ALLA CORTE DI SAN PIETROBURGO
EVOLUZIONI SETTECENTESCHE / IV
di Leila Tavi
In questo numero analizzeremo un
aspetto molto particolare della vita
di corte durante la monarchia di
Pietro I: le abitudini culinarie,
che in quel periodo si trasformarono
per l’influenza della cucina
occidentale, ma mantennero le radici
della cucina russa, creando
un’interessante contaminazione.
Pietro il Grande introdusse
importanti innovazioni gastronomiche
nella cucina russa, poiché il
sovrano era affascinato da usi e
costumi dell’Europa occidentale.
Questa epoca di grandi cambiamenti
sociali, culturali ed economici vide
l'adozione di nuove pratiche e
pietanze provenienti da Paesi quali
Francia, Germania e Olanda.
Le tavole dei nobili russi furono
trasformate in modo radicale sia
nella presentazione che nella
preparazione dei cibi. L'uso delle
posate, una consuetudine europea,
iniziò gradualmente a sostituire la
tradizione russa, che prevedeva
soltanto l'uso di mani e di
coltelli. Questa transizione non ha
soltanto modificato le abitudini dei
Russi a tavola, ma è stato un segno
tangibile della volontà del sovrano
russo di allineare il suo Paese agli
standard europei per quanto riguarda
le abitudini culinarie.
La storia culinaria della Russia è
un campo d’indagine interessante, in
quanto il cibo non ha soltanto
rappresentato un mezzo di
sostentamento, ma un simbolo
dell'identità nazionale, dello
status sociale, della devozione
religiosa e del potere politico. In
particolar modo Pietro il Grande è
stato in grado di utilizzare anche
le tradizioni gastronomiche come
strumento per affermare la sua
supremazia e autorità sulle vaste
terre del suo regno.
Nonostante gli studi sul Settecento
russo siano numerosi, la storia
culinaria del periodo di Pietro I
non ha destato l’attenzione di molti
ricercatori, anche a causa di
documenti d'archivio sparsi e
scarsità di fonti affidabili. La
cultura culinaria russa era,
infatti, più basata sulla tradizione
orale e sull'apprendimento pratico
che su fonti scritte.
In Russia i libri di cucina
iniziarono a diventare più comuni
verso la fine del Settecento, a
differenza di Paesi quali la
Francia, l’Italia o la Spagna, dove
vi era una lunga tradizione. Per la
Russia fonti importanti per lo
studio della storia culinaria sono i
registri dei monasteri e i documenti
della Chiesa, che contengono
informazioni importanti sulla
disponibilità dei prodotti e con
l’indicazione dei giorni di festa e
di digiuno durante l'anno.
Un’altra fonte significativa è
rappresentata dai resoconti degli
stranieri, che spesso si
concentrano, però, sugli aspetti
considerati “esotici” della
tradizione culinaria russa. Tra gli
stranieri che descrivono nei loro
scritti tavole imbandite, banchetti
e galateo durante il regno di Pietro
il Grande ricordiamo Just Juel
(1664-1715), ammiraglio e
diplomatico danese, Johann George
Korb (1672-1741) e Friedrich
Christian Weber (?-1739),
diplomatici tedeschi. Nella
valutazione di questi tre
diplomatici vi è spesso un
pregiudizio nei confronti della
cucina russa, soprattutto per
l’arretratezza e per la mancanza di
igiene. Una lamentela ricorrente tra
gli stranieri era che le pietanze
erano condite con molto aglio.
Tra gli scritti in russo Byt
russkogo naroda (La vita del
popolo russo, 1848) di Aleksandr
Teresčenko (1806–1865), etnografo,
bibliografo, archeologo e studioso
russo, offre delle descrizioni
dettagliate sulle abitudini
culinarie dei Russi e sulle pietanze
servite durante le occasioni
speciali. La pubblicazione suscitò
inizialmente un notevole interesse,
poi però fu messa in discussione
come fonte attendibile dagli
studiosi nel corso dei secoli. Al
suo interno una delle particolarità
è la descrizione dettagliata di
tutti dolci serviti in occasione del
banchetto che Alessio Michajlovič
organizzò per festeggiare la nascita
di suo figlio Pietro I nel 1672. Uno
dei dolci che concluse il banchetto
celebrativo fu una kоврижка (kovrižka).
La parola deriva da коврига (kovriga),
una grande forma di pane di segale
rotonda cotta al forno. Inoltre il
termine коврижный стол (kovrižnyj
stol) era l'offerta di cibo
da parte dei genitori della sposa a
parenti e amici durante un
matrimonio russo, quando per qualche
motivo non potevano essere invitati
alla cerimonia o non desideravano
parteciparvi. Il tavolo imbandito
era allestito nella casa della
sposa, mentre gli sposi, i testimoni
e la maggior parte degli ospiti
partivano per la celebrazione del
rito nuziale.
Tornando, invece, al dolce offerto
alla nascita di Pietro Il Grande, si
tratta di uno dei dolci più popolari
in Russia ancora oggi, con un
impasto al pan di zenzero molto
semplice i cui ingredienti
principali sono farina, miele,
uvetta, zucchero e cannella,
composto da strati spessi almeno tre
centimetri, che possono essere
farciti o non. In occasione del
banchetto regale la forma non fu
quella classica, ma la pasta fu
modellata per riprodurre lo stemma
della Moscovia. Agli ospiti fu
servito anche un imponente dolce a
forma di cono del peso di oltre
trentadue chili, considerando che
l’unità di peso utilizzata all’epoca
in Russia era il пуд (pud),
equivalente a circa 36 libbre
statunitensi o a 16.3805
chilogrammi. Al pud si
associava per la preparazione di
pietanze il фунт (funt,
dal latino pondus), corrispondente a
circa 409 grammi. Il dolce di
spezie, tra cui la cannella, era
stato decorato con colori vivaci.
Durante i festeggiamenti per la
nascita di Pietro I numerose furono
le creazioni di zucchero, come
confetti enormi sagomati a forma di
aquila con il globo reale, il cui
peso superava i ventiquattro chili
l’uno, del colore bianco e rosso
alternato, i colori dello stemma
dello Zarato russo. I pasticcieri
reali avevano creato poi una
carrellata di animali di zucchero,
tra cui un cigno di circa trentasei
chili e un’anatra di otto chili.
Monumentali furono il pappagallo di
oltre centosessanta chili e la
colomba di oltre centotrenta. Su
tutti troneggiava la riproduzione
del Cremlino fatta di zucchero,
completa di fanteria, cavalleria e
due torri, adornate da due aquile
che svettavano sopra di esse e una
città modellata in un quadrato
circondato da cannoni; due imponenti
corni formati da quasi sette chili
di zucchero, aromatizzati con
cannella, uno rosso e l'altro
bianco, come per le aquile, per
richiamare i colori del Regno.
Per esaltare la magnificenza del
sovrano e del suo erede il banchetto
offriva, inoltre, ai suoi ospiti due
grandi creazioni di marzapane
guarnite con zucchero, di cui una
era composta da cinque tondi
sovrapposti, l'altra aveva una
profusione di zucchero colato. In
aggiunta vi erano due torri colme di
caramelle, una rossa e una bianca,
ciascuna del peso di cinque chili e
mezzo. Sulle tavole erano stati
posti quaranta piatti di decorazioni
di zucchero raffiguranti fanteria e
cavalleria, mezzo chilo per ogni
piatto, oltre a trenta piatti colmi
di caramelle con varie fragranze
fruttate, dieci piatti di zucchero
aromatizzato e, per finire, scorze
candide al limone, al melone e altra
frutta. Per l’occasione furono
servite anche noci moscate e arance
amare di Siviglia. La noce moscata
fu introdotta in Russia dagli
Olandesi nel XVII secolo, che ne
detenevano il monopolio, mentre le
arance amare erano importate dalla
Cina, il loro Paese d'origine.
Insieme ai limoni la noce moscata e
le arance amare decoravano la tavola
con la loro fragranza e bellezza. Lo
sciroppo d’anguria fu un’altra
delizia dell’evento. In totale oltre
centoventi piatti di dolci e
dolciumi troneggiavano sulle tavole
del banchetto reale.
Anche se il racconto di Aleksandr
Teresčenko potrebbe non essere una
fedele ricostruzione del banchetto,
possiamo immaginare comunque lo
sfarzo e l’abbondanza di cibo alla
corte russa. Addirittura, al termine
di tali festeggiamenti, agli ospiti
era concesso, di solito, di portare
a casa altri dolci che non erano
stati offerti durante il momento
conviviale. È importante
sottolineare come la quantità di
dolci e dolciumi che ogni ospite
poteva portare via con sé dipendeva
dal rango e dalla stima di cui
godeva a corte e presso il sovrano.
Questa pratica aveva un nome
specifico, подача (podača),
che in russo significa
"presentazione" o "offerta” e
sottolineava lo status di un
individuo a corte, rappresentando,
allo stesso tempo, un rituale
dell'ospitalità russa. Nel caso in
cui alcuni ospiti non fossero in
grado di prendere parte al
banchetto, erano inviati dei
corrieri per la consegna della
podača presso le dimore dei
destinatari.
La descrizione del banchetto in
onore della nascita del futuro za è
confermata anche da Mihail Pylayev
(1942-1899), giornalista e
scrittore, che descrive lo stesso
banchetto nel suo libro Staroe
žit'e (1892). Il testo tratta in
modo approfondito di cucina e di
giochi d'azzardo nella Russia del
XVII secolo. Si menzionano dettagli
sulla preparazione e la
presentazione del cibo, nonché sulle
pratiche gastronomiche di persone
influenti. Altri argomenti trattati
sono il gioco d'azzardo, la moda e
gli svaghi del popolo russo
nell’arco di trecento anni, tra il
XVII e il XIX secolo.
L’abbondanza di dolci preparati o
guarniti con zucchero aveva dei
costi esorbitanti e potevano essere
serviti soltanto sulle tavole dei
ricchi, perché lo zucchero raffinato
era un prodotto d’importazione molto
caro, così il popolo utilizzava
miele selvatico. Anche chi tra il
popolo aveva assaggiato lo zucchero
bianco era restio al consumo, perché
circolava un detto per cui lo
zucchero era raffinato con il sangue
umano. Oltre a tale diceria diffusa
tra il popolo, va evidenziato che le
rotte per importare dall’Europa
occidentale lo zucchero erano
impervie e presupponevano dei viaggi
molto lunghi. La prima tappa era
l'estremo porto settentrionale di
Arcangelo (Арха́нгельск -
Archángel'sk) sul Mar Bianco (Белое
море - Beloe more). Il viaggio da
Arcangelo a Mosca, che copriva oltre
milleduecento chilometri via fiume e
via terra, poteva durare diverse
settimane, a seconda delle
condizioni meteorologiche. Con
l'inizio della navigabilità dei
fiumi nella tarda primavera, le
chiatte potevano percorrere in modo
agevole i fiumi Dvina Settentrionale
(Северная Двина - Severnaja Dvina) e
Suchona (Сухона), fino alla città di
Vologda (Во́логда). Tuttavia da lì
in poi il percorso verso Mosca
proseguiva via terra e le strade
russe della tarda primavera spesso
diventavano impraticabili a causa
del fango. Se i mercanti attendevano
che le strade si asciugassero, il
livello dell'acqua nei fiumi, a
volte, scendeva a un tale livello da
rendere molto lento il passaggio.
Considerate tutte queste difficoltà
per il trasporto delle merci e la
volontà di Pietro I di voler
diffondere nel più breve tempo
possibile le tradizioni culinarie
dell’Europa occidentale, nel 1718 il
mercante moscovita Pavel Vestov (Павел
Вестов, anche traslitterato come
Westhoff) fu incaricato di costruire
la prima raffineria di zucchero nei
pressi di Mosca, grazie a un decreto
il 14 marzo 1718 a firma di Pietro
I. Il mercante scelse, però, di
edificarla a Pietroburgo. Per
consentire alla raffineria di Vestov
di lavorare senza concorrenza, il
governo vietò l'importazione di
zucchero raffinato nel 1721 con l’указ
(ukaz) «О запрещении ввоза сахара в
Россию» emanato da Pietro il Grande.
Era possibile importare soltanto
zucchero granulato. In cambio la
raffineria avrebbe dovuto garantire
di produrre zucchero di qualità pari
al prodotto importato e di venderlo
a un prezzo vantaggioso sul mercato
russo.
Agli inizi del Settecento il
crescente consumo di tè e, in
seguito, di caffè, abitudine che si
era diffusa tra i Russi dalla
seconda metà del XVII secolo, aveva
causato un significativo incremento
della domanda di zucchero raffinato,
con un conseguente aumento delle
importazioni. La domanda di zucchero
continuò a crescere, incoraggiando i
produttori locali ad aumentare la
produzione. Le fabbriche a Mosca e
San Pietroburgo producevano con un
buon ritmo. Da sole quattro
fabbriche operanti sul territorio
russo nel 1762, si passò a venti
alla fine del XVIII secolo. Già
dalla seconda metà del Settecento ci
furono i primi tentativi di
impiantare una produzione locale di
barbabietola da zucchero, così da
avere l’intero ciclo di produzione e
raffinazione dello zucchero in
Russia.
La prima fabbrica di zucchero da
barbabietola coltivata in Russia fu
costruita nel novembre del 1802 nel
villaggio di Alyabevo (Алябево),
distretto di
Černskij
(Че́рнский уе́зд), in provincia di
Tula (Тула). La fabbrica sorse
secondo un piano, attrezzature,
tecnologie e schema di purificazione
del succo sviluppato e testato da
Jakov Stepanovič Esipov (Яков
Степанович Есипов ?-1805), in
collaborazione con Egor Ivanovič
Blankennaged’ (Егор [Георгий]
Иванович Бланкеннагель, 1750-1813),
generale maggiore, cavaliere
dell'Ordine di San Giorgio e
architetto. Questa fu la seconda
fabbrica in Europa per l’estrazione
di zucchero dalla barbabietola e fu
in grado di produrre durante il
primo anno di attività quasi
cinquemila chili di zucchero grezzo
dalla barbabietola, coltivata su 11
decine di semina (1 decina = 1,09
ettari). La purezza dello zucchero
grezzo era approssimativamente
dell'85%. Gli scarti della
produzione di zucchero (melassa,
lavaggi,…) erano trasformati in
alcool etilico. Dal 1807 nella
fabbrica entrò in funzione un
reparto di raffinazione dello
zucchero. Ha introdotto per la prima
volta la chiarificazione del succo
di barbabietola con calce. Questo
metodo è utilizzato ancora oggi, con
l’idrossido di calcio che serve ad
aumentare il PH e a facilitare la
formazione di impurità insolubili.
Durante questo trattamento le
impurità presenti nel succo
reagiscono con la calce formando
precipitati insolubili. Questi
possono includere sostanze come
cera, proteine e altre impurità
organiche e inorganiche. I
precipitati si separano dal succo e
si depositano sul fondo del
recipiente in un processo chiamato
decantazione. Il succo chiarificato,
più pulito, viene poi separato dalla
parte più densa. Per rimuovere
l'eccesso di calce e migliorare
ulteriormente la pulizia dello
zucchero, il succo chiarificato può
essere trattato con anidride
carbonica, che reagisce con la calce
formando carbonato di calcio, un
precipitato insolubile. Il succo è
infine filtrato per rimuovere
qualsiasi residuo solido rimasto,
garantendo che lo zucchero sia il
più puro possibile. Questo processo
di chiarificazione contribuisce
significativamente a produrre uno
zucchero di alta qualità, eliminando
le impurità, che potrebbero
influenzare il gusto e l'aspetto del
prodotto finito.
Nel corso dei secoli sul territorio
russo i produttori di zucchero da
barbabietola si specializzarono
sempre più, fino a che, nel 1935,
l'URSS divenne il principale
produttore mondiale di barbabietole
da zucchero e zucchero estratto da
tali ortaggi. Nel 1940 questa
coltura occupava già 1.226 mila
ettari, con una produzione di 18.018
mila tonnellate di radici e 2.165
mila tonnellate di zucchero,
rappresentando il 19% della
produzione mondiale.
Riferimenti Bibliografici:
Glants, Musya, and Joyce Toomre, eds. Food
in Russian history and culture.
Indiana University Press, 1997.
Goldstein, Darra. The Kingdom of
Rye: A Brief History of Russian Food.
Vol. 77. Univ of California Press,
2022.
Goldstein, Darra. "Gastronomic
reforms under Peter the great.
Toward a cultural history of Russian
food." Jahrbücher für geschichte
Osteuropas H. 4 (2000): 481-510.
Herzberg, Julia. "Faith on the Menu:
Conflicts around Fasting in Muscovy." Kritika:
Explorations in Russian and Eurasian
History 21.2 (2020): 371-400.
Лотман, Юрий. Беседы о русской
культуре: Быт и традиции русского
дворянства (XVIII–начало XIX века).
Litres, 2020.
Прасолова, О. О., and Татьяна
Александровна Шмайлова. "История
возникновения и развития
свеклосахарного производства в
России." Материалы международной
студенческой научной конференции (31
марта–1 апреля 2015 г.) Том 2.–Белгород:
Изд-во ФГБОУ ВО Белгородский ГАУ,
2015. 253 с.. 2015.
Пыляев, Михаил. Старое житье.
Litres, 2022 (prima edizione СПб.,
тип. А. С. Суворина, 1892)
Smith, Alison K. Cabbage and
Caviar: A History of Food in Russia.
Reaktion books, 2021.
Терещенко, Александр. Быт
русского народа. Том 1. Тип.
Министерства внутренних дел, 1848.
Vasiliev, M. I. "The variation of
Russian festive ritualism in Russian
ethnography." Archaeology,
Ethnology & Anthropology of Eurasia 45.2
(2017): 123-131.
Wyllie, Barbara. "From Imperial
Pineapples to Stalinist Sausage: The
Politics and Poetics of Food in
Russian Literature." The
Routledge Companion to Literature
and Food. Routledge, 2018.
351-363.