moderna
AMORI, INTRIGHI E DELITTI ALLA CORTE DEI
MEDICI
GOSSIP "D’EPOCA"
di Maria Grazia Fontani
La famiglia dei Medici fu la casata che
regnò in Toscana come una vera e propria
dinastia per almeno tre secoli e, pur
non vantando origini nobili ma borghesi,
rese Firenze una delle città più
importanti dell’Europa del Rinascimento
e dette a Roma tre papi e svariate
consorti a regnanti europei. Ma le
radici della casata furono in campagna:
agricoltori, mercanti, tessitori ma
anche banchieri provenienti dal Mugello.
Si parla per la prima volta di un Medici
nella figura di Medico di Potrone che
agli inizi del secondo millennio si dice
che curasse le persone. Nel secolo
successivo i Medici si trovano già a
Firenze e nel ‘200 sono una famiglia
ricca e stimata, tanto che alcuni membri
rivestiranno la carica di Gonfaloniere
di Firenze, ossia gestore della
giustizia e custode della bandiera della
città.
Fin dalla seconda metà del ‘300 la
famiglia risulta proprietaria della
Villa di Cafaggiolo, vicino a Barberino
di Mugello, una delle ville medicee
ampliate e fortificate nel ‘400 da
Cosimo il Vecchio. Molte delle ville
medicee furono rappresentate nelle
lunette di Giusto Utens (adesso ridotte
a 14 ma in origine in numero di 17),
commissionate al pittore fiammingo da
Ferdinando I de’ Medici nel 1596 per
decorare il salone della “Ferdinanda”,
la Villa di Artimino.
Si tratta di una documentazione
eccezionale, anche perché il pittore
sceglie di rappresentare le ville in
vedute aeree come attualmente siamo
abituati a vedere nelle foto dei droni.
In una di queste lunette Utens
rappresenta la tenuta “Cafagiolo” e in
un’altra quella del Trebbio, anch’essa
nel Mugello, nomi con i quali saranno
identificati i rami della casata, il
principale (o di Cafaggiolo) e il
popolano (o del Trebbio).
La villa di Cafaggiolo e la lunetta di
Giusto Utens che la rappresenta
Alla fine del XIV secolo, Giovanni de’
Medici (detto anche Giovanni di Bicci,
dato che Bicci era il soprannome del
padre, Averardo) dette vita al Banco de’
Medici a Firenze. Arrivò a essere il
finanziatore del Papa (in realtà
l’antipapa Giovanni XXIII) e di alcune
importanti imprese militari europee. Il
prestigio della famiglia, peraltro
benvoluta anche dal popolo, fece sì che
assumesse il controllo della città,
prima con Cosimo il Vecchio, figlio di
Giovanni di Biccie poi con il nipote di
Cosimo, Lorenzo il Magnifico, che
resero la casata fiorentina una vera e
propria monarchia che seppe mantenere
l’equilibrio fra i vari Stati italiani e
che rese la città di Firenze un centro
culturale importantissimo, vero punto di
riferimento per tutta l'Europa.
La dinastia medicea, imparentata tramite
matrimoni con molte delle famiglie più
influenti e ricche della città, si
tramandava il potere nel ramo
principale, o di Cafaggiolo.
È frequente imbatterci in vicende dai
contorni foschi quando ci si addentra
nei giochi di potere e nelle strategie
matrimoniali che rafforzano le alleanze
delle famiglie dominanti. I Medici non
ne furono ovviamente esenti e moltissime
ombre gravano ancora su alcuni fatti
storici della casata. Se attualmente un
virus ha sconvolto la vita del mondo
civilizzato, è interessante notare che
nei secoli passati molte erano malattie
che scandivano e travolgevano la vita
anche di famiglie ricche e potenti.
L’esponente sul quale voglio soffermarmi
è Cosimo, che nel 1569, da secondo Duca
della Repubblica Fiorentina, assumerà il
titolo di Primo Granduca di Toscana,
che, nonostante sia stato in vita
oggetto di molti rumors,
dall’aver avuto rapporti incestuosi con
due figlie all’aver fatto assassinare
vari familiari, in realtà emerge come
padre amorevole e marito fedele. Era
figlio di Ludovico (chiamato dalla madre
Giovanni) dalle Bande Nere. Questi,
soprannominato il Grande Diavolo, fu un
condottiero di grande valore discendente
sia degli Sforza (da qui il primo nome
in omaggio a Ludovico Sforza) per parte
della madre Caterina, che di Lorenzo il
Vecchio, fratello minore di Cosimo il
Vecchio e capostipite del ramo popolano,
o del Trebbio, dei Medici.
Alla morte del padre fu chiuso in
convento, ma alla morte della madre
Caterina Sforza, avvenuta quando
Giovanni aveva circa 10 anni, fu
affidato a Jacopo Salviati, facoltoso
banchiere fiorentino marito di Lucrezia,
la primogenita di Lorenzo il Magnifico.
Giovanni crebbe uomo dal carattere
irrequieto (a soli 13 anni uccise un
coetaneo e a 17 uccise, a Roma,
Brancaccio, un capitano di ventura al
servizio degli Orsini) e trascorse la
sua breve vita combattendo. Maria,
figlia di Jacopo e di Lucrezia, seppur
di carattere assolutamente opposto,
andrà in sposa, diciassettenne, a
Giovanni del quale era molto innamorata;
dal loro matrimonio nascerà l’unico
figlio, Cosimo, il cui nome fu scelto
dal prozio Papa Leone X (fratello di
Lucrezia de’ Medici, nelle cui armate
combatteva Giovanni e che mutò in nere
le bandiere bianche e viola proprio alla
morte del Papa in segno di lutto). La
madre, che viveva col figlio al castello
del Trebbio, dopo la morte del marito,
avvenuta a soli 28 anni in seguito alla
cancrena provocata da una ferita, non si
sposerà più (forse perché ammalata di
sifilide, malattia a quel tempo
considerata disdicevole per una donna),
e si dedicherà interamente a seguire il
figlio. Con molta lungimiranza lo educò
alla politica, mettendolo al seguito del
Duca di Firenze Alessandro.
Il primo Duca di Firenze, Alessandro,
detto il Moro per il colore della
carnagione, fatto che accese il sospetto
che fosse stato concepito da una serva
di origine magrebina, era infatti
l’ultimo discendente del ramo principale
dei Medici, seppur figlio naturale di
Papa Clemente VII (a sua volta figlio
naturale di Giuliano, fratello di
Lorenzo il Magnifico e morto assassinato
nella congiura de’ Pazzi) che succedette
sul soglio pontificio al cugino
Giovanni, Papa Leone X.
Il Duca Alessandro fu assassinato nel
1537 per motivi non del tutto chiari
(passionali o politici) da Lorenzino (o
Lorenzaccio), un altro discendente del
ramo popolano, cugino e compagno al
Trebbio di Cosimo. Alessandro non ebbe
figli legittimi (solo Giulio e Giulia
molto piccoli all’epoca della morte e
non riconosciuti) e quindi lasciò
vacante la successione al titolo di
Duca, titolo ereditario conferitogli dal
Papa e da Carlo V nel 1532. L’Imperatore
gli concesse anche in sposa la figlia
naturale Margherita d’Austria, che
diventerà sua moglie appena
quattordicenne nel 1536, e dalla quale
in un solo anno di matrimonio non ebbe
discendenza.
Con la Signoria appena istituita si pone
perciò il problema della successione al
titolo: ma la madre di Cosimo era nipote
di Lorenzo il Magnifico e quindi
appartenente al ramo principale di
Cafaggiolo. Giovanni dalle Bande Nere,
infatti, pur non entusiasta, accettò in
moglie Maria Salviati anche per riunire
con questo matrimonio i due rami della
casata. Ciò permise a Cosimo, che era
rimasto orfano del padre ad appena sette
anni e che, come accennato, era stato
educato dalla madre per un futuro degno
di un duca, di essere il candidato
ideale per la successione al potere,
anche in considerazione del fatto che il
ramo di Lorenzino si trovava escluso
automaticamente dalla successione per il
grave fatto di sangue accaduto, ossi
l’omicidio di Alessandro. E infatti, ad
appena diciotto anni, nel 1537, il
Senato lo designò “capo e primario della
città”, ma non duca.
Maria Salviati ritratta dal Pontormo
Una volta al potere, Cosimo chiese a
Carlo V che gli venisse concesso il
titolo di duca e la mano della vedova di
Alessandro, Margherita, certamente
motivato anche da ragioni di interesse
(riprendere i beni lasciati come
eredità). L’Imperatore concesse a Cosimo
il titolo e gli stessi privilegi goduti
da Alessandro ma non permise il
matrimonio con la giovanissima figlia
rimasta vedova, che invece avrebbe
apprezzato il matrimonio con Cosimo
molto più di quello che poi fu costretta
a contrarre con l’allora tredicenne
nipote di Papa Paolo III Farnese,
Ottaviano Farnese.
Come accennato, nel 1569 Cosimo sarà
nominato primo Granduca di Toscana, dopo
aver conquistato i diritti feudali sulla
Repubblica di Siena che entrerà a far
parte del Granducato di Toscana. Sebbene
spinto da motivi prettamente politici
(necessità di consolidare con il
matrimonio le alleanze e di rinforzare
il legame con l’Imperatore tramite una
moglie spagnola), Cosimo, sfumato il
matrimonio con Margherita d’Austria,
prese in moglie una grande donna:
Eleonora di Toledo, figlia del Viceré di
Napoli, immortalata in bellissimi
ritratti dal Bronzino.
Fu una donna eccezionale, una vera
un’imprenditrice, intelligente e piena
di risorse. A lei si deve, per esempio,
l’acquisizione di Palazzo Pitti come
residenza di famiglia (per inciso anni
dopo il Vasari realizzerà il famoso
corridoio che metterà in comunicazione
l’edificio con il Palazzo del Governo
passando sopra il Ponte Vecchio, per
l’occasione ripulito dai negozi
maleodoranti di vettovaglie), la
commissione del Giardino de’ Boboli e
l’introduzione in Italia della
lavorazione degli arazzi e dei broccati.
Fu anche in grado, di sostituirsi al
marito in caso di viaggi o di malattie
del consorte, dimostrandosi capace di
gestire in prima persona gli affari di
Stato.
Eleonora di Toledo ritratta dal Bronzino
Pare che Cosimo dovesse in realtà
prendere in moglieIsabella,la
primogenita del Viceré di Napoli, don
Pedro di Toledo, uomo molto facoltoso e
di notevoli capacità che tenne la sua
carica fino alla morte. Venne però a
sapere che costei era brutta e non molto
intelligente, mentre di Eleonora sapeva
che era bellissima perché l’aveva già
incontrata durante un soggiorno a Napoli
al seguito di Alessandro de’ Medici.
La trattativa fu propostaallora per
Eleonora, ed ebbe successo. Quindi la
sposa, di soli 17 anni, arrivò da Napoli
col fratello Garzia in nave e con un
seguito di sette galere, attraccando a
Livorno il 22 giugno 1539, dove fu
accolta dall’Arcivescovo di Pisa. Si
recò poia Poggio a Cajano (in un’altra
delle ville medicee rappresentate nelle
lunette di Utens) dove incontrò Cosimo,
per poi raggiungere Firenze dove fu
celebrato in presenza il matrimonio già
formalizzato per procura.
Eleonora fu madre di ben undici figli,
alcuni morti in tenerissima età. Si
ammalò presto di tubercolosi (per questo
volle trasferirsi a Palazzo Pitti,
oltrarno, dove l’aria era più salubre) e
stessa sorte ebberoanche alcuni dei sui
figli, come Lucrezia, che di questa
malattia morì sedicenne. La primogenita
Maria invece morì a 17 anni proprio a
Livorno, forse di malaria, malattia che
allora imperversava in città. Ma non fu
l’unica a essere vittima della malaria:
al castello di Rosignano in alta Maremma
nel 1562 i figli Giovanni di 19 anni
(già ordinato cardinale da due anni) e
Garzia di 15 si ammalarono, insieme alla
madre appena quarantenne e a Ferdinando,
che allora aveva 13 anni. Solo
Ferdinando, il futuro Granduca di
Toscana, che diventò cardinale a soli 14
anni eche succedette al fratello
Francesco scomparso improvvisamente a
soli 46, si salvò.
Cosimo rimase molto scosso da queste
morti così ravvicinate, tanto che poco
dopo lasciò il governo, affidandone la
reggenza al figlio Francesco. Alla sua
morte, avvenuta nel 1574 dopo un ictus
che lo aveva molto menomato nel fisico,
gli succedette il figlio Francesco che
già era stato reggente.
Anche Francesco I è protagonista di un
famoso giallo: la sua inaspettatamorte,
avvenuta a Poggio a Cajano quasi
contemporaneamente a quella di Bianca
Cappello, l’amante storica poi diventata
moglie.Bianca arrivò giovanissima a
Firenze da Venezia, dove la sua famiglia
era molto in vista, seguendo Piero
Bonaventuri, dal quale aspettava un
figlio. Si trattava di un funzionario
della sede veneziana del banco di
Salviati, che sposò poco dopo. Cosimo
prese sotto la sua protezione la coppia,
ma il figlio Francesco si innamorò di
Bianca, che diventò presto la sua amante
ufficiale.
Il marito di Biancafu ucciso in
circostanze misteriose (fu Francesco il
mandante?), e dopo la morte accidentale
anche della moglie di Francesco,
Giovanna d’Asburgo, sorella
dell’Imperatore Massimiliano I, avvenuta
nel 1578 mentre era incinta dell’ottavo
figlio,Bianca diventerà Granduchessa,
anche se dapprima in segreto, dato che
non era ben vista dalla famiglia Medici,
soprattutto dal fratello di Francesco,
Ferdinando. La loro morte, avvenuta fra
atroci spasmi, è stata oggetto di
approfonditi studi scientifici che hanno
confermato il sospetto di un
avvelenamento da arsenico (fu Ferdinando
il mandante?) anche se non si può
escludere la malaria.
Di nuovo si presenta il problema della
successione al Granducato di Toscana
dato che la moglie lo aveva lasciato
senza discendenza (erano nate molte
figlie femmine e un maschio che morì in
tenera età) e dato che anche Bianca
Cappello non ebbe figli da Francesco (si
dice che simulò addirittura una
gravidanza per far passare Antonio, nato
nel 1576 da una relazione di Francesco
con una serva, come figlio legittimo).
Francesco in effetti riconoscerà
Antonio, ma in seguito lo convincerà a
rinunciare a ogni diritto sulla
successione,anche perché inviso allo
zio, il cardinale Ferdinando.
Morti Francesco e Bianca Cappello nelle
circostanze dette, abbastanza
misteriose, in assenza di eredi, il
titolo granducale passò a Ferdinando
stesso, che lascerà l’abito talare e
sposerà,poco dopo essere diventato
Granduca, Cristina di Lorena e dalla
quale avrà nove figli.
Tra i figli di Eleonora e Cosimo figura
anche Isabella, uccisa nel 1576 dal
marito Paolo Giordano Orsini duca di
Bracciano (che aveva lo strano primato
di avere per nonne, sia materna, Felice
Della Rovere, che paterna, Costanza
Farnese, due figlie illegittime di papi,
rispettivamente Giulio II e Paolo III) a
causa di un suo tradimento col cugino
Troilo Orsini (che sarà ucciso l’anno
dopo da un sicario di Francesco).
Anche l’ultimogenito Pietro, sposato con
la cugina Leonora figlia di Garzia,
fratello della madre, sarà coinvolto in
un femminicidio. Pochi giorni prima
dell’assassinio di Isabella, avendo
scoperto una frequentazione della moglie
con Bernardo Antinori, Pietro non esitò
a soffocarla con un laccio al collo
nella villa di Cafaggiolo. Entrambi
questi delitti, quello di Leonora da
parte di Pietro de’ Medici e quello di
Isabella da parte di Paolo Giordano
Orsini, pare che avessero ricevuto il
benestare di Francesco, il Granduca di
Toscana, rispettivamente fratello e
cugino delle donne assassinate. Non è
escluso però che le motivazioni di
questi assassinii fossero di natura
politica, piuttosto che passionali,
ossia commessi per vendicare il disonore
causato dai tradimenti.
Pietro fu inviato in Spagna dal Granduca
Francesco con la speranza che si
accasasse, ma così non fu. Un figlio
illegittimo di Pietro, anch’egli di nome
Pietro,nato nel 1592 da una relazione
con l’amante Antonia Caravajal, che fu
governatore di Livorno dal 1619 al 1627,
pare che uccidesse la moglie esattamente
come aveva fatto anni prima suo padre.
Quanto descritto dimostra quanto
l’esercizio dell’omicidio per scopi
politici o passionali fosse molto
praticato al tempo, almeno nelle classi
dominanti. Anche perché poteva essere
esercitato con la certezza quasi
assoluta di non dover subire ritorsioni
o condanne severe. |