.
Fu
il
secolo
del
grande
commercio
mediteranno,
delle
cattedrali,
della
nascita
degli
Studia
di
Bologna
e
Parigi
nuclei
delle
grandi
università.
Ma
fu
anche
un
tempo
di
aspre
contese:
fra
il
papato
e
l’impero
romano
germanico,
fra
esso
e
l’impero
bizantino,
fra
i
regni
cristiani
d’Europa,
fra
le
città
dell’Italia
centrosettentrionale.
Riguardo
alle
spedizioni
in
Terrasanta
c’era
un
clima
di
sfiducia
verso
il
clero
e i
grandi
signori
dell’aristocrazia,
specie
dopo
l’esito
della
quarta
crociata
(1198-1204),
indetta
da
Innocenzo
III,
che
era
culminata
con
il
saccheggio
di
Costantinopoli
e la
creazione
di
un
“impero
latino”
che
ebbe
breve
e
poco
gloriosa
vita,
e la
più
stabile
e
profonda
conseguenza
che
fu
la
perpetuazione
della
divisione
fra
Chiesa
greca
e
Chiesa
latina.
In
più,
nel
1209,
vi
fu
l’aggravarsi
della
tensione
in
Provenza
tra
la
Chiesa
e i
gruppi
di
eretici
catari,
che
condusse
alla
prima
vera
crociata
diretta
non
contro
“pagani”,
bensì
contro
gente
ch’era
formalmente
ancora
cristiana.
Una
crociata
che
implose
all’interno
della
cristianità,
desolando
e
sanguinando
per
lunghi
anni,
in
quella
che
sarà
conosciuta
come
la
Crociata
degli
albigesi.
In
questo
terribile
momento,
in
cui
lo
stesso
pontefice
era
conscio
della
necessità
di
un
rinnovamento
intimo
della
Chiesa,
vi
fu
un
grande
trionfo
il
17
Luglio
1212
a
Las
Navas
de
Tolosa
da
parte
dell’esercito
di
Alfonso
di
Castiglia,
Pietro
d’Aragona
e
Sancho
di
Navarra
sugli
infedeli,
che
rinfrancò
l’intera
Cristianità.
Una
vittoria
cosi
contro
i
musulmani
non
si
era
più
avuta
dopo
la
prima
crociata.
Proprio
in
questo
clima,
secondo
i
contemporanei,
vi
fu
la
composizione
di
questi
gruppi
di
fanciulli,
sviluppatisi
quasi
contemporaneamente
in
due
differenti
zone
europee:
quello
francese
e
quello
tedesco.