N. 6 - Giugno 2008
(XXXVII)
iL
COSTO DELLA CHIESA
Un’inchiesta laica -
Parte I
di Cristiano Zepponi
Introduzione
è con estrema attenzione – d’obbligo, come di consueto -
che mi accingo a “guardare nelle tasche” del Vaticano,
compatibilmente con le mie possibilità. Non vanto
accessi riservati, “quinte colonne” o informatori
d’eccezione: solo, posso tentare di dipanare l’immane
groviglio di silenzi e reticenze che in Italia
accompagna ogni approccio al problema in questione.
E lo faccio chiarendo, innanzitutto, di non aver alcuna
intenzione d’inoltrarmi in questioni di fede e affini.
Sinceramente, non m’interessano affatto; né sarebbero
attinenti all’argomento che ci accingiamo ad esplorare.
Tratto della questione perché il potenziale propagandistico
del Vaticano si è dispiegato appieno negli ultimi anni,
cavalcando con innegabile abilità la caduta della prima
repubblica; però, come chiarito lucidamente da Ezio
Mauro, “qui nasce un problema. C’è una regola, che
disciplina e governa lo spazio pubblico, ed è la regola
della democrazia. E la democrazia amministra il peso e
il ruolo di ogni soggetto con il ricorso al numero, vale
a dire con il computo della maggioranza, senza
distinguere tra Verità e verità, tra dogmi e ideologie,
tra magistero e leadership, tra la vita eterna e lo
spazio di una legislatura. In sintesi, la democrazia non
contempla l’Assoluto, e nel suo spazio – soprattutto
quello istituzionale e segnatamente quello parlamentare
– tutte le verità sono relative e ognuna ha il diritto
di espressione di fronte ai cittadini, cui spetta la
potestà suprema di scegliere in libertà”.
Il pedaggio, semplificando, che la Chiesa è tenuta a pagare
quando si affaccia nel dibattito pubblico, è lo stesso
di tutti gli altri; ed è costituito da un solo, modesto
obolo. Si tratterebbe, in effetti, di accettare il ruolo
di “parte”, con gli stessi diritti delle altre, senza
dubbio; ma anche con la stessa sottomissione al libero
gioco democratico, alle stesse regole, alle stesse
abitudini.
Purtroppo, questo passaggio non è mai avvenuto: il
cattolicesimo rischia anzi di trasformarsi in una
‘religione civile’ che “fa” gli italiani, una sorta di
senso comune alla nazione italiana, un sub-strato
immodificabile e perpetuo, naturale e unificatore. In
questo modo, pur in presenza di un deciso calo dei
praticanti, la Chiesa si sta lentamente evolvendo in un
ente superiore, esonerata dalle fastidiose incombenze
che accompagnano chiunque rivendichi il diritto di
inserirsi nelle competenze statuali.
Lo ha dimostrato reagendo agli articoli di Curzio Maltese
su Repubblica, poi raccolti nel libro “la
questua – Quanto costa la Chiesa agli italiani”, con
prevedibile veemenza. Il cardinale segretario di Stato
della S. Sede, Tarcisio Bertone, ha infatti
dimostrato di aver mal interpretato il concetto di
libera stampa, proferendo una sola parola: “Finiamola”.
La confutazione, a quanto pare, riguardava la
legittimità stessa di affrontare questi temi, in uno
Stato giuridicamente distinto dal Vaticano.
Come se questo, ne fosse esonerato.
Altre premesse.
Faccio mie le osservazioni iniziali dell’illustre
giornalista: Vaticano, Santa Sede e Cei sono in effetti
soggetti giuridici differenti, e di conseguenza
meriterebbero un trattamento separato. Se non lo faccio,
è per evidenti motivi di semplificazione: mi si passi,
quindi, l’utilizzo della parola “Chiesa”.
Le mie credenze religiose, in questo senso, non contano. E
non conta neanche l’etichetta di questo lavoro: laica,
laicista, anti-clericale? Non so: a me, ad ogni modo,
serve proprio per intascare quel famoso obolo.
“Perché oggi si vuole ridurre al silenzio i cattolici?
Perché si pretende di bandire l’intelligenza cattolica
dallo spazio pubblico? Chi ha interesse ad allargare
nuovamente le rive del Tevere, contribuendo a lacerare
un Paese già stremato da instabilità e risse
quotidiane?”, tuonò “Famiglia Cristiana”
all’uscita degli articoli di Maltese.
Nessuno, come ovvio. Solo, ci si riserva il diritto
d’indagare: il dogma dell’infallibilità non conta, in
sede giornalistica.
L’otto per mille.
La Stato italiano erogava fin dal 1886 - ed in via
definitiva dai Patti lateranensi del 1929 - lo stipendio
al clero cattolico, con il meccanismo della congrua.
Ritenendolo datato, nell’ambito delle trattative per il
“nuovo” Concordato si decise un nuovo meccanismo di
finanziamento.
Quando Camillo Ruini giunse alla Cei, nel 1986, la Chiesa
attraversa una crisi apparentemente irrisolvibile: i
praticanti calavano proporzionalmente ai fondi – il
budget della Cei ammontava a 300 milioni di lire. Il
giovane vescovo scese a Roma da Reggio Emilia, chiamato
dal papa che intendeva restaurare l’antico ascendente
cattolico sulle “cose” d’oltretevere, dopo le brucianti
sconfitte degli anni ’70 e la recente crisi della
Democrazia Cristiana: Karol Wojtyla.
Ruini si presentò in veste di segretario, e tale rimase
fino al 1991, prima di divenire presidente della
Conferenza Episcopale; ma da subito, impresse una svolta
dal punto di vista economico che, senza voler sminuire
le capacità del personaggio – peraltro innegabili –
dovette molto alla pioggia di denaro che dalla primavera
del ’90 inondava le finanze della Chiesa.
Nel 1984, infatti, il nuovo Concordato tra Stato e Chiesa
cattolica aveva abolito l’antico sistema, per introdurre
un contributo statale diretto alla Santa Sede (affidato
e ripartito poi dalla Conferenza Episcopale Italiana);
occorreva, però, trovare uno strumento per garantire una
quantità di denaro equivalente a quella necessaria al
sostentamento del clero.
Si decise allora di adottare due diverse forme di
finanziamento pubblico della Chiesa cattolica: le
offerte dei fedeli (deducibili sino a 1021 euro) e la
quota dell’otto per mille dell’Irpef, istituita
attraverso la legge 222/85.
Il meccanismo dell’otto per mille fu elaborato da un
giurista esperto di diritto tributario chiamato
Giulio Tremonti, all’epoca consulente del governo
Craxi, e prevede una ripartizione delle donazioni
largamente favorevole alla Chiesa. Infatti, poiché (come
prevedibile) solo un terzo dei contribuenti, per
pigrizia, incuria o disinteresse, sceglie a chi
devolvere la quota, l’art. 37 della relativa legge di
attuazione recita: “In caso di scelte non espresse
da parte dei contribuenti, la destinazione (dei
quozienti da distribuire del gettito totale) si
stabilisce in proporzione alle scelte (percentualmente)
espresse”.
Mentre l’apporto delle donazioni volontarie dei fedeli si è
rivelato modesto (19 milioni di euro nel 2001, “un euro
per praticante”), ogni anno la quota dell’otto per mille
Irpef che viene assegnata alla Conferenza Episcopale
Italiana cresce a ritmi elevatissimi, sia in termini
relativi (passando in tre anni dal 82,5% al 87%), che in
termini assoluti (dai 449 milioni di euro del 1995 ai
1.016 del 2003).
Il meccanismo, in effetti, era ben congegnato: assegnando
alla Cei anche le donazioni non espresse su base
percentuale, si garantiva un peso spropositato a quel
35% che sceglieva di indicare un destinatario.
Due cittadini italiani su tre (in continua, anomala
crescita: dal 55% del 1996 all’attuale 64%), quindi, non
scelgono la destinazione dei fondi: non decidono cioè se
affidarli alla Chiesa, allo Stato, ai valdesi, agli
avventisti, alle assemblee di Dio, agli ebrei o ai
luterani, e probabilmente non se ne curano granché. Ma
grazie a quella minoranza che lo fa (indicando, per una
cifra che solitamente si aggira sull’87%, la Chiesa),
alla Cei vengono assegnate nove fette della torta su
dieci: agli altri, le briciole.
In pratica, se per ipotesi novanta cittadini su cento non
si esprimessero (per disinteresse o per tacita delega
allo Stato), e solo 8 firmassero per la Chiesa
Cattolica, l’80 per cento della quota Irpef andrebbe ad
ingrossare le casse della Cei; Piero Bellini,
comprensibilmente, la definì dalle colonne del “Sole
24 Ore” una “mostruosità giuridica”.
Passando ad un esempio pratico, la distribuzione 2003
(redditi 2002) riportava questi dati:
89,16% |
Chiesa Cattolica |
8,38% |
Stato |
0,55% |
Valdesi |
0,39% |
Comunità Ebraiche |
0,27% |
Luterani |
0,22% |
Avventisti del settimo giorno |
0,39% |
Comunità Ebraiche |
0,07% |
Assemblee di Dio in Italia |
Ma poi, andando ad indagare sulle percentuali, si scopre
che la maggior parte degli introiti della Cei derivano
da firme mancate, da persone presumibilmente all’oscuro
del complicato meccanismo che decide al loro posto.
Se utilizziamo i dati relativi ai redditi dell’anno 2003,
dichiarati nel 2004, ripartiti nel 2007, possiamo quindi
comprendere come il totale assegnato derivasse in gran
parte da scelte inespresse:
Beneficiario |
Fondi derivanti da scelte espresse |
Fondi derivanti da scelte non espresse |
Chiesa Cattolica |
362.423 |
524.565 |
Stato |
31.234 |
54.670 |
Valdesi |
5.770 |
0 |
Comunità Ebraiche |
1.493 |
2.161 |
Luterani |
1.049 |
1.568 |
Avventisti |
0.807 |
1.168 |
Assemblee di Dio |
0.766 |
0 |
TOTALE |
403.545 |
584.043 |
Lo Stato, come si nota, è uno dei soggetti cui può essere
destinato l’otto per mille.
Tuttavia, applica qui una strategia difficilmente
comprensibile: mentre la Chiesa cattolica, ogni anno,
attua una massiccia ed aggressiva campagna
propagandistica del valore di alcuni milioni di euro, lo
Stato rinuncia deliberatamente a porsi in competizione
(eccezion fatta per una pagina web appositamente
dedicata,
ripartizione dei fondi a gestione statale),
determinando così una costante diminuzione dei
contribuenti che lo scelgono come destinatario.
Sostanzialmente, anzi, punta a perdere: e vista la
ristrettezza dei mezzi a disposizione delle altre
confessioni religiose (che, di sicuro, non possono
permettersi una simile competizione pubblicitaria), la
maggiore beneficiaria resta la Cei.
Le somme assegnate annualmente, espresse
in milioni di euro (fino all’anno 2003), si possono
allora così rappresentare.
|
2003 |
2002 |
2001 |
2000 |
1999 |
1998 |
Chiesa cattolica |
1016 |
908 |
762 |
642 |
756 |
686 |
Stato
|
101 |
99 |
113 |
103 |
103 |
90 |
Chiesa valdese |
4,2 |
3,5 |
4 |
4,7 |
4,3 |
2,6 |
Chiese Avventiste |
2,5 |
2,6 |
3,3 |
4,4 |
|
4,6 |
Chiesa evangelica luterana |
2,9 |
2,8 |
dati |
non |
disponibili |
|
Assemblee di Dio in Italia |
non disponibile |
|
dati |
non |
disponibili |
|
Unione comunità ebraiche |
non disponibile |
4,7
|
dati |
non |
disponibili |
|
Bisogna aggiungere che le altre
confessioni sono sottoposte ad una delle più clamorose
violazioni del pluralismo religioso cui abbiamo mai
assistito: lo Stato, infatti, versa alla Cei un anticipo
di circa il 90% sull’introito dell’anno successivo,
mentre alle altre confessioni versa il denaro con tre
anni di ritardo. Per questo la Tavola Valdese e le
Assemblee di Dio, che avevano precedentemente rinunciato
alle quote non espresse per motivi etici, sono tornate a
chiederle. Fino ad oggi, senza risultati.
La legge, comunque, vincola ciascun
soggetto a dirottare i fondi verso determinati scopi:
|
VINCOLI DI DESTINAZIONE DEI FONDI
|
Chiesa Cattolica |
|
Assemblee di Dio in Italia |
|
Chiesa evangelica Valdese |
|
Chiesa Evangelica Luterana |
-
Sostentamento dei ministri di culto
-
Esigenze specifiche di culto e di
evangelizzazione
-
Interventi sociali, assistenziali, umanitari e
culturali in Italia e all’estero
|
Unione italiana delle Chiese cristiane
avventiste |
|
Unione delle comunità ebraiche
italiane |
Finalità istituzionali dell’ente, in
particolare:
|
Stato italiano |
|
L’uso dei fondi derivanti dall’otto per mille resta,
comunque sia, un’insindacabile prerogativa della Cei,
che li distribuisce liberamente all’interno della
Chiesa, dopo aver pagato gli stipendi dei circa 39.000
sacerdoti italiani.
“Chi gestisce i denari dell’otto per mille ha conquistato
un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti
ecclesiali e teologici. Quale vescovo per esempio –
sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi
necessari a sistemare un seminario o a riparare la
cattedrale – alzerà mai la mano in assemblea generale
per contestare le posizioni della presidenza? […] E
infatti i soli che in Italia si permettono di parlare
schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero
quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da
perdere..”, scrisse Roberto Beretta, scrittore e
collaboratore di “Avvenire”. L’otto per mille,
dunque, è diventato uno strumento per soffocare ogni
tipo d’opposizione interna; se si pensa a come sia raro
che affermazioni polemiche, o anche solo critiche,
echeggino dall’interno dei sacri palazzi (almeno
nell’ultimo ventennio: prima, tra teologi della
liberazione, ultrà della reazione e preti operai l’eterogeneità
ed il pluralismo erano assicurati), si può dedurre
facilmente la portata di quest’operazione di
centralizzazione cui recentemente abbiamo assistito.
Comunque sia, possediamo cifre precise riguardo l’andamento
dei finanziamenti Irpef alla Chiesa, e possiamo anche
comprendere come questa quota sia stata spesa:
Quota dell'otto per mille assegnata
alla Chiesa Cattolica
1990-2007 (milioni di euro)
Fonte: Comunicazioni dello Stato a C.E.I. |
Anno |
Anticipo
relativo
all’anno
in corso |
Conguagli
e ratei
relativi
a tre o più
anni prima |
Fondi
assegnati
alla C.E.I. |
(a) |
(b) |
(a+b) |
1990 |
210 |
-- |
210 |
1991 |
210 |
-- |
210 |
1992 |
210 |
-- |
210 |
1993 |
303 |
-- |
303 |
1994 |
363 |
-- |
363 |
1995 |
449 |
-- |
449 |
1996 |
491 |
260 |
751 |
1997 |
476 |
238 |
714 |
1998 |
494 |
192 |
686 |
1999 |
539 |
217 |
756 |
2000 |
555 |
87 |
642 |
2001 |
630 |
133 |
763 |
2002 |
724 |
184 |
908 |
2003 |
788 |
228 |
1016 |
2004 |
783 |
154 |
937 |
2005 |
854 |
130 |
984 |
2006 |
859 |
71 |
930 |
2007 |
887 |
104 |
991 |
Come detto, infatti, la Chiesa ha l’obbligo di destinare
l’otto per mille alle esigenze di culto della
popolazione, il sostentamento del clero e gli interventi
caritativi a favore della collettività nazionale o di
paesi del terzo mondo.
Vista l’assoluta mancanza di informazioni fornite dallo
Stato, la percezione collettiva è che la Chiesa utilizzi
gran parte dei finanziamenti per la carità, in Italia e
nel Terzo Mondo. Prende le mosse da qui la teoria del
“ritorno sociale” dei soldi dello Stato: il sistema di
raccolta potrà anche essere criticabile, sostengono
alcuni, ma la Chiesa garantisce la copertura di molti
bisogni grazie al suo radicamento nel territorio
e tappando le falle nei settori che hanno visto la
ritirata post-assistenziale del welfare statale.
Ciò è vero solo in parte. La carità, ad esempio, occupa il
90% dei messaggi pubblicitari, ma rappresenta solo il
20% della spesa reale.
Si verifichi attraverso la seguente tabella:
La ripartizione dei fondi otto per mille
assegnati alla Chiesa Cattolica 1990-2007
(milioni di euro) Fonte: Rendiconto annuale
C.E.I. allo Stato, per gli anni 1990-2005;
Assegnazioni assemblea C.E.I. |
(milioni di euro) |
1990 |
1991 |
1992 |
1993 |
1994 |
1995 |
Assegnazioni totali
|
210 |
210 |
210 |
303 |
363 |
449 |
A. Esigenze di culto e pastorale
|
38 |
56 |
58 |
72 |
86 |
147 |
A.1 Alle diocesi (culto e pastorale) |
18 |
23 |
23 |
31 |
33 |
46 |
A.2 Edilizia di culto |
15 |
23 |
26 |
30 |
38 |
65 |
A.3 Iniziative di rilievo nazionale |
4 |
9 |
9 |
10 |
15 |
36 |
A.4 Tutela beni culturali ecclesiastici |
- |
- |
- |
- |
- |
- |
B. Interventi caritativi
|
27 |
45 |
48 |
54 |
65 |
101 |
B.1 Alle diocesi (per la carità) |
10 |
15 |
15 |
21 |
21 |
31 |
B.2 Terzo Mondo |
15 |
26 |
28 |
30 |
39 |
65 |
B.3 Iniziative di rilievo nazionale |
2 |
4 |
4 |
3 |
5 |
5 |
Sostentamento del clero
|
145 |
108 |
103 |
177 |
212 |
201 |
|
|
|
|
|
|
|
(milioni di euro) |
1996 |
1997 |
1998 |
1999 |
2000 |
2001 |
Assegnazioni totali
|
751 |
714 |
686 |
755 |
643 |
763 |
A. Esigenze di culto e pastorale
|
319 |
327 |
302 |
368 |
233 |
324 |
A.1 Alle diocesi (culto e pastorale) |
118 |
118 |
118 |
118 |
118 |
134 |
A.2 Edilizia di culto |
74 |
77 |
73 |
76 |
54 |
83 |
A.3 Iniziative di rilievo nazionale |
74 |
80 |
69 |
111 |
58 |
80 |
A.4 Tutela beni culturali ecclesiastici |
52 |
52 |
41 |
62 |
3 |
26 |
B. Interventi caritativi
|
146 |
146 |
135 |
137 |
126 |
149 |
B.1 Alle diocesi (per la carità) |
68 |
68 |
68 |
68 |
65 |
69 |
B.2 Terzo Mondo |
72 |
72 |
62 |
65 |
54 |
65 |
B.3 Iniziative di rilievo nazionale |
5 |
5 |
4 |
4 |
7 |
16 |
Sostentamento del clero
|
287 |
241 |
249 |
250 |
284 |
290 |
|
|
|
|
|
|
|
(milioni di euro)< |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Assegnazioni totali
|
910 |
1016 |
952 |
984 |
930 |
991 |
A. Esigenze di culto e pastorale
|
412 |
452 |
442 |
471 |
399 |
432 |
A.1 Alle diocesi (culto e pastorale) |
150 |
150 |
150 |
155 |
155 |
160 |
A.2 Edilizia di culto |
120 |
130 |
130 |
130 |
117 |
117 |
A.3 Iniziative di rilievo nazionale |
92 |
122 |
92 |
116 |
64 |
87 |
A.4 Tutela beni culturali ecclesiastici |
50 |
50 |
70 |
70 |
63 |
68 |
B. Interventi caritativi
|
175 |
185 |
190 |
195 |
195 |
205 |
B.1 Alle diocesi (per la carità) |
75 |
75 |
80 |
85 |
85 |
90 |
B.2 Terzo Mondo |
70 |
80 |
80 |
80 |
80 |
85 |
B.3 Iniziative di rilievo nazionale |
30 |
30 |
30 |
30 |
30 |
30 |
C. Sostentamento del clero
|
308 |
330 |
320 |
315 |
336 |
354 |
Le pubblicità, come di consueto, tendono a creare una serie
di pregiudizi assai diffusi: specie se si tratta di
auto-promozioni tecnicamente perfette. “Chi non ricorda
per esempio quella del 2005, imperniata sulla tragedia
dello tsunami? Si apre con l’immagine di un fragile
villaggio di capanne, dalla spiaggia i pescatori scalzi
scrutano l’orizzonte gravido di scure minacce. Voce
fuori campo: ‘Quel giorno dal mare è arrivata la fine,
l’onda ha trasformato tutto in nulla’. Stacco sul logo
dell’otto per mille. ‘Poi, dal niente, siete arrivati
voi. Le vostre firme si sono trasformate in barche e
reti’. Zoom su barche e reti: ‘Barche e reti capaci di
crescere figli e pescare sorrisi’. Slogan: ‘Con l’otto
per mille alla Chiesa cattolica, avete fatto tanto per
molti’. Un capolavoro”, scrive Maltese.
Peccato, però, che la multinazionale Saatchi&Saatchi
abbia incassato nove milioni di euro, per girarlo. Il
triplo di quanto la Chiesa ha poi donato alle vittime
dello tsunami, secondo le fonti Cei: lo 0,3%
della raccolta.
La maggior parte dei fondi (quattro euro su cinque),
invece, viene dirottata verso l’autofinanziamento:
esigenze di culto, attività finanziarie e immobiliari,
finanziamenti alla catechesi, ai tribunali
ecclesiastici, manutenzione dei propri immobili e
gestione del proprio patrimonio, fondi attribuiti alle
diocesi (leggi vescovi) per il finanziamento di attività
quali l’esercizio della cura delle anime, la formazione
del clero, le facoltà teologiche e gli istituti
religiosi.
Ciononostante, ogni proposta di eliminare (o almeno
limitare) questa cascata di denaro si arena
puntualmente, travolta da una fiumana di riferimenti al
laicismo, alla scristianizzazione ed all’estremismo
criminale dei laici. Questo nonostante il Vaticano abbia
accettato, all’epoca della firma del Concordato, che una
commissione bilaterale valutasse ogni tre anni l’ipotesi
di ridurre le quote in caso di un gettito eccessivo
rispetto alle necessità di sostentamento del clero (per
cui l’otto per mille era stato originariamente
istituito).
La commissione non si è mai riunita, nonostante i
sacerdoti, come evidenziano i dati, vengano retribuiti
con una quota non superiore al 35% degli incassi Irpef;
il resto, che si aggira sui 600 milioni di euro
all’anno, è un dono riservato al più ricco Stato del
mondo per reddito pro-capite, che si aggira sui 407 mila
euro a testa.
Evidentemente, possiamo permettercelo.
|