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N. 33 - Settembre 2010 (LXIV)

La persecuzione dimenticata
I Cristiani Copti in Egitto

di Lawrence M.F. Sudbury

 

Quando pensiamo al mondo arabo, qui in occidente, tendiamo, con una discreta dose di manicheismo, a crearci una sorta di mappa mentale formata da "zone buone" e "zone cattive": le "zone cattive" sono, naturalmente, quelle dei "fanatici islamici nemici dell'Europa" (o degli Stati Uniti, il che, per un curioso e piuttosto allarmante fenomeno di sudditanza morale e politica, risulta pressoché sinonimico) come, solo per fare qualche esempio, Iran (ovviamente in primis), Siria, Yemen, Afghanistan, Pakistan (anche se non ufficialmente) e Palestina (solo, ovviamente, i nemici dei "moderati" di Al Fatah), mentre le "zone buone", amiche della civiltà occidentale, trovano i loro campioni in Paesi alleati come Arabia Saudite e Giordania e in qualche paradiso turistico alla moda e adatto ad ogni tasca, dai lussuosi Emirati Arabi al più economico Egitto.

 

Non si tratta solo di una visione ultra-semplicistica: è, soprattutto, una visione erronea, che mescola connotazioni politiche a questioni sociali e religiose che, a livello popolare, ben poco hanno a che spartire con diplomazia e giochi di equilibri globali.

 

Forse l'esempio più eclatante di contraddizione tra immagine moderata, pacifica e addirittura a tratti godereccia offerta ai turisti di Hurgada o Sharm El Sheik e realtà di un fermento fondamentalista che cova sotto la cenere è data dall'Egitto, soprattutto laddove si prenda in considerazione la situazione della minoranza cristiana.

 

Qualche dato di fondo può essere utile per inquadrare meglio la situazione nel suo complesso: in Egitto la popolazione complessiva ammonta a circa 78 milioni, circa il 90% dei quali sono mussulmani, mentre i rimanenti otto milioni circa sono cristiani (92% di essi Copto-Ortodossi).

 

La minoranza cristiana rappresenta, per molti versi, la parte più antica della popolazione egiziana odierna dal momento che la storia del Cristianesimo in Egitto risale agli inizi del Cristianesimo stesso: molti ritengono che esso sia stato portato in Egitto dal Santo Apostolo Marco nella prima parte del I secolo d.C. (Eusebio di Cesarea, nella sua "Storia Ecclesiastica" afferma che San Marco compì il suo primo viaggio apostolico in Egitto tra il primo e il terzo anno del regno dell'imperatore Claudio, cioè tra il 41 e 44 d.C., e che tornò ad Alessandria una ventina di anni più tardi per predicare ed evangelizzare) e che da allora la successione patriarcale sia stata ininterrotta (e, in effetti, numerosi papiri biblici in copto scoperti nelle regioni periferiche dell'Alto Egitto sono ben più antichi della Bibbia greca ordinata da Costantino nel 312 d.C.).

 

Certamente la scuola catechetica di Alessandria, la "Didascalia", fondata tra fine del I e inizio del II secolo d.C., fu il centro di sviluppo della filosofia cristiana, con maestri del calibro di Clemente e Origene e l'Egitto fu uno degli epicentri della persecuzioni romane da Decio a Diocleziano, da Galerio a Massimino e fino all'Editto di Tolleranza di Costantino nel 313 d.C., cosa che non impedì al Paese di divenire il luogo di nascita del monachesimo cristiano. Insomma, Alessandria e l'Egitto possono essere ritenuti a buon diritto uno dei più importanti centri propulsori dell'intera Cristianità primitiva, un centro capace di informare di sé l'intera teologia del mondo antico.

 

Poi, a partire dal Concilio di Calcedonia del 451 d.C., le cose cambiarono radicalmente: a causa di quella che, recentemente (come risultato di un fondamentale incontro tra Papa Shenouda III e Papa Paolo VI), è risultata essere una incomprensione terminologica riguardante l'assunto sulla natura del Cristo, la Chiesa egiziana (o, con termine di origine greca, "Chiesa Copta") si distaccò da Roma, rientrando in quell'insieme di Chiese orientali da allora in poi definite, in realtà un po' impropriamente, "monofisite" e assumendo una struttura autonoma.

 

Tale struttura fu predominante a livello sia religioso che politico fino al 639 d.C., cioè fino all'invasione arabo-mussulmana del Paese, che portò, nel tempo, alla progressiva conversione di gran parte della popolazione all'Islam, soprattutto per ragioni economiche: in quanto "Popolo del Libro" i Cristiani copti erano accettati dalle autorità islamiche (sebbene con intermittenti episodi di violenza e vessazione), ma, in quanto "dhimmi" (assoggettati) erano forzati al pagamento di una tassa annuale ("jizya") estremamente onerosa e che ben pochi potevano permettersi, cosicché, tra mangiare e pregare il proprio Dio, gran parte optarono per la prima soluzione, finendo per pronunciare pubblicamente la "Shahada" (la formula di sottomissione ad Allah). Gran parte, ma non tutti e per coloro che non abiurarono la Fede cristiana la vita non fu sempre facile.

 

I governanti arabi e turchi delle diverse dinastie continuarono ad imporre un pesante prelievo fiscale che impoveriva i Copti e fecero di tutto per sradicare istituzioni politiche, lingua e cultura legate al Cristianesimo, giungendo a compiere veri e propri pogrom contro la popolazione: così si ebbero la distruzione della Biblioteca di Alessandria e i decreti degli Omayyadi, che imposero l'uso della lingua araba invece del copto in tutte le funzioni pubbliche (sebbene il copto continuasse ad essere di uso corrente fino l XIII secolo), la continua spoliazione delle chiese e il loro abbattimento forzato, gli attacchi ai villaggi cristiani, etc. , a cui i Copti reagirono con numerose ribellioni (ad esempio contro gli Omayyadi nel 725, contro gli Abbasidi nell'815, contro gli Ottomani nel 1176), tutte represse nel sangue.

 

Nonostante questo, a causa del livello culturale dei copti, generalmente superiore a quello dei loro governanti, furono molti i Cristiani impegnati nell'amministrazione statale (sebbene, anche in questo caso, con fasi alterne e spesso con subitanee epurazioni) che, in qualche modo, riuscirono a salvaguardare la loro gente e a far giungere fino all'età contemporanea la minoranza cristiana d'Egitto.

 

Il trend dell'utilizzo di burocrati copti continuò anche dopo che i francesi di Napoleone lasciarono il Paese e Mohemet Ali, un ufficiale albanese dell'esercito ottomano convertitosi all'Islam, assunse il potere nel 1805, quando nel 1882 l'Egitto passò sotto l'Impero britannico e, nuovamente, sotto il regno della dinastia di Mehemet Ali fino al 1952, cioè fino alla "rivoluzione dei Liberi Ufficiali" di Nasser.

 

In tutto questo lungo periodo l'abolizione della jizya (1815) diede un po' di sollievo ai Copti, che vissero un epoca di ripresa, di rinnovamento e di riscoperta dello proprie radici culturali, anche attraverso la creazione di istituzioni sociali e scuole di stampo occidentale.

 

A poco a poco, in un periodo di sviluppo di forti tensioni nazionalistiche, la distanza tra egiziani mussulmani ed egiziani cristiani sembrò progressivamente diminuire: i Copti parteciparono attivamente alla rivolta del 1919 contro il governo britannico e diversi esponenti politici cristiani sedettero nei parlamenti democratici di breve durata della prima metà del secolo ventesimo, allorché, dopo la rivoluzione dei Giovani Turchi, tutto il mondo islamica appariva orientato verso una secolarizzazione della società.

 

In Egitto, però, come reazione a questi sviluppi, già dal 1920 si sviluppò la Fratellanza Mussulmana, primo tra i molti movimenti volti a resistere all'influenza della civiltà occidentale sposando un'interpretazione fortemente conservatrice dell'Islam.

 

Dopo il colpo di stato militare del 1952, Nasser, più in funzione politica e populista che per reale convinzione religiosa, accettò molti degli insegnamenti dei Fratelli Mussulmani e, nella sua politica di nazionalizzazione di gran parte delle imprese private, colpì duramente l'imprenditorialità copta, da sempre particolarmente attiva nel Paese, dando inizio ad un esodo cristiano verso le Nazioni occidentali che, da allora in poi, è stato ininterrotto.

 

Dopo il 1970, il nuovo presidente Sadat, la cui politica estera filo-occidentale contrastava notevolmente con quella del suo predecessore, alla ricerca di alleati nella sua lotta per il potere contro la corrente nasseriana, incoraggiò fortemente i gruppi militanti islamici in Egitto, portando ad una recrudescenza della persecuzione anti-copta (e mal gliene incorse, visto che, come indicato da Kepel nel suo studio sull'estremismo islamico in Egitto, i fondamentalisti che misero in atto il suo assassinio impiegarono come fonte di finanziamento per l'esecuzione del loro piano l'oro rubato dai depositi di proprietà di un orafo copto depredato).


 

Di fatto, dall'inizio degli anni '80, la situazione dei Cristiani copti è andata sempre più deteriorandosi e non solo a livello di insorgenze popolari, ma anche a livello di politica governativa. Il problema della discriminazione, infatti, si sviluppa radicalmente già a partire da una contraddizione pratica presente nella Costituzione egiziana: se essa, all'articolo 46, afferma che "lo Stato dovrà garantire la libertà di culto e di espressione di tutte le ritualità religiose", tale affermazione di democrazia viene in pratica annullata dall'articolo 2 che ricorda come la "Sha'aria" (la Legge islamica) sia il fondamento della Costituzione stessa e di ogni legge dello Stato (e, notoriamente, la Sha'aria considera gli "infedeli", "Popoli del Libro" compresi, come cittadini di serie B da convertire).

 

Se a ciò si assomma la dichiarazione di Sadat del 1980 che l'Islam è Religione di Stato, è facile comprendere come ben difficilmente l'Egitto possa garantire una parità di trattamento alla parte copta della sua popolazione.


 

E, all'atto pratico, la disparità è quantomeno evidente. Alcuni esempi possono rendere più chiaro il quadro d'insieme:

 

- pur formando, come detto, circa il 10% della popolazione egiziana, i Cristiani hanno solo il 2% dei seggi parlamentari all'Assemblea Popolare Egiziana e al Consiglio della Shura con solo 5 deputati su 440 , per altro tutti di nomina presidenziale dal momento che nessun candidato copto ha mai vinto una tornata elettorale (e si tratta di un dato piuttosto misterioso, che lascia ampio margine alle supposizioni più negative sulla libertà di voto nel Paese, dal momento che, da più parti, si lamenta che in caso di vittoria di un candidato copto in una circoscrizione, vi sia stato l'annullamento del risultato per supposte irregolarità e minacce fisiche ai Cristiani per non recarsi alle urne nella seguente tornata);

 

- è ancora in vigore un decreto dell'Impero Ottomano, datato 1856, in cui si richiede che qualunque non-mussulmano, in caso desideri riparare, ristrutturare o costruire un luogo di culto, debba preventivamente ottenere un beneplacito presidenziale. Un decreto del Ministero degli Interni del 1934 ha ulteriormente complicato la questione, richiedendo che per il rilascio di tale beneplacito debbano essere soddisfatti almeno una decina di requisiti che comprendono, tra gli altri, il divieto di costruzione in un raggio di 100 metri da una moschea, la richiesta del permesso di costruzione ai responsabili di qualunque azienda pubblica nelle vicinanze e l'autorizzazione di qualunque cittadino mussulmano del circondario, con il quale si attesti che egli non si sente offeso dalla costruzione. La conseguenza è che l'ottenimento del beneplacito comporta attese di anni e spesso, in questo lasso di tempo, una moschea viene appositamente costruita nell'area così da bloccare definitivamente l'iter. Recentemente la legge ha subito una modifica, dando la possibilità di ottenere i permessi direttamente da funzionari locali, ma questo, in realtà, ha peggiorato la situazione mettendo la questione in mano a burocrati di medio livello più facilmente influenzabili da elementi estremisti;

 

- tutti i cittadini egiziani devono essere muniti di una carta d'identità, siano essi cristiani o mussulmani. Tale carta d'identità deve essere presentata per qualunque atto pubblico, dall'iscrizione di un bambino a scuola alla richiesta d'assunzione in qualunque posto di lavoro. Purtroppo una delle voci presenti sulla carta è la religione del possessore e, indipendentemente da qualunque osservazione sulla democraticità di tale voce e sui possibili atti discriminatori che ne possono derivare, il fatto è che in caso di conversione al Cristianesimo di un Mussulmano i ritardi nella concessione di una nuova carta d'identità corretta sono di mesi (cosa che non accade in caso di conversione dal Cristianesimo all'Islam) e, nel frattempo, ogni neo-cristiano che utilizza la vecchia carta d'identità può essere accusato di falso in atto pubblico o di falsificazione di documento, essere arrestato e subire lunghissimi interrogatori in cui spesso è costretto a denunciare altri Cristiani per comportamenti analoghi;

 

- le televisioni pubbliche, pagate dalle tasse di tutti i contribuenti (inclusi i milioni di Copti) hanno una programmazione di matrice cristiana di esattamente due ore all'anno (in occasione della Pasqua), mentre la programmazione di trasmissioni di matrice islamica è estesa lungo tutto il corso dell'anno, in alcune occasioni con l'ostentazione di toni ferocemente anti-cristiani;

 

- sebbene il proselitismo cristiano non sia illegale, la conversione di Mussulmani è duramente scoraggiata, in numerosi casi utilizzando un articolo del codice penale che proibisce di "innescare qualsiasi disputa religiosa, denigrare qualsiasi Religione o nuocere all'unità nazionale e alla pace sociale" (naturalmente tale articolo non viene mai utilizzato in caso di conversione dal Cristianesimo all'Islam);

 

- qualunque bambino viene inserito, nelle scuole pubbliche, in classi islamiche senza tener conto del parere dei genitori. I bambini con nomi tipicamente copti possono venire duramente discriminati e questo porta spesso i genitori a scegliere nomi "neutri" utilizzati da entrambe le comunità religiose, solo per evitare problemi a loro figlio.

 

Se questi sono solo gli aspetti "legali" della neppure così sottile discriminazione dei copti, ben più problematici sono gli aspetti "illegali" di tale discriminazione, legati in massima parte a gruppi radicali islamici quali la già menzionata "Fratellanza Islamica" (il cui leader Mustafa Mashhour ha affermato in una conferenza all'università Al-Azhar che i Copti, in ossequio ai principi della Sha'aria, non dovrebbero neppure essere accettati nelle forze armate), "Al-Gamaa Islamiya" (che ha come principio ispiratore la completa islamizzazione del Paese) e la "Jihad Islamica" (che dichiara di voler eliminare ogni "contaminazione non-mussulmana" dalle terre dell'Islam).

 

Elencare tutte le azioni illegali, di violenza e intimidazione verso i Cristiani compiute da esponenti islamici radicali vicini a questi gruppi (o anche, "semplicemente", fanatici) richiederebbe una trattazione di centinaia di pagine.

 

Giusto a titolo puramente esemplificativo e assolutamente non esaustivo, si possono menzionare, concentrandosi solo sull'inizio dell'anno in corso, alcuni casi particolarmente eclatanti riportati dai media internazionali.

 

il 7 gennaio 2010 il Washington Post dedica un lungo articolo ad una pratica assai diffusa in tutto l'Egitto, quella del rapimento di adolescenti cristiane, del loro stupro e del forzato "matrimonio riparatore" con lo stupratore mussulmano, con conseguente conversione all'Islam delle vittime;

 

lo stesso giorno (il giorno di Natale per i Copti ortodossi), a Nag Hammadi, come riferito dall'agenzia di stampa nazionale egiziana AINA e ripreso da tutti i giornali occidentali, sei Cristiani vengono abbattuti a colpi di fucile all'uscita dalla Messa;

 

il 13 gennaio (ancora secondo l'AINA) oltre 100 giovani copti che, a una settimana dall'eccidio di Nag Hammadi, protestavano per la mancanza di sicurezza dei Cristiani in Egitto, vengono arrestati e incarcerati dalla polizia (notoriamente fortemente infiltrata dalla Fratellanza Islamica) senza alcuna accusa specifica;

 

il 16 febbraio (fonte CDN), un gruppo di estremisti accusati dell'omicidio di un copto viene rilasciato dopo un processo farsa in cui la colpevolezza degli accusati era risultata evidente;

 

il 13 marzo (fonte AINA) una folla inferocita attacca una chiesa cristiana provocando venticinque feriti, ma la polizia non interviene;

 

in compenso, cinque giorni dopo (sempre fonte AINA), un gruppo di Cristiani, attaccato da una folla di Mussulmani, viene proditoriamente arrestato per turbativa dell'ordine pubblico e rissa aggravata, mentre tutti gli Islamici coinvolti vengono lasciati liberi;

 

il 24 marzo i Servizi di Sicurezza demoliscono una chiesa evangelica senza motivazione apparente e, nell'esecuzione dell'azione, massacrano il Pastore responsabile (AINA);

 

il 17 aprile una ragazza appena convertita dall'Islam al Cristianesimo viene deturpata con l'acido, ma nessun responsabile dell'azione viene arrestato (AINA);

 

il 30 aprile la ICC denuncia, con un abbondante dossier di prove legali, che nelle Corti di Giustizia egiziane il trattamento riservato ai Cristiani è nettamente iniquo rispetto a quello riservato ai Mussulmani.

 

E si tratta, lo si ripete, di pochi esempi concentrati unicamente nel primo quadrimestre del 2010 e riportati solo a scopo esemplificativo di una situazione che perdura da anni.

 

Ciò che più spaventa, aldilà di condizioni di vita assolutamente intollerabili per una minoranza del 10% degli egiziani, continuamente minacciata da una parte (si spera anch'essa minoritaria) della maggioranza islamica, è l'assoluta mancanza di provvedimenti da parte dell'autorità che, praticamente, non prende nessun provvedimento per fronteggiare le insorgenze di odio religioso. Per rendercene conto, tra i vari casi menzionati, proviamo ad analizzare brevemente solo il più grave, quello del massacro di Nag Hammadi.

 

Si è detto che, all'uscita dalla Messa sei giovani (e un poliziotto trovatosi accidentalmente sul luogo dell'agguato) sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco da alcuni Mussulmani che hanno sparato a volto coperto da una macchina: si è trattato del più grave episodio di violenza religiosa dall'eccidio di Sohag del 2000 (in cui 21 Cristiani sono stati uccisi da un nucleo di attentatori islamici) ma la polizia ha, da subito, trattato la cosa come una sorta di faida locale senza grande importanza.

 

La conseguenza più immediata è stata una ondata di proteste dei Copti, a loro volta attaccati da folle mussulmane inferocite che si sono abbandonate a saccheggi e distruzioni di negozi e case cristiane. Ebbene, l'unico intervento della polizia è stato l'arresto, per lo più durante le notti successive, di decine di manifestanti copti che sono stati comprovatamente torturati con l'elettricità. Perché? Semplicemente perché questo è il comune metodo di intimidazione contro i Copti, in questo caso utilizzato dalle forze di sicurezza per costringere il Vescovo dell'Alto Egitto Kyrollos, che aveva in precedenza accusato la polizia di negligenza e che, con tutta probabilità, era il vero obiettivo dell'attentato, a ritirare le sue accuse.


Ciò che indigna è proprio questa disparità di trattamento, la stessa dimostrata dopo la devastazione dell'Istituto Copto di Dairout da parte di studenti di Al-Azhar al grido "Allah akbar" (24 ottobre 2009), la stessa dimostrata dopo la devastazione di 3.000 negozi copti, il rapimento di sette donne e l'omicidio di un uomo a Farshoot (21 novembre 2009) in rappresaglia di un presunto stupro di una ragazza mussulmana da parte di un giovane cristiano (e numerosi testimoni hanno parlato di un rapporto più che consenziente), la stessa negligenza dimostrata in qualunque occasione in cui le vittime siano dei cristiane e gli attaccanti siano dei mussulmani.

Sì, questo è ciò che indigna: l'esistenza di una persecuzione pressoché quotidiana attuata ai danni di una minoranza religiosa (per altro consistente, ma sarebbe lo stesso se si trattasse di un minuscolo gruppetto) nella più assoluta indifferenza, anzi, si direbbe nella colpevole connivenza di chi dovrebbe preservare l'ordine democratico dello Stato.

 

O, forse, in uno Paese, qualunque esso sia, che ostenta una Religione di Stato è difficile parlare di ordine democratico...?

 

Tanto, comunque, anche quest'anno folle festanti di vacanzieri torneranno dal Mar Rosso felici e abbronzati, certi di aver trascorso le vacanze in una Nazione tranquilla, occidentalizzata, moderata e, probabilmente, dei Cristiani Copti non avranno neppure sentito parlare...

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

M. Campanini, Storia dell'Egitto Contemporaneo, Edizioni Lavoro 2005

C. Cannuyer, Coptic Egypt: The Christians of the Nile, New Horizons 2001

G. Kepel, Muslim Extremism in Egypt: The Prophet and Pharaoh, University of California Press 2003

S.M. Solihin, Copts and Muslims in Egypt: A Study on Harmony and Hostility, Islamic Fundation 2007

J.Tajir, Christians in Muslim Egypt: An historical study of the relations between Copts and Muslims from 640 to 1922, Oros 1998

E.Wakin, A Lonely Minority: The Modern Story of Egypt's Copts, Backinprint 2000

B. Ye'or, Il Declino della Cristianità sotto l'Islam, Lindau 2008.



 

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