[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

170 / FEBBRAIO 2022 (CCI)


moderna

AMORI, INTRIGHI E DELITTI ALLA CORTE DEI MEDICI

GOSSIP "D’EPOCA"

di Maria Grazia Fontani

 

La famiglia dei Medici fu la casata che regnò in Toscana come una vera e propria dinastia per almeno tre secoli e, pur non vantando origini nobili ma borghesi, rese Firenze una delle città più importanti dell’Europa del Rinascimento e dette a Roma tre papi e svariate consorti a regnanti europei. Ma le radici della casata furono in campagna: agricoltori, mercanti, tessitori ma anche banchieri provenienti dal Mugello.

 

Si parla per la prima volta di un Medici nella figura di Medico di Potrone che agli inizi del secondo millennio si dice che curasse le persone. Nel secolo successivo i Medici si trovano già a Firenze e nel ‘200 sono una famiglia ricca e stimata, tanto che alcuni membri rivestiranno la carica di Gonfaloniere di Firenze, ossia gestore della giustizia e custode della bandiera della città.

 

Fin dalla seconda metà del ‘300 la famiglia risulta proprietaria della Villa di Cafaggiolo, vicino a Barberino di Mugello, una delle ville medicee ampliate e fortificate nel ‘400 da Cosimo il Vecchio. Molte delle ville medicee furono rappresentate nelle lunette di Giusto Utens (adesso ridotte a 14 ma in origine in numero di 17), commissionate al pittore fiammingo da Ferdinando I de’ Medici nel 1596 per decorare il salone della “Ferdinanda”, la Villa di Artimino.

 

Si tratta di una documentazione eccezionale, anche perché il pittore sceglie di rappresentare le ville in vedute aeree come attualmente siamo abituati a vedere nelle foto dei droni. In una di queste lunette Utens rappresenta la tenuta “Cafagiolo” e in un’altra quella del Trebbio, anch’essa nel Mugello, nomi con i quali saranno identificati i rami della casata, il principale (o di Cafaggiolo) e il popolano (o del Trebbio).

  

La villa di Cafaggiolo e la lunetta di Giusto Utens che la rappresenta

 

Alla fine del XIV secolo, Giovanni de’ Medici (detto anche Giovanni di Bicci, dato che Bicci era il soprannome del padre, Averardo) dette vita al Banco de’ Medici a Firenze. Arrivò a essere il finanziatore del Papa (in realtà l’antipapa Giovanni XXIII) e di alcune importanti imprese militari europee. Il prestigio della famiglia, peraltro benvoluta anche dal popolo, fece sì che assumesse il controllo della città, prima con Cosimo il Vecchio, figlio di Giovanni di Biccie poi con il nipote di Cosimo, Lorenzo il Magnifico, che resero la casata fiorentina una vera e propria monarchia che seppe mantenere l’equilibrio fra i vari Stati italiani e che rese la città di Firenze un centro culturale importantissimo, vero punto di riferimento per tutta l'Europa. La dinastia medicea, imparentata tramite matrimoni con molte delle famiglie più influenti e ricche della città, si tramandava il potere nel ramo principale, o di Cafaggiolo.

  

È frequente imbatterci in vicende dai contorni foschi quando ci si addentra nei giochi di potere e nelle strategie matrimoniali che rafforzano le alleanze delle famiglie dominanti. I Medici non ne furono ovviamente esenti e moltissime ombre gravano ancora su alcuni fatti storici della casata. Se attualmente un virus ha sconvolto la vita del mondo civilizzato, è interessante notare che nei secoli passati molte erano malattie che scandivano e travolgevano la vita anche di famiglie ricche e potenti.

 

L’esponente sul quale voglio soffermarmi è Cosimo, che nel 1569, da secondo Duca della Repubblica Fiorentina, assumerà il titolo di Primo Granduca di Toscana, che, nonostante sia stato in vita oggetto di molti rumors, dall’aver avuto rapporti incestuosi con due figlie all’aver fatto assassinare vari familiari, in realtà emerge come padre amorevole e marito fedele. Era figlio di Ludovico (chiamato dalla madre Giovanni) dalle Bande Nere. Questi, soprannominato il Grande Diavolo, fu un condottiero di grande valore discendente sia degli Sforza (da qui il primo nome in omaggio a Ludovico Sforza) per parte della madre Caterina, che di Lorenzo il Vecchio, fratello minore di Cosimo il Vecchio e capostipite del ramo popolano, o del Trebbio, dei Medici.   

Alla morte del padre fu chiuso in convento, ma alla morte della madre Caterina Sforza, avvenuta quando Giovanni aveva circa 10 anni, fu affidato a Jacopo Salviati, facoltoso banchiere fiorentino marito di Lucrezia, la primogenita di Lorenzo il Magnifico.

 

Giovanni crebbe uomo dal carattere irrequieto (a soli 13 anni uccise un coetaneo e a 17 uccise, a Roma, Brancaccio, un capitano di ventura al servizio degli Orsini) e trascorse la sua breve vita combattendo. Maria, figlia di Jacopo e di Lucrezia, seppur di carattere assolutamente opposto, andrà in sposa, diciassettenne, a Giovanni del quale era molto innamorata; dal loro matrimonio nascerà l’unico figlio, Cosimo, il cui nome fu scelto dal prozio Papa Leone X (fratello di Lucrezia de’ Medici, nelle cui armate combatteva Giovanni e che mutò in nere le bandiere bianche e viola proprio alla morte del Papa in segno di lutto). La madre, che viveva col figlio al castello del Trebbio, dopo la morte del marito, avvenuta a soli 28 anni in seguito alla cancrena provocata da una ferita, non si sposerà più (forse perché ammalata di sifilide, malattia a quel tempo considerata disdicevole per una donna), e si dedicherà interamente a seguire il figlio. Con molta lungimiranza lo educò alla politica, mettendolo al seguito del Duca di Firenze Alessandro.

 

Il primo Duca di Firenze, Alessandro, detto il Moro per il colore della carnagione, fatto che accese il sospetto che fosse stato concepito da una serva di origine magrebina, era infatti l’ultimo discendente del ramo principale dei Medici, seppur figlio naturale di Papa Clemente VII (a sua volta figlio naturale di Giuliano, fratello di Lorenzo il Magnifico e morto assassinato nella congiura de’ Pazzi) che succedette sul soglio pontificio al cugino Giovanni, Papa Leone X.  

 

Il Duca Alessandro fu assassinato nel 1537 per motivi non del tutto chiari (passionali o politici) da Lorenzino (o Lorenzaccio), un altro discendente del ramo popolano, cugino e compagno al Trebbio di Cosimo. Alessandro non ebbe figli legittimi (solo Giulio e Giulia molto piccoli all’epoca della morte e non riconosciuti) e quindi lasciò vacante la successione al titolo di Duca, titolo ereditario conferitogli dal Papa e da Carlo V nel 1532. L’Imperatore gli concesse anche in sposa la figlia naturale Margherita d’Austria, che diventerà sua moglie appena quattordicenne nel 1536, e dalla quale in un solo anno di matrimonio non ebbe discendenza.

 

Con la Signoria appena istituita si pone perciò il problema della successione al titolo: ma la madre di Cosimo era nipote di Lorenzo il Magnifico e quindi appartenente al ramo principale di Cafaggiolo. Giovanni dalle Bande Nere, infatti, pur non entusiasta, accettò in moglie Maria Salviati anche per riunire con questo matrimonio i due rami della casata. Ciò permise a Cosimo, che era rimasto orfano del padre ad appena sette anni e che, come accennato, era stato educato dalla madre per un futuro degno di un duca, di essere il candidato ideale per la successione al potere, anche in considerazione del fatto che il ramo di Lorenzino si trovava escluso automaticamente dalla successione per il grave fatto di sangue accaduto, ossi l’omicidio di Alessandro. E infatti, ad appena diciotto anni, nel 1537, il Senato lo designò “capo e primario della città”, ma non duca.

 

 

Maria Salviati ritratta dal Pontormo

 

Una volta al potere, Cosimo chiese a Carlo V che gli venisse concesso il titolo di duca e la mano della vedova di Alessandro, Margherita, certamente motivato anche da ragioni di interesse (riprendere i beni lasciati come eredità). L’Imperatore concesse a Cosimo il titolo e gli stessi privilegi goduti da Alessandro ma non permise il matrimonio con la giovanissima figlia rimasta vedova, che invece avrebbe apprezzato il matrimonio con Cosimo molto più di quello che poi fu costretta a contrarre con l’allora tredicenne nipote di Papa Paolo III Farnese, Ottaviano Farnese.

 

Come accennato, nel 1569 Cosimo sarà nominato primo Granduca di Toscana, dopo aver conquistato i diritti feudali sulla Repubblica di Siena che entrerà a far parte del Granducato di Toscana. Sebbene spinto da motivi prettamente politici (necessità di consolidare con il matrimonio le alleanze e di rinforzare il legame con l’Imperatore tramite una moglie spagnola), Cosimo, sfumato il matrimonio con Margherita d’Austria, prese in moglie una grande donna: Eleonora di Toledo, figlia del Viceré di Napoli, immortalata in bellissimi ritratti dal Bronzino.

 

Fu una donna eccezionale, una vera un’imprenditrice, intelligente e piena di risorse. A lei si deve, per esempio, l’acquisizione di Palazzo Pitti come residenza di famiglia (per inciso anni dopo il Vasari realizzerà il famoso corridoio che metterà in comunicazione l’edificio con il Palazzo del Governo passando sopra il Ponte Vecchio, per l’occasione ripulito dai negozi maleodoranti di vettovaglie), la commissione del Giardino de’ Boboli e l’introduzione in Italia della lavorazione degli arazzi e dei broccati. Fu anche in grado, di sostituirsi al marito in caso di viaggi o di malattie del consorte, dimostrandosi capace di gestire in prima persona gli affari di Stato.

 

 

Eleonora di Toledo ritratta dal Bronzino

 

Pare che Cosimo dovesse in realtà prendere in moglieIsabella,la primogenita del Viceré di Napoli, don Pedro di Toledo, uomo molto facoltoso e di notevoli capacità che tenne la sua carica fino alla morte. Venne però a sapere che costei era brutta e non molto intelligente, mentre di Eleonora sapeva che era bellissima perché l’aveva già incontrata durante un soggiorno a Napoli al seguito di Alessandro de’ Medici.

 

La trattativa fu propostaallora per Eleonora, ed ebbe successo. Quindi la sposa, di soli 17 anni, arrivò da Napoli col fratello Garzia in nave e con un seguito di sette galere, attraccando a Livorno il 22 giugno 1539, dove fu accolta dall’Arcivescovo di Pisa. Si recò poia Poggio a Cajano (in un’altra delle ville medicee rappresentate nelle lunette di Utens) dove incontrò Cosimo, per poi raggiungere Firenze dove fu celebrato in presenza il matrimonio già formalizzato per procura.

 

Eleonora fu madre di ben undici figli, alcuni morti in tenerissima età. Si ammalò presto di tubercolosi (per questo volle trasferirsi a Palazzo Pitti, oltrarno, dove l’aria era più salubre) e stessa sorte ebberoanche alcuni dei sui figli, come Lucrezia, che di questa malattia morì sedicenne. La primogenita Maria invece morì a 17 anni proprio a Livorno, forse di malaria, malattia che allora imperversava in città. Ma non fu l’unica a essere vittima della malaria: al castello di Rosignano in alta Maremma nel 1562 i figli Giovanni di 19 anni (già ordinato cardinale da due anni) e Garzia di 15 si ammalarono, insieme alla madre appena quarantenne e a Ferdinando, che allora aveva 13 anni. Solo Ferdinando, il futuro Granduca di Toscana, che diventò cardinale a soli 14 anni eche succedette al fratello Francesco scomparso improvvisamente a soli 46, si salvò.

 

Cosimo rimase molto scosso da queste morti così ravvicinate, tanto che poco dopo lasciò il governo, affidandone la reggenza al figlio Francesco. Alla sua morte, avvenuta nel 1574 dopo un ictus che lo aveva molto menomato nel fisico, gli succedette il figlio Francesco che già era stato reggente.

 

Anche Francesco I è protagonista di un famoso giallo: la sua inaspettatamorte, avvenuta a Poggio a Cajano quasi contemporaneamente a quella di Bianca Cappello, l’amante storica poi diventata moglie.Bianca arrivò giovanissima a Firenze da Venezia, dove la sua famiglia era molto in vista, seguendo Piero Bonaventuri, dal quale aspettava un figlio. Si trattava di un funzionario della sede veneziana del banco di Salviati, che sposò poco dopo. Cosimo prese sotto la sua protezione la coppia, ma il figlio Francesco si innamorò di Bianca, che diventò presto la sua amante ufficiale.

 

Il marito di Biancafu ucciso in circostanze misteriose (fu Francesco il mandante?), e dopo la morte accidentale anche della moglie di Francesco, Giovanna d’Asburgo, sorella dell’Imperatore Massimiliano I, avvenuta nel 1578 mentre era incinta dell’ottavo figlio,Bianca diventerà Granduchessa, anche se dapprima in segreto, dato che non era ben vista dalla famiglia Medici, soprattutto dal fratello di Francesco, Ferdinando. La loro morte, avvenuta fra atroci spasmi, è stata oggetto di approfonditi studi scientifici che hanno confermato il sospetto di un avvelenamento da arsenico (fu Ferdinando il mandante?) anche se non si può escludere la malaria.

 

Di nuovo si presenta il problema della successione al Granducato di Toscana dato che la moglie lo aveva lasciato senza discendenza (erano nate molte figlie femmine e un maschio che morì in tenera età) e dato che anche Bianca Cappello non ebbe figli da Francesco (si dice che simulò addirittura una gravidanza per far passare Antonio, nato nel 1576 da una relazione di Francesco con una serva, come figlio legittimo). Francesco in effetti riconoscerà Antonio, ma in seguito lo convincerà a rinunciare a ogni diritto sulla successione,anche perché inviso allo zio, il cardinale Ferdinando.

 

Morti Francesco e Bianca Cappello nelle circostanze dette, abbastanza misteriose, in assenza di eredi, il titolo granducale passò a Ferdinando stesso, che lascerà l’abito talare e sposerà,poco dopo essere diventato Granduca, Cristina di Lorena e dalla quale avrà nove figli.

 

Tra i figli di Eleonora e Cosimo figura anche Isabella, uccisa nel 1576 dal marito Paolo Giordano Orsini duca di Bracciano (che aveva lo strano primato di avere per nonne, sia materna, Felice Della Rovere, che paterna, Costanza Farnese, due figlie illegittime di papi, rispettivamente Giulio II e Paolo III) a causa di un suo tradimento col cugino Troilo Orsini (che sarà ucciso l’anno dopo da un sicario di Francesco).

 

Anche l’ultimogenito Pietro, sposato con la cugina Leonora figlia di Garzia, fratello della madre, sarà coinvolto in un femminicidio. Pochi giorni prima dell’assassinio di Isabella, avendo scoperto una frequentazione della moglie con Bernardo Antinori, Pietro non esitò a soffocarla con un laccio al collo nella villa di Cafaggiolo. Entrambi questi delitti, quello di Leonora da parte di Pietro de’ Medici e quello di Isabella da parte di Paolo Giordano Orsini, pare che avessero ricevuto il benestare di Francesco, il Granduca di Toscana, rispettivamente fratello e cugino delle donne assassinate. Non è escluso però che le motivazioni di questi assassinii fossero di natura politica, piuttosto che passionali, ossia commessi per vendicare il disonore causato dai tradimenti.

 

Pietro fu inviato in Spagna dal Granduca Francesco con la speranza che si accasasse, ma così non fu. Un figlio illegittimo di Pietro, anch’egli di nome Pietro,nato nel 1592 da una relazione con l’amante Antonia Caravajal, che fu governatore di Livorno dal 1619 al 1627, pare che uccidesse la moglie esattamente come aveva fatto anni prima suo padre.

 

Quanto descritto dimostra quanto l’esercizio dell’omicidio per scopi politici o passionali fosse molto praticato al tempo, almeno nelle classi dominanti. Anche perché poteva essere esercitato con la certezza quasi assoluta di non dover subire ritorsioni o condanne severe.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]